• Non ci sono risultati.

ricerca di unità di analisi elementari e universali, riscontrabili cioè nei più svariati processi e nelle più svariate istituzioni, sulle quali

Bentley e la scienza politica comportamentista

3) ricerca di unità di analisi elementari e universali, riscontrabili cioè nei più svariati processi e nelle più svariate istituzioni, sulle quali

poter fondare tali teorie. « L'idea chiave dell'approccio — ha scritto Easton (in C H A R L E S W O R T H , 1 9 6 7 , 2 3 ) — è stata la convinzione che vi siano certe fondamentali unità di analisi connesse al comportamento umano sulla base delle quali... formulare generalizzazioni ».

Uno dei primi problemi della nuova scienza politica è stato quindi quello d'identificare unità di analisi « universali, uniformi e molecolari » (Easton), sorta di particelle costitutive di qualsiasi processo e struttura

sociale. Era questa la condizione per fare della disciplina una scienza teo-rica. La soluzione a tale problema è ciò che differenzia i diversi approcci all'analisi dei fatti politici (approccio del sistema, del gruppo, decisio-nale, ecc.).

Prima che tali approcci potessero specificarsi a seconda dei punti di vista che li caratterizzano (sistema, gruppo, ecc.), occorreva « riconcettua-lizzare » il campo del politico in modo da liberarlo da quelle strutture (par-lamento, istituzioni giudiziarie, ecc.) che erano state l'oggetto della vec-chia politologia; strutture che essendo concepite come aventi un proprio, autonomo status ontologico, non potevano essere ridotte a unità di ana-lisi elementari. In altri termini: se un'istituzione è qualcosa di più della somma dei suoi componenti (è questo il senso di status ontologico auto-nomo), non poteva essere ridotta ai suoi componenti, come la nuova scienza politica richiedeva.

Di qui la necessità prioritaria di riconcettualizzare il campo del poli-tico in termini di un'unità più generale e più elementare. Questa unità è il concetto di attività. Al di là dei diversi punti di vista che li caratteriz-zano, i diversi approcci all'analisi politica hanno in effetti questo in

comune: di basarsi tutti sul concetto di attività. Gli approcci del sistema, del gruppo, decisionale, delle comunicazioni, del potere, e dei ruoli, che sono gli approcci oggi dominanti, non sono che specificazioni di un ap-proccio più generale fondato sull'attività. Il gruppo, come vedremo, è definito non sulla base delle persone fisiche che vi partecipano, ma come attività di gruppo. Lo stesso vale per il processo decisionale. Il ruolo è un aspetto dell'attività di un individuo e il potere è concepito dai com-portamentisti come interazione. Al concetto d'interazione si richiamano infine le nozioni di sistema e di comunicazione.

La ridefinizione dell'oggetto della scienza politica in termini di atti-vità era stata anticipata da Bentley, ma è diventata prevalente nella disci-plina grazie soprattutto all'opera di Easton. Ne 11 sistema politico (1953), Easton ha indicato le ragioni che rendevano inadeguato il vecchio indirizzo istituzionale, e che consigliavano una definizione più precisa e generale della disciplina: « Fondamentalmente, l'inadeguatezza del concetto di stato come definizione dell'argomento [della scienza politica] — scrive Easton (1953, trad. it. 139-140) — ha origine nel fatto che esso implica un inte-resse della scienza politica per lo studio di un tipo particolare di istituzione o di organizzazione della vita, non per un tipo di attività che si possa esprimere attraverso una molteplicità di istituzioni ». E più oltre (ibidem, p. 141): In efletti noi « stiamo cercando un tipo di attività che si possa esprimere in una diversità di modelli istituzionali. Poiché le nuove con-dizioni sociali richiedono nuovi tipi di strutture e di prassi per la

espres-sione di queste attività, il meccanismo preciso, che sia un modello orga-nizzativo chiamato stato o qualche altro tipo [di istituzione], è sempre un problema di ricerca empirica ». In altri termini, i politologi tradi-zionali avevano scambiato « l a parte [stato] per il tutto [politica] e tenta[to] di descrivere le proprietà di un'attività sulla base di un solo esempio, per quanto importante » (ibidem, p. 142).

