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Poteri "neutri" e discrezionalità tecnica. Il caso della Commissione Grandi Rischi.

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI GIURISPRUDENZA

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN GIURISPRUDENZA

Tesi di laurea

Poteri “neutri” e discrezionalità tecnica.

Il caso della Commissione Grandi Rischi

Candidato

Giulia Ippoliti

Relatore

Ch.mo Prof. Alfredo Fioritto

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INDICE

INTRODUZIONE ... 7

CAPITOLO PRIMO – Il sisma di L’Aquila e la vicenda riguardante la Commissione Grandi Rischi ... 11

1. Inquadramento della problematica ... 11

2. Il sisma che ha colpito la città di L’Aquila nel 2009 ... 13

2.1 L’attività sismica a L’Aquila: la sismicità storica e i dati relativi ai mesi precedenti il sisma ... 14 2.2 La percezione culturale del rischio: la cultura locale, il crescente turbamento e le rassicurazioni ... 19 2.3 La riunione della Commissione Grandi Rischi del 31.3.2009 ... 24

2.4 La comunicazione diretta con la popolazione: l’intervista al vice-capo

De Bernardinis e la concordanza di contenuti con la riunione degli esperti 37

3. La vicenda processuale ... 42

3.1 L’imputazione e le sentenze ... 43 3.2 La causalità psichica ... 50

4. L’importanza di un’analisi sul processo alla Commissione Grandi Rischi alla luce di una prospettiva de iure condendo in tema di poteri neutri e comunicazione istituzionale del rischio... 58

CAPITOLO SECONDO – La Commissione Grandi Rischi come potere “neutro” nel diritto amministrativo ... 68 1. Premessa metodologica ... 68

(4)

3. L’evoluzione e la proliferazione di organismi identificati come “potere

neutro” ... 73

4. Le caratteristiche degli organismi identificati come “potere neutro”.. 79

4.1 Caratteristiche delle Autorità Amministrative Indipendenti ... 80

4.2 Caratteristiche degli organi ausiliari dell’amministrazione attiva: in particolare, l’attività consultiva ... 88

4.3 L’attività tecnica ... 92

5. La Commissione Grandi Rischi: potere “neutro” o organo subordinato all’esecutivo? ... 98

CAPITOLO TERZO – La discrezionalità tecnica e la sindacabilità amministrativa dell’attività della Commissione Grandi Rischi ... 114

1. Premessa ... 114

2. La discrezionalità tecnica ... 116

2.1 Attività discrezionale vs attività vincolata ... 118

2.2 L’acquisizione di fatti complessi come ambito di rilevazione dell’incidenza della discrezionalità tecnica: valutazioni tecniche vs accertamenti tecnici... 120

2.3 Ricostruzione storica del concetto di discrezionalità tecnica... 123

2.4 Stato attuale della questione ... 133

3. Il sindacato del giudice amministrativo sulla discrezionalità tecnica 134 3.1 L’orientamento tradizionale dell’insindacabilità e l’apertura verso il sindacato sull’estrinseco ... 137

3.2 La sindacabilità delle valutazioni tecniche: la sentenza del Consiglio di Stato n. 601/1999 e il sindacato “debole” ... 140

3.3 Giurisprudenza attuale ... 145

4. La discrezionalità tecnica nella giurisprudenza comunitaria: cenni 151 5. Il sindacato del giudice ordinario sulla discrezionalità tecnica: cenni ... ... 152

(5)

6. La sindacabilità dell’attività tecnica della Commissione Grandi Rischi .

... 153

CONCLUSIONI ... 160

ALLEGATO A – Verbale della riunione della CGR del 31.3.2009 .. 172

ALLEGATO B – Bozza di verbale della riunione della CGR del 31.3.2009 ... 174

ALLEGATO C – Intervista al vice-capo della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, in occasione della riunione della CGR del 31.3.2009 ... 179

BIBLIOGRAFIA ... 181

SITOGRAFIA ... 186

(6)
(7)

7

INTRODUZIONE

Processo alla scienza, Galileo a processo a L’Aquila, … Questi e altri sono stati gli appellativi addossati al processo penale indetto nei confronti dei sette membri della Commissione Grandi Rischi, riunitasi a L’Aquila il 31 marzo 2009, per gli eventi lesivi correlati al sisma del 6 aprile: processo considerato a dir poco disdicevole dalla comunità scientifica, che ha visto in tale rimedio giudiziario un atto di accusa alla scienza, piuttosto che alla comunicazione dell’emergenza.

Rappresentano, invero, un fatto notorio tanto il sisma che il 6 aprile 2009 ha colpito la città di L’Aquila, quanto la precedente riunione della Commissione Grandi Rischi, convocata con l’obiettivo di fornire risposte agli innumerevoli interrogativi della Protezione Civile, delle istituzioni locali e della collettività, circa il perdurare dello sciame sismico nel territorio dell’Aquilano. E altrettanto nota è la contrarietà che la comunità scientifica (supportata dalla dottrina penalistica) ha mostrato nei confronti del processo indetto: considerata un’abominevole dimostrazione di come la necessità popolare di etichettare un responsabile di un’enorme tragedia abbia costretto illustri scienziati a rispondere penalmente della loro incapacità di predire un evento sismico (notoriamente imprevedibile).

Al contrario, tutt’altro che affrontato è stato il tema riguardante la necessità dell’istituzione di un tale organismo all’interno del panorama istituzionale odierno e (perché no?) l’opportunità di una sua perdurante esistenza. Trattandosi di un processo penale, la dottrina giuridica si è soffermata più sulla verificazione della responsabilità personale dei membri legata alla specifica circostanza della riunione in esame, che su una visione sistematica, volta ad analizzare la natura, il ruolo e le funzioni di un tale organismo, nonché a valutarne l’opportunità dell’operare all’interno del plesso amministrativo.

(8)

8 Da quest’angolazione, infatti, non sfuggono una serie di considerazioni. Prima tra tutte, la constatazione di come non si sia trattato di soggetti operanti uti singuli, bensì di funzionari pubblici addetti a ricoprire un ruolo ben specifico e determinato all’interno di un organismo di rango statale. In secondo luogo, la storia dell’organo in esame dimostra come, sebbene nasca dalle ceneri di un’esperienza storica che ha manifestato la necessità dell’integrazione tra scienza e amministrazione, di fatto viva sulla constatazione che, più volte, il parere scientifico in ambito sismico si è dimostrato fuorviante, se non completamente inesatto rispetto alle necessità emergenziali. Da ultimo, la necessità del perdurare di un siffatto organismo nel panorama istituzionale odierno è da più parti contrastata, vista l’assoluta inefficienza che lo stesso ha dimostrato nelle varie vicende che si sono alternate alla sua analisi.

Di queste e altre considerazioni lo scrivente fornirà prova e supporto argomentativo nella trattazione che segue, volta all’analisi della Commissione Grandi Rischi sotto una lente amministrativistica e sistematica, invece che penalistica e specifica. Il lavoro, infatti, si svilupperà in tre capitoli e si avvarrà di un metodo scientifico induttivo: partendo da una ricostruzione della vicenda storica e processuale che ha visto coinvolta la città di L’Aquila e la Commissione in funzione nel 2009, la trattazione opera un’astrazione verso una sistematizzazione dell’organo all’interno dell’alveo dei poteri “neutri” e una valutazione della sindacabilità da parte del giudice amministrativo dell’attività da questo svolta; per giungere, infine, ad ipotizzare un sindacato giurisdizionale circa la specifica attività condotta dalla Commissione Grandi Rischi il 31 marzo 2009. Pertanto, il primo capitolo sarà dedicato alla descrizione del sostrato fenomenologico e culturale su cui è venuta ad incidere la riunione della Commissione, la riunione stessa e la conseguente vicenda processuale, con un particolare focus sulla problematica concernente la causalità

(9)

9 psichica (tema sul quale si è maggiormente soffermata la Corte di Cassazione); fino a giungere a delle conclusioni volte all’emersione dei profili maggiormente interessanti sotto una lente amministrativistica della vicenda. Il secondo capitolo, inoltre, compirà l’astrazione cui si è accennato poc’anzi: grazie ad una ricostruzione dell’evoluzione storica e delle caratteristiche peculiari del potere “neutro”, si verificherà la sussistenza ovvero l’opportunità di una tale qualificazione per la Commissione Grandi Rischi. Il terzo capitolo, infine, sarà volto a fornire gli strumenti necessari ad ipotizzare un sindacato di natura amministrativa sull’attività propria della Commissione: tramite una descrizione delle posizioni dottrinali e giurisprudenziali circa la qualificazione e la sindacabilità della discrezionalità tecnica, si opererà una qualificazione dell’attività della Commissione in questi termini e si affermerà una possibile sottoposizione a sindacato intrinseco del giudice amministrativo; fino ad ipotizzare, in sede conclusiva, un sindacato di natura amministrativa circa l’attività compiuta dalla Commissione nella celeberrima riunione del 31 marzo 2009.

