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La sentenza di non luogo a procedere: profili sistematici e itinerari giurisprudenziali.

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La Sentenza di non luogo a procedere:  

profili sistematici e itinerari giurisprudenziali. 

     

INTRODUZIONE   

La disciplina della sentenza di non luogo a procedere ha        vissuto, fin dalla sua entrata in vigore, un'esistenza travagliata:        l'art. 425 è stato modificato ben tre volte (nel 1993, nel 1999 e nel        2000) senza che le riforme siano riuscite a sortire un effetto        chiarificatore sul punto, dato che su di esso i contrasti        interpretativi in dottrina e giurisprudenza sono stati numerosi.  Si è passati da un'interpretazione prudente e conservatrice        dell'istituto ex art. 425, visto come mero "filtro per le imputazioni        azzardate" all'attuale concezione che estende il controllo sugli        esiti delle indagini sino alla verifica prognostica della        sostenibilità dell'accusa in giudizio. Si sono provate ad        indagare le cause del difficile assestamento della disciplina, tra        cui la circostanza che l'accertamento contenuto nella sentenza        di non luogo a procedere, rappresentato dall'inutilità di        celebrare il dibattimento, presuppone un giudizio prognostico        dai contorni sfumati e dalla individuazione problematica. Un        fatto da cui non si può prescindere nell'affrontare la materia è        che la disciplina della sentenza di non luogo a procedere è        strettamente connessa alla struttura complessiva del processo       

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e al modo in cui le fasi del medesimo si rapportano tra loro, ma        costituisce anche il fulcro dell'intera udienza preliminare        attraverso  cui  analizzare  la  funzione  effettiva  e  le  caratteristiche salienti di quest'ultima. Durante questa fase gli        elementi di indagine raccolti sono vagliati al fine di verificare        se,  unitariamente  considerati,  essi  raggiungano  quella  attitudine a trasformarsi in prova nel futuro dibattimento, al        fine di rendere l'accusa meritevole di un processo. La previsione        della norma contenuta nell'art. 421-bis è tra le più importanti nel        sottolineare la centralità della fase preliminare, prevedendo il        potere del giudice di ordinare al pubblico ministero nuove        indagini,  qualora  non ritenga il compendio probatorio          presentatogli completo ed inidoneo per la decisione sul rinvio a        giudizio richiesto. Così il giudice ha la possibilità di assumere        parte attiva nella formazione del materiale ed è inoltre possibile        esaltare  la  funzione  di  economia  processuale  tipica  dell'udienza, attraverso un controllo attivo sul capo di        imputazione. Con l'art. 425 al giudice è conferito un ampio        potere  di  prosciogliere  l'imputato  emettendo  all'esito  dell'udienza preliminare una sentenza che attesti che non vi è        luogo per procedere. Tale esigenza di pricipio si scontra        tuttavia nella pratica dei tribunali con la difficoltà di ritagliare        con  esattezza  i  confini  di  tali poteri; l'interpretazione      giurisprudenziale e dottrinale è divisa tra l'esigenza di        assegnare un ruolo significativo al G.u.p. per evitare di ridurre        questa fase ad una inutile sovrastruttura priva di effettiva       

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utilità e quella di evitare una sovrapposizione con gli ambiti di        operatività del giudice di dibattimento. 

                                               

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CAPITOLO PRIMO 

L’UDIENZA PRELIMINARE   SOMMARIO :  

1.1 Funzione e natura;  

1.2 Interventi legislativi fondamentali;  

1.3 Il quadro normativo attuale. Giudizio di rito o di merito?   

1.1 Funzione e natura. 

L’udienza preliminare è una fase processuale volta ad        assicurare, con il filtro delibativo, la non instaurazione di giudizi        superflui. L'esperienza applicativa degli ultimi 15 anni ha messo,        tuttavia, in evidenza come la normativa attuale non consenta        un’autentica ed efficace operazione selettiva. Non è impedito,        dunque, l’approdo alla fase dibattimentale, di numerosi        procedimenti non necessari e che si sarebbero potuti        concludere prima, con notevole svantaggio per l’economia        processuale. Questa fase, non solo è adibita a selezionare i        procedimenti penali meritevoli di giungere alla fase del        dibattimento, ma è adibita anche alla scelta dei riti alternativi        al giudizio ordinario, che consentono di realizzare un risparmio        di energie processuali per l'ordinamento e una sensibile        riduzione di pena per l'imputato. I due procedimenti speciali        1          maggiormente significativi del nostro sistema,      il giudizio    abbreviato e l'applicazione della pena su richiesta delle parti,       

1 Garofoli, L'udienza preliminare e il contenimento dei tempi processuali,

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elevano proprio l'udienza preliminare a luogo di definizione del        processo  permettendo di rinvenire un espressione della        funzione deflattiva del dibattimento assegnata in via naturale        all'udienza. In proposito è stato osservato che l'incremento        della funzione di filtro dell'udienza preliminare può provocare        l'effetto indiretto di un minore ricorso ai riti alternativi , perché      2    “se le regole decisorie per il passaggio a dibattimento sono        stringenti, l'imputato più difficilmente opterà per un rito        alternativo: sulla base degli atti delle indagini preliminari egli        può sperare nell'emissione della sentenza di non luogo a        procedere” . 3

Udienza preliminare, quindi, si propone come fase processuale        prodromica al dibattimento. Le ragioni storiche di tale        impostazione vanno rinvenute nel fatto che il codice del 1988 è        nato sulla scia di decennali polemiche circa l'eccessiva        ampiezza di poteri del giudice istruttore . Con il nuovo codice       4         è stata, pertanto, concepita una netta inversione di tendenza        nella quale il potere di indagine è di esclusiva spettanza del        pubblico ministero che, però, agisce sotto la costante vigilanza        di un giudice per le indagini preliminari preposto, in posizione        di terzietà, a sorvegliare la regolarità delle indagini nella fase in        cui queste rimangono ancora riservate. Giunti, poi, al momento        della c.d. discovery, con conseguente formulazione dell’accusa        e  richiesta di giudizio, l'udienza preliminare dinanzi a tale       

2 De Robbio, L’udienza preliminare, Giuffrè, Milano 2013 3 Cassiba, 2007

4 Assommava i ruoli degli inquirenti del giudicante, era dotato di amplissimi poteri coercitivi personali e

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giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto porsi come        somma un momento di garanzia, per la difesa, di vedersi        assicurata -    in un contraddittorio diretto con il Pubblico        Ministero e dinanzi ad un giudice terzo - una rivisitazione dei        risultati delle indagini fin lì svolte e la possibilità di adire riti        speciali ovvero postulare un proscioglimento nel merito        evitando così inutili dibattimenti. Dove prevista, l'udienza        preliminare, dunque, rappresenta il primo momento ufficiale nel        quale le parti private vengono in contatto con la parte        pubblica, potendo in tal modo dar luogo ad un effettivo        contraddittorio sulla base delle risultanze delle indagini,        proprio in tale ottica il legislatore del 1999 ha ritenuto di        fondamentale importanza l'introduzione dell'avviso di cui all'art.        415 bis che consente tutta una serie di attività le cui risultanze        ben possono essere presentate nel udienza preliminare. Appare        chiaro come la ratio sottesa a siffatta norma sia quella di        anticipare il principio del contraddittorio già nella fase delle        indagini preliminari ; anche se in realtà,  5      le finalità sottesa      all'introduzione  dell'avviso  di  conclusione  delle  indagini  preliminari, sembrano essere state del tutto disattese, dato che        difficilmente il pubblico ministero abdica dal suo proposito e        che i 20 giorni di tempo che il codice concede per        l'espletamento di quelle attività rappresentano un arco        temporale abbastanza ristretto. Appare quindi, ictu oculi, come        l'udienza preliminare rappresenti la sede naturale per fare in       

