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La Riforma Carotti, il dibattito sulla natura dell’udienza preliminare e il suo rapporto con la regola di giudizio ivi

LA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE: Le regole di giudizio ex art 425 

3.4. La Riforma Carotti, il dibattito sulla natura dell’udienza preliminare e il suo rapporto con la regola di giudizio ivi

esercitata. 

 

ruolo  dell'udienza  preliminare  è  stato  profondamente  modificato attraverso l'inserimento dell'articolo 421-bis c.p.p. e        la modifica del 422 c.p.p., dal momento che sono stati previsti        incisivi poteri di intervento del giudice nel corso dell'udienza        preliminare  e si è trasformata definitivamente la fase        processuale in una sorta di potenziale mini-dibattimento.        Dunque si è andati ad incidere sulla portata della sentenza di        non luogo a procedere dilatandone sensibilmente l'ambito di        applicazione.  

Proprio in conseguenza della introduzione della regola di        giudizio ulteriore contenuta nel terzo comma, si è sviluppato in        dottrina ed in giurisprudenza un dibattito sulla stessa natura        dell'udienza preliminare, tra chi oggi la interpreta come mera        udienza processuale e chi la ricostruisce come vero e proprio        giudizio  di  merito  anche se connotato da peculiari          caratteristiche . 79

Sulla  ricostruzione  processuale  dell’udienza  preliminare  possiamo citare l’ordinanza della Corte Costituzionale del 2001,        n. 185.  

Con tale ordinanza la Corte, nel ritenere manifestamente        infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 423        C.P.P., si è limitata a prendere atto delle “significative e rilevanti        modifiche che la legge n. 479 del 1999 ha apportato alla        disciplina della udienza preliminare” ed ha escluso che esse        “pur avendo contribuito a ridefinire, in termini di maggior       

pregnanza, la struttura, la dinamica ed i contenuti decisori di        quella fase, ne abbiano tuttavia mutato le connotazioni        eminentemente  processuali  che  ne  contraddistinguono  l'essenza”.  

Attestato che “la funzione dell'udienza preliminare era e resta        quella di verificare - sia pure alla luce di una valutazione        “contenutistica” più penetrante rispetto al passato - l'esistenza        dei presupposti per l'accoglimento della domanda di giudizio        formulata dal p.m., cosicché, ad una richiesta in rito, non può        non corrispondere, in capo al Giudice, una decisione di eguale        natura, proprio perché anch'essa calibrata sulla prognosi di        non  superfluità  del  sollecitato  passaggio  alla  fase  dibattimentale»; mentre «in tale ultima fase lo sviluppo delle        serie probatorie e l'oggetto del contraddittorio si proiettano,        non verso una statuizione destinata unicamente a regolare il        futuro iter del processo, ma verso una sentenza chiamata a        definire direttamente il merito della re giudicanda e suscettibile        di assumere i caratteri e la forza del giudicato”. 

Attesta invece il passaggio alla successiva considerazione        come udienza di merito la successiva sentenza n. 224 del 2001,        riguardante  il  tema  dell'incompatibilità  del  Giudice,  in  occasione della quale la Corte costituzionale avverte che “a        seguito delle importanti innovazioni introdotte, in particolare,        dalla legge 16 dicembre 1999 n. 479, l'udienza preliminare ha        subito una profonda trasformazione sul piano sia della        quantità e qualità di elementi valutativi che vi possono trovare       

ingresso, sia dei poteri correlativamente attribuiti al Giudice, e,        infine, per ciò che attiene alla più estesa gamma delle decisioni        che lo stesso Giudice è chiamato ad adottare”. Assistiamo        dunque ad “un incremento degli elementi valutativi, cui        necessariamente corrisponde - quanto alla determinazione        conclusiva - un apprezzamento del merito ormai privo di quei        caratteri di “sommarietà” che prima della riforma erano tipici di        una delibazione tendenzialmente circoscritta allo stato degli        atti”.  

