• Non ci sono risultati.

Ricostruzione storica del concetto di discrezionalità tecnica

2. La discrezionalità tecnica

2.3 Ricostruzione storica del concetto di discrezionalità tecnica

Il percorso della dottrina italiana in tema di discrezionalità tecnica, che occupa all’incirca un secolo di storia, può essere strutturato principalmente in tre fasi, nelle quali acquistano progressivamente maggior peso, in funzione definitoria del fenomeno, i tre elementi che seguono: in un primo momento, maggiore attenzione è stata data all’elemento normativo, in corrispondenza dello sviluppo degli studi tedeschi relativi ai “concetti giuridici indeterminati”190; successivamente, viene messo in risalto l’elemento discrezionale, in ragione dell’attrazione della discrezionalità tecnica nell’ambito di ciò

189 Vedi Ledda F., Potere, tecnica e sindacato giudiziario sull’amministrazione

pubblica, in “Diritto processuale amministrativo”, 1983, fasc.4, pp.430-431.

190 Lo scrivente sta facendo uso della distinzione operata da De Pretis D., in

Valutazione amministrativa e discrezionalità tecnica, op. cit. Prima di procedere

all’analisi dell’evoluzione della discrezionalità tecnica nel diritto italiano, l’Autrice dedica una cospicua attenzione all’evoluzione storica e al regime giuridico dei “concetti giuridici indeterminati” nella dottrina tedesca, in quanto premessa fondamentale per comprendere il primo step di analisi della discrezionalità tecnica da parte della dottrina italiana. Nella presente trattazione, tuttavia, non si dà conto di tale necessaria premessa metodologica, per ragioni di opportunità e snellezza dell’elaborato.

124 che viene definito “discrezionale” in ambito amministrativo; infine, l’attenzione si è concentrata in una prospettiva (non più negativa, ovvero sia “non discrezionale”, bensì) positiva dell’elemento tecnico, inteso come sapere scientifico e specialistico, proprio di particolari discipline. Pertanto, attraverso quest’ultimo step, la discrezionalità tecnica acquisisce il significato, che pacificamente le è oggi attribuito, di attività di applicazione di regole tecniche cui fa rinvio la norma giuridica che disciplina l’attività amministrativa. Procediamo con ordine.

Come sopra accennato, la prima fase di studio della discrezionalità tecnica fonda l’analisi sull’influenza che gli studiosi dell’epoca subirono da parte della dottrina tedesca dei “concetti giuridici indeterminati”. Non vi è da stupirsi del fatto che proprio la dottrina amministrativistica sia stata influenzata da tale tematica, proveniente da un altro ordinamento e ricomprendente giurisdizioni differenti: ciò in quanto un tale genere di concetto risulta di particolare interesse più per il giudice amministrativo, che si trova ad analizzare l’atto nel quale tale concetto sia già stato interpretato e applicato da parte dell’amministrazione procedente, che per il giudice ordinario, che invece procede ad una diretta applicazione del concetto al rapporto, senza mediazione da parte dell’atto191. D’altra parte, nonostante questa comunanza di basi con la dottrina tedesca e nonostante la distinzione marcata con la discrezionalità pura (come descritto nel prosieguo), la dottrina italiana non riteneva che la discrezionalità tecnica fosse pienamente sindacabile da parte del giudice amministrativo; anzi, la stessa veniva ritenuta sottratta al sindacato giurisdizionale.

In primo luogo, viene all’attenzione dello scrivente l’opera di Cammeo che, operando la distinzione tra fatti semplici e fatti

125 complessi (come descritta nel par.2.2), ritiene operante la discrezionalità tecnica solo in relazione ai secondi, in quanto suscettibili di una più o meno ampia valutazione, mentre i primi sarebbero oggetto di un mero accertamento. D’altra parte, a parere dell’Autore, la discrezionalità tecnica non sarebbe sovrapponibile alla discrezionalità amministrativa per motivazioni, anche in questo caso, legate al fenomeno normativo: nel caso di discrezionalità tecnica sarebbe presente la norma regolatrice che, seppure imprecisa, manca nella discrezionalità pura.192

In secondo luogo, risulta di particolare importanza anche l’opera di Presutti, nella quale l’Autore individua la linea di demarcazione tra la discrezionalità in senso stretto e la discrezionalità tecnica nella presenza o meno di un termine di confronto normativo, che può essere interpretato in relazione alla determinazione del carattere, dell’attributo e della qualità tali da far sorgere l’effetto giuridico.193

Per entrambi gli Autori, quindi, non vi sarebbe una completa sovrapposizione tra discrezionalità pura e discrezionalità tecnica; al contrario, l’elemento di demarcazione tra le due sarebbe costituito dalla sussistenza per la discrezionalità tecnica di una norma regolatrice imprecisa (altrimenti si tratterebbe di un mero accertamento), che manca invece nella discrezionalità pura.

