La Sentenza di non luogo a procedere:
profili sistematici e itinerari giurisprudenziali.
INTRODUZIONE
La disciplina della sentenza di non luogo a procedere ha vissuto, fin dalla sua entrata in vigore, un'esistenza travagliata: l'art. 425 è stato modificato ben tre volte (nel 1993, nel 1999 e nel 2000) senza che le riforme siano riuscite a sortire un effetto chiarificatore sul punto, dato che su di esso i contrasti interpretativi in dottrina e giurisprudenza sono stati numerosi. Si è passati da un'interpretazione prudente e conservatrice dell'istituto ex art. 425, visto come mero "filtro per le imputazioni azzardate" all'attuale concezione che estende il controllo sugli esiti delle indagini sino alla verifica prognostica della sostenibilità dell'accusa in giudizio. Si sono provate ad indagare le cause del difficile assestamento della disciplina, tra cui la circostanza che l'accertamento contenuto nella sentenza di non luogo a procedere, rappresentato dall'inutilità di celebrare il dibattimento, presuppone un giudizio prognostico dai contorni sfumati e dalla individuazione problematica. Un fatto da cui non si può prescindere nell'affrontare la materia è che la disciplina della sentenza di non luogo a procedere è strettamente connessa alla struttura complessiva del processo
e al modo in cui le fasi del medesimo si rapportano tra loro, ma costituisce anche il fulcro dell'intera udienza preliminare attraverso cui analizzare la funzione effettiva e le caratteristiche salienti di quest'ultima. Durante questa fase gli elementi di indagine raccolti sono vagliati al fine di verificare se, unitariamente considerati, essi raggiungano quella attitudine a trasformarsi in prova nel futuro dibattimento, al fine di rendere l'accusa meritevole di un processo. La previsione della norma contenuta nell'art. 421-bis è tra le più importanti nel sottolineare la centralità della fase preliminare, prevedendo il potere del giudice di ordinare al pubblico ministero nuove indagini, qualora non ritenga il compendio probatorio presentatogli completo ed inidoneo per la decisione sul rinvio a giudizio richiesto. Così il giudice ha la possibilità di assumere parte attiva nella formazione del materiale ed è inoltre possibile esaltare la funzione di economia processuale tipica dell'udienza, attraverso un controllo attivo sul capo di imputazione. Con l'art. 425 al giudice è conferito un ampio potere di prosciogliere l'imputato emettendo all'esito dell'udienza preliminare una sentenza che attesti che non vi è luogo per procedere. Tale esigenza di pricipio si scontra tuttavia nella pratica dei tribunali con la difficoltà di ritagliare con esattezza i confini di tali poteri; l'interpretazione giurisprudenziale e dottrinale è divisa tra l'esigenza di assegnare un ruolo significativo al G.u.p. per evitare di ridurre questa fase ad una inutile sovrastruttura priva di effettiva
utilità e quella di evitare una sovrapposizione con gli ambiti di operatività del giudice di dibattimento.
CAPITOLO PRIMO
L’UDIENZA PRELIMINARE SOMMARIO :
1.1 Funzione e natura;
1.2 Interventi legislativi fondamentali;
1.3 Il quadro normativo attuale. Giudizio di rito o di merito?
1.1 Funzione e natura.
L’udienza preliminare è una fase processuale volta ad assicurare, con il filtro delibativo, la non instaurazione di giudizi superflui. L'esperienza applicativa degli ultimi 15 anni ha messo, tuttavia, in evidenza come la normativa attuale non consenta un’autentica ed efficace operazione selettiva. Non è impedito, dunque, l’approdo alla fase dibattimentale, di numerosi procedimenti non necessari e che si sarebbero potuti concludere prima, con notevole svantaggio per l’economia processuale. Questa fase, non solo è adibita a selezionare i procedimenti penali meritevoli di giungere alla fase del dibattimento, ma è adibita anche alla scelta dei riti alternativi al giudizio ordinario, che consentono di realizzare un risparmio di energie processuali per l'ordinamento e una sensibile riduzione di pena per l'imputato. I due procedimenti speciali 1 maggiormente significativi del nostro sistema, il giudizio abbreviato e l'applicazione della pena su richiesta delle parti,
1 Garofoli, L'udienza preliminare e il contenimento dei tempi processuali,
elevano proprio l'udienza preliminare a luogo di definizione del processo permettendo di rinvenire un espressione della funzione deflattiva del dibattimento assegnata in via naturale all'udienza. In proposito è stato osservato che l'incremento della funzione di filtro dell'udienza preliminare può provocare l'effetto indiretto di un minore ricorso ai riti alternativi , perché 2 “se le regole decisorie per il passaggio a dibattimento sono stringenti, l'imputato più difficilmente opterà per un rito alternativo: sulla base degli atti delle indagini preliminari egli può sperare nell'emissione della sentenza di non luogo a procedere” . 3
Udienza preliminare, quindi, si propone come fase processuale prodromica al dibattimento. Le ragioni storiche di tale impostazione vanno rinvenute nel fatto che il codice del 1988 è nato sulla scia di decennali polemiche circa l'eccessiva ampiezza di poteri del giudice istruttore . Con il nuovo codice 4 è stata, pertanto, concepita una netta inversione di tendenza nella quale il potere di indagine è di esclusiva spettanza del pubblico ministero che, però, agisce sotto la costante vigilanza di un giudice per le indagini preliminari preposto, in posizione di terzietà, a sorvegliare la regolarità delle indagini nella fase in cui queste rimangono ancora riservate. Giunti, poi, al momento della c.d. discovery, con conseguente formulazione dell’accusa e richiesta di giudizio, l'udienza preliminare dinanzi a tale
2 De Robbio, L’udienza preliminare, Giuffrè, Milano 2013 3 Cassiba, 2007
4 Assommava i ruoli degli inquirenti del giudicante, era dotato di amplissimi poteri coercitivi personali e
giudice per le indagini preliminari avrebbe dovuto porsi come somma un momento di garanzia, per la difesa, di vedersi assicurata - in un contraddittorio diretto con il Pubblico Ministero e dinanzi ad un giudice terzo - una rivisitazione dei risultati delle indagini fin lì svolte e la possibilità di adire riti speciali ovvero postulare un proscioglimento nel merito evitando così inutili dibattimenti. Dove prevista, l'udienza preliminare, dunque, rappresenta il primo momento ufficiale nel quale le parti private vengono in contatto con la parte pubblica, potendo in tal modo dar luogo ad un effettivo contraddittorio sulla base delle risultanze delle indagini, proprio in tale ottica il legislatore del 1999 ha ritenuto di fondamentale importanza l'introduzione dell'avviso di cui all'art. 415 bis che consente tutta una serie di attività le cui risultanze ben possono essere presentate nel udienza preliminare. Appare chiaro come la ratio sottesa a siffatta norma sia quella di anticipare il principio del contraddittorio già nella fase delle indagini preliminari ; anche se in realtà, 5 le finalità sottesa all'introduzione dell'avviso di conclusione delle indagini preliminari, sembrano essere state del tutto disattese, dato che difficilmente il pubblico ministero abdica dal suo proposito e che i 20 giorni di tempo che il codice concede per l'espletamento di quelle attività rappresentano un arco temporale abbastanza ristretto. Appare quindi, ictu oculi, come l'udienza preliminare rappresenti la sede naturale per fare in
modo che abbiano l'ingresso nell'ambito del procedimento le risultanze oggetto di investigazioni difensive, e, quindi, per ottenere un provvedimento di non luogo a procedere . Nei 6 primissimi anni di operatività dell'Istituto, l'udienza preliminare aveva assunto dunque, i connotati di un momento puramente formale burocratico che si risolveva in un elevatissimo numero di rinvio a giudizio ed uno scarsissimo ricorso ai riti alternativi. nel definire la natura dell'udienza preliminare, si era sovente rilevato come il giudice fosse chiamato a svolgere una delibazione di carattere processuale sulla necessità di dare seguito alla fase dibattimentale, escludendo che il provvedimento conclusivo dell'udienza preliminare potesse essere assimilata ad una decisione sul merito. l'originaria fisionomia dell'udienza preliminare, delineata dal testo originario del Codice di Procedura Penale, era stata concepita in funzione di filtro delle imputazioni azzardate con l'obbligo per il giudice dell'udienza preliminare di verificare semplicemente la fondatezza della richiesta di rinvio a giudizio presentata dal Pubblico Ministero . 7
Possiamo aggiungere, tentando di riassumere, che la struttura dell’udienza è il frutto del compromesso tra due esigenze contrastanti : il diritto alla difesa e il principio di immediatezza. Il primo è sostenuto dall’esigenza di assicurare un effettivo controllo del giudice sulla necessità del rinvio a giudizio, esigenza che richiede l’assunzione in udienza preliminare delle
