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La riforma costituzionale del 2001 e l’ingresso dell’“ordine pubblico” in Costituzione

Le riflessioni sull’ordine pubblico e sulla opportunità o meno di un suo richiamo esplicito nel testo costituzionale che hanno animato i lavori dell’assemblea costituente non hanno caratterizzato, invece, le sedute delle commissioni parlamentari e dell’Assemblea della Camera e del Senato che hanno portato all’approvazione della legge costituzionale n. 3 del 2001 e, quindi, all’inserimento dell’ordine pubblico al secondo comma, lett. h) del novellato art. 117 Cost.

Già dalle proposte e dagli interventi che si sono svolti durante l’iter in commissione bicamerale del progetto di legge costituzionale di Revisione della II parte della costituzione, possiamo notare come la discussione sull’ordine pubblico sia stata schiacciata solo sul problema della ripartizione della competenza in materia fra lo Stato e le regioni. Una parte delle forze politiche spingeva per una decentralizzazione dell’ordine pubblico e della pubblica sicurezza e sosteneva l’approvazione di una riforma improntata sul modello federale; un’altra, invece, intendeva frenare queste tendenze e sosteneva una riforma meno invasiva della forma di Stato vigente. Ad ogni modo, tramite richiami ad alcuni passaggi delle discussioni svolte nelle Commissioni o in Assemblea, si può provare a ricavare l’intenzione con cui si è deciso di inserire l’ordine pubblico nel testo della costituzione e quale senso, quale declinazione di questo deve ricavarsi da simili dibattiti.

72 G.AZZARITI, Contro il revisionismo costituzionale, cit., p. 79.

73Ivi, p. 82. L’autore prosegue sostenendo che si è tentato di porre un argine all’eventualità che si consolidi questa interpretazione

attraverso quella giurisprudenza costituzionale che punta a riassestare gli equilibri fra mantenimento dell’ordine e libertà legando le proprie decisioni alla valutazione di un effettivo e concreto pericolo per l’ordine pubblico.

Procediamo in ordine cronologico e, quindi, partiamo dalle sedute della Commissione bicamerale per le riforme (iniziate il 4 febbraio 1997) i cui lavori sono stati organizzati all’interno di quattro comitati: uno sulla Forma di Stato, uno sulla forma di Governo, uno sul Parlamento e le fonti ed uno sul sistema di garanzie.

Nella seduta del comitato sulla forma di Stato dell’11 marzo 1997, il deputato Michele Salvati definisce l’ordine pubblico come una delle funzioni tradizionali nello Stato liberale insieme alla difesa ed alla giustizia; il senatore Maurizio Pieroni, invece, sostenendo la necessità di una vera e propria alienazione di sovranità, fa riferimento alla tutela dell’ordine pubblico, «che potrebbe avvenire con una ripartizione non più e non solo orizzontale, ma anche verticale». Sempre sul piano delle impostazioni generali, l’onorevole Giulio Tremonti, nella seduta del 19 marzo 1997, individua nelle quattro grandi funzioni della difesa, dell’ordine pubblico, della giustizia e della moneta le «componenti fondamentali dello Stato».

Passando ai progetti di riforma presentati, occorre osservare che, fin dalle prime proposte di proposizioni normative relative alle funzioni legislative riservate esclusivamente allo Stato, l’ordine pubblico viene affiancato dalla “sicurezza pubblica”74, a conferma di un appiattimento della discussione sull’articolazione statale o regionale della materia in esame, dal quale si può ricavare una generale propensione verso una declinazione in senso materiale dell’ordine pubblico.

Il dibattito, in effetti, si è focalizzato quasi interamente sull’attribuzione o meno alle Regioni di competenze in materia di ordine pubblico e pubblica sicurezza e sull’articolazione dell’apparato di polizia. Lo sottolinea anche il presidente Massimo D’Alema nella seduta del 14 maggio 1997 che, nel riportare quanto emerso dalla relazione conclusiva del Comitato sulla forma di Stato, segnala i nodi problematici emersi proprio in merito al rapporto fra federalismo ed ordine pubblico. A tal proposito il Presidente, nell’esporre la sua opinione, afferma che, pur essendo evidente che il principio dell’autogoverno implica un coinvolgimento maggiore dei poteri regionali e locali nel coordinamento delle politiche dell’ordine pubblico, questo dato, nella situazione italiana, non deve spingere verso la federalizzazione o la regionalizzazione delle forze dell’ordine, ma piuttosto verso un miglioramento nella «capacità di individuare i bisogni pubblici condivisi e prevalenti» (ovvero, nella adozione e nel coordinamento di politiche di ordine pubblico). Sull’argomento torna Massimo Villone nella seduta successiva (26 maggio 1997) e ribadisce l’importanza di materie come l’ordine pubblico, la scuola, la struttura e le grandi reti nazionali: materie che, per motivi diversi, necessitano tutte di essere espressamente previste nell’elenco delle competenze statali, non in esecuzione di un