Per quanto concerne, infine, l’interesse che ha mosso la stesura della presente tesi, non può negarsi l’avversione dello scrivente verso atteggiamenti di supponenza, correlati a determinate posizioni di “sacra impunità”: quale ad esempio quella legata all’espletamento di funzioni tecnico-scientifiche. Né, al contrario, egli protende per delle grida al fumus persecutionis: se è vero che l’efficienza, l’efficacia e l’economicità costituiscono il corollario del buon andamento dell’amministrazione, consacrato nell’art.97 della Costituzione, allora l’istituzione e la permanenza di un qualsivoglia organismo (per quanto onorario) rappresentano la conseguenza del positivo riconoscimento in capo a questo di un ruolo attivo e proficuo all’interno del tessuto istituzionale; la Commissione, al contrario, per com’è ad oggi istituita e per la sua attuale operatività, ha dimostrato di essere non solo inutile, ma a tratti addirittura dannosa. L’analisi di dati scientifici dotati del

(10)

10 crisma dell’opinabilità e la comunicazione di questi verso le istituzioni e la collettività rappresentano dei temi che necessitano non solo una più focalizzata attenzione del legislatore, ma anche una maggiore coesione tra scienze giuridiche e scienze antropologiche e sociali; attenzione e coesione che, in ultima analisi, saranno, a giudizio dello scrivente, le uniche modalità tramite le quali una riforma legislativa, avente ad oggetto la composizione, il ruolo e le funzioni di tale organismo, sarà in grado di fornirlo della necessaria efficienza ed efficacia dell’azione, tali da “salvare” la sua permanenza nell’ordinamento odierno.

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11

CAPITOLO PRIMO – Il sisma di L’Aquila e la vicenda riguardante la Commissione Grandi Rischi

SOMMARIO. 1. Inquadramento della problematica. – 2. Il sisma che ha colpito la città di L’Aquila nel 2009. – 2.1 L’attività sismica a L’Aquila: la sismicità storica e i dati relativi ai mesi precedenti il sisma. – 2.2 La percezione culturale del rischio: la cultura locale, il crescente turbamento e le rassicurazioni. – 2.3 La riunione della Commissione Grandi Rischi del 31.3.2009. – 2.4 La comunicazione diretta con la popolazione: l’intervista a De Bernardinis e la concordanza di contenuti con la riunione degli esperti. – 3. La vicenda processuale. – 3.1 L’imputazione e le sentenze. – 3.2 La causalità psichica. – 4. L’importanza del processo alla Commissione Grandi Rischi alla luce di una prospettiva de iure condendo in tema di poteri neutri e comunicazione istituzionale del rischio.

1. Inquadramento della problematica

La memoria abruzzese conosce uno degli eventi al contempo più drammatici e più discussi degli ultimi anni della storia italiana: il terremoto avvenuto a L’Aquila nel 2009 e il conseguente processo indetto nei confronti di quattro membri della Commissione Nazionale Grandi Rischi, di due funzionari del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile e del direttore del Centro Nazionale dei Terremoti dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, in qualità di componenti della Commissione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dei Grandi Rischi1.

A fronte di uno sciame sismico che colpiva la città di L’Aquila da vari mesi (giugno 2008 – marzo 2009), intervallato da alcune scosse di

(12)

12 intensità più elevata, verificatesi con sempre maggiore frequenza, nonché di una sensazione di un allarmismo diffuso tra la popolazione, dovuta principalmente alla coscienza storica cittadina, che porta con sé la “cultura del terremoto”2

, e a “voci” che preannunciavano l’imminenza di una forte scossa3, l’allora capo del Dipartimento della

Protezione civile, Guido Bertolaso, decise di indire per il 31.3.2009 una riunione della Commissione Grandi Rischi proprio nel territorio aquilano, al fine di fornire alla cittadinanza le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica in corso. Questo consesso, affiancato dai comunicati stampa e dalle interviste rilasciate dai maggiori esponenti della comunità scientifica e delle istituzioni preposte alla gestione dell’emergenza (ovvero sia, della Protezione civile, nelle sue articolazioni interne e diramazioni territoriali), costituì l’evento determinante l’insorgenza di una sensazione di distensione d’animo diffusa tra la popolazione, a causa del “tono rassicurante” delle affermazioni pronunciate dagli esperti. Di lì a pochi giorni, tuttavia, a dispetto della situazione di “improbabilità” sancita nel corso della riunione, la città di L’Aquila fu colpita da un violento terremoto, che portò numerose vittime, feriti e innumerevoli sfollati.

Il processo penale che ne conseguì si basò principalmente sullo stretto collegamento tra le affermazioni pronunciate dagli esperti riuniti a L’Aquila il 31.3.2009, in qualità di componenti della Commissione Grandi Rischi, e dalle collaterali interviste rilasciate alla stampa, da un lato, e dall’altro la decisione di alcune vittime del terremoto di non abbandonare l’abitazione durante la notte tra il 5 e il 6 aprile 2009, in contrasto con le norme consuetudinarie proprie della tradizione aquilana (definita come “cultura del terremoto”), in quanto

2 Vedi paragrafo 2.2.

3 Si fa riferimento sia alla teoria scientifica divulgata dal ricercatore Giuliani sia ad alcuni soggetti che diffondevano panico nella città a bordo di automobili munite di altoparlante, spacciandosi per personale della Protezione Civile.

(13)

13 “rassicurate” dell’improbabilità del verificarsi di una scossa ad elevata magnitudo.

Lo scrivente, pertanto, si accinge in primo luogo a descrivere il sostrato fenomenologico e culturale del sisma del 6.04.2009, nonché a dar conto di quanto avvenne durante la riunione del 31.3.2009 e nelle interviste a latere; dopodiché, analizza la vicenda processuale, con particolare riguardo alla possibile costruzione del nesso causale di natura psichica; in ultima analisi, infine, trae dalla vicenda in esame gli elementi rilevanti per la trattazione che segue, in particolare relativa alla collocazione istituzionale dell’organo in esame e all’importanza assunta dalla comunicazione istituzionale nelle situazioni di rischio.

2. Il sisma che ha colpito la città di L’Aquila nel 2009

Il 6 aprile 2009 alle ore 03:32 la città di L’Aquila venne colpita da un violento terremoto, che portò alla morte di 309 persone, al ferimento di circa 1600, nonché allo sfollamento di oltre 100 mila4. L’evento è considerato uno dei più violenti e drammatici episodi non solo della storia abruzzese, ma dell’intera memoria italiana degli ultimi decenni.

A lasciare increduli, tuttavia, non è stata tanto la forte intensità del sisma (qualificato, infatti, come “moderato”, poiché attestatosi in Mw

6.3 e Ml 5.85), quanto piuttosto i danni ingenti che lo stesso ha

provocato, non tanto agli edifici (MCS IX – X grado6) quanto soprattutto in termini di vite umane, decedute o sfollate.

4 Vedi Billi M., La causalità psichica nei reati colposi, Roma, Aracne editrice, 2017,

p.11 e Trib. L’Aquila 22/10/2012, n.380, in www.penalecontemporaneo.it.