6 Garofoli, Op. cit. pag. 4 7 Garofoli, op cit. pag 4.
prove che permettono all’imputato di dimostrare che non esistono sufficienti elementi di accusa. Possono esserci casi in cui l’imputato ritenga opportuno anticipare la difesa rispetto al dibattimento, questa opportunità deve essere garantita dal momento che il processo stesso rappresenta un momento afflittivo, una vera e propria pena per la persona innocente a causa della sua pubblicità e il conseguente clamore che può suscitare nella comunità. Alla predetta esigenza si contrappone il principio di immediatezza, secondo cui la prova, sulla quale si basa la decisione del giudice, deve formarsi davanti a quest’ultimo in dibattimento.
L’esigenza di sottoporre l'esercizio dell’azione penale al filtro di un giudice diverso da quello che si occuperà dell' eventuale fase processuale nasce dal fatto che il dibattimento, come abbiamo già detto, è pubblico e soprattutto per i reati gravi suscita clamore, sicchè “costituisce esso stesso una pena per la persona innocente” . 8 la prima esigenza a cui risponde la previsione dell'udienza preliminare e quindi quella di evitare i processi sicuramente inutili. in questi casi, infatti, il peso di sopportare un processo per l'imputato non è bilanciato da un'esigenza collettiva di accertamento della verità o di approfondimento dei temi di prova, purchè l'esito (favorevole all'imputato stesso) si presenti sin dall'inizio scontato. Il concetto di inutilità del dibattimento ha subito nel corso della vigenza del codice di Procedura Penale notevoli modifiche, con
importanti innesti legislativi è una interpretazione giurisprudenziale che ne hanno progressivamente ampliato i confini trasformando sensibilmente il ruolo dell'udienza preliminare. Da un’interpretazione prudente e conservatrice dell'istituto, visto come mero filtro per le imputazioni azzardate, si è passati all'attuale concezione, che estende il controllo sugli esiti delle indagini sino alla verifica prognostica della sostenibilità dell'accusa in giudizio. Questa verifica si concentrerà in primo luogo sull'eventuale presenza di motivi formali ostativi ad una pronuncia di condanna e in questi casi la celebrazione del processo chiesto dal pubblico ministero si presenta immediatamente come “inutile”, e costituirebbe quindi, un inutile fastidio sia per l'imputato che per lo stato che ne sopporta i costi. A queste ipotesi si aggiungono quelle in cui il processo non potrà comunque pervenire ad una pronuncia di condanna per ragioni oggettive ed inequivoche ( morte del reo, inimputabilità, estinzione del reato etc.) Devono ritenersi “inutili” anche i dibattimenti il cui compendio probatorio presenta tali difetti strutturali - per insufficienza o contraddittorietà degli elementi di accusa - da connotare la ricostruzione accusatoria come “perdente”, senza alcun bisogno di una verifica in contraddittorio. In tutti i casi individuati si sostanzia la funzione deflattiva della fase processuale in esame, la cui espressione codicistica è data dalla norma Che disciplina i casi in cui è possibile emettere sentenza di non luogo a procedere ex articolo 425: maggiore è la facoltà di intervento, anche sul
merito, del giudice dell'udienza preliminare al fine di fermare, prima del passaggio in dibattimento, i confronti che l'accusa non può vincere e più si realizza il principio della separazione delle fasi. L'attuale assetto dell'udienza preliminare non comporta che si rinviino a giudizio solo gli imputati la cui condanna appare certa o probabile: Sostenibilità dell'accusa in giudizio non vuol dire fondatezza della stessa ma semmai non infondatezza e possibilità di sviluppo in dibattimento. la dottrina ha rilevato che l'innalzamento della soglia probatoria necessaria per emettere il decreto che dispone il giudizio non ha comportato un innalzamento statistico delle pronunce di condanna il rapporto ai dibattimenti instaurati : il gup dovrà emettere un giudizio prognostico sulla possibilità di sviluppo del Thema decidendum in dibattimento e sulla astratta possibilità che la ricostruzione accusatoria giunga a buon fine, al solo scopo di eliminare dalla scena i casi in cui tale possibilità si presenti ad inizio carente per le ragioni anzidette ed indipendentemente dalla probabilità di una pronuncia di condanna. Oggi, a seguito delle modifiche intervenute negli anni, la dottrina giunta chiedersi se la verifica demandata al giudice in questa fase conservi la sua natura esclusivamente processuale, come nell'originaria versione oppure possa ormai essere assimilata ad un accertamento nel merito . 9
1.2 Interventi legislativi fondamentali
La L. n. 105/1993, con il suo primo articolo cancellava dal testo originario la presenza nell'art. 425 c.p.p.. dell'aggettivo "Evidente", senza però mutare il quadro delineato o incentivare la funzione deflattiva dell'udienza. A corredo della modifica normativa avvenuta si affermava che "essa rafforza il potere valutativo del g.u.p. così che l'udienza preliminare possa funzionare come filtro di maggior consistenza rispetto al dibattimento o anche che la sede preliminare implicasse "un10 apprezzamento in termini di elevata serietà e fondatezza della proposizione accusatoria e di prevedibilità di una futura affermazione di condanna" . 11
A fronte di queste enunciazioni a corredo della legge del '93 era comunque diffusa la convinzione di una sostanziale inutilità deflazionistica dell'intervento normativo.
La giurisprudenza costituzionale in precedenza aveva sempre individuato udienza preliminare quale “fase processuale e non di cognizione piena” strutturata su una regola di giudizio attinente “al rito e non al merito”; anche con il venir meno del requisito dell'evidenza, per effetto della legge 8 aprile 1993, numero 105, La Corte Costituzionale manteneva il suo orientamento in proposito e sosteneva che il legislatore, intervenendo sull' art. 425 c.p.p., aveva chiaramente voluto rafforzare il potere valutativo del giudice, incidendo, però, soltanto sulle maglie del filtro e non anche sulla natura processuale della sentenza di non luogo a procedere, che era e
10 C.Cost 88/1994
restava una sentenza di tipo processuale destinata a null'altro che a paralizzare la domanda di giudizio formulata dal Pubblico Ministero. Questa concezione dell'udienza preliminare era condivisa da una parte della giurisprudenza di legittimità che, in tema di misure cautelari ed in particolare di necessaria rivalutabilità dei gravi indizi di colpevolezza da parte del Tribunale del riesame a seguito del provvedimento a giudizio, aveva escluso, quantomeno fino al 1993, l'attribuzione a quest'ultimo di una forza preclusiva rispetto alla rivalutazione del quadro indiziario a fini cautelari, proprio a causa della natura meramente processuale della decisione finale di questa fase.