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modo che abbiano l'ingresso nell'ambito del procedimento le        risultanze oggetto di investigazioni difensive, e, quindi, per        ottenere un provvedimento di non luogo a procedere . Nei      6    primissimi anni di operatività dell'Istituto, l'udienza preliminare        aveva assunto dunque, i connotati di un momento puramente        formale burocratico che si risolveva in un elevatissimo numero        di rinvio a giudizio ed uno scarsissimo ricorso ai riti alternativi.        nel definire la natura dell'udienza preliminare, si era sovente        rilevato come il giudice fosse chiamato a svolgere una        delibazione di carattere processuale sulla necessità di dare        seguito  alla  fase  dibattimentale,  escludendo  che  il  provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare potesse          essere assimilata ad una decisione sul merito.      l'originaria  fisionomia dell'udienza preliminare,      delineata dal testo      originario del Codice di Procedura Penale, era stata concepita        in funzione di filtro delle imputazioni azzardate con l'obbligo        per  il  giudice  dell'udienza  preliminare  di  verificare  semplicemente la fondatezza della richiesta di rinvio a giudizio        presentata dal Pubblico Ministero . 7

Possiamo aggiungere, tentando di riassumere, che la struttura        dell’udienza è il frutto del compromesso tra due esigenze        contrastanti : il diritto alla difesa e il principio di immediatezza.   Il primo è sostenuto dall’esigenza di assicurare un effettivo        controllo del giudice sulla necessità del rinvio a giudizio,        esigenza che richiede l’assunzione in udienza preliminare delle       

6 Garofoli, Op. cit. pag. 4 7 Garofoli, op cit. pag 4.

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prove che permettono all’imputato di dimostrare che non        esistono sufficienti elementi di accusa. Possono esserci casi in        cui l’imputato ritenga opportuno anticipare la difesa rispetto al        dibattimento, questa opportunità deve essere garantita dal        momento che il processo stesso rappresenta un momento        afflittivo, una vera e propria pena per la persona innocente a        causa della sua pubblicità e il conseguente clamore che può        suscitare nella comunità. Alla predetta esigenza si contrappone        il principio di immediatezza, secondo cui la prova, sulla quale si        basa la decisione del giudice, deve formarsi davanti a        quest’ultimo in dibattimento.  

L’esigenza di sottoporre l'esercizio dell’azione penale al filtro di        un giudice diverso da quello che si occuperà dell' eventuale        fase processuale nasce dal fatto che il dibattimento, come        abbiamo già detto, è pubblico e soprattutto per i reati gravi        suscita clamore, sicchè “costituisce esso stesso una pena per la        persona innocente” .  8  la prima esigenza a cui risponde la        previsione dell'udienza preliminare e quindi quella di evitare i        processi sicuramente inutili.      in questi casi, infatti, il peso di        sopportare un processo per l'imputato non è bilanciato da        un'esigenza collettiva di accertamento della verità o di        approfondimento dei temi di prova, purchè l'esito (favorevole        all'imputato stesso)    si presenti sin dall'inizio scontato.      Il  concetto di inutilità del dibattimento ha subito nel corso della        vigenza del codice di Procedura Penale notevoli modifiche, con       

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importanti  innesti  legislativi  è  una  interpretazione  giurisprudenziale che ne hanno progressivamente ampliato i        confini  trasformando  sensibilmente  il  ruolo  dell'udienza  preliminare.  Da un’interpretazione prudente e conservatrice          dell'istituto, visto come mero filtro per le imputazioni azzardate,        si è passati all'attuale concezione, che estende il controllo sugli        esiti delle indagini sino alla verifica prognostica della        sostenibilità dell'accusa in giudizio.        Questa verifica si      concentrerà in primo luogo sull'eventuale presenza di motivi        formali ostativi ad una pronuncia di condanna e in questi casi        la celebrazione del processo chiesto dal pubblico ministero si        presenta immediatamente come “inutile”, e costituirebbe quindi,        un inutile fastidio sia per l'imputato che per lo stato che ne        sopporta i costi. A queste ipotesi si aggiungono quelle in cui il        processo non potrà comunque pervenire ad una pronuncia di        condanna per ragioni oggettive ed inequivoche ( morte del reo,        inimputabilità, estinzione del reato etc.) Devono ritenersi “inutili”        anche i dibattimenti il cui compendio probatorio presenta tali        difetti strutturali - per insufficienza o contraddittorietà degli        elementi di accusa - da connotare la ricostruzione accusatoria        come “perdente”, senza alcun bisogno di una verifica in        contraddittorio. In tutti i casi individuati si sostanzia la funzione        deflattiva della fase processuale in esame, la cui espressione        codicistica è data dalla norma Che disciplina i casi in cui è        possibile emettere sentenza di non luogo a procedere ex        articolo 425:    maggiore è la facoltà di intervento, anche sul       

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merito, del giudice dell'udienza preliminare al fine di fermare,        prima del passaggio in dibattimento, i confronti che l'accusa        non può vincere e più si realizza il principio della separazione        delle fasi. L'attuale assetto dell'udienza preliminare non        comporta che si rinviino a giudizio solo gli imputati la cui        condanna appare certa o probabile: Sostenibilità dell'accusa in        giudizio non vuol dire fondatezza della stessa ma semmai non        infondatezza e possibilità di sviluppo in dibattimento.      la  dottrina ha rilevato che l'innalzamento della soglia probatoria        necessaria per emettere il decreto che dispone il giudizio non        ha comportato un innalzamento statistico delle pronunce di        condanna il rapporto ai dibattimenti instaurati : il gup dovrà        emettere un giudizio prognostico sulla possibilità di sviluppo        del Thema decidendum in dibattimento e sulla astratta        possibilità che la ricostruzione accusatoria giunga a buon fine,        al solo scopo di eliminare dalla scena i casi in cui tale        possibilità si presenti ad inizio carente per le ragioni anzidette        ed indipendentemente dalla probabilità di una pronuncia di        condanna. Oggi, a seguito delle modifiche intervenute negli        anni, la dottrina giunta chiedersi se la verifica demandata al        giudice in questa fase conservi la sua natura esclusivamente        processuale, come nell'originaria versione oppure possa ormai        essere assimilata ad un accertamento nel merito .  9

 

1.2 Interventi legislativi fondamentali 

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La L. n. 105/1993, con il suo primo articolo cancellava dal testo        originario la presenza      nell'art. 425 c.p.p.. dell'aggettivo        "Evidente", senza però mutare il quadro delineato o incentivare        la funzione deflattiva dell'udienza. A corredo della modifica        normativa avvenuta si affermava che "essa rafforza il potere        valutativo del g.u.p. così che l'udienza preliminare possa        funzionare come filtro di maggior consistenza rispetto al        dibattimento o anche che la sede preliminare implicasse "un10        apprezzamento in termini di elevata serietà e fondatezza della        proposizione accusatoria e di prevedibilità di una futura        affermazione di condanna" .  11

A fronte di queste enunciazioni a corredo della legge del '93 era        comunque diffusa la convinzione di una sostanziale inutilità        deflazionistica dell'intervento normativo.  

La giurisprudenza costituzionale in precedenza aveva sempre        individuato udienza preliminare quale “fase processuale e non        di cognizione piena” strutturata su una regola di giudizio        attinente “al rito e non al merito”; anche con il venir meno del        requisito dell'evidenza, per effetto della legge 8 aprile 1993,        numero 105,    La Corte Costituzionale manteneva il suo        orientamento in proposito e sosteneva che il legislatore,        intervenendo sull' art. 425 c.p.p., aveva chiaramente voluto        rafforzare il potere valutativo del giudice, incidendo, però,        soltanto sulle maglie del filtro e non anche sulla natura        processuale della sentenza di non luogo a procedere, che era e       

10 C.Cost 88/1994

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restava una sentenza di tipo processuale destinata a null'altro        che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal        Pubblico Ministero. Questa concezione dell'udienza preliminare        era condivisa da una parte della giurisprudenza di legittimità        che, in tema di misure cautelari ed in particolare di necessaria        rivalutabilità dei gravi indizi di colpevolezza da parte del        Tribunale del riesame a seguito del provvedimento a giudizio,        aveva escluso, quantomeno fino al 1993, l'attribuzione a        quest'ultimo di una forza preclusiva rispetto alla rivalutazione        del quadro indiziario a fini cautelari, proprio a causa della        natura meramente processuale della decisione finale di questa        fase.  

