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LA SENTENZA DI NON LUOGO A PROCEDERE: Le regole di giudizio ex art 425 

3.3 Il nuovo criterio di giudizio introdotto dalla riforma Carotti

3.3.1 La teoria della Condanna Probabile 

Allo scopo di stabilire quale sia la regola di giudizio        dell’udienza preliminare M. Daniele fa riferimento alla c.d. teoria        della condanna probabile che mira a rendere più difficile il        passaggio alla fase del dibattimento. 

Secondo la teoria della condanna probabile il rinvio a giudizio        dovrebbe essere disposto quando sulla base degli elementi        presentati appaia probabile che il dibattimento si concluderà        con la condanna dell'imputato (una regola di giudizio di questo        tipo era prevista dall'art. 115 disp. att. del progetto preliminare        delle norme di attuazione del codice, secondo il quale il        pubblico ministero doveva presentare al Giudice la richiesta di        archiviazione quando ritenesse che gli elementi acquisiti nelle        indagini preliminari non sarebbero stati sufficienti al fine della       

condanna degli imputati). In questa prospettiva il rinvio a        giudizio implica che il materiale raccolto nel corso delle        indagini sia già orientato a sfavore dell'imputato.   

In caso di prova dubbia o contraddittoria, è opportuno        interrompere il processo in sede preliminare applicando un        criterio analogo a quello stabilito nell'art 530 comma 2, poiché è        plausibile che il dibattimento si concluderà con l’assoluzione: in        questa logica efficientistica l'udienza preliminare diventa un        filtro a maglie strette, mentre il dibattimento si trasforma in un        evento eccezionale.   

La sentenza di non luogo a procedere si configura così, come        garanzia di tipo non soggettivo ma oggettivo, si vuole infatti        impedire che il colpevole sia assolto in dibattimento con        sentenza irrevocabile per la mancanza di adeguate prove a suo        carico, così l'esito proscioglitivo assume il compito di tutelare        l'interesse collettivo a che gli autori del reato non vadano esenti        dalla sanzione che loro spetta.  

La funzione di garanzia oggettiva appare correlata al principio        di efficienza del processo, che viene considerato come un        aspetto essenziale della indefettibilità della giurisdizione . 84 Affinché la prognosi di condanna presupposta da questa teoria        risulti idonea a conseguire un risultato accettabile, appare        necessaria una condizione: che il materiale a disposizione del        Giudice  debba  potenzialmente  valere  come  prova  del  dibattimento, va da sé che apparirebbe poco convincente una       

prognosi di condanna fondata su elementi destinati a divenire        inutilizzabili in giudizio .  85

Tornando al sistema vigente, si può rilevare come la teoria della        condanna probabile sia stata recepita      da una parte      considerevole della dottrina e della giurisprudenza, già prima        delle modifiche alla disciplina dell'udienza preliminare ad opera        della legge del 1999. Vi sono diverse ragioni che potrebbero far        pensare che la teoria della condanna probabile abbia ispirato        il vigente testo dell'art 425 c.p.p..  

In primo luogo si è posto in rilievo che nel sistema è possibile        raggiungere un notevole grado di completezza del materiale        utilizzabile ai fini della decisione sul rinvio a giudizio        dell'imputato, il quale favorirebbe la tipologia di prognosi        richiesta dalla teoria della condanna probabile.      Sono  molteplici, infatti, i canali attraverso cui gli elementi investigativi        possono aggiungere all'attenzione del Giudice e l'attuale        configurazione dell'udienza preliminare è tale per cui al Giudice        sono conferiti ampi poteri di integrazione degli elementi        investigativi . 86

In secondo luogo si sono invocati proprio i poteri di        integrazione del materiale conoscitivo attribuiti al Giudice        dell'udienza preliminare.    Qualora si fossero impiegati questi          istituti e la prova continui a rimanere insufficiente o        contraddittoria, ne deriverebbe un preciso criterio decisorio:        la sentenza di non luogo a procedere rappresenterebbe l'unico       

85 M. Daniele, op cit, pag. 47 

esito consentito, in ritenere che il dubbio, non superabile in        sede di udienza preliminare, non potrebbe essere superato        neppure in giudizio.  