In quest'ultimo contesto interpretativo si inseriva La Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi proprio su questo specifico tema, dichiarava 12 illegittimità, per violazione degli articoli 3 comma 124 comma 2 cost, degli articoli 309 e 310 c.p.p. nella parte in cui non consentivano di valutare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza nelle ipotesi in cui fosse stato emesso il decreto di rinvio a giudizio a norma dell'articolo 429 c.p.p.. si sosteneva infatti, che soltanto ove fosse intervenuta una decisione contenente una valutazione del merito di incisività, tale da assorbire l'apprezzamento dei gravi indizi, si sarebbe potuto dire ragionevolmente precluso il riesame degli stessi da parte del giudice chiamato a pronunciarsi in sede di impugnazione . 13
12 Corte Cost. Ord. n°212/1996 13 Garofoli, op. cit. pagg. 8-9
L’incentivazione ad un esame non particolarmente approfondito della pretesa accusatoria, ad opera dell’organo giurisdizionale di fase, era stata inizialmente avallata dalla Corte costituzionale volta a riconoscere la natura processuale e non di merito della disamina che in essa si svolge dell’ipotesi accusatoria. La Corte aveva a più riprese esternato tale convincimento: in particolare quando aveva affermato l’impraticabilità in tale sede della ricognizione di circostanze o del giudice di comparazione ex art. 69 c.p.
“perchè di regola il giudice non dispone degli elementi necessari dal momento che le prove e il definitivo accertamento dei fatti si profileranno solo nella fase dibattimentale” senza ravvisare violazione degli artt. 3 e 24 cost. posto che i diritti della difesa andavano rapportati all’ambito proprio di ciascuna fase del procedimento . 14
Posizione che la corte ha ribadito quando si è dichiarata l’illegittimità dell’originario art. 425 nella parte in cui prevedeva che il g.u.p. potesse pronunciare sentenza di non luogo a procedere “quando l’imputato è persona non imputabile” per violazione dell’art. 24 cost. in quanto, doverosamente premesso che l’udienza preliminare “non è sede di acquisizione probatoria destinata all’accertamento della verità, volgendosi l’accertamento del giudice non alla positiva verifica d’eventuale colpevolezza dell’imputato ma alla diversa prospettiva tesa ad evitare la celebrazione di un dibattimento superfluo” il g.u.p.
avrebbe potuto applicare una misura di sicurezza sulla base di un accertamento di responsabilità che si fondava solo sul presupposto della non evidenza della infondatezza dell’addebito: la persona non imputabile veniva ad essere privata della fase dibattimentale e della conseguente possibilità di esercitare il diritto alla prova, con correlativa compressione del diritto alla difesa che non poteva certo ritenersi bilanciata da esigenze di economia processuale . La 15 verifica dell’ipotesi accusatoria praticata nell’udienza di “sfittimento” si riteneva operasse su un piano squisitamente processuale, essendo il giudice che in essa operava chiamato a decidere non sul pieno merito della regiundicanda, quanto piuttosto e più limitatamente sulla dignità dibattimentale della domanda di giudizio avanzata dal p.m. . Diversamente 16 l’eventuale decisione di rinvio a giudizio, prospettandosi come piena decisione di merito, avrebbe potuto pesare quale pregiudizio sulla colpevolezza dell’imputato per il giudice del dibattimento, che, non conoscendo di norma gli atti delle indagini preliminari, non sarebbe stato in grado di valutarla criticamente . 17
È con l'approvazione della cosiddetta Legge Carotti, L. n. 479/1999, che si trasforma radicalmente l'udienza preliminare configurandola davvero come momento cruciale di
15C.Cost. 41/93, in CP, 1993, 1080 ; in C. Cost. 94/1997, in CP, 1997, 2397 16 in Carreri, CP 1994, 2382-2384
giurisdizione. Una riforma che, di fatto e con maggiore coraggio, modifica in termini più ampi la fisionomia e i profili funzionali dell'udienza preliminare, ormai non più tesa ad una verifica di natura meramente processuale sulla idoneità del procedimento ad addivenire alla fase dibattimentale, bensì ricostruita in funzione di giudizio preliminare sul merito della fondatezza dell'imputazione. 18
L'obiettivo è quello di incentivare fortemente la definizione
della pretesa punitiva che si attua nel procedimento abbreviato in essa insinuabile. Non muta solo l'assetto dell'udienza preliminare ma mutano anche i poteri dei protagonisti che in essa agiscono. A seguito delle importanti innovazioni introdotte, in particolare, dalla legge 16 dicembre 1999, numero 479, l'udienza preliminare ha subito una profonda trasformazione sul piano sia della quantità e qualità di elementi valutativi che vi possono trovare ingresso, sia dei poteri correlativamente attribuiti al giudice, e infine per ciò che attiene alla più estesa gamma delle decisioni che lo stesso giudice è chiamato da adottare. L’esigenza di completezza delle indagini preliminari, giudice è attribuito il potere disporre l'integrazione delle indagini stesse (Art 421 bis) l'analogo potere di integrazione concernente i mezzi di prova, a fronte del quale il giudice può assumere anche d'ufficio le prove delle quali appaia evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere (Art 422) il conseguente ampliamento del thema
decisorio, non più limitato al materiale raccolto dal pm, sono tutti elementi di novità che postulano, all'interno della udienza preliminare, da un lato, un contraddittorio più esteso rispetto al passato, e, dall'altro, un incremento degli elementi valutativi, cui necessariamente corrisponde - quanto alla determinazione conclusiva - un apprezzamento del merito ormai privo di quei caratteri di sommarietà che prima della riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo Stato degli atti. 19
L’udienza è eletta dunque ad ambito privilegiato per la definizione del procedimento mediante l’agevolazione d’accesso ai riti speciali con essa compatibili tra cui, principalmente il giudizio abbreviato. La mite funzione originariamente assegnata dal legislatore all’udienza preliminare, si risolveva nella necessità di predisporre un filtro alla richiesta di dibattimento avanzata dal pm. Essa avrebbe dovuto condurre, almeno negli intenti dei compilatori, ad una decongestione del sistema stroncando i procedimenti non meritevoli di approdare al dibattimento, sede che finiva per assumere un carattere quasi residuale, quantomeno sotto il profilo quantitativo dei processi destinati ad esservi definiti. Se nei commenti al nuovo codice di procedura penale era ricorrente la valutazione di centralità del dibattimento, quale sede naturale di formazione della prova, in realtà si era già allora consci del fatto che la riuscita del nuovo sistema
19 In Garofoli, op cit pag 9 ;
sembrava maggiormente legata alla capacità dei riti alternativi di sottrarre quanti più possibili procedimenti al giudizio dibattimentale, per giungere ad una conclusione anticipata della vicenda processuale . 20
L’efficacia deflattiva di cui era caricata l’udienza poggiava, dunque, da un lato sulla possibile insinuazione in essa dei riti alternativi e dall’altro su una selezione di notizie di reato infondate operata dallo stesso p.m. con la richiesta di archiviazione. Nella prassi giurisprudenziale però l’udienza preliminare si era spesso rivelata un istituto inutile e veniva stimata quale principale causa di intralcio ed appesantimento del processo penale . 21
1.3 La Giurisprudenza Costituzionale, Giudizio di rito o di merito?
Il quadro normativo è ora sensibilmente mutato. Per quanto concerne il regime circostanziale, il secondo comma dell’art. 425 prescrive che, nel decidere se adottare la sentenza di non luogo a procedere, “il giudice tiene conto delle circostanze attenuanti” prevendendo esplicitamente l’applicazione delle disposizioni di cui all’art 69 cp. con riguardo al difetto di imputabilità; mentre il quarto comma dell’art. 425, prevede che il giudice non può pronunciare sentenza di non luogo a procedere per tale causa solo “se ritiene che dal
20 in Barazzetta, IP, 2000, 501
proscioglimento dovrebbe conseguire l’applicazione di una misura di sicurezza”.