192 Si fa riferimento all’opera di Cammeo, Commentario delle leggi di giustizia

amministrativa; Id., La competenza di legittimità della IV sezione e l’apprezzamento dei fatti valutabili secondo criteri tecnici; Id., Corso di diritto amministrativo, tutti

quali presi in esame sia dal volume di De Pretis D., sia dal volume di Asprone e AA.

VV. Trattandosi di opere risalenti, pertanto, lo scrivente fa riferimento alle fonti secondarie.

193 Si fa riferimento all’opera di Presutti E., Discrezionalità pura e discrezionalità

tecnica, preso dai volumi menzionati nella nota precedente. Come sopra, pertanto,

126 Per questi Autori, tuttavia, il tecnicismo non si riferisce alla presenza di conoscenze estranee all’amministrazione chiamata ad emanare l’atto, o comunque di carattere scientifico specialistico, bensì all’operazione tecnica di attribuzione di significato ad una norma ovvero al rinvio a criteri di tecnica amministrativa. Pertanto, in questa fase la tecnica è intesa come negazione del potere di scelta in capo all’amministrazione, che la contraddistingue nettamente dalla discrezionalità pura.

Comunque, nonostante la linea di demarcazione tracciata con la discrezionalità pura e la comunanza di basi con la teoria dei “concetti giuridici indeterminati”, la discrezionalità tecnica non sarebbe, a parere degli Autori su menzionati, sottoponibile al sindacato giurisdizionale, non tanto per una motivazione di carattere ontologico, quanto per una di carattere contingente: il controllo giurisdizionale non sarebbe stato adeguato, vista l’incompetenza e l’irresponsabilità dei giudici coevi194

; d’altra parte, una volta introdotto un giudice speciale, dotato delle necessarie competenze, questa esclusione contingente avrebbe perso la sua ragion d’essere.

Nonostante l’acriticità dell’assunzione, però, in queste dottrine è totalmente assente una qualsivoglia vicinanza tra discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica, che invece fonderà l’elemento giustificativo della dottrina dell’insindacabilità della discrezionalità tecnica, che prese avvio proprio dalle basi gettate da Presutti e Cammeo solo in termini di contingenza: le valutazioni tecniche, infatti, presero successivamente il nome di “discrezionalità tecnica” in ragione del convincimento coevo della comunanza di significato tra “discrezionale” e “insindacabile”, e solo successivamente si procedette ad una giustificazione di un’assimilazione della sindacabilità dell’una e dell’altra discrezionalità.

194 Si fa riferimento all’asserzione di Cammeo, che nella sua opera definisce i giudici

127 Proprio dalla necessità di giustificare il dogma dell’insindacabilità della discrezionalità tecnica, pertanto, sorge la corrente dottrinaria volta a dare maggior peso all’elemento della discrezionalità. L’obiettivo che si prefigge questo secondo indirizzo, infatti, è quello di individuare un unico concetto di discrezionalità cui ricondurre tanto quella amministrativa quanto quella tecnica.195

La concezione assimilatrice in esame può esser fatta risalire a Ranelletti, che concentra il maggior interesse dell’analisi sul profilo della discrezionalità. Egli, infatti, ritiene che la discrezionalità ricorra in tutti i casi in cui viene lasciato all’autorità un margine di apprezzamento del pubblico interesse e anche quando la norma di legge

“pur obbligando l’Autorità a compiere una data azione, ne lega e ne fa dipendere la determinazione o il contenuto dell’atto dal concorso di elementi o condizioni di cui l’esistenza si può accertare mediante un apprezzamento subiettivo di esigenze di interessi collettivi”196.

L’Autore, pertanto, considera la discrezionalità tecnica non come entità a sé stante o come specificazione della discrezionalità amministrativa, bensì essa stessa come discrezionalità pura, vista la rilevanza attribuita all’interesse pubblico da perseguire; di conseguenza, da questo scaturirebbe l’insindacabilità di tale attività per ragioni di stretta coerenza. È vero che l’Autore tiene distinte le due attività, in quanto diverse, rifacendosi queste a criteri di valutazione e di decisione diversi, potendo pertanto essere esercitate anche da apparati diversi dello Stato; ma è anche vero che lo stesso Autore le ritiene comunque intimamente collegate, vista la reciproca influenza

195 Vedi Asprone M., Marasca M., Ruscito A., op. cit., p.21.

196 Cit. Ranelletti O., Principi di diritto amministrativo, Napoli, 1912, p.367.

Tuttavia, vista la difficoltà nel reperire un testo tanto risalente, lo scrivente si è avvalso della fonte secondaria rappresentata dal testo di Asprone e AA.VV., op. cit., p.22, e di De Pretis D., op. cit., pp.153 e ss.

