• Non ci sono risultati.

Consapevoli che le recensioni rappresentano uno strumento di fondamentale importanza poiché capaci di influire sulle performance al botteghino di un film (tra gli altri si vedano: Basuroy, Chatterjee, and Ravid 2003; Dellarocas, Awad, and Zhang 2004), la presente ricerca ha focalizzato la sua attenzione sullo studio dello stile di scrittura e del lessico utilizzato dai consumatori che recensiscono una pellicola. In particolare, ai fini dell’elaborato, tra gli obiettivi principali vi è quello di indagare gli effetti che, un differente orientamento rispetto ai costrutti di qualità e/o autenticità, hanno sulle restanti variabili prese in considerazione (ossia, i glossari che misurano il linguaggio utilizzato).

Di seguito sono ricapitolate le conclusioni più importanti scaturite dalle tre diverse analisi condotte.

Innanzitutto, la Content Analysis ci ha permesso di studiare la sintassi e la composizione dei testi considerati. Dall’indagine è emerso che il contenuto delle recensioni riflette l’espressione di un pensiero consequenziale e razionale che, tuttavia,

è associato ad una forma di discorso poco divulgativa e maggiormente impersonale. In effetti, questo esito sorprende se si tiene conto del fatto che il prodotto valutato appartiene alla categoria dei beni esperienziali, il cui gradimento è del tutto soggettivo. Eppure, negli ultimi anni si sta assistendo al passaggio da un consumatore di tipo cinematografico, che vede il cinema come luogo di incontro e di divertimento, ad un consumatore di tipo filmico, che sceglie con ponderazione cosa vedere, perché mosso

93

da un effettivo interesse per la pellicola. Probabilmente, è proprio a causa del maggior coinvolgimento e della maggiore attenzione ad alcuni aspetti cruciali che il testo assume una forma discorsiva più costruita e meno autentica. In altre parole, il film viene soppesato e vagliato con accortezza e ciò permette la formazione di un giudizio più riflessivo e articolato.

Ciò nonostante, la componente soggettiva dell’opinione è comunque presente. Infatti,

si osserva che lo stile di scrittura riflette un pensiero umile e incerto, tipico di autori che non presentano competenze elevate in materia.

Successivamente, dai risultati della Language Analysis è emerso che vi sono differenze piuttosto nette tra le recensioni associate ad un sentiment positivo e quelle collegate, invece, alla polarità negativa. In particolare, il testo delle recensioni negative riflette un pensiero espresso mediante la percezione cognitiva, quindi, un’opinione

ragionata e tecnica. Di contro, i giudizi positivi sono espressi attingendo alla sfera della percezione sensoriale e, per questo, sono riflesso di un pensiero con carattere fortemente emotivo. Quanto detto implica che, probabilmente, la differente emotività del testo è riverbero del coinvolgimento che un determinato film ha scaturito.

Inoltre, il linguaggio utilizzato nelle recensioni negative è, in media, più informale rispetto a quello impiegato nelle recensioni positive. In effetti, gli esiti dell’analisi

mostrano che i vocaboli riconducibili al “netspeak92” e alle imprecazioni sono più frequenti nei testi che appartengono alla polarità negativa. Ciò nonostante, il linguaggio informale qualifica anche la sintassi delle recensioni il cui sentiment è positivo; in particolar modo, molto frequente è il ricorso ad espressioni di gergo che

94

chiariscono un particolare intento emotivo (ad esempio, lo stupore è espresso con termini quali “ohh” oppure “uuh”).

Dall’analisi della formalità di linguaggio affiora, quindi, la tendenza generale dei consumatori all’utilizzo di un lessico informale e non strutturato. Tuttavia, anche

in questo caso è possibile osservare che, coloro che esprimono un giudizio positivo, sono più inclini all’esternazione delle emozioni rispetto ai consumatori che maturano un’opinione negativa. Probabilmente, quanto detto è riflesso del fatto che, coloro che

hanno apprezzato una pellicola, sono più interessati e, quindi, verosimilmente più entusiasti di condividere in dettaglio le sensazioni che il film ha suscitato.

La sopracitata analisi ha delineato, infine, una propensione differente rispetto agli attributi che concorrono alla formazione di un giudizio di valore.

Dallo studio delle frequenze è emerso che le recensioni positive si concentrano maggiormente su aspetti quali la qualità, l’autenticità e l’iconicità di genere. Di contro, le opinioni negative si focalizzano su aspetti quali l’originalità e la componente

economico-comunicativa.

Eppure, indipendentemente dal sentiment considerato, gli attributi più frequentemente citati sono proprio la qualità e l’autenticità. Pertanto, anche nell’industria

cinematografica, tra le caratteristiche fondamentali ricercate dal consumatore segnaliamo certamente l’autenticità, confermando l’esistenza di quella che è stata definita da Gilmore e Pine (2009), l’era del consumo esperienziale.

In relazione a quanto affermato da Kovács et al. (2014), il punto di contatto tra consumatore e produttore, in grado di conferire autenticità all’offerta produttiva di un’organizzazione, è il linguaggio. Proprio per questa ragione, l’ultima parte

95

dell’analisi si concentra sul linguaggio e la sintassi che utilizzano gli utenti quando si riferiscono all’uno o all’altro concetto; al fine di comprendere il rapporto che lega le

due dimensioni considerate.

Dallo studio è emerso che, quando si parla di qualità, il testo riflette un pensiero maggiormente personale e colloquiale, delineato da uno stile di scrittura informale. Di contro, se si parla di autenticità lo stesso assume uno stile formale e analitico, riflettendo, così, un’opinione meditata e meno istintiva.

Per quanto concerne il tono di scrittura, si evince che i giudizi di qualità sono delineati da una maggiore emotività rispetto a quelli che considerano l’attributo dell’autenticità.

In particolare, la qualità è un attributo valutato facendo ricorso alla dimensione del sentire percettivo, mentre i giudizi d’autenticità sono espressi con riferimento alla dimensione cognitiva. Infatti, l’analisi mostra che più si parla di autenticità e più il giudizio viene computato e ponderato, riflesso del fatto che si tratta di un’opinione di

natura analitica. Quando ad essere valutata è, invece, la qualità, si osserva una relazione inversa; più si giudica la stessa, più il giudizio appare emotivo e personale. La differenza tra i giudizi di qualità e i giudizi di autenticità emerge anche in merito alle tematiche discusse. Quando si parla di autenticità, infatti, si utilizzano più vocaboli associati al glossario della salute e meno parole riconducibili al dizionario del tempo libero. Tendenza contraria caratterizza, invece, le recensioni in cui ad essere discussa è la qualità.

Dai risultati si evince, dunque, che la qualità è associata al momento ludico e ricreativo di un film, mentre la percezione di autenticità al benessere che ne scaturisce.

96

Infine, dallo studio dei vocaboli emozionali presenti nel testo, è emerso che l’assenza di autenticità produce nello spettatore un sentimento di rabbia maggiore

rispetto a quello che produrrebbe l’assenza di qualità.

Possiamo, quindi, concludere che gli spettatori si esprimono in modi divergenti a seconda che si riferiscano all’autenticità o alla qualità. Di conseguenza i suddetti

attributi sono da considerarsi scissi in quanto concorrono in maniera individuale alla formazione di uno specifico giudizio da parte di un consumatore. Tuttavia, alla stregua della qualità, l’autenticità migliora la percezione di valore di un film contribuendo a

migliorarne le proprietà.