Nonostante le innovazioni recate dalla L. 479/1999 la funzione dell’udienza preliminare rimane quella di verificare l’esistenza dei presupposti di accoglimento della domanda di giudizio. La disuguaglianza delle sedi giustificava una disciplina differente e più snella di quella dettata per il dibattimento, poichè in esso ci si orienta ad una sentenza che definisca nel merito la res judicanda e suscettibile di acquisire i caratteri del giudicato. Si poteva, di contro, sostenere che le innovazioni normative inducessero a rivedere la funzione e la natura dell’udienza ex artt. 416 ss., facendo riferimento all’oggetto più tipico della valutazione che in essa si svolge: la prognosi sulla meritevolezza dell’ipotesi accusatoria di approdare in dibattimento.
Dall’originaria funzione processuale, si poteva sostenere che si fosse arrivati a delineare una sorta di “giudizio preliminare” che avrebbe duplicato, anticipandolo, l’accertamento di merito dibattimentale, convertendo la funzione di filtro delle imputazioni azzardate, in una autentica valutazione di merito sulla fondatezza stessa dell’ipotesi di accusa.
Nei 25 anni di vigenza del codice di procedura penale, il concetto di inutilità del dibattimento ha subito notevoli modifiche, con riforme legislative e con una interpretazione giurisprudenziale che ne hanno progressivamente ampliato i confini, trasformando sensibilmente il ruolo dell’udienza
preliminare. Un dato certo, era che il legislatore non avesse ridefinito la natura dell’udienza preliminare, ma che si fosse limitato a mostrare la preoccupazione di garantire una drastica deflazione dei processi degni della sede dibattimentale.
L’evoluzione giurisprudenziale successiva si è incaricata di rafforzare la portata innovativa della legge Carotti, che si riteneva avesse trasformato l’udienza preliminare configurandola come momento centrale di giurisdizione; in particolare si è concentrata sul rafforzare il diritto di difesa nonchè il principio del contraddittorio e la figura del g.u.p. Sul punto è intervenuta la Corte Costituzionale che, chiamata a pronunciarsi sulla costituzionalità dell'art. 423, ha incidentalmente rilevato che:
“Deve sottolinearsi come le pur significative e rilevanti modifiche che la legge n° 479 del 1999 ha apportato alla disciplina della udienza preliminare, pur avendo contribuito a ridefinire, in termini di maggior pregnanza, la struttura, una dinamica e
i contenuti decisori di quella fase, non ne hanno Tuttavia mutato le connotazioni eminentemente processuali che ne contraddistinguono l'essenza; che al di là delle segnalate innovazioni, infatti, la funzione dell'udienza preliminare era e resta quella di verificare - sia pure Alla luce di una valutazione “contenutistica” più penetrante rispetto al passato - esistenza dei presupposti per l'accoglimento della domanda di giudizio
formulata dal Pubblico Ministero, cosicché, ad una richiesta in rito, non può non corrispondere, in capo al giudice, una decisione di eguale natura, proprio perché anche essa calibrata sulla prognosi di non superfluità del sollecitato passaggio alla fase dibattimentale.” 22
Nemmeno un mese dopo, la stessa corte, in un giudizio di costituzionalità dell'art. 34, giungeva conclusioni solo parzialmente sovrapponibili, aprendo ad una valutazione dell'udienza preliminare come giudizio di merito. Ripercorrendo le innovazioni legislative in materia, rilevava infatti che si trattava di 23
“elementi di novità che postulano, all'interno dell'udienza preliminare, da un lato, un contraddittorio più esteso rispetto al passato, e, dall'altro, un incremento degli elementi valutativi, cui necessariamente corrisponde - quanto alla determinazione conclusiva - un apprezzamento del merito ormai privo di quei caratteri di sommarietà che prima della riforma erano tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta allo “Stato degli atti”. accanto a ciò, vengono poi in considerazione i nuovi “contenuti” che, sempre alla stregua degli apporti novellistici, può assumere la decisione con la quale il giudice ha chiamato a definire l'udienza preliminare. In base alla nuova formulazione dell'art 425 del c.p.p.., Infatti, la regola iuris posta a fondamento del rinvio a giudizio, Sì radica - in positivo - sulla sufficienza, non contraddittorietà E comunque, idoneità degli elementi
22 C.Cost. ord. n. 185/2001 23 De Robbio, Op. cit, pag. 21-22
acquisiti a sostenere l'accusa in giudizio, imponendosi, in caso di diversa apprezzamento, l'adozione della sentenza di non luogo a procedere. Quest'ultima, a sua volta, può scaturire anche dal riconoscimento di circostanze attenuanti e della correlativa applicazione della disciplina di cui all'art. 69 codice penale, con i riflessi tipici delle statuizioni che incidono sul merito della causa; ed ugualmente sul merito finisce per proiettarsi la sentenza di non luogo a procedere per difetto di imputabilità - ora consentita, quando non ne consegue l'applicazione di una misura di sicurezza - , trattandosi di sentenza che come questa corte ha già avuto modo di affermare, postula “il necessario accertamento di responsabilità in ordine al fatto del reato” 24. L'alternativa decisoria che si offre al giudice quale epilogo dell'udienza preliminare, riposa, dunque, su una valutazione del merito dell'accusa ormai non più distinguibile - quanto ad intensità e completezza del panorama delibativo - da quella propria di altri momenti processuali.” 25
Non è facile conciliare le due articolate pronunce della Corte Costituzionale, poiché affermare che l'udienza preliminare non è un’udienza di merito ma un’udienza processuale che contiene valutazioni di merito appare più un escamotage linguistico che una rappresentazione effettivamente significativa.
La conclusione che possiamo trarre è che l'assetto dell'udienza preliminare, pur non avendo implicato la trasformazione della
24 C.Cost. sent. 41/1993 25 C.Cost. ord. 224/2001
fase processuale in esame in una vera e propria fase di merito, ha operato una contaminazione tra i due tipi di decisione, sìcchè, pur essendo ancora oggi la verifica demandata al giudice dell'udienza preliminare inequivocabilmente di tipo processuale, l'esame prognostico degli sviluppi dibattimentali implica una valutazione del merito della vicenda, purché parziale è finalizzata ai soli scopi interinali che sono propri dell'udienza in questione. 26
In una ulteriore occasione di intervento, la Consulta ha esplicitamente affermato che ormai l’udienza preliminare deve essere intesa come “giudizio” nell’accezione in cui il concetto viene in rilievo nell’art. 34.