In quest'ultimo contesto interpretativo si inseriva La Corte        Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi proprio su questo        specifico tema, dichiarava    12  illegittimità, per violazione degli        articoli 3 comma 124 comma 2 cost, degli articoli 309 e 310 c.p.p.        nella parte in cui non consentivano di valutare la sussistenza        dei gravi indizi di colpevolezza nelle ipotesi in cui fosse stato        emesso il decreto di rinvio a giudizio a norma dell'articolo 429        c.p.p.. si sosteneva infatti, che soltanto ove fosse intervenuta        una decisione contenente una valutazione del merito di        incisività, tale da assorbire l'apprezzamento dei gravi indizi, si        sarebbe potuto dire ragionevolmente precluso il riesame degli        stessi da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in sede di        impugnazione .  13

12 Corte Cost. Ord. n°212/1996 13 Garofoli, op. cit. pagg. 8-9

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L’incentivazione  ad  un  esame  non  particolarmente  approfondito della pretesa accusatoria, ad opera dell’organo        giurisdizionale di fase, era stata inizialmente avallata dalla        Corte costituzionale volta a riconoscere la natura processuale        e non di merito della disamina che in essa si svolge dell’ipotesi        accusatoria. La Corte aveva a più riprese esternato tale        convincimento:  in  particolare  quando  aveva  affermato  l’impraticabilità in tale sede della ricognizione di circostanze o        del giudice di comparazione ex art. 69 c.p.  

“perchè di regola il giudice non dispone degli elementi        necessari dal momento che le prove e il definitivo accertamento        dei fatti si profileranno solo nella fase dibattimentale” senza        ravvisare violazione degli artt. 3 e 24 cost. posto che i diritti        della difesa andavano rapportati all’ambito proprio di ciascuna        fase del procedimento .  14

Posizione che la corte ha ribadito quando si è dichiarata        l’illegittimità dell’originario art. 425 nella parte in cui prevedeva        che il g.u.p. potesse pronunciare sentenza di non luogo a        procedere “quando l’imputato è persona non imputabile” per        violazione dell’art. 24 cost. in quanto, doverosamente premesso        che  l’udienza  preliminare “non è sede di acquisizione        probatoria destinata all’accertamento della verità, volgendosi        l’accertamento del giudice non alla positiva verifica d’eventuale        colpevolezza dell’imputato ma alla diversa prospettiva tesa ad        evitare la celebrazione di un dibattimento superfluo” il g.u.p.       

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avrebbe potuto applicare una misura di sicurezza sulla base di        un accertamento di responsabilità che si fondava solo sul        presupposto  della  non  evidenza  della  infondatezza  dell’addebito: la persona non imputabile veniva ad essere        privata  della  fase  dibattimentale  e  della  conseguente  possibilità di esercitare il diritto alla prova, con correlativa        compressione del diritto alla difesa che non poteva certo        ritenersi bilanciata da esigenze di economia processuale . La      15    verifica  dell’ipotesi  accusatoria praticata nell’udienza di        “sfittimento” si riteneva operasse su un piano squisitamente        processuale, essendo il giudice che in essa operava chiamato a        decidere non sul pieno merito della regiundicanda, quanto        piuttosto e più limitatamente sulla dignità dibattimentale della        domanda di giudizio avanzata dal p.m. . Diversamente      16    l’eventuale decisione di rinvio a giudizio, prospettandosi come        piena decisione di merito, avrebbe potuto pesare quale        pregiudizio sulla colpevolezza dell’imputato per il giudice del        dibattimento, che, non conoscendo di norma gli atti delle        indagini preliminari, non sarebbe stato in grado di valutarla        criticamente . 17

 

È con l'approvazione della cosiddetta Legge Carotti, L. n.        479/1999, che si trasforma radicalmente l'udienza preliminare        configurandola  davvero  come  momento  cruciale  di 

15​C.Cost. 41/93, in CP, 1993, 1080 ; in C. Cost. 94/1997, in CP, 1997, 2397 16 in Carreri, CP 1994, 2382-2384

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giurisdizione. Una riforma che, di fatto e con maggiore        coraggio, modifica in termini più ampi la fisionomia e i profili        funzionali dell'udienza preliminare, ormai non più tesa ad una        verifica di natura meramente processuale sulla idoneità del        procedimento ad addivenire alla fase dibattimentale, bensì        ricostruita in funzione di giudizio preliminare sul merito della        fondatezza dell'imputazione.  18

L'obiettivo è quello di incentivare fortemente la definizione

       

della pretesa punitiva che si attua nel procedimento abbreviato        in essa insinuabile.      Non muta solo l'assetto dell'udienza          preliminare ma mutano anche i poteri dei protagonisti che in        essa  agiscono.  A  seguito  delle  importanti  innovazioni  introdotte, in particolare, dalla legge 16 dicembre 1999, numero        479,  l'udienza  preliminare  ha  subito  una  profonda  trasformazione sul piano sia della quantità e qualità di        elementi valutativi che vi possono trovare ingresso, sia dei        poteri correlativamente attribuiti al giudice, e infine per ciò        che attiene alla più estesa gamma delle decisioni che lo stesso        giudice è chiamato da adottare.      L’esigenza di completezza      delle indagini preliminari, giudice è attribuito il potere disporre        l'integrazione delle indagini stesse (Art 421 bis) l'analogo potere        di integrazione concernente i mezzi di prova, a fronte del quale        il giudice può assumere anche d'ufficio le prove delle quali        appaia evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo        a procedere (Art 422) il conseguente ampliamento del thema       

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decisorio, non più limitato al materiale raccolto dal pm, sono        tutti elementi di novità che postulano, all'interno della udienza        preliminare, da un lato, un contraddittorio più esteso rispetto al        passato, e, dall'altro, un incremento degli elementi valutativi,        cui necessariamente corrisponde - quanto alla determinazione        conclusiva - un apprezzamento del merito ormai privo di quei        caratteri di sommarietà che prima della riforma erano tipici di        una delibazione tendenzialmente circoscritta allo Stato degli        atti.  19

L’udienza è eletta dunque ad ambito privilegiato per la        definizione  del  procedimento  mediante  l’agevolazione  d’accesso ai riti speciali con essa compatibili tra cui,        principalmente  il giudizio abbreviato. La mite funzione        originariamente  assegnata  dal  legislatore  all’udienza  preliminare, si risolveva nella necessità di predisporre un filtro        alla richiesta di dibattimento avanzata dal pm. Essa avrebbe        dovuto condurre, almeno negli intenti dei compilatori, ad una        decongestione del sistema stroncando i procedimenti non        meritevoli di approdare al dibattimento, sede che finiva per        assumere un carattere quasi residuale, quantomeno sotto il        profilo quantitativo dei processi destinati ad esservi definiti. Se        nei commenti al nuovo codice di procedura penale era        ricorrente la valutazione di centralità del dibattimento, quale        sede naturale di formazione della prova, in realtà si era già        allora consci del fatto che la riuscita del nuovo sistema       

19 In Garofoli, op cit pag 9 ;

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sembrava maggiormente legata alla capacità dei riti alternativi        di sottrarre quanti più possibili procedimenti al giudizio        dibattimentale, per giungere ad una conclusione anticipata        della vicenda processuale .  20

L’efficacia deflattiva di cui era caricata l’udienza poggiava,        dunque, da un lato sulla possibile insinuazione in essa dei riti        alternativi e dall’altro su una selezione di notizie di reato        infondate operata dallo stesso p.m. con la richiesta di        archiviazione. Nella prassi giurisprudenziale però l’udienza        preliminare si era spesso rivelata un istituto inutile e veniva        stimata quale principale causa di intralcio ed appesantimento        del processo penale . 21

 

1.3 La Giurisprudenza Costituzionale, Giudizio di rito o di                  merito? 

Il quadro normativo è ora sensibilmente mutato. Per quanto        concerne il regime circostanziale, il secondo comma dell’art.        425 prescrive che, nel decidere se adottare la sentenza di non        luogo a procedere, “il giudice tiene conto delle circostanze        attenuanti” prevendendo esplicitamente      l’applicazione delle    disposizioni di cui all’art 69 cp.      con riguardo al difetto di          imputabilità; mentre il quarto comma dell’art. 425, prevede che        il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a        procedere  per  tale  causa  solo  “se  ritiene  che  dal 

20 in Barazzetta, IP, 2000, 501

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proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una        misura di sicurezza”.  