128 che le scelte amministrative e le scelte tecniche compiono sulla legittimità e sulla convenienza dell’atto.197

D’altra parte, è evidente come tale impostazione, nonostante in questa la tecnica acquisisca una connotazione in termini contenutistici positiva, perda comunque la sua ragion d’essere, in quanto riferita ad un fenomeno privo di autonomia concettuale. Perde, infatti, ogni rilevanza l’attributo della tecnica, che invece costituirà il fulcro del terzo indirizzo dottrinale in tema di discrezionalità tecnica.

La teoria di Ranelletti costituisce la base cui sono ancorate numerose teorie a questa successive, volte a dar rilievo al profilo del pubblico interesse nella nozione di discrezionalità tecnica, e quindi volte a sottrarla dal regime di sindacabilità giurisdizionale. Infatti, anche a seguito dell’evoluzione del terzo filone dottrinale, volto a dare maggior peso all’elemento tecnico scientifico dell’attività dell’amministrazione (di cui si dà conto nel prosieguo), permasero posizioni dottrinali volte a sottolineare alcune il condizionamento che il perseguimento del pubblico interesse crea nell’attività di valutazione, altre la rilevanza del merito amministrativo anche in tale attività; entrambi (tanto il pubblico interesse quanto il merito amministrativo) costituirebbero il legittimo impedimento di una sottoposizione di tale attività al sindacato giurisdizionale.

Risulta necessario, però, rilevare come l’assimilazione compiuta da Ranelletti tra discrezionalità pura e discrezionalità tecnica e la loro riconduzione ad un concetto unitario di discrezionalità amministrativa fondava le basi su una nozione di discrezionalità ancora poco definita, quanto al rilievo e ai contenuti dell’interesse pubblico che deve essere apprezzato. L’affermarsi di una concezione più approfondita di discrezionalità amministrativa ha permesso, quindi, il passaggio al terzo step dell’evoluzione del concetto di discrezionalità tecnica, ovvero sia quello incentrato sull’elemento tecnico.

129 La ricostruzione della discrezionalità amministrativa elaborata da Giannini, che prevede una sostanziale inconoscibilità della stessa da parte del giudice per motivi di carattere ontologico (afferendo la discrezionalità alla necessità per l’amministrazione di compiere una valutazione comparativa degli interessi in gioco; vedi par. 2.1), fu lo stimolo che permise il passaggio alla connotazione della discrezionalità tecnica avente come carattere predominante l’elemento tecnico, vista la ormai sostanziale impossibilità di riconduzione del concetto all’interno dell’alveo della discrezionalità amministrativa per la mancanza dell’elemento volitivo. Infatti, la negazione di aspetti di affinità strutturale tra discrezionalità amministrativa e discrezionalità tecnica costituisce, a partire dalla terza fase evolutiva, la base di ogni tentativo di ricostruzione dottrinale del fenomeno di discrezionalità tecnica; proprio per tale motivo numerosi Autori198 ritengono ormai da escludere un’individuazione della tematica in termini di cd discrezionalità tecnica, preferendo parlare di valutazioni tecniche.

Questa nuova visione del panorama della discrezionalità amministrativa e della sua impossibilità di ricomprendere in sé anche la discrezionalità tecnica comportò uno spostamento della focalizzazione dalla discrezionalità alla tecnica. Tale passaggio, infatti, si compie nel momento in cui la dottrina passa dall’attribuire al termine “tecnica” un contenuto negativo199

al riempirlo di un

198 Si prenda, ad esempio, l’asserzione di Clarich circa tale qualificazione: “A

proposito delle valutazioni tecniche è ancor oggi molto frequente l’uso dell’espressione «discrezionalità tecnica», che non è in realtà corretta proprio perché nella discrezionalità tecnica manca l’elemento volitivo che caratterizza invece, come si è visto, la discrezionalità in senso proprio, cioè quella amministrativa.” in Manuale

di diritto amministrativo, op. cit., p.125.

199 Come visto nella prima corrente dottrinaria, la tecnica veniva intesa come

un’operazione che non ricomprendesse giudizi di opportunità; di conseguenza, un giudizio “tecnico” era contrapposto ad un giudizio “politico”.

130 significato proprio e specifico, risolvendosi nella tecnicità delle regole da applicare, ovvero sia in un

“carattere scientificamente condizionato della valutazione”.200

La dottrina, pertanto, compie una forte cesura con la tradizione precedente, legata ai concetti giuridici indeterminati e alla norma giuridica imprecisa, spostando l’attenzione dal mero apprezzamento compiuto dall’interprete all’utilizzo di regole a contenuto scientifico, quindi di carattere specialistico, in cui si esprime la discrezionalità tecnica.