In questo senso è stata dichiarata non fondata l’eccezione di incostituzionalità dell’art. 34
“nella parte in cui non prevede, quale caso di incompatibilità all’esercizio di funzioni giudiziarie, quella del magistrato che nell’udienza preliminare, con poteri di cognizione e decisione identici a quelli già esercitati nella precedente circostanza” ciò in quanto l’udienza preliminare non comportava una decisione sostanziale sul contenuto dell’accusa essendo caratterizzata, nei suoi epiloghi, da decisioni di natura essenzialmente processuale, finalizzate a concedere o impedire l’accesso al dibattimento. Conseguentemente era stata negata la proposizione di una questione di incompatibilità, perchè le
statuizioni conclusive dell’udienza non presentavano un contenuto decisorio del merito del giudizio penale.
La Corte aveva assunto una presa di posizione inversa con la menzionata sent. n. 224/2001, che si era potuta misurare con la nuova conformazione dell’istituto, caratterizzata dalla completezza del quadro probatorio di cui il giudice dispone. In simile contesto le valutazioni di merito affidate al g.u.p. risultano ormai prive di quei caratteri di sommarietà che, fino alla riforma legislativa, contraddistinguevano la sua funzione. I nuovi criteri che governano l’emissione della sentenza di non luogo a procedere ex art. 425 c.1, 2, 3 impongono al giudice una valutazione di merito sulla consistenza dell’accusa, incaricandolo di formulare una prognosi sulla possibilità di successo nella fase dibattimentale. Di conseguenza le decisioni epilogo dell’udienza preliminare devono essere qualificate come giudizi idonei a pregiudicarne ulteriori e ad essere a loro volta pregiudicati da altri anteriori . 27
Il ridisegnato ambito in cui il giudice e le parti si muovono, aveva indotto la giurisprudenza a ritenere preclusa, dopo l’emanazione del giudizio stesso, qualsiasi valutazione sulla gravità indiziaria dell’ipotesi accusatoria, proprio perchè la decisione assunta in esito all’udienza camerale era il risultato di un necessario apprezzamento di merito, un prognostico di
27 S.cost. n. 335/2002, CP 2002, 3354
S.cost. n. 269/2003,
colpevolezza assimilabile a quello richiesto dall’art. 273 del codice di rito.
Nella giurisprudenza di legittimità, un tale orientamento era stato in parte recepito e in parte respinto, spingendo le Sezioni unite ad intervenire per affermare che non è preclusa al giudice investito della richiesta di riesame, la valutazione dei gravi indizi di colpevolezza quando sia stato disposto il rinvio a giudizio dell’imputato per il reato in ordine al quale è stata applicata la misura cautelare personale . Nonostante, quindi, 28 gli “strappi accelleratori verso un vero e proprio giudizio di merito”, l’udienza preliminare - ad avviso della corte regolatrice - rimane caratterizzata da una regola di diritto che risente fortemente della peculiarità dell’oggetto di valutazione e del correlato metodo di analisi. In tal senso l’indubbio arricchimento delle prerogative del g.u.p. non conferisce tuttavia a costui il potere di giudicare in termini di anticipata verifica dell’innocenza o colpevolezza dell’imputato perchè la valutazione a contrariis imposta dal novellato art. 425 è pur sempre orientata, in esito ad una valutazione che conserva carattere di prognosticità, a saggiare la sostenibilità dell’accusa in giudizio.
CAPITOLO SECONDO L’attività Istruttoria.
SOMMARIO:
2.1 L'integrazione delle indagini a richiesta del giudice; 2.2 L’integrazione probatoria ex officio.
2.1 L'integrazione delle indagini a richiesta del giudice.
Qualora il giudice ritenga che le indagini preliminari siano incomplete indica ulteriori indagini, fissa il loro compimento e la data della nuova udienza preliminare.
Gli artt. 421 bis - Ordinanza di integrazione delle indagini e 422 - Attività di integrazione probatoria del giudice, il primo introdotto dall'art. 21 della L. N° 479/1999, il secondo sostituito dall'art. 22 della stessa legge, disciplinano il potere del g.u.p. di promuovere un'integrazione delle risultanze delle indagini. Nessuna norma tra quelle previste dall'idea del significato centrale che la fase dell'udienza preliminare è venuta ad assumere per l'intero processo più dell'art. 421 bis del codice di Procedura Penale, con cui è stato previsto il potere del giudice di ordinare al pubblico ministero nuove indagini qualora non ritenga il compendio probatorio presentatogli completo ed idoneo per la decisione sul rinvio a giudizio richiesto. la norma non era prevista nell'originario impianto del codice del 1988 ed è frutto delle rilevanti modifiche apportate al sistema dalla legge 479 del 1999 che hanno fatto si è l'udienza preliminare divenisse un momento di fondamentale verifica, anche nel
merito, della sostenibilità dell'accusa in giudizio. 29 Si apre dunque la possibilità per il giudice di ordinare un supplemento di indagine e la facoltà di procedere direttamente ad una vera e propria istruttoria in udienza (art 422), in questo modo egli assume parte attiva nella formazione del materiale che egli stesso dovrà poi giudicare al termine della fase processuale. Risulta inoltre possibile esaltare la funzione di economia processuale tipica dell'udienza preliminare, attraverso un controllo attivo sul capo di imputazione che impedisce inutili dichiarazioni di nullità della richiesta di rinvio a giudizio in caso di ambiguità o genericità dello stesso . 30
Oggi il Gup può emendare eventuali difetti con l'attivazione di uno dei poteri istruttori o integrativi che la legge gli assegna, a tale proposito è stato rilevato dalla sezione penale della Cassazione che “ Non è prevista alcuna nullità della richiesta di rinvio a giudizio in caso di mancanza dei requisiti di chiarezza e di precisione dell'imputazione, avendo del resto il giudice, nel corso dell'udienza preliminare, tutti gli strumenti, ove lo ritenga necessario, per un'integrazione delle indagini e per sollecitare il PM a modificare l'imputazione. Per l'effetto deve ritenersi abnorme l'ordinanza che restituisca gli atti al PM in ipotesi di carenza dei caratteri della chiarezza della precisione dell'imputazione” . 31
29 De Robbio, L’udienza Preliminare, Milano 2013, pag. 184 30 De Robbio, Op cit, pag. 185
In questo modo, udienza preliminare assume una rilevante flessibilità, poiché può essere confermata in modi differenti a seconda delle specifiche evenienze processuali, numero degli imputati, importanza del Thema decidendum etc, sino a trasformarsi in un vero e proprio mini dibattimento, sebbene con la finalità propria di momento di filtro e di passaggio al processo che le è propria . 32
Ed è infatti proprio sulle rilevanti novità dell'ordinanza integrativa delle indagini attribuita al gup, che è basato uno degli elementi portanti della teoria secondo la quale il giudizio dell'udienza preliminare sarebbe ormai divenuto un vero e proprio giudizio di merito. È stato infatti di recente sostenuto dalla giurisprudenza di merito che “ sebbene ancorata allo Stato degli atti, l'udienza preliminare, richiedendo la completezza delle indagini preliminari e l'adozione, secondo il criterio della discrezionalità vincolata, di attività integrative, comporta l'esercizio di un sindacato sostanziale e penetrante sul contenuto dell'accusa e sulla sua concreta idoneità ad essere validamente sostenuta in dibattimento. Ne consegue che la decisione Assunta al termine dell'udienza preliminare ha valore equiparabile al giudizio, trattandosi di una valutazione di merito priva di quei caratteri di sommarietà che erano in precedenza tipici di una delibazione tendenzialmente circoscritta all'individuazione delle accuse manifestamente infondate” . 33
32 De Robbio, op cit, Milano 2013, pag 185
Il giudice dunque lavora per convincere se stesso, con vistosa deroga al principio di separazione delle fasi e delle funzioni costituisce il pilastro fondamentale del sistema processuale , 34 modellato irreversibilmente sul modello accusatorio.