74 Come, ad esempio, risulta dalla proposta presentata da Francesco D’Onofrio nella seduta della commissione sulla forma di Stato

del 13 marzo 1997 in cui, all’interno dell’elenco delle materie di esclusiva competenza dello stato, viene menzionato al punto 7.1 l’“ordine e sicurezza pubblica, esclusa la polizia locale”.

disegno centralista, ma nell’intento di assicurare una tutela dei diritti maggiore e omogenea fra i cittadini dell’intero territorio nazionale.

Nella seduta del 12 giugno 1997 vengono presentati gli emendamenti alla proposta del senatore D’Onofrio (relatore sulla forma di Stato) recante, all’art. 4, la seguente ripartizione di competenze: «Salvo che i Trattati concernenti l'Unione Europea dispongano diversamente, spetta allo Stato la potestà legislativa in materia di: politica estera; difesa e sicurezza; ordine pubblico; moneta; organi costituzionali dello Stato e relative leggi elettorali; elezione del Parlamento Europeo; elezioni comunali e provinciali; bilancio ed ordinamenti contabili propri; ordinamento civile e ordinamento penale e relative giurisdizioni».

Gli emendamenti I.4.1. e I.4.2. – presentati dai deputati Armando Cossutta e Fausto Bertinotti e dai senatori Fausto Marchetti e Ersilia Salvato – prevedono alla lettera i) dell’art. 4 bis (competenze legislative esclusive dello Stato) soltanto la sicurezza nazionale e non menzionano l’ordine pubblico. Lo stesso dicasi per gli emendamenti proposti dai senatori Mario Rigo (emendamento I.4.7.) e Guido Dondeynaz (emendamento I.4.65), i quali inseriscono fra le competenze esclusive dello Stato soltanto la materia “difesa e sicurezza”. Più articolato è invece l’emendamento I. 4.24. proposto dai senatori Francesco Servello e Adriana Pasquali e dai deputati Domenico Nania e Gustavo Selva che, alla lettera h), menziona la sicurezza personale, l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza ad esclusione della polizia urbana.

La presenza costante della pubblica sicurezza affianco o al posto del lemma “ordine pubblico” indica, come precedentemente evidenziato, l’opzione per una declinazione materiale dell’ordine pubblico, opzione confermata anche successivamente nel dibattito svolto in commissione alla Camera sulle proposte effettuate dal comitato. In particolare, nella seduta del 27 gennaio 1998 durante la discussione in merito alle linee generali della riforma, il deputato Antonio Martino, nell’osservare l’incapacità dello Stato ad assolvere i suoi compiti fondamentali fra i quali rientra l’ordine pubblico, definisce implicitamente quest’ultimo come il «controllo del territorio», interpretandolo, dunque, in senso materiale: «basti pensare alla situazione dell’ordine pubblico (ci sono zone d’Italia in cui lo Stato assente lascia il controllo del territorio alla criminalità organizzata)».

Sulla stessa linea sembra collocarsi il deputato Rolando Fontan che nella seduta del 26 febbraio 1998 esprime la sua posizione a favore di un coinvolgimento dei sindaci nella gestione di alcune funzioni di ordine pubblico tramite la «definizione di piani di controllo del territorio» e l’amministrazione delle forze di polizia. Nella seduta del 22 aprile 1998, lo stesso Fontan ribadisce la posizione del gruppo Lega nord tramite il richiamo all’emendamento presentato da Comino (emendamento 58.13), in base al quale l’ordine pubblico e la sicurezza sono sì materie di rilevanza nazionale, ma che possono essere disciplinate anche a livello locale; sulla stessa linea si pone

l’intervento successivo di Karl Zeller secondo il quale l’ordine pubblico e la pubblica sicurezza dovrebbero rientrare fra le materie di competenza ripartita, assicurando le esigenze di sicurezza nazionale tramite il ricorso alla legge statale cui spetta la disciplina generale, e affidandone la competenza attuativa alle regioni75.