5 Vedi http://terremoti.ingv.it

(14)

14 D’altra parte, la scossa del 6 aprile non ha rappresentato un episodio isolato: al contrario, essa si inserisce all’interno di uno sciame sismico che colpiva la città di L’Aquila sin dall’estate precedente e che si intensificò dal dicembre del 2008. A fronte di questo fenomeno, la comunità scientifica, gli organi di informazione e la collettività tutta si movimentarono per ricercarne una “spiegazione”7, utile a tratteggiarne i possibili sviluppi futuri, nonché per adottare dei modelli comportamentali idonei a fronteggiare l’eventualità di una catastrofe imminente. È proprio all’interno di questa attività di ricerca e di informazione che si colloca il ruolo che la Commissione Grandi Rischi assunse nella primavera del 2009, prima che l’evento calamitoso si realizzasse.

Pertanto, l’analisi della vicenda storica prevede la necessità di prendere in considerazione in primo luogo la situazione fenomenologica e culturale precedente al sisma, e solo dopo l’attività scientifica svolta dalla Commissione Grandi Rischi nella sua composizione collegiale e quella informativa svolta dai suoi componenti all’interno di interviste e conferenze stampa. Questa analisi costituisce il presupposto scientifico, culturale e informativo su cui poggia la vicenda processuale che ha coinvolto la Commissione Grandi Rischi.

2.1 L’attività sismica a L’Aquila: la sismicità storica e i dati relativi ai mesi precedenti il sisma

Sin dal giugno del 2008 la città di L’Aquila e i territori limitrofi venivano interessati da un fenomeno tellurico di intensità crescente, culminato con la scossa di Mw 6.3 delle ore 3:32 del 6 aprile 2009.

7 Il termine è da ricondursi al significato del vocabolo “significazione” come

(15)

15 L’attività sismica in questione veniva monitorata dagli istituti di ricerca, in particolare dall’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia8, come accuratamente descritto nella sentenza del Tribunale di L’Aquila: all’interno della motivazione si riportano, tra l’altro, tabelle e grafici, atti a rappresentare l’aumento di intensità e di frequenza dei fenomeni tellurici e a dimostrare il carattere non eccezionale, né anomalo, né atipico dell’evento del 6 aprile.

D’altra parte, il territorio corrispondente alla città di L’Aquila costituisce una zona da sempre interessata da questi fenomeni geologici9. Gli storici ricordano, in particolare, i terremoti occorsi negli anni 1461-1462 e nel 1703, che determinarono la nascita nella coscienza collettiva della “cultura del terremoto”10.

Per quanto concerne la sismicità storica, bisogna evidenziare come L’Aquila sia stata interessata da una serie di terremoti sin dall’anno 100011, tra i quali i due sopra citati ne cambiarono completamente la fisionomia: il terremoto degli anni 1461 e 1462, nonostante fosse stato particolarmente intenso e determinante la rovina del volto medievale e rinascimentale della città, di fatto causò limitati danni alle persone, probabilmente grazie a una maggiore consapevolezza del rischio diffusa tra la popolazione e le autorità cittadine1213; il terremoto del

8

Di seguito indicato come I.N.G.V.

9 Un elenco sufficientemente esaustivo è contenuto nel volume di Centofanti E., La

festa crudele - 2 febbraio 1703. Il terremoto che rovesciò L’Aquila. Dopo tre secoli: che accade? Che ne resta?, L’Aquila, Gruppo Tipografico Editoriale, 2003, p.10.

10

Vedi Clementi A., Storia dell’Aquila. Dalle origini alla prima guerra mondiale, Laterza, 2009 (ed. or. 1998), p.153.

11

Si tratta del periodo a partire dal quale se ne ha testimonianza.

12 Lo scrittore Centofanti E., op. cit., sostiene come nell’occasione del terremoto del

XV secolo la catastrofe venne evitata grazie ad una corretta azione precauzionale posta in essere dalle autorità locali, che disposero sia l’allestimento di quelle che ad

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16 1703, detto “della Candelora” (perché avvenuto il 2 febbraio, nel giorno in cui si celebra tale festività cristiana), invece, viene ricordato nella memoria collettiva cittadina come una vera e propria ecatombe, avendo prodotto la morte di oltre sei mila persone, radunate nei luoghi di culto che rovinarono su di loro14.

D’altra parte, la stessa sentenza del Tribunale, sulla base di diverse consulenze (in particolare del Prof. Domenico Liberatore), acquisisce la sismicità storica come elemento rilevante per l’analisi del sisma del 2009. Nella sentenza si legge come, da sempre colpita da fenomeni tellurici (alcuni di intensità anche maggiore rispetto al sisma del 200915), la città di L’Aquila è

“caratterizzata da un’intensa attività sismica”16

.

L’analisi di questo dato, inoltre, determinato sulla base della storia sismica della città, sulla valutazione delle caratteristiche sismogenetiche dell’area di riferimento, sul calcolo del periodo medio di ritorno e sull’analisi dell’intensità e dei danni prodotti17

, nonché in

oggi definiremmo “tendopoli” sia l’interdizione ai luoghi chiusi di ritrovo assembleare.

13

Vedi Cianciotta S.M., Alessandroni F., La condanna della Commissione Grandi

Rischi. Responsabilità istituzionali e obblighi di comunicazione nella società del rischio, Roma, Aracne editrice, 2013, cap.II.

14 Vedi Centofanti E., op. cit., pp.11-12. Per una completa analisi

storico-antropologica del terremoto del 1703 si consiglia la lettura integrale del volume citato.

15 Il terremoto del 2 febbraio 1703 ebbe un’intensità di M 6.7 e provocò delle

devastazioni corrispondenti al X grado della scala Mercalli.

16

Trib. L’Aquila, cit., p.45.

17 Nonostante costituisca solo marginalmente oggetto della presente trattazione, va

riportato come il prof. Liberatore, all’interno della consulenza fornita in sede processuale, sulla base del dato statistico e della visione delle fotografie aeree degli edifici interessati dai crolli (testimoni di come la maggiorparte degli edifici sia

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17 relazione al panorama mondiale annuale di eventi di uguale intensità, permette di affermare come il sisma del 2009 non abbia costituito un evento eccezionale (elemento necessario per qualificare la “prevedibilità” dell’evento da parte dei membri della Commissione e la conseguente responsabilità in termini “erronea valutazione del rischio”18

).

Passando, invece, all’analisi dell’attività tellurica che ha interessato il territorio dell’Aquilano nei mesi immediatamente antecedenti il sisma, in particolare tra il giugno del 2008 e la primavera del 2009, la sentenza riporta una serie di tabelle atte a evidenziare come questo territorio, a differenza di quelli ad esso limitrofi (Monti della Laga, Monti Reatini, Gran Sasso), sia stato investito da un numero progressivamente crescente di scosse e da una progressiva crescita dei valori di picco della magnitudo registrata. Questo dato costituisce un’argomentazione

“di carattere sia storico che scientifico, utile a fissare la relazione tra la scossa delle ore 03:32 del 6 aprile e lo sciame sismico dei mesi precedenti”19

.

L’argomento di carattere storico è costituito dal “Rapporto d’evento del 31.3.2009”, documento distribuito dal Dott. Selvaggi (uno degli imputati) nel corso della riunione della CGR del 31.3.2009, dove si legge che storicamente nella zona dell’Aquilano una sequenza sismica precede il manifestarsi di un terremoto.

rimasta in piedi, assolvendo alla funzione di preservare la vita dei loro residenti), abbia affermato che l’evento in esame non costituisca un evento eccezionale, non avendo assunto dei connotati di forza e distruttività eccezionali.

18 Si rimanda alla verifica processuale condotta dal Tribunale di L’Aquila, cit., e

dalla Corte d’Appello di L’Aquila (10/11/2014, n.3317).

(18)

18 L’argomento di carattere scientifico, invece, è rappresentato dalla rilevanza dei fenomeni precursori del terremoto, tra i quali assumono particolare rilievo le variazioni anomale di sismicità. A parere del giudice,

“non può dubitarsi che lo sciame sismico, con le caratteristiche di durata e di progressiva accentuazione sopra evidenziate, abbia costituito una variazione anomala della sismicità […]”20

.

