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Segue b): le problematiche interpretazioni della locuzione “in via generale” e del limite della sanità e della sicurezza

Nel documento L'ordine pubblico e le tutele costituzionali (pagine 108-115)

CAPITOLO III: Le tutele costituzionali: su alcuni (problematici) bilanciamenti fra l’ordine pubblico e i limiti alle libertà

3. La libertà di circolazione e soggiorno: a) l’intricato rapporto con l’art 13 e l’“effetto deviante” delle misure di prevenzione

3.1. Segue b): le problematiche interpretazioni della locuzione “in via generale” e del limite della sanità e della sicurezza

Occorre ora soffermarsi sulle problematiche inerenti i “motivi di sanità e di sicurezza” che, ex art. 16 Cost., legittimano le limitazioni alla libertà di circolazione e sulla controversa interpretazione della locuzione “in via generale”, questioni oggetto di dibattiti dottrinali e di varie declinazioni legislative che hanno modificato l’ambito di operatività dell’articolo in esame determinandone evoluzioni particolarmente utili nell’indicare la direzione e la dimensione odierna dell’ordine pubblico.

L’espressione “(…) salvo le limitazioni che la legge stabilisce in via generale (…)” ha alimentato incertezze e contrasti in dottrina in merito alla sua interpretazione, configurando – con il contributo di un’oscillante giurisprudenza costituzionale – in maniera poco chiara l’ambito di operatività dell’articolo in esame.

Secondo alcuni138, con queste parole il costituente ha voluto fornire la libertà di circolazione di una solida garanzia, dal momento che con esse si intende legittimare l’adozione di provvedimenti riguardanti non singole persone, bensì aree territoriali il cui accesso sia interdetto per i motivi indicati nel testo costituzionale. In altre parole, l’espressione “in via generale” vorrebbe ribadire il divieto di leggi regionali in materia e l’introduzione di discriminazioni di gruppo o personali139: la libertà di circolazione, secondo questa interpretazione, potrebbe essere limitata per problemi relativi alla

135 Il riferimento è all’art. 2 del Protocollo aggiuntivo n. 4 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo che

assume come limiti alla libertà personale la detenzione e l’arresto e come limiti alla libertà di circolazione e soggiorno i limiti per la sicurezza pubblica, per il mantenimento dell’ordine pubblico, per la prevenzione dei reati, per la protezione della salute o della morale o per la salvaguardia dei diritti e delle libertà altrui.

136 U.DE SIERVO, Circolazione, soggiorno, emigrazione (libertà di), p. 81.

137 Ivi, p. 82; contra, A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, cit., p. 258 ss.

138 Cfr. M.SEVERINO, Rimpatrio coattivo e Costituzione, in Foro padano, 1950, IV, p. 106; M.GALIZIA, La libertà di circolazione

e soggiorno dall’Unificazione alla Costituzione repubblicana, in P.BARILE, La Pubblica sicurezza, cit., p. 483 ss.

139 Cfr. U.DE SIERVO, Circolazione, soggiorno, emigrazione (libertà di), cit., p. 78 ss; L.ELIA, Libertà personale e misure di

sicurezza o alla sanità legati non alla presenza di un soggetto specifico, ma all’ingresso di chiunque in una determinata area. In sintesi, la pericolosità per la sanità e la sicurezza deve essere imputabile non a singoli soggetti, ma alle aree rispetto alle quali si introduce la limitazione140.

Teoria, quest’ultima, non solo respinta dalla Corte costituzionale141, ma criticata anche da quella dottrina che, pur non condividendo le conclusioni a cui giunge la Consulta nella citata sentenza, non può non evidenziare alcuni aspetti critici della citata ricostruzione142. Ad esempio, viene contestato che seguendo l’interpretazione sopra richiamata, si porrebbe il problema della collocazione costituzionale di quelle misure che limitano la libertà di movimento di un soggetto senza, però, comportare una degradazione di quest’ultimo (come, ad esempio, le misure assunte nei confronti di persone colpite da malattie infettive): se la prima teoria riconduce tali misure all’art. 13 (pretendendo anche in questo caso l’intervento del giudice in quanto misure incidenti sulla libertà personale)143, la critica condotta dall’altro filone interpretativo sottolinea che in questo modo si allargherebbero i confini della libertà personale a tal punto da renderla «evanescente»144. A ciò si aggiungerebbe, sempre secondo tale dottrina, il portato dell’ultima parte del I° comma dell’art. 16 che, nel vietare espressamente le restrizioni per motivi politici, implicitamente ammetterebbe la possibilità, in linea generale, di limiti soggettivi.