Nonostante le innovazioni recate dalla L. 479/1999 la funzione        dell’udienza preliminare rimane quella di verificare l’esistenza        dei presupposti di accoglimento della domanda di giudizio.  La disuguaglianza delle sedi        giustificava una disciplina      differente e più snella di quella dettata per il dibattimento,        poichè in esso ci si orienta ad una sentenza che definisca nel        merito la res judicanda e suscettibile di acquisire i caratteri del        giudicato. Si poteva, di contro, sostenere che le innovazioni        normative inducessero a rivedere la funzione e la natura        dell’udienza ex artt. 416 ss., facendo riferimento all’oggetto più        tipico della valutazione che in essa si svolge: la prognosi sulla        meritevolezza  dell’ipotesi  accusatoria  di  approdare  in  dibattimento.  

Dall’originaria funzione processuale, si poteva sostenere che si        fosse arrivati a delineare una sorta di “giudizio preliminare” che        avrebbe duplicato, anticipandolo, l’accertamento di merito        dibattimentale,  convertendo  la  funzione  di  filtro  delle  imputazioni azzardate, in una autentica valutazione di merito        sulla fondatezza stessa dell’ipotesi di accusa. 

Nei 25 anni di vigenza del codice di procedura penale, il        concetto di inutilità del dibattimento ha subito notevoli        modifiche, con riforme legislative e con una interpretazione        giurisprudenziale che ne hanno progressivamente ampliato i        confini,  trasformando sensibilmente il ruolo dell’udienza         

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preliminare. Un dato certo, era che il legislatore non avesse        ridefinito la natura dell’udienza preliminare, ma che si fosse        limitato a mostrare la preoccupazione di garantire una        drastica  deflazione  dei  processi  degni  della  sede  dibattimentale. 

L’evoluzione giurisprudenziale successiva si è incaricata di        rafforzare la portata innovativa della legge Carotti, che si        riteneva  avesse  trasformato  l’udienza  preliminare  configurandola come momento centrale di giurisdizione; in        particolare si è concentrata sul rafforzare il diritto di difesa        nonchè il principio del contraddittorio e la figura del g.u.p.   Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale che, chiamata a        pronunciarsi  sulla  costituzionalità  dell'art.  423,  ha  incidentalmente rilevato che: 

“Deve sottolinearsi    come le pur significative e rilevanti        modifiche che la legge n° 479 del 1999      ha apportato alla      disciplina della udienza preliminare, pur avendo contribuito a        ridefinire, in termini di maggior pregnanza, la struttura, una        dinamica e  

i contenuti decisori di quella fase, non ne hanno Tuttavia        mutato le connotazioni eminentemente processuali che ne        contraddistinguono l'essenza;    che al di là delle segnalate        innovazioni, infatti, la funzione dell'udienza preliminare era e        resta quella di verificare - sia pure Alla luce di una valutazione        “contenutistica” più penetrante rispetto al passato - esistenza        dei presupposti per l'accoglimento della domanda di giudizio       

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formulata dal Pubblico Ministero, cosicché, ad una richiesta in        rito,  non può non corrispondere, in capo al giudice,      una  decisione di eguale natura,        proprio perché anche essa        calibrata sulla prognosi di non superfluità del sollecitato        passaggio alla fase dibattimentale.”  22

Nemmeno un mese dopo,        la stessa corte, in un giudizio di        costituzionalità  dell'art.  34,  giungeva  conclusioni  solo  parzialmente sovrapponibili,    aprendo ad una valutazione        dell'udienza preliminare come giudizio di merito. Ripercorrendo        le innovazioni legislative in materia,      rilevava infatti che si        trattava di 23

“elementi di novità che postulano, all'interno dell'udienza        preliminare, da un lato, un contraddittorio più esteso rispetto al        passato, e, dall'altro, un incremento degli elementi valutativi, cui        necessariamente corrisponde -      quanto alla determinazione      conclusiva - un apprezzamento del merito ormai privo di quei        caratteri di sommarietà che prima della riforma erano tipici di        una delibazione tendenzialmente circoscritta allo “Stato degli        atti”.  accanto a ciò,      vengono poi in considerazione i nuovi        “contenuti” che, sempre alla stregua degli apporti novellistici,        può assumere la decisione con la quale il giudice ha chiamato        a definire l'udienza preliminare. In base alla nuova formulazione        dell'art 425 del c.p.p.., Infatti, la regola iuris posta a fondamento        del rinvio a giudizio, Sì radica - in positivo - sulla sufficienza,        non contraddittorietà E comunque,        idoneità degli elementi     

22 C.Cost. ord. n. 185/2001 23 De Robbio, Op. cit, pag. 21-22

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acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, imponendosi, in caso        di diversa apprezzamento,      l'adozione della sentenza di non          luogo a procedere.      Quest'ultima, a sua volta, può scaturire        anche dal riconoscimento di circostanze attenuanti e della        correlativa applicazione della disciplina di cui all'art. 69 codice        penale,  con i riflessi tipici delle statuizioni che incidono sul        merito della causa;      ed ugualmente sul merito finisce per        proiettarsi la sentenza di non luogo a procedere per difetto di        imputabilità -    ora consentita,    quando non ne consegue        l'applicazione di una misura di sicurezza - ,      trattandosi di    sentenza che come questa corte ha già avuto modo di        affermare,  postula  “il  necessario  accertamento  di  responsabilità in ordine al fatto del reato”      24. L'alternativa    decisoria che si offre al giudice quale epilogo dell'udienza        preliminare,  riposa, dunque,    su una valutazione del merito          dell'accusa ormai non più distinguibile - quanto ad intensità e        completezza del panorama delibativo - da quella propria di        altri momenti processuali.”  25

Non è facile conciliare le due articolate pronunce della Corte        Costituzionale, poiché affermare che l'udienza preliminare non        è un’udienza di merito ma un’udienza processuale che contiene        valutazioni di merito appare più un escamotage linguistico che        una rappresentazione effettivamente significativa.  

La conclusione che possiamo trarre è che l'assetto dell'udienza        preliminare, pur non avendo implicato la trasformazione della       

24 C.Cost. sent. 41/1993 25 C.Cost. ord. 224/2001

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fase processuale in esame in una vera e propria fase di merito,        ha operato una contaminazione tra i due tipi di decisione,        sìcchè, pur essendo ancora oggi la verifica demandata al        giudice dell'udienza preliminare      inequivocabilmente di tipo      processuale, l'esame prognostico degli sviluppi dibattimentali        implica una valutazione del merito della vicenda,      purché  parziale è finalizzata ai soli scopi interinali che sono propri        dell'udienza in questione.  26

In una ulteriore occasione di intervento, la Consulta ha        esplicitamente affermato che ormai l’udienza preliminare deve        essere intesa come “giudizio” nell’accezione in cui il concetto        viene in rilievo nell’art. 34. 