A questo fenomeno dei precursori del terremoto il legislatore conferisce indubbia rilevanza (vedi art.2 d.lgs. 381/99, decreto istitutivo dell’I.N.G.V.), e viene preso in esame anche da una pubblicazione scientifica collettanea, della quale uno degli autori è rappresentato dal prof. Dolce (uno degli imputati)21.

Quanto detto, dunque, permette allo scrivente di supporre sia che il territorio dell’Aquilano abbia sempre costituito storicamente un terreno di studio di fenomeni tellurici, sia che tale studio si fosse intensificato nei mesi antecedenti il sisma del 2009.

Tali supposizioni, peraltro, sono confermate dai dati storici. Da una parte, infatti, lo studio per così dire “ordinario” della sismicità del territorio dell’Aquilano è certificato dall’analisi della vulnerabilità del patrimonio edilizio italiano, sorta già dal 1995 e sviluppatasi fino al 2007: in questa analisi (composta dai diversi documenti ad essa collegati22) si evince come la zona di L’Aquila fosse già da tempo

20 Cit. Trib. L’Aquila, cit., pp.73-74.

21 Lo scrivente si riferisce al volume di Martelli A., Dolce M., Panza G., Proteggersi

dal terremoto, Milano, 21mo secolo, 2004.

22

Si fa riferimento ai documenti seguenti:

- “Rapporto Barberi”, ovvero sia il Censimento di vulnerabilità degli edifici

pubblici, strategici e speciali nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia e Sicilia, promosso dal Dipartimento di

Protezione Civile e da altre istituzioni, e alla cui stesura contribuirono Barberi, Eva e Dolce.

(19)

19 considerata particolarmente “vulnerabile”, in quanto dotata di un coefficiente di elevata probabilità del verificarsi di un terremoto di intensità particolarmente elevata e qualificabile come “evento catastrofico di enormi dimensioni”. D’altra parte, è la stessa attività condotta dalla Commissione Grandi Rischi, nonché singulatim dai maggiori esperti italiani, che costituisce testimonianza dell’intensificarsi dello studio di tale fenomeno nel periodo immediatamente antecedente al sisma (attività della quale si darà conto specificatamente nel paragrafo 2.3).

2.2 La percezione culturale del rischio: la cultura locale, il crescente turbamento e le rassicurazioni

Come anticipato nel paragrafo che precede, i terremoti che si susseguirono nel corso dei secoli nell’Aquilano (in particolare, il devastante sisma del 1703) determinarono la nascita di quella che può essere definita “cultura del terremoto”. I cittadini aquilani, infatti, tramandano da secoli, di generazione in generazione, un patrimonio consuetudinario, composto di una moltitudine di regole di “buona condotta”, basato sulla consapevolezza sì della portata catastrofica di un tale evento (mai da sottovalutare), ma anche della utilità

- Difendersi dai terremoti: la prevenzione sismica in Italia, all’interno del

volume Dall’emergenza alla ricostruzione, primo della pubblicazione

1997-2007. Dieci anni dal sisma, Perugia, 2007, curata dalla Regione Umbria.

- Boschi E., L’individuazione preventiva dei luoghi in cui potrebbero

verificarsi gravi terremoti nell’immediato futuro, in Bulletin of the seismological society of America, 1995, vol.85 n.5,

nonché a varie mappe di pericolosità sismica prodotte dall’I.N.G.V. Nel prendere in esame tali documenti si usa come criterio discretivo l’analisi già condotta da Cianciotta S.M. e Alessandroni F. nella loro pubblicazione precedentemente menzionata.

(20)

20 dell’approntamento di una serie di “accorgimenti”, idonei, a volte, a determinare positivamente l’alternativa tra la vita e la morte23

. Tra questi, vi è la pratica diffusa, soprattutto su impulso dei più anziani, di rimanere per alcune ore (se notturne, per l’intera durata) all’esterno dell’abitazione (o di altro immobile in cui ci si trova) dopo una scossa di forte intensità; tale pratica è dovuta alla consapevolezza, culturale più che scientifica, che spesso forti scosse sono tra loro molto ravvicinate, in quanto parti di uno stesso sciame sismico24. Proprio questa regola consuetudinaria era largamente conosciuta, e praticata, dalla gran parte dei cittadini aquilani prima del sisma del 2009.

La conoscenza folclorica, però, non impedisce né annichilisce la paura del terremoto: anzi, è la percezione diretta o indiretta della drammaticità di un tale evento naturale che determina l’accoglimento e la pratica delle regole di condotta appena menzionate. La cultura del terremoto permette alla popolazione aquilana di essere consapevole della sismicità del territorio di propria appartenenza, della “normalità” o ordinarietà del verificarsi di scosse di lieve intensità (normalmente, si tratta delle scosse che si attestano al di sotto del terzo grado della scala Richter), ma anche dell’eccezionalità di quelle di intensità maggiore che, se tra loro ravvicinate e in crescendo, determinano con alta probabilità il verificarsi di un sisma di entità notevole (probabilità frutto dell’analisi di dati storici in possesso della tradizione popolare,

23 Vedi Ciccozzi A., Parola di scienza. Il terremoto dell’Aquila e la Commissione

Grandi Rischi. Un’analisi antropologica, Roma, DeriveApprodi, 2013, p.133.

24 Si fa riferimento al cosiddetto folkrore scientifico, cioè ad usi folcloristici che

possono essere intesi in termini di scientificità consapevole, in quanto basati su un deposito tramandato di casi empirici (in questo caso, il verificarsi di uno sciame sismico in anticipazione di vari terremoti che colpirono storicamente l’Aquilano) e su un processo di tipo induttivo (sussumendo il caso di specie all’interno della fenomenologia costituente il deposito conoscitivo consuetudinario. Per una maggiore analisi del fenomeno, vedi Ciccozzi A., Il valore dei termini: “mancato allarme” o

(21)

21 più che di dati scientifici). Proprio per questo nei mesi precedenti il terremoto del 2009, caratterizzati, come visto nel paragrafo precedente, da un’intensificazione della frequenza e della magnitudo dell’attività tellurica, la popolazione aquilana “scattò in allerta”: richiese informazioni e pareri scientifici, senza abbandonare, almeno fino alla riunione del 31.3.2009, la pratica delle regole di condotta acquisite come sostrato culturale. Il 30.3.2009, infatti, a seguito della forte scossa (M 4.1) che determinò la decisione dell’allora Capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, di convocare per il giorno successivo una riunione della Commissione Grandi Rischi proprio nel territorio aquilano, la gran parte della popolazione reagì in via precauzionale, applicando la consueta regola di abbandonare gli edifici e rimanere per alcune ore all’esterno. Straordinariamente, però, la stessa precauzione non venne adottata da alcuni appartenenti della cittadinanza nei giorni successivi e, in particolare, la notte del 6 aprile.

Che cosa determinò, allora, l’abbandono di queste regole consuetudinarie nella notte del 6 aprile? La fiducia nella scienza e la consapevolezza che, nel terzo millennio, un parere scientifico è dotato di un grado di precisione e verificabilità molto maggiore rispetto a norme di derivazione popolare.

Nei mesi precedenti, ma soprattutto nei pochi giorni antecedenti la grande scossa, infatti, i cittadini aquilani vennero raggiunti da una serie di informazioni, provenienti dagli organi di stampa locale, che riportavano pareri tecnico-scientifici connotati da un evidente grado di rassicurazione. Tralasciando, per ora, l’analisi dei dati emersi dalla riunione della Commissione Grandi Rischi avvenuta il 31.03.2009, e riferendoci esclusivamente all’informazione fornita dagli organi di stampa locale25, salta agli occhi come le informazioni rilasciate dalla

25 Si fa riferimento all’analisi degli articoli dedicati dal quotidiano locale “Il Centro”

(22)

22 Protezione Civile, dall’I.N.G.V. e dai massimi esperti del fenomeno consistano sostanzialmente in una rassicurazione dell’ordinarietà di un siffatto fenomeno e in una contraddizione della tradizione culturale, che portava (e porta) a ritenere che fenomeni di intensità sempre maggiore siano precursori di una grande scossa: non solo il fenomeno venne qualificato come “non allarmante”26

(e cioè rientrante nell’ordinarietà dei fenomeni sismici in una determinata zona), ma l’attività in corso venne adornata del carattere di positività, affermando come questa determinasse un “rilascio diluito nel tempo dell’energia”27

, tale, quindi, da dissipare il rischio del verificarsi di un evento di portata catastrofica.