Si può aggiungere che un rilievo analogo era stato fatto anni prima da G. E. G. Catlin, autore che ha svolto un ruolo importante in questo processo di ridefinizione del campo del politico. Identificare nello stato l'oggetto della politica — aveva già osservato Catlin (1927, 234) — « è altrettanto inadeguato quanto sarebbe affermare che oggetto dell'eco-nomia è l'impresa commerciale ». La soluzione di Catlin, basata sui con-cetti di uomo politico e potere, è in parte diversa da quelle di Bentley e Easton, ma l'esigenza epistemologica era la stessa.

Come è noto, Easton definisce la scienza politica come studio delle

decisioni politiche vincolanti per l'intera società. L'abbandono del con-cetto di stato comporta difficoltà che esaminerò più avanti (v. sezione sul governo). Qui vorrei indicare le ragioni storiche e logiche che hanno portato, secondo Easton, alla ridefinizione della scienza politica in ter-mini di attività. Da un lato, vi sono situazioni abitualmente descritte come politiche nelle quali lo stato non appare affatto. Ciò avviene, ad esempio, in quelle società « primitive » dove i conflitti sono risolti sulla base della consuetudine o per intervento degli anziani; in politica inter-nazionale; ovvero quando parliamo di « politica accademica », per indi-care i rapporti di potere all'interno di un sistema universitario. In tutti questi casi, riscontriamo funzioni politiche (decisioni imperative) svolte da agenti diversi dallo stato. Questa è la ragione storica.

La ragione logica che rende inadeguata la nozione della politica come scienza dello stato, è che il riferimento al concetto di stato implica una definizione imprecisa dell'oggetto della disciplina. Vi sono due modi per definire una classe di fenomeni: denotarli o connotarli ( S A L M O N, 1963). Si ha una definizione denotativa quando si indica la totalità degli oggetti che vi rientra, senza precisare che cosa tali oggetti hanno in comune; una

definizione connotativa quando si specificano le proprietà che un feno-meno deve avere per rientrare nella definizione. La connotazione è dei due il tipo di definizione più generale e più preciso. Orbene, la defini-zione della scienza politica come scienza dello stato è puramente deno-tativa; equivale a dire che sono politiche quelle istituzioni che i poli-tologi hanno studiato nel tempo. La definizione in termini di attività è, per converso, connotativa, perché specifica la proprietà — decisione

im-perativa per una società — che un'attività deve possedere per essere politica ( E A S T O N , 1953).

La politologia contemporanea non è caratterizzata soltanto da un più vasto campo d'indagine — l'attività politica — , ma anche da una diversa concezione del funzionamento del sistema politico. Sistema politico sta per la vecchia dizione « stato ». E come il concetto di stato rinvia ad una vi-sione istituzionalizzata della politica, la nozione di sistema rinvia a una concezione della politica come flusso di attività, come processo. Processo è il secondo concetto cardine, accanto a attività, della politologia com-portamentista. « Il fine ultimo dello studioso del comportamento politico — ha scritto Truman (in E U L A U , 1 9 6 9 , 7 9 ) — è lo sviluppo di una scienza del processo politico ».

Grosso modo, il passaggio dalla scienza politica istituzionale alla con-cezione della politica come attività, è avvenuto in due tappe ( E A S T O N ,

1953). In entrambe, la prospettiva del processo ha svolto un ruolo im-portante. In una prima fase ( 1 8 8 0 - 1 9 1 4 ) , l'indagine rimane limitata alle istituzioni di governo, ma le istituzioni vengono ora viste come processi di attività, non più come strutture statiche e impersonali. Il punto di vista del processo ha permesso di vedere cosa c'era di socialmente vivo dietro il formalismo delle definizioni giuridiche. Uno dei primi esempi di analisi processuale delle istituzioni di governo è The English

Consti-tution di Bagehot ( 1 8 7 2 ) , che resta anche uno dei migliori.

Una volta concepite le istituzioni come processi, fu logico applicare l'analisi del processo all'intera vita politica (seconda fase). Specie dopo il 1920, l'analisi fu estesa a organizzazioni non governative come i gruppi di pressione e i partiti politici. Le istituzioni e l'attività di governo ven-nero sempre più viste come la risultante dell'interazione fra gruppi ope-ranti nella società civile. E il termine processo politico è stato vieppiù usato « per indicare l'importanza dell'interazione dei gruppi agli effetti della linea politica della società» ( E A S T O N , 1 9 5 3 , ed. it. 2 0 1 ) . Bentley è stato il primo ad applicare, in The Process of Government [ 1 9 0 8 ] , l'analisi del processo allo studio dell'intero sistema politico.