Inoltre ritenendo che i meccanismi di integrazione possano        influire  sui  criteri  decisori  in  udienza  preliminare,  si  produrrebbe  un  vizio  di  inversione  logica  poiché  si  trascurerebbe il fatto che la regola di giudizio ex art 425 c.p.p.        è, in sé considerata, autosufficiente, e fornisce le coordinate        decisorie per qualunque tipo di situazione probatoria .   87

Possiamo quindi affermare che i meccanismi di integrazione del        materiale conoscitivo in udienza preliminare, proprio perché        intesi a tutelare il principio di completezza delle indagini,        risultino in grado di aumentare l'attendibilità della valutazione        prognostica  sulla  sostenibilità  dell'accusa  in  giudizio  connotando il modo in cui il modello dell'investigazione        preliminare è stato recepito dall'ordinamento vigente .  88

In terzo luogo a favore della teoria della condanna probabile è        stato rinvenuto un ulteriore argomento a favore nel tenore        letterale dell'art 425 c.p.p. comma 3,      ai sensi del quale “il          Giudice pronuncia sentenza di non luogo a procedere anche        quando  gli  elementi  acquisiti  risultano  insufficienti,  contraddittori o comunque non idonei a sostenere l'accusa in        giudizio”  

87​R.E. Kostoris , ​Udienza preliminare giudizio abbreviato​, pag 44 

88​R.E. Kostoris , ​Udienza preliminare giudizio abbreviato​, pag 44 “Se si vuole esaltare                         

la funzione di filtro dell'udienza preliminare” è raccomandabile che il materiale in atti sia        incrementato al massimo “onde fornire al giudice un quadro più completo ai fini della        valutazione prognostica che è chiamato ad effettuare”. 

Secondo una certa interpretazione, infatti, la presenza in tale        norma della disgiuntiva “o” avrebbe la funzione di collocare le        formule dell' insufficienza o contraddittorietà e delle inidoneità        su distinti piani operativi. La prima formula conterrebbe una        regola analoga a quella stabilita dall'art 530 comma 2:      il  Giudice “dovrebbe disporre il non luogo a procedere quando la        prova insufficiente o contraddittoria non essendo consentita, in        tale caso, alcuna valutazione prognostica circa una diversa        evoluzione della prova a carico dell'imputato in un futuro        dibattimento. (...) la seconda formula, invece, riguarderebbe        tutte le ipotesi in cui le prove pur sufficienti, non consentono di        ritenere che il pubblico ministero sarà in grado di adempiere il        suo onere probatorio in giudizio.”  89

In questo senso si è espressa anche una parte minoritaria della        giurisprudenza di cassazione, nella sentenza del 14 novembre        2000, Tavanxhiu, si afferma che “la decisione assunta all'esito        dell'udienza preliminare si sostanzia in un vero e proprio        giudizio  sul  quadro  probatorio  che,  ove  si  concluda  positivamente, in termini di solidità e coerenza del materiale        posto a fondamento dell'accusa, determina il rinvio a giudizio        dell'imputato, mentre, ove la soluzione sia negativa, in termini di        insufficienza e contraddittorietà delle risultanze delle indagini il        Giudice deve prosciogliere il prevenuto.      La sentenza è stata        condivisa nei suoi argomenti dal tribunale di Venezia nel 2003 e        dal Tribunale di Torino nel 2000.   

Per quanto riguarda la corte costituzionale, nella sentenza n.        335 del 2002 si legge che l'art 425 c.p.p. chiamerebbe “il Giudice        ha una valutazione di merito sulla sussistenza dell'accusa,        consistente in una prognosi sulla sua Possibilità di successo        nella fase dibattimentale” e si tratta di una lettura non del tutto        soddisfacente, perchè accogliendola non si riuscirebbe a dare        un significato autonomo al requisito dell’inidoneità probatoria.        Concludendo, per poter sostenere che legislatore abbia        recepito la teoria della condanna probabile, la regola di        giudizio dovrebbe essere formulata in modo diverso, ad        esempio quest'ultima dovrebbe imporre la pronuncia della        sentenza di non luogo a procedere in caso di prova        insufficiente o contraddittoria senza ulteriori specificazioni,        oppure quando la responsabilità dell'imputato in udienza        preliminare non risulti provata al di là di ogni ragionevole        dubbio . 90