Dall’analisi di tali informazioni risulta evidente come, anche con riguardo a quelle non direttamente tacciate di falsità o di menzognero positivismo, il riferirsi molto frequentemente al verificarsi nella storia dell’Aquilano a fenomeni di scarsa intensità e la quasi assente menzione dell’esistenza di fenomeni, al contrario, particolarmente devastanti (quali i terremoti che hanno interessato l’Aquilano nei secoli precedenti, dei quali si è già fornito un sufficientemente dettagliato elenco) abbia portato la popolazione ad escludere la ben che minima possibilità del verificarsi di una catastrofe e ad abbassare la soglia di attenzione, con la conseguente implicita scelta di abbandonare le consuete norme precauzionali.

Sono le stesse testimonianze rilasciate nel corso del processo di primo grado dai parenti delle vittime del sisma a confermare quanto

26 Si fa riferimento alle diagnosi effettuate dalla Protezione Civile e dall’I.N.G.V., ma

anche alle affermazioni attribuibili al dott. Selvaggi, direttore del Dipartimento del Centro Nazionale Terremoti dell’I.N.G.V. e imputato nel processo.

27

L’affermazione è ascrivibile alla dott.ssa Concetta Nostro dell’I.N.G.V., ma successivamente venne ripetuta dall’allora vice-capo della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, all’interno dell’intervista rilasciata il 31.3.2009 (di cui si dirà nel paragrafo 2.4). Tale intervista determinò una notevole amplificazione mediatica di questa affermazione.

(23)

23 detto finora: in particolare, risulta di fondamentale importanza la lettura della testimonianza rilasciata da Giustino Parisse, l’allora vice-capo redattore del giornale locale “Il Centro”, dalla quale si evince chiaramente come l’attività di comunicazione avesse raggiunto l’apice della rassicurazione, tanto da determinare la scelta consapevole del giornalista di rimanere con la sua famiglia all’interno dell’abitazione nonostante il verificarsi di due forti scosse la sera del 5 aprile 2009; scelta che risultò fatale per i suoi due figli giovanissimi.

In ultima analisi, va precisato come la condotta degli esperti, dal punto di vista antropologico, non consista nel “mancato allarme”, bensì nella “rassicurazione disastrosa”: l’errore compiuto sul sostrato culturale dell’Aquilano non consiste, infatti, nel non aver previsto il verificarsi del sisma (evento naturale notoriamente imprevedibile), bensì nell’aver circoscritto all’alveo dell’improbabilità il verificarsi dell’evento, che invece si realizzò28

. È bene tenere distinti i due termini: nel primo caso, infatti, la condotta è posta sotto accusa per non aver evitato l’esito infausto, ed è quindi caratterizzata dall’assenza di una capacità; nel secondo caso, invece, si imputa l’aggravamento delle conseguenze, caratterizzato dalla presenza di un errore alla base della condotta stessa.

Questa considerazione è di fondamentale importanza per l’analisi della vicenda processuale (riportata al paragrafo 3), giacché da un lato impedisce la costruzione di accuse, da parte dell’opinione pubblica, infondate rispetto alla vicenda storica e ai presupposti scientifico-normativi della vicenda; dall’altro, allontana il rischio per la popolazione aquilana di essere

“tacciata di pretenziosità nei confronti delle istituzioni”29

.

28 Vedi Ciccozzi A., Il valore dei termini: “mancato allarme” o “rassicurazione

disastrosa”?, in “Il Capoluogo d’Abruzzo”, 13.06.2010.

(24)

24

2.3 La riunione della Commissione Grandi Rischi del 31.3.2009

Una volta tracciata la descrizione del sostrato fenomenologico e culturale proprio della vicenda aquilana dei primi mesi del 2009, è possibile addentrarsi nell’analisi dell’evento storico principale all’interno della vicenda processuale relativa al terremoto del 2009: la riunione della Commissione Grandi Rischi del 31.3.2009. A tale evento si attribuisce il connotato rassicurante dell’improbabilità del verificarsi di un evento catastrofico; rassicurazione che provocò la determinazione, da parte di alcune vittime del terremoto, di non abbandonare l’immobile di propria dimora nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009. Si procede, quindi, ad una descrizione fenomenica della riunione.

Secondo quanto risulta dagli atti del processo, a seguito di una forte scossa (M 4.1) avvenuta il 30.3.2009 (collocata all’interno dello sciame sismico di cui si è dato conto nel paragrafo 2.1) l’allora capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, decise di convocare una riunione della Commissione Grandi Rischi, proprio nel territorio aquilano, al fine di

“fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane”30

.

Come risulta anche dalla deposizione rilasciata da Bertolaso stesso31, le cause che determinarono la scelta di convocare una riunione della Commissione con tale urgenza32 furono la situazione di incertezza in cui si trovava la popolazione aquilana e la diramazione di un

30

Comunicato stampa diramato dal Dipartimento Nazionale della Protezione Civile il 30.3.2009, allegato al fascicolo processuale.

31 Inizialmente inserito nella lista testimoniale del P.M., il dott. Bertolaso venne

sentito, all’udienza cui ci si riferisce (15.2.2012), come coindagato in reato connesso.

(25)

25 comunicato della protezione civile regionale. Da una parte, infatti, la situazione di allarmismo, fondata sull’esistenza di uno sciame sismico intervallato da una serie di scosse “superiori al classico sciame sismico”33

, era alimentata anche dalle iniziative del ricercatore Giuliani, che riteneva di essere in grado di prevedere il verificarsi del terremoto sulla base dell’analisi del gas radon di superficie, e da iniziative estemporanee di soggetti che, qualificandosi come membri della protezione civile (nonostante non lo fossero), vagavano per la città, muniti di altoparlanti, diffondendo voci in merito all’imminenza di una scossa di terremoto. D’altra parte, la protezione civile regionale fece il drammatico errore di diramare un comunicato stampa profondamente rassicurante, nonché avulso da ogni fondamento scientifico:

«OGGETTO: Protezione civile: non previste altre scosse nell’Aquilano. (ANSA) – Pescara, 30 MAR – Nell’Aquilano “non sono previste altre scosse sismiche di alcuna intensità”. Lo rende noto la sala unificata permanente della Protezione civile, evidenziando che “tutte le informazioni diffuse di altro contenuto sono da ritenersi false e prive di ogni fondamento”»34

.

Tanto fu imprudente la diramazione di un tale comunicato, che Bertolaso, nel corso di una telefonata avuta con Daniela Stati, l’allora assessore alla Protezione civile regionale (telefonata intercettata e, quindi, acquisita agli atti), la redarguì per una simile azione. Apparve subito chiaro al capo della Protezione civile come un’informazione caratterizzata da un tale contenuto avrebbe provocato un effetto inequivocabilmente rassicurante, privo di ogni fondamento scientifico.

33

Cit. deposizione Bertolaso.

34 Il comunicato è ripreso dal volume pubblicato da Cianciotta S.M., Organizzare e

comunicare l’emergenza nella PA. Strategie e azioni per costruire la resilienza,

(26)

26 Affianco a tale comunicato, risulta necessario anche prendere in considerazione la lettera di convocazione con cui vennero convocati gli esperti presenti alla riunione del 31.3.2009. Nella lettera si legge come lo scopo della riunione fosse quello di procedere a:

“un’attenta disamina degli aspetti scientifici e di protezione civile relativi alla sequenza sismica degli ultimi quattro mesi verificatesi nei territori della provincia di L’Aquila e culminata nella scossa di magnitudo 4.0 del 30 marzo alle ore 15:38 locali”35.