Sembra quindi necessario evitare che il giudice dell'udienza preliminare, esercitando il potere istruttorio previsto dagli articoli in esame, non abbia più a modello le due diverse ricostruzioni del fatto offerte di dalle parti ma ricerchi la propria verità come accadeva nel processo inquisitorio.
In dottrina l’esigenza è ben avvertita da coloro che rilevano che “ vi è il rischio che il potere di cui all'articolo 421 bis venga impiegato dal giudice allo scopo di saggiare la bontà di una ricostruzione dei fatti avulsa dalle prospettive entro le quali si sono mosse le parti nel corso delle rispettive indagini, perché maturata autonomamente nella mente del giudice. Un atteggiamento sì fatto non sarebbe coerente con il ruolo che il legislatore ha inteso assegnare al giudice nell'ambito dell'udienza preliminare, perché maschera, in definitiva, un habitus mentale dell'organo giudicante riconducibile a sistemi di matrice inquisitoria” . 35
Il potere in esame va allora correttamente inquadrato ponendo l'attenzione al fatto che la ratio della norma in esame deve essere individuata, più che nella volontà del legislatore di fare fronte alle situazioni di assoluta impossibilità di decidere allo Stato degli atti, nella volontà di evitare che qualsiasi
34 De robbio, op cit, pag 186 35 Cassiba 2007
decisione conclusiva dell'udienza preliminare sia condizionata dalla mancanza o insufficienza di elementi conoscitivi. la norma va infatti coordinata con l'art. 425 così come rimodellato dalla riforma Carotti, il quale prevede oggi che è in presenza di un quadro probatorio incompleto o comunque contraddittorio il giudice deve emettere sentenza di non luogo a procedere . 36 Sempre secondo il 421-bis il gup se non provvede a norma del quarto comma dell’art. 421 (ovvero se non ritiene di poter decidere allo stato degli atti e di dichiarare la chiusura della discussione) perchè le indagini sono incomplete, deve dare comunicazione della propria ordinanza al procuratore generale presso la corte d'Appello perchè disponga, qualora ne ravvisi l'opportunità, l'avocazione delle indagini.
Attraverso la messa a disposizione di questi strumenti processuali, al gup è riconosciuta una funzione di controllo della completezza delle indagini, principio che è stato enunciato anche dalla Corte Costituzionale con la sent n° 88/1991 ;37 funzione che è strettamente correlata sia all'obbligatorietà dell'azione penale sia alla necessità di porre l'imputato nella condizione di poter optare, a ragion veduta, per eventuali riti alternativi.
La richiesta di giudizio abbreviato può essere proposta fino al momento in cui il gup dichiara chiusa la discussione e quindi
36 De robbio, op.cit, pag 186-187
37 http://www.iusinitinere.it/presupposti-dellarchiviazione-la-sentenza-n-88-del-1991-corte-cost-sulla-superfluita-del-dibattimento-1685
anche dopo l'eventuale emissione dei provvedimenti di integrazione delle indagini o delle prove.
L'ordinamento conferma la funzione assegnata al pm di acquisire gli elementi conoscitivi che dell'azione penale costituiscono supporto imprescindibile. La norma in esame rappresenta espressione del principio di continuità investigativa, in linea con le norme, sulle indagini suppletive (art. 419 terzo comma, richiesta di archiviazione) e integrative (art. 430). Dal coordinamento di 2 articoli, Art 409 e Art 421 bis, emerge che giudice potrà, dalla fase delle indagini preliminari, rigettare la richiesta di archiviazione “suggerendo” il compimento di invalidi che a suo avviso prenderebbero sostenibile l'esercizio dell'azione penale il luogo della filiazione di testa, può procedere ai sensi dell'art. 409 5° comma imponendo al magistrato inquirente di formulare l'imputazione anche nel caso in cui ritenga che il compendio probatorio presentarsi allo stato insufficiente ad un futuro sviluppo dibattimentale compleanno suo potere integrativo riservato al gruppo dall’art. 421 bis . 38
Il primo presupposto per l'emissione dell'ordinanza per l’integrazione delle indagini è costituito dal non poter decidere allo stato degli atti; l'emissione di tale ordinanza è posta in alternativa a quella di chiusura della discussione, derivandone l'impossibilità di attivare il potere integrativo in questione dopo la camera di consiglio. Ma è proprio dopo la attenta
ponderazione e lo studio degli atti e delle stesse conclusioni delle parti che avviene in camera di consiglio, che il giudice può valorizzare al massimo il potere integrativo, valutando se e come intervenire; nella prassi, infatti, l'ordinanza viene spesso adottata anche dopo la camera di consiglio, in alternativa alla lettura del dispositivo di sentenza o del decreto che dispone il giudizio.
Quando il gup ordina l'integrazione probatoria, non ritenendo di poter decidere allo stato degli atti, non si tratta di impossibilità "assoluta", ma si tratta di una scelta discrezionale nel momento in cui si ravvisa l'opportunità di differire l'epilogo dell'udienza preliminare in modo da evitare che qualsiasi decisione sia condizionata dalla mancanza di elementi conoscitivi di vario segno.
Il vaglio sulla decidibilità del processo allo stato degli atti è delimitato dai fatti in cui all'imputazione: quando il contenuto del materiale probatorio investe tutti i temi fattuali dell'imputazione la corrispondenza tra il fatto per cui si procede e l'oggetto delle fonti di prova è accertata; quando la valutazione di detta corrispondenza dia, invece, esito negativo si profila una situazione di lacunosità, quindi di indecidibilità allo stato degli atti. Tutto ciò presuppone un quadro probatorio che sia effettivamente integrabile: qualora, infatti, non sia possibile emendare le lacune non resta che un irrimediabile vuoto conoscitivo cui consegue che l'epilogo è
fatalmente segnato dall'emissione della sentenza di non luogo a procedere.
Il concerto di completezza delle indagini è assai più sfuggente di quanto possa sembrare a prima vista: come è stato osservato in dottrina, a rigor di logica non esiste nessuna indagine che non sia assoggettabile almeno in astratto di aggiunte o rafforzamenti, sicchè se ne dovrebbe concludere che la “completezza delle indagini” sia uno standard di fatto irraggiungibile. Esaminando l'inciso iniziale dell' Art 421 bis, troviamo la specificazione riguardo il potere di integrazione delle indagini, ovvero che è attivabile solo quando il giudice non sia in grado di provvedere allo Stato degli atti: “é, allora, evidente che la richiesta del giudice di un supplemento istruttorio possa avvenire solo nei casi di più grave incompletezza delle indagini, sia nei casi in cui le indagini stesse siano mancate del tutto o siamo state ampiamente carenti, e dunque non consentano al giudice di indirizzare le proprie determinazioni né verso il decreto che dispone il giudizio né verso la pronuncia di procedimento. non è, invece, Certamente consentito azionare il meccanismo dell' Art 421 bis per consolidare un quadro di elementi già idoneo a sostenere l'accusa in giudizio” . 39
Altri autori invitano a non esaltare la sovrapponibilità tra completezza delle indagini e decidibilità allo Stato degli atti, poiché ben possono darsi i casi in cui pur essendo le indagini
39 Bonagura, Nuovi esiti dell'udienza preliminare: frattura o continuità con il regime anteriore alla
complete non è possibile decidere allo stato degli atti (tra questi casi, ad esempio, quelli che legittimano il diverso potere di integrazione dell'indagine previsto dall'art 422). è stato anche acutamente osservato che i concetti di completezza delle indagini e conducenza delle stesse (decidibilità allo Stato degli atti) implicano due prospettive differenti l'una propria del Pubblico Ministero e l'altra del giudice . 40
Compito del magistrato inquirente è infatti il compimento di indagini ad ampio spettro, in ossequio al principio di obbligatorietà dell'azione penale penale, sicchè egli dovrà necessariamente vagliare uno spettro di ipotesi più ampio di quelle che poi porterà eventualmente al giudizio del giudice esercitando l'azione penale: il fine delle indagini preliminari e dell'azione del PM è dunque la completezza delle indagini preliminari. Il giudice, invece, si trova a vagliare il materiale già selezionato e ritenuto dal PM meritevole di approfondimento dibattimentale: il gup dovrà valutare se le indagini a lui sottoposte siano conducenti, cioè non denotino carenze tali da costringerlo ad intervenire mediante attivazione di un potere integrativo quale quello previsto dall'art 421 bis o dall'art 422. La prognosi in udienza preliminare può dunque idealmente essere scissa in due momenti complementari ma distinti: il primo attiene alla completabilità degli atti di indagine, mentre il secondo momento attiene alla cosiddetta utilità del
40 In questo senso cfr. Cassibba, La completezza e la consulenza delle indagini alla luce della
dibattimento, che implica una valutazione della resistenza degli elementi raccolti alle prove contrarie . 41
Con l'ordinanza integrativa il gup deve indicare "le ulteriori indagini" al pm. Ma fino a che specificità arriva il potere del giudice nell'indicare l'attività integrativa?