Siamo ora in grado di riassumere le caratteristiche della scienza

poli-tica comportamentista come scienza basata sul concetto di attività e sulla prospettiva del processo. Il termine processo politico si riferisce alle atti-vità di persone appartenenti a varii gruppi e alla lotta da esse ingaggiata per ottenere e usare il potere a fini personali e di gruppo ( G R O S S , 1 9 6 8 ) . La prospettiva della politica come processo ha le seguenti implicazioni generali3 :

1) ubiquità del processo politico. L'attività politica si svolge a

qualsiasi livello del sistema politico: rapporti interpersonali, gruppi, go-verno, rapporti internazionali. È questa la concezione estremamente lata della politica che troviamo già in Bentley: Studieremo — scrive Bentley (p. 199 *) « ogni fenomeno... appartenente a ciò che è grosso modo rico-nosciuto come campo del politico: l'attività del Congresso, riunioni po-polari, il processo di un omicida, manipolazioni elettorali o riunioni di massa ».

2) concezione realistica della politica. Almeno a partire da Ba-gehot, l'accento è stato posto sulla distribuzione effettiva del potere più che sulla definizione formale dei ruoli di autorità.

3) concezione pluralistica della vita politica. Il pluralismo è insito nell'idea di processo come interazione di molti fattori. Ha due dimensioni:

3a) pluralismo empirico e nozione di equilibrio 5. Tutti gli ele-menti di un sistema politico tendono ad interagire l'uno sull'altro fino a raggiungere una condizione di stabilità o equilibrio.

3>b) pluralismo analitico e causazione multipla. Gli elementi del processo si determinano reciprocamente. « La causazione singola è im-possibile; la causazione multipla e effetti multipli inevitabili » ( G R O S S ,

1968). L'interdipendenza e complessità dei fatti sociali escludono che vi siano fattori che « causano » in modo univoco altri fattori.

4) visione cinetica della vita sociale. La vita sociale è un flusso continuo di attività. L'accento è sul divenire, non sull'essere, sulle fun-zioni non sulle strutture. Le stesse istitufun-zioni non sono che l'aspetto dure-vole dell'attività.

Politica come processo di attività implica, concludendo, una visione altamente dinamica e pluralistica (anti-deterministica) della vita politica. Alla nozione di assetti istituzionali e di potere radicati in strutture dure-voli (modo di produzione in Marx, divisione fra governati e governanti nei teorici dell'élite), subentra la visione di rapporti di potere continua-mente mutevoli e di istituzioni intrinsecacontinua-mente flessibili. Alla nozione di causalità subentra quella di interdipendenza. Non vi sono variabili 4. Tutte le citazioni senza altro riferimento sono tratte da The Process of Government, ed. 1967 (BENTLEY, 1967).

5. Mi è qui impossibile diffondermi sulla nozione di equilibrio. Vorrei solo notare questo: come molti concetti in scienza politica (compreso quello di gruppo), « equilibrio» è un concetto metaempirico, non ha cioè contrario (SARTORI, 1971). Nessuno sa che cosa sia un sistema in disequilibrio (EASTON, 1953, 303). Si veda anche la critica di KARL DEUTSCH ( 1 9 6 6 , p p . 185 e segg.). D e u t s c h c o n t r a p p o n e equilibrio e feedback, e argomenta a favore della maggiore utilità del secondo concetto.

4-fondamentali che determinano in modo univoco; tutto si codetermina. In ultima istanza, processo è sinonimo di pluralismo, in entrambi i sensi del termine pluralismo. Pluralismo non significa solo molteplicità di

grup-pi, come vuole l'accezione empirica e corrente del termine, ma anche e soprattutto molteplicità di cause. Ed è questa multicausalità che è il cuore della nozione di processo. Il « significato fondamentale [della politica come processo] — ha rilevato Easton (1953, ed. it. 188) — sta... nel fatto di concepire la vita politica, non come il prodotto di una sola forza, qua-lunque essa sia, ma come il prodotto di cause multiple ».

II. BENTLEY E LA SCIENZA POLITICA COMPORTAMENTISTA