Anche nell’elencazione degli esempi forniti dagli autori coevi, al fine di esplicitare il significato attribuibile a questa nuova concezione di “tecnica” come elemento a contenuto positivo, risulta evidente l’applicazione di specifiche discipline di carattere scientifico: si pensi ai casi di esposizione a sostanze tossiche, di resistenza del manto stradale o dei giudizi di collaudo di opere pubbliche; tutti esempi forniti da Giannini nella sua teorizzazione del fenomeno.201

Tra i più celebri Autori che si cimentarono nella valorizzazione dell’elemento della tecnica all’interno dell’attività amministrativa può essere citato Bachelet che, nella sua opera più volte richiamata202, rileva come l’amministrazione sia sempre costretta a ricorrere all’utilizzo di regole afferenti alla tecnica, indipendentemente dal fatto che l’attività da compiere sia vincolata piuttosto che discrezionale. D’altra parte, l’Autore assume una posizione tendente ad assimilare la discrezionalità pura a quella tecnica, per giungere in conclusione alla statuizione dell’insindacabilità anche della discrezionalità tecnica.

Ledda, al contrario, sostiene che la tecnica rilevi come elemento integrante della norma attributiva di potere e che tramite essa

200

Cit. Giannini M.S., Lezioni di diritto amministrativo, Milano, Giuffrè, 1950, p.48

201 ibid., pp.48-51.

131

sia possibile determinare il comportamento imposto

all’amministrazione. Pertanto, soffermandosi sulla distinzione tra accertamento tecnico e valutazioni tecniche (vedi par.2.2), afferma la scorrettezza della totale sottrazione al sindacato giurisdizionale delle seconde solo basandosi sull’utilizzo di regole “opinabili” (vedi infra par.3.2).203

Tuttavia, si deve registrare un ulteriore punto di vista, facente capo a De Pretis, per la quale la scientificità delle regole applicate, quale connotato qualificante un preciso genere di attività dell’amministrazione, è stato assunto più come

“dato di fondo non discusso […], che come il portato di un concreto approfondimento dei caratteri sostanziali propri della generalità del fenomeno”.204

Anzi, l’Autrice rileva che al progressivo addentrarsi nel tema della tecnicità dell’agire amministrativo, non corrisponda affatto una maggiore definizione in tema di discrezionalità tecnica; anzi, palese è l’allontanamento da questa, come anche l’indifferenza giurisprudenziale.205

Pertanto, cerca di superare sia il punto di vista legato alla discrezionalità sia quello legato alla tecnica, per focalizzarsi sull’aspetto valutativo. Partendo da una constatazione del carattere non esaustivo delle categorie dell’attività amministrativa discrezionale e dell’attività amministrativa vincolata, giunge a evidenziare l’esistenza di una categoria intermedia, ricomprendente l’attività valutativa non discrezionale: questa, pur discostandosi dal perseguimento del pubblico interesse, non si esaurirebbe nella tecnica, bensì

203

Vedi Ledda F., op. cit., pp.391-392.

204 Cit. De Pretis, op. cit., p.184. 205 ibid., pp.186 e ss.

132 comprenderebbe una realtà giuridica molto più ampia. 206 L’Autrice, infatti, sostiene

“la sostanziale irrilevanza della tecnica: il primo luogo come elemento di definizione dell’ambito di riferimento del fenomeno, il quale può riguardare invero, allo stesso modo, anche valutazioni da operarsi non sulla base di conoscenze specialistiche; in secondo luogo […] perché non è comunque in relazione ad essa che si potrebbero risolvere e spiegare i problemi del suo trattamento giuridico. Tali problemi infatti non hanno a che fare con il carattere – eventualmente anche – tecnico della valutazione, cioè con il sapere che di volta in volta viene applicato, ma hanno in definitiva a che fare solo con la circostanza che rispetto a una determinata decisione sussiste un certo (qualitativamente e quantitativamente variabile) margine di scelta fra più soluzioni possibili da risolvere sulla base di una valutazione necessariamente opinabile e soggettiva.”207

,

negando quindi qualsiasi rilevanza all’elemento tecnico e, al contrario, definendo la problematica come collegata al margine di scelta sussistente sull’amministrazione; in relazione a scelte, però, che non abbiano ad oggetto il perseguimento del pubblico interesse.

D’altra parte, il puntum dolens della ricostruzione della De Pretis consisterebbe proprio nel ricondurre queste attività nella riserva di amministrazione, tipica della discrezionalità amministrativa, in ragione della loro natura di “essere di interesse pubblico”. Da questo scaturirebbe il profilo di insindacabilità delle valutazioni, in quanto “estranee” al margine di giudizio del giudice.

206 ivi, III-1. 207 ibid., p.294.

133