Il riferimento normativo a “le” indagini induce a ritenere che l'ordinanza non si debba limitare a indicare genericamente l’incompletezza delle stesse, ma può spingersi fino all'indicazione degli specifici atti ed accertamenti che il pubblico ministero sarà chiamato a compiere . 42
Una parte della dottrina ha sostenuto, appoggiata anche da pronunce della Corte Costituzionale, che il gup debba limitarsi ad indicare i temi incompleti o da sviluppare senza ulteriori specificazioni, lasciando intatta la piena autonomia e libertà di scelta del pm circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti di indagine . 43
Vi è poi una posizione intermedia, secondo la quale c'è spazio sia per una prospettazione di temi di indagine, sia per un'indicazione puntuale di atti .44 Sulla stessa linea
41 De robbio, op cit, pagg 191-192
42 In questo senso, tra gli altri, tonini, manuale di procedura penale, milano, 2007, 481 43 sent. cost. 253/1991 : “(...) l'indicazione del giudice opera come devoluzione di
un tema di indagine che il pubblico ministero è chiamato a sviluppare in piena autonomia e libertà di scelta circa la natura, il contenuto e le modalità di assunzione dei singoli atti che ritenga necessari ai fini suddetti;
(considerato) che pertanto è un errore il ritenere che il giudice, allorché indica al pubblico ministero ulteriori indagini, "le dispone e le commissiona", procedendo a formulare una tassativa elencazione di specifici atti rispetto ai quali si prefigura una sorta di "delega" al pubblico ministero circa il relativo espletamento; giacché, per questa via, risulterebbe svilito il potere-dovere del pubblico ministero di gestire e dirigere l'attività di indagine che, al contrario, deve permanere inalterato anche quando l'attività stessa sia svolta su "indicazione" del giudice.”
interpretativa si è posta la giurisprudenza, che ha affermato che l'ordinanza del giudice, quando non demandi al pm il compimento di uno specifico atto, determina una devoluzione del tema delle indagini che – sempre entro i limiti indicati dal gup – va conciliata con le prerogative dell'accusa di accedere a percorsi investigativi differenti e di sviluppare la ricerca della prova nel rispetto dell'ambito devoluto e nel modo ritenuto più opportuno.
Infatti la norma consente al Giudice che ritenga di non poter decidere allo Stato degli atti, l’ampio potere di ordinare l'integrazione delle indagini incomplete al fine di colmare eventuali contraddizioni o lacune, o eventualmente di indurre l'imputato ad accedere ai riti alternativi. Tale potere si sostanzia in una sollecitazione al pubblico ministero piuttosto che in una indicazione tassativa di atti da compiere, sicché nulla vieta che l'ordinanza sia al contrario generica e si limiti ad indicare un tema di indagine da sviluppare: in questo caso il gup lascerà al pubblico ministero la scelta delle specifiche attività ritenute più opportune o efficaci per il raggiungimento dello scopo indicato. In merito è stato rilevato dalla cassazione che “ in tema di integrazione delle indagini all'udienza preliminare, l'ordinanza del giudice, quando non demandi al pubblico ministero il compimento di uno specifico atto, determina una devoluzione del tema delle indagini che - quantunque entro i limiti indicati dal GUP - va conciliata con le prerogative dell'accusa di accedere a percorsi investigativi
differenti e di sviluppare la ricerca della prova, nel rispetto dell'ambito devoluto, nel modo più opportuno” . 45
L'art. 421-bis non pone limiti al gup nell'individuazione del termine entro il quale il pm deve compiere le ulteriori indagini. Gran parte della dottrina ha rilevato in merito che ciò potrebbe portare ad un superamento surrettizio dei limiti temporali dell'investigazione. Cassiba, in particolare, si limita a rilevare che la "finestra investigativa" aperta dall'emissione dell'ordinanza integrativa prolunga i termini di espletamento delle indagini suppletive, a maggior ragione in luce del fatto che il pm non ha l'obbligo di svolgere soltanto le indagini espressamente indicategli; nulla vieta che egli compia investigazioni anche su temi probatori non strettamente consequenziali o dipendenti rispetto a quelli oggetto dell'ordinanza. Inoltre il termine in questione non è perentorio ed è pertanto da escludersi che gli atti di indagine, eventualmente effettuati dopo la sua scadenza siano nulli o inutilizzabili.
L'ordinanza di integrazione delle indagini contiene la fissazione della data della nuova udienza preliminare e non determina una regressione del procedimento alla fase delle indagini preliminari; De caro 46 ha osservato in termini critici, che il meccanismo delineato dal legislatore, non invalidando l'azione penale, finisce per legittimare il compimento d'indagini ad esito
45 Cass pen, Sez IV, n. 21592 del 2.4.2007
46 De Caro, L'integrazione investigativa è probatoria nel udienza preliminare, Kalb,
predeterminato poichè, anche se dopo l'esito degli ulteriori accertamenti risultasse l'estraneità dell'imputato ai fatti contestati, si dovrà nuovamente celebrare l'udienza preliminare, nonostante la sopravvenuta ed evidente inutilità di essa. Il legislatore nell'introdurre l'istituto in esame, non ha espressamente previsto la possibilità che l'ordinanza integrativa riguardi, nei processi cumulativi, solo parte degli imputati o delle imputazioni. A fronte di siffatta evenienza, deve essere data al gup la possibilità di disporre la separazione dei processi, sempre che non ritenga la riunione assolutamente necessaria per l'accertamento dei fatti, qualora, nell'udienza preliminare, nei confronti di uno o più imputati o per una o più imputazioni, sia possibile intervenire prontamente alla decisione, mentre nei confronti di altri imputati o per altre imputazioni sia necessario acquisire ulteriori informazioni a norma dell'art. 422 cpc . 47
L'ordinanza, una volta emessa, è comunicata anche al Procuratore Generale presso la corte d'appello; il quale può disporre in seguito l'avocazione delle indagini. L'avocazione scatterebbe solo qualora il pr.g. fosse persuaso che l'incompletezza delle indagini, derivi da un difettoso agire investigativo del pm. Sul pubblico ministero grava l'obbligo di svolgere le ulteriori indagini indicategli dal gup. e l'eventuale inadempimento non comporta necessariamente la pronuncia di sentenza di non luogo a procedere.