Si sottolinea così l'esistenza ormai stabile della relazione tra        incremento della base cognitiva, qualità della valutazione        contenutistica dell'ipotesi accusatoria e suo oggetto . 80

La Corte costituzionale ribadisce infine, con la sentenza n. 335        del 2002, sempre in tema di operatività del principio di        imparzialità  del  Giudice,  che  “l'udienza  preliminare,  in  conseguenza degli interventi innovativi derivanti dalla legge n.        479/99 ha perduto la sua iniziale connotazione quale momento        processuale” e che “in questo quadro normativo le valutazioni        di merito affidate al Giudice sono state private di quei caratteri        di sommarietà che, fino alle indicate innovazioni legislative,        erano tipici di una decisione orientata soltanto, secondo la sua        natura, allo svolgimento (o alla preclusione dello svolgimento)        del processo”. La Corte afferma che “il nuovo art. 425 c.p.p., in        questo modo, chiama il Giudice a una valutazione di merito        sulla consistenza dell'accusa, consistente in una prognosi sulla       

sua possibilità di successo nella fase dibattimentale”. 

Per quanto riguarda invece la corte di Cassazione, le Sezioni        unite penali, con la sentenza 26/6/2002, P.G. in proc. D'Alterio,        hanno osservato, anche se ad altri fini, come “per effetto delle        innovazioni introdotte con la l. n. 479/99 l'udienza preliminare        ha subito una profonda trasformazione sul piano sia della        qualità e, quantità di elementi valutativi che vi possono trovare        ingresso, sia dei poteri correlativamente attribuiti al Giudice,        cui ha corrisposto, quanto alla determinazione conclusiva, un        apprezzamento del merito ormai privo di quei caratteri di        sommarietà che prima della riforma erano tipici di una        delibazione tendenzialmente circoscritta allo stato degli atti”.  In  dottrina,  secondo  Cassiba,  appare  prevalente  la  ricostruzione secondo cui “ragionando in una prospettiva        tecnicamente rigorosa il controllo compiuto dal Giudice in sede        di udienza preliminare resta di tipo processuale anche dopo le        innovazioni apportate dalla legge del 1999”      soprattutto in    quanto “il Giudice non svolge qui un controllo sull'esistenza del        dovere di punire, che implicherebbe in senso positivo        l'emissione di un provvedimento di condanna” .   81

Anche se De Robbio non manca di far notare che è stato lo        stesso Cassiba a riconoscere che il controllo giurisdizionale        svolto dal Giudice dell'udienza preliminare investe attualmente        il merito del processo. 

Per una ricostruzione recente dell'udienza preliminare quale       

udienza di merito si possono confrontare le numerose        pronunce giurisprudenziali dove si può leggere, per citarne        una, che “sebbene ancorata allo Stato degli atti, l'udienza        preliminare,  richiedendo  la  completezza  delle  indagini  preliminari e l'adozione, secondo il criterio della discrezionalità        vincolata, di attività integrative, comporta l'esercizio di un        sindacato sostanziale penetrante sul contenuto delle accuse        sulla sua concreta idoneità ad essere validamente sostenuta in        dibattimento. Ne consegue che la decisione assunta al termine        dell'udienza preliminare ha valore equiparabile al giudizio,        trattandosi di una valutazione di merito priva di quei Caratteri        di sommarietà che erano in precedenza tipici di una        derivazione  tendenzialmente  circoscritta  all'individuazione  delle cause manifestamente infondate” . 82

 

3.3 Il nuovo criterio di giudizio introdotto dalla riforma Carotti   

 

Il nuovo terzo comma dell’art. 425 c.p.p. c.p.p., dopo le modifiche        introdotte dalla L. 479/1999, stabilisce che il g.u.p. è tenuto a        pronunciare sentenza di non luogo a procedere anche quando        gli elementi acquisiti risultino insufficienti, contraddittori o        comunque non idonei a sostenere l’accusa in giudizio. Secondo        l’opinione prevalente, la nuova disposizione si pone su una        linea  di  continuità  con  il  costante  orientamento