Appurate, dunque, le cause che determinarono la necessità della convocazione di una riunione della Commissione con così tanta urgenza, determinate le finalità che la stessa avrebbe dovuto perseguire, appare chiaro come le istituzioni fossero ben a conoscenza della situazione di crescente turbamento in cui verteva la comunità aquilana e, di conseguenza, di quanto l’esito di una tale riunione avrebbe influito sulle successive decisioni delle istituzioni e della comunità locali, almeno sotto un punto di vista socio-culturale (per tutto quanto concerne la definizione della condotta contestata, si rimanda ai paragrafi 3-3.1-3.2).

Il 31.3.2009, perciò, si tenne a L’Aquila la riunione della Commissione (o meglio degli esperti convocati il giorno precedente: in merito alla problematica della configurabilità di una riunione della Commissione Grandi Rischi, si rimanda al paragrafo 4; nel prosieguo della trattazione, tuttavia, si farà pacificamente riferimento alla Commissione). Come si evince dal verbale, acquisito agli atti, a tale riunione presero parte per la Commissione Grandi Rischi:

 il prof. Franco Barberi;  il prof. Enzo Boschi;

35 La lettera è ripresa dal volume pubblicato da Cianciotta S.M., op. cit., nonché dalla

(27)

27  il dott. Giulio Selvaggi;

 il prof. Gian Michele Calvi;  il prof. Claudio Eva;

e per il Dipartimento Nazionale della Protezione Civile:

 il prof. Bernardo De Bernardinis;  il prof. Mauro Dolce;

 l’assessore della Protezione Civile della Regione Abruzzo, Daniela Stati;

 il sindaco del Comune di L’Aquila, Massimo Cialente;  il dott. Altero Leone,

nonché altri rappresentanti del Dipartimento e della Regione. Alla riunione era assente il capo della Protezione Civile, Guido Bertolaso, poiché impegnato con l’emergenza rifiuti in Campania.

Secondo quanto risulta dal verbale della riunione, redatto e sottoscritto solo cinque giorni dopo, il pomeriggio del 6 aprile, quando i partecipanti si rividero a L’Aquila subito dopo il sisma, e dalla bozza del verbale, materialmente stesa da Lorella Salvatori, in qualità di partecipante alla riunione per disposizione del responsabile della Sala Operativa del Dipartimento Nazionale della Protezione Civile, la dott.ssa Titti Postiglione, appare evidente come lo scopo iniziale della stessa riunione sia stato radicalmente tradito.

Limitando l’analisi al solo verbale ufficiale (vedi allegato A), è possibile notare come, nonostante il prof. Barberi, in qualità di vicepresidente della Commissione, abbia indirizzato la discussione all’interno di due binari di riferimento, quali la necessità di:

 condurre una valutazione oggettiva degli eventi sismici in atto in relazione a quanto si possa prevedere;

 discutere e fornire indicazioni sugli allarmi diffusi nella popolazione;

(28)

28 quindi all’interno delle funzioni e del ruolo propri della Commissione Grandi Rischi (come meglio si dirà nel capitolo II, par.5), di fatto una vera e propria valutazione del fenomeno sismico in atto è mancata, limitandosi gli esperti a sancire con forza che i terremoti non possono essere previsti (con ciò tentando di mettere a tacere le asserzioni del ricercatore Giuliani) e che le uniche misure da consigliare consistano in un rafforzamento delle strutture edilizie e in un miglioramento del livello di preparazione a gestire l’emergenza.

Prendendo, invece, in considerazione anche la bozza (vedi allegato B), è possibile notare alcune importanti differenze tra i due documenti36.

In primo luogo, nella bozza del verbale è sancito come scopo della riunione quello di fornire elementi idonei all’espletamento di un’attività informativa alla cittadinanza; mentre nel verbale ufficiale tale scopo è stato completamente taciuto, limitando l’operatività dell’organo ad una mera valutazione della fenomenologia sismica in atto.

In secondo luogo, dal verbale ufficiale viene eliminato l’intervento del prof. Dolce, relativo alla constatazione dell’aggravarsi del fenomeno a causa della preoccupazione della popolazione, messa in allarme da voci infondate.

In terzo luogo, nel verbale ufficiale sono assenti o sono state modificate alcune affermazioni del prof. Boschi: è totalmente assente il riferimento alla capacità dell’I.N.G.V. di fare

“affermazioni certe sul fenomeno”,

certezza, a quanto pare, tradita dal verificarsi dell’evento catastrofico pochi giorni dopo, evento il cui verificarsi sarebbe stato (a parere

36 Lo scrivente si è avvalso della selezione compiuta nel volume di Cianciotta S.M. e

(29)

29 dell’esperto) improbabile; stemperata, invece, viene riportata l’affermazione relativa ai fenomeni precursori:

“la semplice osservazione di piccoli terremoti non costituisce fenomeno precursore”

a fronte di

“escluderei che lo sciame sismico sia preliminare di eventi”.

In quarto luogo, grande assente nel verbale ufficiale è anche il riferimento ad affermazioni che il vice-capo del settore tecnico-operativo della Protezione Civile, Bernardo De Bernardinis, effettuò poco prima della riunione alla stampa in relazione al fenomeno dello “scarico di energia”; argomento, peraltro, verso cui si è mossa la gran parte dell’attenzione processuale (determinante, tra l’altro, la conferma da parte della Cassazione della sentenza d’Appello, in particolare in punto di condanna di De Bernardinis).

In quinto luogo, viene smussata anche l’affermazione del prof. Barberi relativa alla correlazione tra sciame sismico e grande evento:

“non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento.”,

a fronte di

“Gli sciami tendono ad avere la stessa magnitudo ed è molto improbabile che nello stesso sciame la magnitudo cresca.”

Last but non least, l’eliminazione di qualsiasi riferimento all’intervento finale dell’assessore regionale, Daniela Stati:

“Grazie per queste vostre affermazioni, che mi permettono di andare a rassicurare la popolazione attraverso i media che incontreremo in conferenza stampa.”,

(30)

30 che dimostra come l’Assessore abbia, da un lato, appreso come la necessità della convocazione della riunione, come anche la presenza delle autorità locali, fosse di tipo mediatico; dall’altro, come le affermazioni degli esperti, di fatto, abbiano avuto un contenuto rassicurante all’infuori di ogni dubbio.

Non volendo addentrarsi in un’analisi socio-politica in merito all’opportunità della produzione di un verbale ufficiale avulso delle informazioni “più delicate” (riportate, invece, nella bozza), preme allo scrivente rilevare l’utilità dell’analisi di entrambi i documenti: la bozza, infatti, in quanto maggiormente completa e dettagliata, redatta simultaneamente o, comunque, in un tempo sufficientemente ravvicinato alla riunione37, rappresenta un utile strumento per verificare la concreta portata delle affermazioni di carattere tecnico-scientifico e dello scopo della riunione; entrambi di sapore notevolmente differente rispetto a quanto emerge dal verbale ufficiale. Nonostante si sia obiettato38 che tali documenti non siano stati divulgati prima del terremoto del 6 aprile, è noto come lo svolgersi della riunione “a porte aperte” e il coinvolgimento delle istituzioni locali abbia determinato un canale diretto di informazione alla popolazione, a prescindere dalla conoscenza specifica dei documenti di verbalizzazione.

Per quanto concerne l’analisi tecnico-scientifica, si può osservare come, a fronte della necessità di compiere un’attività di carattere consultivo, in ordine ai profili di previsione e prevenzione, nonché di

37

La bozza è stata redatta il 2 aprile, mentre il verbale nel pomeriggio del 6 aprile, solo dopo l’evento calamitoso.

38 Si fa riferimento alle difese degli imputati nel corso del processo dinanzi al

(31)

31 valutazione del rischio39, i componenti della Commissione riunita il 31.3.2009 non abbiano compiutamente esercitato le funzioni loro assegnate: nell’analisi di alcune tematiche, si può affermare che l’attività svolta della Commissione sia connotata da un sufficientemente elevato grado di superficialità; per altre, nientemeno, l’attività ha rasentato i parametri di contraddittorietà e infondatezza scientifica40.