Ma la teoria della condanna probabile non sembra poter        essere accolta perchè presenta diversi inconvenienti da un        punto di vista sistematico 

In primo luogo nell'ordinamento vigente manca la condizione        essenziale per poter formulare una prognosi di condanna, cioè        che quanto raccolto nel corso delle indagini assuma valore        probatorio. A seguito delle sentenze costituzionali n. 24/1992, n.        254/92 e n. 255/1992 e della legge 7 agosto 1992 n. 356, tale       

90​In questi termini l’art 192 comma 3-bis, così come introdotto dal c.d. testo unificato                           

Pitelli, intitolato “​Modifiche al Codice di Procedura Penale al Codice Penale in                        attuazione del giusto processo”​, approvato dalla Commissione giustizia della camera il            10 luglio 2002 

requisito si era sostanzialmente integrato, ma la legge n. 63 del        2001 ha ripristinato l'originaria regola di esclusione delle        dichiarazioni raccolte unilateralmente prima del dibattimento,        dovendo quindi impiegare elementi inutilizzabili ai fini della        decisione di merito, appare ora molto più difficile prevedere se        il dibattimento si concluderà con la condanna dell'imputato.   L'udienza preliminare stessa, per quanto i poteri integrativi del        Giudice siano stati ampliati, resta cosa ben diversa dal giudizio.        Perché anche nell’ipotesi in cui venga disposta l'integrazione        probatoria ex art 422 c.p.p., l'audizione dei testimoni sarebbe        condotta direttamente dal Giudice, mentre il pubblico ministero        e i difensori potrebbero solo porre domande per mezzo di        quest'ultimo.  

In terzo l'ultimo luogo un altro difetto che non si può ignorare        consiste nel fatto che la teoria della condanna probabile si        pone in contrasto con il valore dell'imparzialità del Giudice del        dibattimento.  Questo perché la decisione in udienza        preliminare, nell'interpretazione che ne dà la teoria in esame,        influenzerebbe la decisione di merito. Infatti se il passaggio alla        fase del dibattimento potesse essere disposto solo quando vi        siano consistenti elementi a carico, il decreto che dispone il        giudizio diverrebbe simile a una sentenza di condanna,        producendo di conseguenza un vero e proprio stigma per        l'imputato . 91

 

3.3.2 La teoria dell’Utilità del dibattimento   

In base alla teoria dell'utilità del dibattimento, il rinvio a giudizio        non  richiederebbe  necessariamente  una  prognosi  di  probabilità della condanna, ma        il passaggio    sarebbe  consentito anche in caso di prova dubbia, a condizione che il        contraddittorio dibattimentale appaia in grado di fornire        elementi decisivi ai fini della soluzione dell'incertezza. Questa        teoria sembra collegarsi alla sentenza costituzionale n. 88 del        1991, dal momento che nelle parole della Corte Costituzionale        leggiamo che la regola di giudizio dell’udienza peliminare        impone “una valutazione degli elementi acquisiti non più nella        chiave dell’esito finale del processo, bensì nella chiave della        loro attitudine a giustificare il rinvio a giudizio.      Il quadro    acquisito viene, cioè, valutato non nell'ottica del risultato        dell'azione,  ma  in  quella  della  superfluità  o  no  dell'accertamento giudiziale, che è l'autentica prospettiva di un        pubblico ministero il quale è, nel sistema, la parte pubblica        incaricata di instaurare il processo (...) così come è formulata, la        norma è, in definitiva, la traduzione in chiave accusatoria del        principio di non superfluità del processo”. 

La corte ha ribadito questa impostazione nella successiva        sentenza n. 71 del 1996, affermando chiaramente che il        provvedimento di rinvio a giudizio, anziché trovare il proprio        fondamento in una previsione di probabile condanna, deriva        dalla necessità di consentire nella dialettica del dibattimento lo