In questo senso è stata dichiarata non fondata l’eccezione di        incostituzionalità dell’art. 34  

“nella parte in cui non prevede, quale caso di incompatibilità        all’esercizio di funzioni giudiziarie, quella del magistrato che        nell’udienza preliminare, con poteri di cognizione e decisione        identici a quelli già esercitati nella precedente circostanza”  ciò in quanto l’udienza preliminare non comportava una        decisione sostanziale sul contenuto dell’accusa essendo        caratterizzata, nei suoi epiloghi, da decisioni di natura        essenzialmente processuale, finalizzate a concedere o impedire        l’accesso al dibattimento. Conseguentemente era stata negata        la proposizione di una questione di incompatibilità, perchè le       

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statuizioni  conclusive dell’udienza non presentavano un          contenuto decisorio del merito del giudizio penale. 

La Corte aveva assunto una presa di posizione inversa con la        menzionata sent. n. 224/2001, che si era potuta misurare con la        nuova  conformazione  dell’istituto,  caratterizzata  dalla  completezza del quadro probatorio di cui il giudice dispone.   In simile contesto le valutazioni di merito affidate al g.u.p.        risultano ormai prive di quei caratteri di sommarietà che, fino        alla riforma legislativa, contraddistinguevano la sua funzione. I        nuovi criteri che governano l’emissione della sentenza di non        luogo a procedere ex art. 425 c.1, 2, 3 impongono al giudice una        valutazione  di  merito  sulla  consistenza  dell’accusa,  incaricandolo di formulare una prognosi sulla possibilità di        successo nella fase dibattimentale. Di conseguenza le decisioni        epilogo dell’udienza preliminare devono essere qualificate        come giudizi idonei a pregiudicarne ulteriori e ad essere a loro        volta pregiudicati da altri anteriori . 27

Il ridisegnato ambito in cui il giudice e le parti si muovono,        aveva indotto la giurisprudenza a ritenere preclusa, dopo        l’emanazione del giudizio stesso, qualsiasi valutazione sulla        gravità indiziaria dell’ipotesi accusatoria, proprio perchè la        decisione assunta in esito all’udienza camerale era il risultato di        un necessario apprezzamento di merito, un prognostico di       

27 S.cost. n. 335/2002, CP 2002, 3354

S.cost. n. 269/2003,

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colpevolezza assimilabile a quello richiesto dall’art. 273 del        codice di rito.  

Nella giurisprudenza di legittimità, un tale orientamento era        stato in parte recepito e in parte respinto, spingendo le Sezioni        unite ad intervenire per affermare che non è preclusa al giudice        investito della richiesta di riesame, la valutazione dei gravi        indizi di colpevolezza quando sia stato disposto il rinvio a        giudizio dell’imputato per il reato in ordine al quale è stata        applicata la misura cautelare personale . Nonostante, quindi,        28      gli “strappi accelleratori verso un vero e proprio giudizio di        merito”, l’udienza preliminare - ad avviso della corte regolatrice        - rimane caratterizzata da una regola di diritto che risente        fortemente della peculiarità dell’oggetto di valutazione e del        correlato  metodo  di  analisi.  In  tal  senso  l’indubbio  arricchimento delle prerogative del g.u.p. non conferisce        tuttavia a costui il potere di giudicare in termini di anticipata        verifica dell’innocenza o colpevolezza dell’imputato perchè la        valutazione a contrariis imposta dal novellato art. 425 è pur        sempre orientata, in esito ad una valutazione che conserva        carattere  di  prognosticità,  a  saggiare  la  sostenibilità  dell’accusa in giudizio.  

   

CAPITOLO SECONDO  L’attività Istruttoria. 

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SOMMARIO: 

2.1 L'integrazione delle indagini a richiesta del giudice;    2.2 L’integrazione probatoria ex officio. 

 

2.1 L'integrazione delle indagini a richiesta del giudice.   

Qualora il giudice ritenga che le indagini preliminari siano        incomplete indica ulteriori indagini, fissa il loro compimento e        la data della nuova udienza preliminare.  

Gli artt. 421 bis - Ordinanza di integrazione delle indagini e 422 -        Attività di integrazione probatoria del giudice, il primo        introdotto dall'art. 21 della L. N° 479/1999, il secondo sostituito        dall'art. 22 della stessa legge, disciplinano il potere del g.u.p. di        promuovere un'integrazione delle risultanze delle indagini.    Nessuna norma tra quelle previste dall'idea del significato        centrale che la fase dell'udienza preliminare è venuta ad        assumere per l'intero processo più dell'art. 421 bis del codice di        Procedura Penale, con cui è stato previsto il potere del giudice        di ordinare al pubblico ministero nuove indagini qualora non        ritenga il compendio probatorio presentatogli completo ed        idoneo per la decisione sul rinvio a giudizio richiesto. la norma        non era prevista nell'originario impianto del codice del 1988 ed        è frutto delle rilevanti modifiche apportate al sistema dalla        legge 479 del 1999 che hanno fatto si è l'udienza preliminare        divenisse un momento di fondamentale verifica, anche nel       

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merito, della sostenibilità dell'accusa in giudizio.       29 Si apre    dunque la possibilità per il giudice di ordinare un supplemento        di indagine e la facoltà di procedere direttamente ad una vera        e propria istruttoria in udienza (art 422), in questo modo egli        assume parte attiva nella formazione del materiale che egli        stesso dovrà poi giudicare al termine della fase processuale.    Risulta inoltre possibile esaltare la funzione di economia        processuale tipica dell'udienza preliminare, attraverso un        controllo attivo sul capo di imputazione che impedisce inutili        dichiarazioni di nullità della richiesta di rinvio a giudizio in caso        di ambiguità o genericità dello stesso .   30

Oggi il Gup può emendare eventuali difetti con l'attivazione di        uno dei poteri istruttori o integrativi che la legge gli assegna, a        tale proposito è stato rilevato dalla sezione penale della        Cassazione che “ Non è prevista alcuna nullità della richiesta di        rinvio a giudizio in caso di mancanza dei requisiti di chiarezza e        di precisione dell'imputazione, avendo del resto il giudice, nel        corso dell'udienza preliminare,      tutti gli strumenti,      ove lo    ritenga necessario,    per un'integrazione delle indagini e per        sollecitare il PM a modificare l'imputazione. Per l'effetto deve        ritenersi abnorme l'ordinanza che restituisca gli atti al PM in        ipotesi di carenza dei caratteri della chiarezza della precisione        dell'imputazione” . 31

29 De Robbio, ​L’udienza Preliminare​, Milano 2013, pag. 184 30 De Robbio, ​Op cit​, pag. 185

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In questo modo,      udienza preliminare assume una rilevante          flessibilità, poiché può essere confermata in modi differenti a        seconda delle specifiche evenienze processuali, numero degli        imputati, importanza del Thema decidendum etc,      sino a    trasformarsi in un vero e proprio mini dibattimento, sebbene        con la finalità propria di momento di filtro e di passaggio al        processo che le è propria . 32

Ed è infatti proprio sulle rilevanti novità dell'ordinanza        integrativa delle indagini attribuita al gup, che è basato uno        degli elementi portanti della teoria secondo la quale il giudizio        dell'udienza preliminare sarebbe ormai divenuto un vero e        proprio giudizio di merito. È stato infatti di recente sostenuto        dalla giurisprudenza di merito che “ sebbene ancorata allo        Stato degli atti,      l'udienza preliminare,    richiedendo la    completezza delle indagini preliminari e l'adozione, secondo il        criterio della discrezionalità vincolata, di attività integrative,        comporta l'esercizio di un sindacato sostanziale e penetrante        sul contenuto dell'accusa e sulla sua concreta idoneità ad        essere validamente sostenuta in dibattimento.      Ne consegue    che la decisione Assunta al termine dell'udienza preliminare ha        valore equiparabile al giudizio, trattandosi di una valutazione        di merito priva di quei caratteri di sommarietà che erano in        precedenza  tipici  di  una  delibazione  tendenzialmente  circoscritta all'individuazione delle accuse manifestamente          infondate” . 33

32 De Robbio, op cit, Milano 2013, pag 185

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Il giudice dunque lavora per convincere se stesso, con vistosa        deroga al principio di separazione delle fasi e delle funzioni        costituisce il pilastro fondamentale del sistema processuale ,      34  modellato irreversibilmente sul modello accusatorio.  