In merito alle dichiarazioni in tema di prevedibilità dei terremoti, infatti, emerge la chiara contraddittorietà tra l’affermazione del prof. Boschi

“non è possibile fare previsioni”

e quella del prof. Barberi

“è estremamente difficile fare previsioni temporali sull’evoluzione dei fenomeni sismici”,

non potendo l’uditore della riunione / il lettore del verbale comprendere se si tratti di un’attività assolutamente impossibile, sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, ovvero di una connotata da estrema difficoltà di svolgimento. Anzi, con queste risulta assolutamente inconciliabile l’affermazione del prof. Barberi in merito ai fenomeni precursori del terremoto, volta ad escludere recisamente qualsiasi riconducibilità del fenomeno sismico in atto (sequenza di scosse di bassa intensità) a quello dei precursori: non si vede come sia conciliabile un’impossibilità o estrema difficoltà di previsione con un’affermazione talmente perentoria.

39

Per quanto concerne le specifiche funzioni assegnate alla Commissione Grandi Rischi, si rimanda al par.4 del presente capitolo, nonché alla più approfondita analisi compiuta nel capitolo II, par.5.

(32)

32 Anche in tema di precursori sismici le contraddizioni sono numerose: è evidente come siano inconciliabili tra loro le asserzioni mosse dal prof. Eva

“In tempi recenti non ci sono stati forti eventi ma numerosi sciami che però non hanno preceduto grossi eventi”

e quelle mosse dal dott. Selvaggi

“ci sono stati anche alcuni terremoti recenti preceduti da scosse più piccole alcuni giorni o settimane prima, ma è anche vero che molte sequenze in tempi recenti non si sono poi risolte in forti terremoti”,

peraltro supportate da due relazioni41 che il dottore illustrò nel corso della riunione ai presenti, nelle quali si attesta come nella storia dell’Aquilano vi sia una correlazione tra periodi sismici e forti terremoti. Ciò che risulta inconcepibile allo scrivente, peraltro, non è l’esistenza di pareri scientifici discordanti (la discordanza, anzi, alimenta il confronto e il progresso della scienza), piuttosto la perentorietà delle affermazioni pronunciate dal prof. Barberi che, nel “tirare le somme” tra le varie affermazioni, né tiene conto della cautela mostrata dal prof. Eva (parla, infatti, di “casistica limitata”), né prende in considerazione l’intero parere prodotto dal dott. Selvaggi, peraltro supportato da documenti scientifici: la conclusione del prof. Barberi, infatti, ha statuito

“non c’è nessun motivo per cui si possa dire che una sequenza di scosse di bassa magnitudo possa essere considerata precursore di un forte evento; gli sciami tendono ad avere la stessa magnitudo ed è molto improbabile che nello stesso sciame la magnitudo cresca”.

41 Ci si riferisce alle relazioni seguenti: la prima è stata redatta dall’I.N.G.V. e ha

come titolo “Breve relazione tecnico scientifica sull’attività sismica dell’aquilano”; l’altra è stata redatta dal Dipartimento della Protezione Civile dal titolo “Rapporto d’evento del 31.3.2009”.

(33)

33 In aggiunta, tale conclusione appare contrastante anche con quanto emerge dalla pubblicazione collettanea “Proteggersi dal terremoto”42

, che vede come coautore il prof. Dolce, nella quale emerge come le variazioni anomale di sismicità (tra le quali può essere annoverata la situazione fenomenologica che colpiva al tempo la città di L’Aquila) occupino il primo posto tra i fenomeni precursori del terremoto. Come affermato dal dott. Billi all’interno della motivazione della sentenza del Tribunale43, la sequenza di affermazioni tra loro discordanti, non accuratamente analizzate né sintetizzate, ha impedito un approfondimento in tema di precursori sismici e, quindi, della valutazione del rischio sussistente.

Inoltre, affiancare le dichiarazioni in tema di “improbabilità” del verificarsi di una scossa di magnitudo elevata nel territorio dell’Aquilano a la statuizione, pacifica, per cui è impossibile escludere una futura verificazione in termini assoluti, porta ad una banalizzazione della tematica: la tautologia, infatti, è facilmente riconoscibile nel collegare l’impossibilità di escludere la verificazione dell’evento all’incapacità della scienza di prevedere i terremoti, soprattutto se lo scenario di riferimento è una zona ad elevata sismicità (come la zona dell’Aquilano). In tali affermazioni, l’apporto in tema di previsione, prevenzione e valutazione del rischio è assolutamente nullo.

A contornare l’alveo della superficialità dell’analisi effettuata dalla Commissione, secondo quanto già delineato, vi è l’estrema concisione temporale: non si vede come un’analisi approfondita di un fenomeno talmente allarmante, peraltro caratterizzato da caratteristiche poco note alla scienza e da numerosi pareri discordanti all’interno della comunità scientifica (ma anche solo della stessa riunione), possa essere condotta nell’arco temporale di appena un’ora. Questa, d’altronde, è

42 Già citata in precedenza (p.18, nota 21). 43 Vedi Trib. L’Aquila, cit., p.195.

(34)

34 solo un’osservazione; osservazione, però, che può portare alla luce, a parere dello scrivente, un elemento, sicuramente non idoneo da solo a qualificare la superficialità dell’analisi condotta nel corso della riunione, ma comunque particolarmente utile per l’analisi dell’intera vicenda.

Peraltro, è evidente che lo scopo della riunione fosse ben chiaro ai presenti (per quanto sia, comunque, statuito per legge; per un’analisi della disciplina normativa, si rimanda al capitolo secondo): frequenti sono i riferimenti a quanto “c’è da attendersi” e “in relazione a quanto si possa prevedere”, principalmente in relazione alla questione sottoposta ai membri della Commissione da parte del vice-capo, De Bernardinis, relativa ai possibili danneggiamenti. Gli scienziati, quindi, erano ben consci di dover procedere ad una valutazione del rischio, non intesa in termini astratti e non composta di una mera rassegna di pareri scientifici avulsi da qualsivoglia situazione concreta, bensì come

“misura di quanto i singoli beni della vita siano esposti ad una potenziale alterazione o distruzione al verificarsi di uno specifico e determinato evento”44

.

Dunque, l’analisi delle dichiarazioni in tema di prevedibilità dei terremoti, di precursori sismici e di concretizzabilità di fenomeni ad alta intensità nello specifico scenario dell’Aquilano porta lo scrivente ad asserire come, almeno sotto un punto di vista meramente fattuale, sia ben chiaro come l’analisi svolta dalla Commissione nella riunione del 31.3.2009 sia superficiale, non accurata, a tratti banale, perciò non rispondente al livello di eccellenza professionale che la legge richiede per la composizione e l’attività del suddetto organo (per i criteri di composizione della Commissione, si rimanda al capitolo II, par.5): l’aggregazione di una serie di pareri scientifici non permette, di per sé

44 Cit. Fioritto A., L’amministrazione dell’emergenza tra autorità e garanzie,

(35)

35 presa, la sintesi degli stessi; d’altronde, anche i pareri presi singolarmente, non costituiscono affatto la concretizzazione di un’attività di previsione o di valutazione del rischio, non avendo concluso nessuna identificazione degli scenari di rischio probabili, né alcuna stima dei beni esposti al rischio. D’altra parte, è evidente che della necessità del perseguimento di tali scopi fossero consci tutti i componenti riuniti, vista l’esposizione del programma dei lavori tracciato dal prof. Barberi45, nonché le affermazioni in tema di attendibilità più volte pronunciate nel corso della riunione stessa.

Per quanto concerne, invece, lo scopo della riunione e le caratteristiche che la stessa assunse agli occhi delle istituzioni locali e della collettività, si può dire che l’attività svolta sia addirittura consistita in un’operazione mediatica, connotata da un evidente grado di rassicurazione.