47 Bricchetti, Chiusura delle indagini preliminari e udienza preliminare, in Aa. Vv.,
La dottrina appare divisa sull'ambito di operatività dell'ordinanza in esame: secondo alcuni commentatori il giudice dell'udienza preliminare non potrebbe ordinare al pubblico ministero di compiere atti istruttori in favore dell'imputato, sicché vi sarebbe una netta scissione anche da questo punto di vista tra il potere previsto dalla norma in esame, funzionale alle sole ragioni dell'accusa, e quello disciplinato dall'art 422 predisposto naturalmente per le ragioni della parte avversa. In proposito è stato sostenuto che non avrebbe senso consentire un intervento in favore della difesa subito dopo che questa ha avuto a disposizione l'ampio ventaglio di soluzioni offerte dall'art. 415 bis, che offre all’indagato e al suo difensore la possibilità di provare a convincere il pubblico ministero a non esercitare l'azione penale, in una prospettiva che è ancora inserita nel rapporto bilaterale, accusa-difesa, tipico della fase delle indagini preliminari. L’art. 421 bis invece, interviene nel momento in cui l'azione penale è stata già esercitata, ed è uno strumento assegnato al giudice che dovrà decidere in merito alla richiesta di rinvio a giudizio, sia emettendo il decreto richiesto che adottando una soluzione contraria come la sentenza di non luogo a procedere. Appare dunque preferibile la ricostruzione di chi ritiene che la disposizione in esame non abbia solo lo scopo di consentire al giudice di rafforzare gli elementi a sua disposizione per la richiesta di rinvio a giudizio,
ma altresì di quelli favorevoli all'imputato e prodromici ad una sentenza di proscioglimento . 48
Secondo parte della Dottrina infatti, le ulteriori indagini da compiere possono essere finalizzate senza differenziazione all'acquisizione di elementi probatori favorevoli all'impostazione accusatoria o contrari ad essa. Mentre a diversa conclusione perviene, invece, chi ritiene che a norma dall'art. 421-bis il gup possa ordinare al pm di compiere le sole investigazioni a carico dell'imputato; l'insufficienza di elementi probatori a carico, non colmata dal compimento delle indagini ulteriori indicate dal gup, imporrebbe la pronuncia di sentenza di non luogo a procedere . 49
Grosso , da parte sua, seppur in termini dubitativi, ipotizza che50 la resistenza del pm, che manchi di assicurare la completezza delle indagini dovrebbe condurre ad una pronuncia ai sensi del terzo comma dell'art. 425, che nella sua ultima versione, annovera espressamente l'insufficienza degli elementi acquisiti tra le cause del non luogo a procedere.
2.3 L’integrazione probatoria del giudice.
Il materiale probatorio su cui il gup è chiamata a decidere in udienza preliminare è ulteriormente integrabile attraverso l'ordinanza prevista dall'art. 422 cpc, a norma della quale il
48 De Robbio, Op. cit., pag. 195 49 Amodio, Milano 2000
giudice può disporre l'assunzione delle prove delle quali appare evidente la decisività ai fini della sentenza di non luogo a procedere. In altre parole il giudice può avvalersi del potere di integrare la prova favorevole all'imputato quando essa sia manifestamente decisiva, in funzione di garante della presunzione di innocenza.
Nella sua precedente versione, l'art. 422 prevedeva per il gup, una volta terminata la discussione, la possibilità di indicare alle parti i temi nuovi o incompleti sui quali riteneva necessario acquisire "sommarie informazioni ai fini della decisione"; era però negato al gup, qualsiasi potere di iniziativa nella raccolta della prova, anche quello suppletivo e residuale che è previsto per il giudice del dibattimento dall'art. 507.
L'iniziativa per l'ammissione della prova spettava alle parti ed era imperniata sulla distinzione tra prove a carico e prove a discarico e sul giudizio di manifesta decisività. Pansini sottolinea come, in tal modo, si intendesse rimarcare l'eccezionalità del supplemento istruttorio consentito all'udienza preliminare.
Nel quadro normativo attuale, l'integrazione probatoria è attività rimessa “anche” al potere d'ufficio del giudice; è evidente che esso possa essere sollecitato “anche” dalle parti, che potranno quindi richiedere al giudice di assumere quelle prove che esse ritengono decisive per l'emissione della sentenza di non luogo a procedere.
L’ordinanza in esame si pone in rapporto sussidiario e complementare rispetto a quella disciplinata dall'articolo 421 bis, dal momento che la sua attivazione presuppone un giudizio negativo circa la possibilità di agire con i poteri di quest'ultima norma: l'art 422 prevede che il gup possa ricorrere a tale ordinanza “ quando non provvede a norma del comma 4 dell'articolo 421, ovvero a norma dell'articolo 421 bis del Codice di Procedura Penale”. In primo luogo il Gup cercherà di definire l'udienza preliminare allo Stato degli atti, valutando la sostenibilità dell'accusa in giudizio sulla base degli atti presenti nel fascicolo così come si è formato durante le indagini preliminari e con le successive eventuali acquisizioni avvenute durante l'udienza. Laddove ciò non sia possibile, perché si ravvisa una incompletezza degli atti, il Gup tenterà inizialmente la strada offertagli l'articolo 421 bis, indicando alle parti le ulteriori indagini; qualora nemmeno in questo modo sia possibile addivenire alla definizione dell'udienza, potrà, se lo ritiene opportuno, attivare l'assunzione delle prove ai sensi dell'Art 422 . 51
Come ha sottolineato parte della dottrina, il giudice dovrà dapprima invitare l'organo dell'accusa a “migliorare il panorama d'indagine” servendosi dell'ordinanza di integrazione delle indagini e, solo successivamente, “allorquando il quadro istruttorio ancora lo richieda” acquisire le prove di cui all'art. 422 . 52
51 De robbio, op cit, pag. 201-202 52 Cassiba, 2006
Appare dunque evidente che l'attivazione di questo potere presupponga una situazione di stallo, superabile soltanto attraverso l'assunzione di prove ulteriori al fine di un proscioglimento. Con questo strumento istruttorio, le prove possono essere assunte direttamente sia ad istanza di parte che d'ufficio e i mezzi istruttori scelti devono essere decisivi per emettere una sentenza di non luogo a procedere. questa ultima caratteristica segna una chiara differenza sia di prospettiva che di presupposti operativi rispetto all'ordinanza integrativa delle indagini. Secondo Bassi “ la decisione del giudice presuppone, nel primo caso, che le indagini preliminari, poste a fondamento della richiesta del p.m. di rinvio a giudizio, risultino incomplete; nel secondo caso, e il materiale processuale lascia affiorare la possibilità del proscioglimento dell'imputato”. in altri termini, l'ordinanza ex art 422, non assolve a funzioni investigative dal momento che non mira mai a completare il compendio probatorio ma esclusivamente ad acquisire elementi decisivi per la sentenza di non luogo a procedere; la caratteristica peculiare dell’ordinanza in esame è data dunque dalla specifica finalità per la quale viene emessa. Tale previsione legislativa potrebbe costituire un’evidente anomalia all'interno del sistema processuale, perché ad una prima lettura, nel momento in cui il gruppo ricorre a questo strumento ha già deciso l'esito dell'udienza preliminare, quindi sembrerebbe di potersi concludere che l'ordinanza serva soltanto a fornire ex post delle giustificazioni formali ad un