Dunque, in base a questa seconda interpretazione, la locuzione “in via generale”, pur escludendo senza dubbio le limitazioni che si basino su un giudizio morale del singolo soggetto, non si traduce in una totale esclusione di un limite operante ratione subiecti e nell’ammissione esclusivamente di un limite relativo alle aree territoriali145. È sì illegittima ogni limitazione riferita a singoli individui, ma, qualora sussistano obiettive esigenze di sanità e sicurezza e le restrizioni siano connesse ad esigenze oggettive, svincolate da qualsiasi apprezzamento sulla personalità del destinatario, queste ultime devono essere considerate legittime146.

140 G.FILIPPETTA, La libertà personale e le libertà di domicilio, di circolazione e individuale, in P.RIDOLA,R,NANIA (a cura di), I

diritti costituzionali, Torino, 2006, p. 588.

141 Come emerge dalla sent. n. 2 del 1956 in cui la locuzione in questione è stata interpretata come una «solenne riaffermazione del

principio posto nell’art. 3» e, dunque, nel senso di una necessaria applicabilità della legge alla generalità dei cittadini e non a singole categorie. Nella stessa direzione si inseriscono le sentenze n. 68 del 1964 e n. 161 del 1980 in cui si afferma che la locuzione “in via generale” deve essere interpretata non nel senso che non si possono adottare provvedimenti contro singoli o contro gruppi, ma nel senso che non si possono stabilire illegittime discriminazioni contro singoli o contro gruppi.

142 Cfr. G.AMATO, op. ult. cit., p. 115 ss.

143 M.GALIZIA, op. ult. cit., p. 549; G.FILIPPETTA, ivi, p. 589, il quale fa l’esempio degli interventi personali di carattere sanitario

volti a contrastare la diffusione di malattie infettive implicanti l’isolamento e che, quindi, rientrano nella sfera dell’art. 13 e dell’art. 32 Cost. In questi casi, secondo l’Autore, non possono ritenersi ammissibili provvedimenti amministrativi che rechino restrizioni individuali basate su apprezzamenti delle qualità soggettive dei destinatari, dal momento che per l’emissione di giudizi che intacchino la pari dignità sociale è sempre necessario l’intervento del giudice.

144 Così G.AMATO, op. ult. cit., p. 116.

145 Si veda, fra gli altri, A.BARBERA, Principi costituzionali della libertà personale, cit., p. 178 ss.; C.MORTATI, Istituzioni di

diritto pubblico, II., p. 961; A.PACE, Libertà personale (voce), cit., p. 291, il quale afferma che l’articolo 16 richiede «non atti amministrativi generali» ma limiti stabiliti dalla legge «in via generale».

146 C.MORTATI, Istituzioni di diritto pubblico, Padova, 1969, p. 962; P.BARILE, Diritti dell’uomo e libertà fondamentali, cit., p.

Di contro, però, il dato di fatto per cui le limitazioni possono essere stabilite in via generale per motivi di sicurezza, ha indotto alcuni147 ad ammettere che le restrizioni alla libertà di circolazione possano essere determinate con provvedimenti amministrativi che, basati su valutazioni in merito alle condizioni del destinatario ed alla sua potenziale pericolosità, finiscono inevitabilmente con l’incidere sulla personalità morale di quest’ultimo. Tesi che è stata ripresa anche dalla Corte costituzionale, la quale in una sua pronuncia ha affermato che «il pericolo per la pubblica moralità (…) altro non è che un aspetto del pericolo per la sanità o per la sicurezza»148.

In questa direzione si colloca, inoltre, chi (confortato da minoritaria giurisprudenza149) traduce la locuzione “in via generale” in un’ipotesi di riserva di legge relativa, dal momento che vede in tale espressione la possibilità per il legislatore, dopo aver delineato le ipotesi generali in cui può essere limitata la libertà di circolazione dei cittadini, di affidare all’autorità amministrativa il compito di specificare tali ipotesi con atti normativi secondari o di atti amministrativi di carattere esecutivo150.

La discrezionalità legislativa che emerge da queste interpretazioni deve comunque essere temperata dal carattere generale della legge e dal divieto di limitazioni per ragioni politiche, nel senso che il legislatore deve prescindere da valutazioni morali dei soggetti destinatari dei divieti e non deve interpretare la sicurezza pubblica come categoria estendibile alle opinioni politiche151. Dunque viene visto nell’ultimo periodo del primo comma dell’art. 16 un argine ai potenziali abusi del legislatore, nel senso che «l’astratta possibilità che la legge permetta l’emanazione di provvedimenti ad personam viene evitata dal “contro-limite” che vieta ogni restrizione per ragioni politiche»152.