Ulteriori conferme della declinazione materiale dell’ordine pubblico inserito in costituzione in seguito alla riforma del titolo V del 2001 si trovano nella seduta del 9 novembre 1999 in cui la commissione in sede referente continua l’esame di alcuni emendamenti fra cui, ad esempio, quello proposto dal deputato Giuseppe Calderisi (emendamento 5. 76) che prevede l’inserimento al sesto comma dell’art. 117 la possibilità per le Regioni di promuovere l’estensione della propria autonomia secondo forme e condizioni particolari nell’ambito delle quali può essere attribuita alla potestà legislativa regionale la disciplina di alcune materie fra cui (alla lettera a) figura l’ordine pubblico e la sicurezza. Un altro emendamento discusso in questa seduta si muove nella stessa direzione e si spinge oltre: l’emendamento 17. 011. proposto da Rolando Fontan, Pietro Fontanini, Luciano Dussin e Giacomo Stucchi prevede l’aggiunta di un articolo 17 bis con cui si disciplina la possibilità per le Regioni del Nord (Piemonte, Valle D'Aosta/Vallée d'Aoste, Lombardia, Veneto, Trentino-Alto Adige/Südtirol, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Emilia, Romagna, Toscana, Umbria e Marche) di indire un referendum costituente per l’istituzione di un’Assemblea legislativa autonoma con competenza esclusiva in materia di: a) fiscalità generale, imposte e tasse; b) previdenza e pensioni; c) ordine pubblico e sicurezza interna; d) politica economica, ordinamento bancario e sviluppo delle imprese; e) rapporti istituzionali con l’Unione Europea.

L’esame della riforma passa poi al Senato dove la discussione si concentra sugli stessi nodi che hanno caratterizzato il dibattito alla Camera, come emerge, ad esempio, dalla seduta del 15 novembre 2000 in cui i senatori Francesco Tabladini e Renzo Gubert intervengono schierandosi a favore di una gestione locale e regionale delle problematiche relative all’ordine pubblico ed alla sicurezza. Ai nostri fini, sembra maggiormente indicativo l’intervento del primo dei due senatori il quale, nel motivare perché il suo gruppo voglia eliminare l’ordine pubblico dalle materie di esclusiva competenza statale, spiega che l’intento è quello «non tanto di eliminare la polizia dal territorio italiano, cioè eliminare l’ordine pubblico e la sicurezza dal territorio italiano, quanto quello di trasferire la materia alle

75 In questa stessa seduta (22 aprile 1998) vengono discussi diversi emendamenti e subemendamenti relativi alla questione in esame,

come ad esempio: l’emendamento 58.13 (Comino, Fontan, Fontanini, Maroni) secondo cui allo Stato spetterebbe l’ordine pubblico e la sicurezza di rilevanza nazionale; l’emendamento 58.14 (Valducci, Tortoli, Bertucci, Saraca, Paroli, Scaltritti, Leone, Conte, Collavini, Errigo) in cui alla lettera l) si parla solo di sicurezza personale; l’emendamento 58.15 (presentato da Nardini) e l’emendamento 58. 6 (presentato da Cento, Gardiol, Dalla Chiesa, Galletti) in cui non viene menzionato né l’ordine pubblico, né la sicurezza, ma si fa solo un cenno alla difesa e alle forze armate; l’emendamento 58.35 (Taradash, Colletti, Giovine) in base al quale lo Stato avrebbe competenza esclusiva in materia di sicurezza e difesa; ed infine l’emendamento 58. 34 (presentato da Fontan e Fontanini) in cui si fa riferimento non all’ordine pubblico ma all’organizzazione nazionale della sicurezza pubblica.

regioni (…) Lo scopo, quindi, è di rendere regionale questa polizia, al fine di essere più vicini alle situazioni che a mano a mano si vanno evolvendo».

In sintesi, dalle varie discussioni riportate – e, in particolare, dall’ultimo intervento richiamato in cui si equipara apertamente la polizia all’ordine pubblico e alla sicurezza del territorio e si fa richiamo al carattere fluido e circostanziale della nozione in esame76 – si evince una generale condivisione della lettura in senso materiale dell’ordine pubblico, accompagnato quasi sempre (se non sostituito) dalla “pubblica sicurezza” e legato generalmente, come dimostrano i riferimenti all’amministrazione della polizia locale e ai poteri dei sindaci, alla sua dimensione concreta e tradizionale di “ordre dans la rue”.

76 Sul punto si veda supra, cap. I.

CAPITOLO III: Le tutele costituzionali: su alcuni (problematici) bilanciamenti fra l’ordine