Sembra quindi necessario evitare che il giudice dell'udienza        preliminare, esercitando il potere istruttorio previsto dagli        articoli in esame, non abbia più a modello le due diverse        ricostruzioni del fatto offerte di dalle parti ma ricerchi la        propria verità come accadeva nel processo inquisitorio.   

In dottrina l’esigenza è ben avvertita da coloro che rilevano che        “ vi è il rischio che il potere di cui all'articolo 421 bis venga        impiegato dal giudice allo scopo di saggiare la bontà di una        ricostruzione dei fatti avulsa dalle prospettive entro le quali si        sono mosse le parti nel corso delle rispettive indagini, perché        maturata  autonomamente  nella  mente  del giudice. Un      atteggiamento sì fatto non sarebbe coerente con il ruolo che il        legislatore  ha  inteso  assegnare  al  giudice  nell'ambito  dell'udienza preliminare, perché maschera, in definitiva, un        habitus mentale dell'organo giudicante riconducibile a sistemi        di matrice inquisitoria” .  35

Il potere in esame va      allora correttamente    inquadrato  ponendo l'attenzione al fatto che la ratio della norma in esame        deve essere individuata, più che nella volontà del legislatore di        fare fronte alle situazioni di assoluta impossibilità di decidere        allo Stato degli atti,        nella volontà di evitare che qualsiasi       

34 De robbio, op cit, pag 186 35 Cassiba 2007

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decisione conclusiva dell'udienza preliminare sia condizionata        dalla mancanza o insufficienza di elementi conoscitivi.      la  norma va infatti coordinata con l'art. 425 così come rimodellato        dalla riforma Carotti, il quale prevede oggi che è in presenza di        un quadro probatorio incompleto o comunque contraddittorio        il giudice deve emettere sentenza di non luogo a procedere .      36  Sempre secondo il 421-bis il gup se non provvede a norma del        quarto comma dell’art. 421 (ovvero se non ritiene di poter        decidere allo stato degli atti e di dichiarare la chiusura della        discussione) perchè le indagini sono incomplete, deve dare        comunicazione  della  propria  ordinanza  al  procuratore  generale presso la corte d'Appello perchè disponga, qualora ne        ravvisi l'opportunità, l'avocazione delle indagini.  

Attraverso la messa a disposizione di questi strumenti        processuali, al gup è riconosciuta una funzione di controllo        della completezza delle indagini, principio che è stato        enunciato anche dalla Corte Costituzionale con la sent n°        88/1991 ;37  funzione  che  è  strettamente  correlata  sia  all'obbligatorietà dell'azione penale sia alla necessità di porre        l'imputato nella condizione di poter optare, a ragion veduta,        per eventuali riti alternativi.  

La richiesta di giudizio abbreviato può essere proposta fino al        momento in cui il gup dichiara chiusa la discussione e quindi       

36 De robbio, op.cit, pag 186-187

37 http://www.iusinitinere.it/presupposti-dellarchiviazione-la-sentenza-n-88-del-1991-corte-cost-sulla-superfluita-del-dibattimento-1685

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anche dopo l'eventuale emissione dei provvedimenti di        integrazione delle indagini o delle prove.  

L'ordinamento conferma la funzione assegnata al pm di        acquisire gli elementi conoscitivi che dell'azione penale        costituiscono supporto imprescindibile. La norma in esame        rappresenta  espressione  del  principio  di  continuità  investigativa, in linea con le norme, sulle indagini suppletive        (art. 419 terzo comma, richiesta di archiviazione) e integrative        (art. 430). Dal coordinamento di 2 articoli, Art 409 e Art 421 bis,        emerge che giudice potrà, dalla fase delle indagini preliminari,        rigettare  la  richiesta di archiviazione “suggerendo”        il  compimento di invalidi che a suo avviso prenderebbero        sostenibile l'esercizio dell'azione penale il luogo della filiazione        di testa, può procedere ai sensi dell'art. 409 5° comma        imponendo al magistrato inquirente di formulare l'imputazione        anche nel caso in cui ritenga che il compendio probatorio        presentarsi allo stato insufficiente ad un futuro sviluppo        dibattimentale compleanno suo potere integrativo riservato al        gruppo dall’art. 421 bis .  38

Il primo presupposto per l'emissione dell'ordinanza per        l’integrazione delle indagini è costituito dal non poter decidere        allo stato degli atti; l'emissione di tale ordinanza è posta in        alternativa a quella di chiusura della discussione, derivandone        l'impossibilità di attivare il potere integrativo in questione dopo        la camera di consiglio. Ma è proprio dopo la attenta       

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ponderazione e lo studio degli atti e delle stesse conclusioni        delle parti che avviene in camera di consiglio, che il giudice può        valorizzare al massimo il potere integrativo, valutando se e        come intervenire; nella prassi, infatti, l'ordinanza viene spesso        adottata anche dopo la camera di consiglio, in alternativa alla        lettura del dispositivo di sentenza o del decreto che dispone il        giudizio.  

Quando il gup ordina l'integrazione probatoria, non ritenendo        di poter decidere allo stato degli atti, non si tratta di        impossibilità "assoluta", ma si tratta di una scelta discrezionale        nel momento in cui si ravvisa l'opportunità di differire l'epilogo        dell'udienza preliminare in modo da evitare che qualsiasi        decisione sia condizionata dalla mancanza di elementi        conoscitivi di vario segno.  

Il vaglio sulla decidibilità del processo allo stato degli atti è        delimitato dai fatti in cui all'imputazione: quando il contenuto        del  materiale  probatorio  investe  tutti  i  temi  fattuali  dell'imputazione la corrispondenza tra il fatto per cui si        procede e l'oggetto delle fonti di prova è accertata; quando la        valutazione di detta corrispondenza dia, invece, esito negativo        si profila una situazione di lacunosità, quindi di indecidibilità        allo stato degli atti. Tutto ciò presuppone un quadro        probatorio che sia effettivamente integrabile: qualora, infatti,        non sia possibile emendare le lacune non resta che un        irrimediabile vuoto conoscitivo cui consegue che l'epilogo è       

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fatalmente segnato dall'emissione della sentenza di non luogo        a procedere. 

Il concerto di completezza delle indagini è assai più sfuggente        di quanto possa sembrare a prima vista: come è stato        osservato in dottrina, a rigor di logica non esiste nessuna        indagine che non sia assoggettabile almeno in astratto di        aggiunte o rafforzamenti, sicchè se ne dovrebbe concludere        che la “completezza delle indagini” sia uno standard di fatto        irraggiungibile. Esaminando l'inciso iniziale dell' Art 421 bis,        troviamo la specificazione riguardo il potere di integrazione        delle indagini, ovvero che è attivabile solo quando il giudice        non sia in grado di provvedere allo Stato degli atti: “é, allora,        evidente che la richiesta del giudice di un supplemento        istruttorio  possa  avvenire  solo nei casi di più grave        incompletezza delle indagini, sia nei casi in cui le indagini        stesse siano mancate del tutto o siamo state ampiamente        carenti, e dunque non consentano al giudice di indirizzare le        proprie determinazioni né verso il decreto che dispone il        giudizio né verso la pronuncia di procedimento. non è, invece,        Certamente consentito azionare il meccanismo dell' Art 421 bis        per consolidare un quadro di elementi già idoneo a sostenere        l'accusa in giudizio” . 39

Altri autori invitano a non esaltare la sovrapponibilità tra        completezza delle indagini e decidibilità allo Stato degli atti,        poiché ben possono darsi i casi in cui pur essendo le indagini       