Innanzitutto, come emerge dalla lettura del verbale ufficiale e della bozza di verbale, è chiaro che i membri della Commissione avessero valutato la situazione fenomenologica in corso, per quanto implicitamente, in un livello di gravità limitata: in particolare, le affermazioni del prof. Dolce fanno riferimento a possibili danneggiamenti ad elementi non strutturali degli immobili, quali controsoffittature, rivestimenti, camini, cornicioni, ecc. Ovvio che, per quanto un’analisi sul giudizio di colpa in capo a determinati soggetti non possa che procedere in una prospettiva ex ante (come verrà meglio analizzato nel paragrafo 3), risulta comunque lampante quanto la sottovalutazione del fenomeno, accompagnata (rectius: dovuta) ad una superficiale analisi, abbia portato, di fatto, ad una comunicazione in termini di rassicurazione. Sentendo le istituzioni locali parlare di “elementi non strutturali”, non potevano che ritenere il fenomeno rientrante nell’ordinarietà, relativa pur sempre al territorio aquilano, e

(36)

36 perciò tranquillizzare la popolazione, sufficientemente allertata sia da “voci” allarmanti sia dalla percezione diretta del fenomeno (vedi la scossa del giorno precedente, M 4.1).

A suffragio di tale asserzione è utile, perciò, prendere in considerazione l’affermazione pronunciata da Daniela Stati (come emerge dalla lettura della bozza di verbale), secondo la quale l’assessore avrebbe ottenuto gli elementi utili per “rassicurare” la popolazione. Questo dato dimostra con tutta evidenza che le autorità locali presenti alla riunione erano fermamente convinte dell’ordinarietà del fenomeno in corso. Non solo: tale affermazione certifica anche che la loro presenza fosse dovuta alla necessità di compiere, appunto, un’operazione mediatica, consistente in un’attività comunicativa al pubblico, dal contenuto tranquillizzante. D’altronde, non si spiegherebbe diversamente la convocazione di soggetti “esterni” alla comunità scientifica e appartenenti, invece, al territorio di riferimento; come non si spiegherebbe, in aggiunta, la necessità di convocare la riunione proprio nel territorio interessato dal fenomeno sismico46.

In secondo luogo, il dato a conferma della finalità mediatica della riunione consiste nella telefonata intrattenuta dal capo del Dipartimento di Protezione Civile, Guido Bertolaso, con l’assessore regionale, Daniela Stati, nella quale si parla di

“tranquillizzare la gente”

e di

“fare un’operazione mediatica”47

,

da intendersi come operazione di informazione seria e diretta nei confronti dell’opinione pubblica.

46 A sostegno di tali affermazioni, si rinvia alla sentenza Trib. L’Aquila, nella

motivazione della quale il giudice, dott. Billi, compie un simile ragionamento.

(37)

37 Dunque, sulla base dell’analisi comparativa tra lo scopo della riunione, così come prefissato dal comunicato stampa e dalla lettera di convocazione, e quanto di fatto avvenuto il 31.3.2009, così come attestato dal verbale ufficiale e dalla bozza di verbale, si può affermare che durante la riunione del 31.3.2009 la Commissione Grandi Rischi abbia accantonato il compito di fornire un’informazione tecnico-scientifica, a favore di un’attività mediatica connotata da un evidente grado di rassicurazione.

D’altronde, la riunione si inserisce all’interno di quel fenomeno naturalistico e culturale (di cui si è detto in precedenza), talmente intriso di allarmismo e di opposte rassicurazioni, nel quale la riunione stessa non poteva che rappresentare, per la popolazione, il punto di non ritorno nella scelta tra la prima e la seconda alternativa: allerta o rassicurazione. Si tratta, dunque, di un momento altamente performativo della volontà collettiva, che però non può essere considerato separatamente, bensì va inserito, come elemento apicale, nel contesto delle ricorrenti rassicurazioni; rassicurazioni idonee a conferirgli quel livello di plausibilità, impensabile qualora tale riunione avesse rappresentato l’unico evento comunicativo48

.

2.4 La comunicazione diretta con la popolazione: l’intervista al vice-capo De Bernardinis e la concordanza di contenuti con la riunione degli esperti

A latere della riunione appena descritta, vennero rilasciate quattro interviste (una dal prof. Barberi, una dal sindaco Cialente e due dal vice-capo De Bernardinis), che costituirono materiale processuale utile a corroborare la sussistenza del condizionamento psichico delle vittime

(38)

38 del terremoto (si rimanda al paragrafo 3.2). Per ragioni di sintesi e di rilevanza attribuita da parte della vicenda processuale, lo scrivente si limita ad esaminare nel particolare la sola intervista rilasciata dal vice-capo De Bernardinis: questa, oltre ad aver rappresentato il fatto storico alla base della condotta identificativa del fatto illecito oggetto di condanna del vice-capo da parte della Cassazione, in conferma della sentenza d’Appello, a parere dello scrivente rappresenta anche il fulcro attorno al quale ruota la connotazione mediatica della riunione.

Dalla lettura di questa intervista (vedi allegato C) può essere desunto con chiarezza, a parere dello scrivente, il carattere rassicurante delle affermazioni pronunciate da De Bernardinis, principalmente con riferimento a due considerazioni. In primo luogo, il vice-capo della Protezione civile identifica la fenomenologia in corso come “senz’altro normale”. Come rilevato dal dott. Billi49

, una tale identificazione del fenomeno, se correlata agli specifici territori appenninici, nei quali la sismicità è già sufficientemente elevata, non può che significare “ordinario” o “non preoccupante”, quindi come qualcosa che non desta preoccupazione. Una tale qualificazione del fenomeno, peraltro, non fu oggetto della sola intervista rilasciata da De Bernardinis: il teste Christian Del Pinto, sismologo e geofisico presente alla riunione come uditore, afferma di aver udito una tale identificazione del fenomeno da parte dei membri della Commissione (per quanto non sia riportato a verbale). In secondo luogo, l’intervista a De Bernadinis è particolarmente interessante ai fini della determinazione delle condotte delle vittime del terremoto, nel punto in cui condivide, implicitamente, la teoria dello “scarico di energia”. A differenza del carattere “ordinario” del fenomeno, che pare fosse condiviso da tutti i membri della Commissione, la teoria in esame ha invece prodotto opinioni

49 Si fa riferimento alle asserzioni del dott. Billi contenute nella motivazione della

(39)

39 contrastanti. Ciò che è utile rilevare, però, è che la discussione sul tema vi fu, nonostante alcuni imputati abbiano dichiarato di non ricordarla: la testimonianza dell’assessore Daniela Stati certifica che tale discussione avvenne. Non solo: la testimonianza risulta particolarmente utile anche per dimostrare che, avendo il rappresentante dell’istituzione locale percepito un assenso condiviso da parte degli esperti50, anche questa fu utile a ingenerare il sentimento di rassicurazione e a determinare, quindi, un tale contenuto delle informazioni comunicate alla collettività aquilana.

Dunque, la pronuncia di affermazioni quali “fenomenologia senz’altro normale” e il riferimento alla teoria dello “scarico di energia” hanno determinato quello che, a parere dello scrivente, fu il contenuto rassicurante delle informazioni giunte alla popolazione, quindi mediatico. Dichiarare che la comunità scientifica continuasse a confermare come la situazione fosse “favorevole”, in quanto connotata da uno “scarico di energia”, non poteva che indurre la popolazione ad una distensione degli animi:

“disinnesca la “paura del terremoto” riconducendo il fenomeno in corso ad un generico ambito di improbabilità e di normalità non preoccupante”.51

Il processo performativo della volontà della collettività, perciò, può ritenersi correlato alle tre asserzioni che seguono:

 fino al 31.3.09 non vi era stato il crollo di nessun edificio;  i “danni che c’erano da attendersi” in uno “scenario futuro di

evento” erano quelli su parti fragili e non strutturali degli edifici;

50

La teste ha affermato, infatti, di aver udito uno degli esperti (non ricorda chi) riferirsi alla “bontà” dello scarico di energia, senza che questo fosse contraddetto da alcuno.

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