39 Bonagura, ​Nuovi esiti dell'udienza preliminare: frattura o continuità con il regime anteriore alla

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complete non è possibile decidere allo stato degli atti (tra        questi casi, ad esempio, quelli che legittimano il diverso potere        di integrazione dell'indagine previsto dall'art 422).      è stato    anche acutamente osservato che i concetti di completezza        delle indagini e conducenza delle stesse (decidibilità allo Stato        degli atti) implicano due prospettive differenti l'una propria del        Pubblico Ministero e l'altra del giudice .  40

Compito del magistrato inquirente è infatti il compimento di        indagini ad ampio spettro, in ossequio al principio di        obbligatorietà dell'azione penale penale, sicchè egli dovrà        necessariamente vagliare uno spettro di ipotesi più ampio di        quelle che poi porterà eventualmente al giudizio del giudice        esercitando l'azione penale: il fine delle indagini preliminari e        dell'azione del PM è dunque la completezza delle indagini        preliminari. Il giudice, invece, si trova a vagliare il materiale già        selezionato e ritenuto dal PM meritevole di approfondimento        dibattimentale:  il gup dovrà valutare se le indagini a lui        sottoposte siano conducenti, cioè non denotino carenze tali da        costringerlo ad intervenire mediante attivazione di un potere        integrativo quale quello previsto dall'art 421 bis o dall'art 422.    La prognosi in udienza preliminare può dunque idealmente        essere scissa in due momenti complementari ma distinti:      il  primo attiene alla completabilità degli atti di indagine, mentre        il secondo momento attiene alla cosiddetta utilità del       

40 In questo senso cfr. Cassibba, ​La completezza e la consulenza delle indagini alla luce della

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dibattimento, che implica una valutazione della resistenza degli        elementi raccolti alle prove contrarie . 41

Con l'ordinanza integrativa il gup deve indicare "le ulteriori        indagini" al pm. Ma fino a che specificità arriva il potere del        giudice nell'indicare l'attività integrativa?  

Il riferimento normativo a       “le” indagini induce a ritenere che          l'ordinanza non si debba limitare a indicare genericamente        l’incompletezza  delle  stesse,  ma  può  spingersi  fino  all'indicazione degli specifici atti ed accertamenti che il        pubblico ministero sarà chiamato a compiere . 42

Una parte della dottrina ha sostenuto, appoggiata anche da        pronunce della Corte Costituzionale, che il gup debba limitarsi        ad indicare i temi incompleti o da sviluppare senza ulteriori        specificazioni, lasciando intatta la piena autonomia e libertà di        scelta del pm circa la natura, il contenuto e le modalità di        assunzione dei singoli atti di indagine .  43

Vi è poi una posizione intermedia, secondo la quale c'è spazio        sia per una prospettazione di temi di indagine, sia per        un'indicazione  puntuale  di  atti .44  Sulla  stessa  linea 

41 De robbio, op cit, pagg 191-192

42 In questo senso, tra gli altri, tonini, ​manuale di procedura penale​, milano, 2007, 481 43 sent. cost. 253/1991 : “(...) l'indicazione del giudice opera come devoluzione di

un tema di indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari ai fini suddetti;

(considerato) che pertanto è un errore il ritenere che il giudice, allorché indica al pubblico ministero ulteriori indagini, "le dispone e le commissiona", procedendo a formulare una tassativa elencazione di specifici atti rispetto ai quali si prefigura una sorta di "delega" al pubblico ministero circa il relativo espletamento; giacché, per questa via, risulterebbe svilito il potere-dovere del pubblico ministero di gestire e dirigere l'attività di indagine che, al contrario, deve permanere inalterato anche quando l'attività stessa sia svolta su "indicazione" del giudice.”

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interpretativa si è posta la giurisprudenza, che ha affermato        che l'ordinanza del giudice, quando non demandi al pm il        compimento di uno specifico atto, determina una devoluzione        del tema delle indagini che – sempre entro i limiti indicati dal        gup – va conciliata con le prerogative dell'accusa di accedere a        percorsi investigativi differenti e di sviluppare la ricerca della        prova nel rispetto dell'ambito devoluto e nel modo ritenuto più        opportuno.  

Infatti la norma consente al Giudice che ritenga di non poter        decidere allo Stato degli atti, l’ampio potere di ordinare        l'integrazione delle indagini incomplete al fine di colmare        eventuali contraddizioni o lacune, o eventualmente di indurre        l'imputato ad accedere ai riti alternativi. Tale potere si        sostanzia in una sollecitazione al pubblico ministero piuttosto        che in una indicazione tassativa di atti da compiere, sicché        nulla vieta che l'ordinanza sia al contrario generica e si limiti ad        indicare un tema di indagine da sviluppare: in questo caso il        gup lascerà al pubblico ministero la scelta delle specifiche        attività ritenute più opportune o efficaci per il raggiungimento        dello scopo indicato.      In merito è stato rilevato dalla        cassazione  che “ in tema di integrazione delle indagini        all'udienza preliminare, l'ordinanza del giudice, quando non        demandi al pubblico ministero il compimento di uno specifico        atto, determina una devoluzione del tema delle indagini che -        quantunque entro i limiti indicati dal GUP - va conciliata con le        prerogative dell'accusa di accedere a percorsi investigativi       

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differenti e di sviluppare la ricerca della prova, nel rispetto        dell'ambito devoluto, nel modo più opportuno” . 45

L'art. 421-bis non pone limiti al gup nell'individuazione del        termine entro il quale il pm deve compiere le ulteriori indagini.        Gran parte della dottrina ha rilevato in merito che ciò potrebbe        portare ad un superamento surrettizio dei limiti temporali        dell'investigazione. Cassiba, in particolare, si limita a rilevare        che  la  "finestra  investigativa"  aperta  dall'emissione  dell'ordinanza integrativa prolunga i termini di espletamento        delle indagini suppletive, a maggior ragione in luce del fatto        che il pm non ha l'obbligo di svolgere soltanto le indagini        espressamente  indicategli;  nulla  vieta  che egli compia      investigazioni anche su temi probatori non strettamente        consequenziali  o  dipendenti  rispetto  a  quelli  oggetto  dell'ordinanza. Inoltre il termine in questione non è perentorio        ed è pertanto da escludersi che gli atti di indagine,        eventualmente effettuati dopo la sua scadenza siano nulli o        inutilizzabili.  

L'ordinanza di integrazione delle indagini contiene la fissazione        della data della nuova udienza preliminare e non determina        una regressione del procedimento alla fase delle indagini        preliminari; De caro    46  ha osservato in termini critici, che il        meccanismo delineato dal legislatore, non invalidando l'azione        penale, finisce per legittimare il compimento d'indagini ad esito       

45 Cass pen, Sez IV, n. 21592 del 2.4.2007

46 De Caro, ​L'integrazione investigativa è probatoria nel udienza preliminare​, Kalb,

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predeterminato poichè, anche se dopo l'esito degli ulteriori        accertamenti  risultasse  l'estraneità  dell'imputato ai fatti      contestati,  si  dovrà  nuovamente  celebrare  l'udienza  preliminare, nonostante la sopravvenuta ed evidente inutilità di        essa. Il legislatore nell'introdurre l'istituto in esame, non ha        espressamente  previsto  la  possibilità  che  l'ordinanza  integrativa riguardi, nei processi cumulativi, solo parte degli        imputati o delle imputazioni. A fronte di siffatta evenienza, deve        essere data al gup la possibilità di disporre la separazione dei        processi, sempre che non ritenga la riunione assolutamente        necessaria per l'accertamento dei fatti, qualora, nell'udienza        preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una o più        imputazioni,  sia  possibile  intervenire  prontamente  alla  decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre        imputazioni sia necessario acquisire ulteriori informazioni a        norma dell'art. 422 cpc . 47

L'ordinanza, una volta emessa, è comunicata anche al        Procuratore Generale presso la corte d'appello; il quale può        disporre in  seguito  l'avocazione  delle  indagini.  L'avocazione scatterebbe solo qualora il pr.g. fosse persuaso        che l'incompletezza delle indagini, derivi da un difettoso agire        investigativo del pm. Sul pubblico ministero grava l'obbligo di        svolgere le ulteriori indagini indicategli dal gup. e l'eventuale        inadempimento non comporta necessariamente la pronuncia di        sentenza di non luogo a procedere. 

47 Bricchetti, ​Chiusura delle indagini preliminari e udienza preliminare​, in Aa. Vv.,

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La  dottrina  appare  divisa  sull'ambito  di  operatività  dell'ordinanza in esame: secondo alcuni commentatori il giudice        dell'udienza preliminare non potrebbe ordinare al pubblico        ministero di compiere atti istruttori in favore dell'imputato,        sicché vi sarebbe una netta scissione anche da questo punto di        vista tra il potere previsto dalla norma in esame, funzionale alle        sole ragioni dell'accusa, e quello disciplinato dall'art 422        predisposto naturalmente per le ragioni della parte avversa.    In proposito è stato sostenuto che non avrebbe senso        consentire un intervento in favore della difesa subito dopo che        questa ha avuto a disposizione l'ampio ventaglio di soluzioni        offerte dall'art. 415 bis, che offre all’indagato e al suo difensore        la possibilità di provare a convincere il pubblico ministero a        non esercitare l'azione penale, in una prospettiva che è ancora        inserita nel rapporto bilaterale, accusa-difesa, tipico della fase        delle indagini preliminari. L’art. 421 bis invece, interviene nel        momento in cui l'azione penale è stata già esercitata, ed è uno        strumento assegnato al giudice che dovrà decidere in merito        alla richiesta di rinvio a giudizio, sia emettendo il decreto        richiesto che adottando una soluzione contraria come la        sentenza di non luogo a procedere. Appare dunque preferibile        la ricostruzione di chi ritiene che la disposizione in esame non        abbia solo lo scopo di consentire al giudice di rafforzare gli        elementi a sua disposizione per la richiesta di rinvio a giudizio,       

(39)

ma altresì di quelli favorevoli all'imputato e prodromici ad una        sentenza di proscioglimento . 48

Secondo parte della Dottrina infatti, le ulteriori indagini da        compiere possono essere finalizzate senza differenziazione        all'acquisizione  di  elementi  probatori  favorevoli  all'impostazione accusatoria o contrari ad essa. Mentre a        diversa conclusione perviene, invece, chi ritiene che a norma        dall'art. 421-bis il gup possa ordinare al pm di compiere le sole        investigazioni a carico dell'imputato; l'insufficienza di elementi        probatori a carico, non colmata dal compimento delle indagini        ulteriori indicate dal gup, imporrebbe la pronuncia di sentenza        di non luogo a procedere .  49

Grosso , da parte sua, seppur in termini dubitativi, ipotizza che50        la resistenza del pm, che manchi di assicurare la completezza        delle indagini dovrebbe condurre ad una pronuncia ai sensi del        terzo comma dell'art. 425, che nella sua ultima versione,        annovera espressamente l'insufficienza degli elementi acquisiti        tra le cause del non luogo a procedere.  

 

2.3 L’integrazione probatoria del giudice.   

Il materiale probatorio su cui il gup è chiamata a decidere in        udienza preliminare è ulteriormente integrabile attraverso        l'ordinanza prevista dall'art. 422 cpc, a norma della quale il       

48 De Robbio, ​ Op. cit​., pag. 195 49 Amodio, Milano 2000

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giudice può disporre l'assunzione delle prove delle quali        appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo        a procedere. In altre parole il giudice può avvalersi del potere        di integrare la prova favorevole all'imputato quando essa sia        manifestamente  decisiva,  in  funzione  di  garante  della  presunzione di innocenza.  

Nella sua precedente versione, l'art. 422 prevedeva per il gup,        una volta terminata la discussione, la possibilità di indicare alle        parti i temi nuovi o incompleti sui quali riteneva necessario        acquisire "sommarie informazioni ai fini della decisione"; era        però negato al gup, qualsiasi potere di iniziativa nella raccolta        della prova, anche quello suppletivo e residuale che è previsto        per il giudice del dibattimento dall'art. 507.  

L'iniziativa per l'ammissione della prova spettava alle parti ed        era imperniata sulla distinzione tra prove a carico e prove a        discarico e sul giudizio di manifesta decisività.      Pansini  sottolinea  come,  in tal modo, si intendesse rimarcare        l'eccezionalità  del  supplemento  istruttorio  consentito  all'udienza preliminare. 

Nel quadro normativo attuale, l'integrazione probatoria è        attività rimessa “anche” al potere d'ufficio del giudice; è evidente        che esso possa essere sollecitato “anche” dalle parti, che        potranno quindi richiedere al giudice di assumere quelle prove        che esse ritengono decisive per l'emissione della sentenza di        non luogo a procedere.  

(41)

L’ordinanza in esame si pone in rapporto sussidiario e        complementare rispetto a quella disciplinata dall'articolo 421        bis, dal momento che la sua attivazione presuppone un giudizio        negativo circa la possibilità di agire con i poteri di quest'ultima        norma: l'art 422 prevede che il gup possa ricorrere a tale        ordinanza “ quando non provvede a norma del comma 4        dell'articolo 421, ovvero a norma dell'articolo 421 bis del Codice        di Procedura Penale”. In primo luogo il Gup cercherà di definire        l'udienza preliminare allo Stato degli atti, valutando la        sostenibilità dell'accusa in giudizio sulla base degli atti presenti        nel fascicolo così come si è formato durante le indagini        preliminari e con le successive eventuali acquisizioni avvenute        durante l'udienza.    Laddove ciò non sia possibile, perché si        ravvisa una incompletezza degli atti, il Gup tenterà inizialmente        la strada offertagli l'articolo 421 bis,      indicando alle parti le        ulteriori indagini; qualora nemmeno in questo modo sia        possibile addivenire alla definizione dell'udienza, potrà, se lo        ritiene opportuno, attivare l'assunzione delle prove ai sensi        dell'Art 422 . 51

Come ha sottolineato parte della dottrina,      il giudice dovrà      dapprima  invitare  l'organo  dell'accusa  a  “migliorare  il  panorama d'indagine” servendosi dell'ordinanza di integrazione        delle indagini e, solo successivamente, “allorquando il quadro        istruttorio ancora lo richieda” acquisire le prove di cui all'art.        422 .  52

51 De robbio, op cit, pag. 201-202 52 Cassiba, 2006

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Appare dunque evidente che l'attivazione di questo potere        presupponga una situazione di stallo, superabile soltanto        attraverso l'assunzione di prove ulteriori al fine di un        proscioglimento. Con questo strumento istruttorio,      le prove    possono essere assunte direttamente sia ad istanza di parte        che d'ufficio e i mezzi istruttori scelti devono essere decisivi per        emettere una sentenza di non luogo a procedere.      questa  ultima caratteristica    segna una chiara differenza sia di        prospettiva che di presupposti operativi rispetto all'ordinanza        integrativa delle indagini. Secondo Bassi “ la decisione del        giudice presuppone, nel primo caso, che le indagini preliminari,        poste a fondamento della richiesta del p.m. di rinvio a giudizio,        risultino incomplete;    nel secondo caso,      e il materiale      processuale lascia affiorare la possibilità del proscioglimento        dell'imputato”.  in altri termini, l'ordinanza ex art 422, non        assolve a funzioni investigative dal momento che non mira mai        a completare il compendio probatorio ma esclusivamente ad        acquisire elementi decisivi per la sentenza di non luogo a        procedere; la caratteristica peculiare dell’ordinanza in esame è        data dunque dalla specifica finalità per la quale viene emessa.   Tale previsione legislativa potrebbe costituire un’evidente        anomalia all'interno del sistema processuale, perché ad una        prima lettura, nel momento in cui il gruppo ricorre a questo        strumento ha già deciso l'esito dell'udienza preliminare, quindi        sembrerebbe di potersi concludere che l'ordinanza serva        soltanto a fornire ex post delle giustificazioni formali ad un       

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