A questo punto, però, bisogna chiedersi quali siano le limitazioni alla libertà di circolazione ammissibili. Per trovare una risposta, si devono tenere in considerazione i vincoli costituzionali della “generalità”, della “sanità” e della “sicurezza”, o meglio, si deve guardare ad una convergenza fra questi. E, se la generalità va intesa nel senso che la legge non può porre limitazioni attinenti la

147 A.PACE, Problematica delle libertà costituzionali. Parte speciale, cit., p. 274. Contra, ABARBERA, I principi costituzionali

della libertà personale, cit., p. 146 ss., secondo il quale una restrizione imposta ad un soggetto a causa della sua pericolosità sociale sarebbe illegittima per diretta violazione non dell’art. 16, bensì per contrasto con l’art. 13. L’. A. sostiene che è possibile considerare autonoma la libertà di circolazione rispetto alla libertà personale se si fonda il distinguo fra le due libertà sulla differenza fra la tutela immediata delle ragioni di sanità e di sicurezza e la tutela mediata che consegue ad una valutazione sulla personalità morale del soggetto. In quest’ultimo caso, il rischio sarebbe diretta conseguenza non della mera presenza di una data persona, ma dipenderebbe dall’eventualità che tale persona, mediante la commissione di un atto, mettesse a rischio la sanità e la sicurezza pubblica. In tal senso, se l’autorità di pubblica sicurezza può essere legittimata ex art. 16 ad adottare un provvedimento di isolamento per una persona affetta da malattia infettiva, non è ugualmente legittimata ad allontanare da una parte del territorio «per motivi di tutela della sicurezza o della moralità pubblica, una prostituta, né vietare al sorvegliato speciale di circolare nelle ore notturne», ivi, p. 182.

148 Così nel Considerato in diritto della sent. n. 126 del 1962.

149 Si vedano le sentenze n. 2 del 1956, n. 72 del 1968 e n. 68 del 1964 in cui la Corte interpreta la riserva posta dall’art. 16 come

relativa ammettendo la possibilità che la norma secondaria ne specifichi il contenuto.

150 Cfr. M.MAZZIOTTI DI CELSO, Circolazione (libertà di), in Enc. Dir., Milano, 1960, p. 20. L’Autore continua affermando che «è

quindi inesatto che le limitazioni alla libertà di circolazione e di soggiorno possano essere stabilite solo dalla legge, e deve per contro ritenersi legittima l’attribuzione, in questo campo, di poteri di ordinanza alle autorità amministrative centrali e locali, sempre che tali ordinanze siano (…) conformi ai principi dell’ordinamento giuridico». Invece, A.PACE (Problematica delle libertà costituzionali. Parte speciale, cit., p. 283) ritiene che la riserva posta dall’articolo in esame sia assoluta e ammette, dunque, l’intervento del Governo o della Pubblica Amministrazione solo se meramente esecutivo dei precetti legislativi.

151 P.BARILE, op. loc. ult. cit. 152 Così G.DEMURO, op. cit., p. 378.

personalità morale o le opinioni politiche dei soggetti, ma solo restrizioni strettamente legate ai motivi di sanità e di sicurezza, allora la garanzia dell’ammissibilità si troverebbe nella confluenza fra la non attinenza del limite a caratteristiche del soggetto e la connessione della limitazione a motivi di sanità e di sicurezza153.

I problemi, però, sorgono proprio intorno all’individuazione del contenuto, dell’ampiezza di tali motivi, oggetto di differenti interpretazioni che hanno contribuito notevolmente all’individuazione dei nuovi confini dell’ordine pubblico e alla declinazione in senso ideale delle sue componenti.

Per quanto attiene la sanità, essa è da considerare come salute fisica e psichica dei cittadini e comprende interventi relativi all’incolumità di questi ultimi (in considerazione degli ampi confini dell’art. 32 Cost.)154. La sicurezza, invece, pone questioni decisamente più problematiche.

La Corte costituzionale ha talvolta esteso la nozione della sicurezza a tutte le situazioni in cui i cittadini possono svolgere pacificamente le loro libertà costituzionalmente garantite «senza essere minacciati da offese alla propria personalità fisica o morale», venendo dunque a coincidere con «l’ordinato vivere civile»155. Riecheggia in queste parole una visione ideale dell’ordine pubblico, confermata dalle ulteriori specificazioni per cui la sicurezza sarebbe minacciata da «manifestazioni di insofferenza esteriore o di ribellione ai precetti legislativi ed a legittimi ordini della pubblica amministrazione» ed anche da manifestazioni immorali, capaci di creare situazioni ambientali favorevoli allo sviluppo della delinquenza. La sicurezza verrebbe, in questo modo, a comprendere «i concetti di ordine, sicurezza pubblica e pubblica moralità»156.

Non manca in dottrina, però, chi ha evidenziato il pericolo insito in una declinazione in questi termini della sicurezza, che dovrebbe essere interpretata come «incolumità fisica delle persone e non può, pena l’esposizione del diritto garantito a rilevanti rischi di svuotamento, essere intesa genericamente come ordinato vivere civile e tanto meno come ordine pubblico ideale o come pubblica moralità»157.

Invece, le politiche legislative succedutesi negli anni dimostrano una sempre più evidente tendenza a ricomprendere all’interno della “sicurezza” elementi eccedenti la dimensione materiale che dovrebbe caratterizzarla ed in base alla quale quest’ultima dovrebbe coincidere con la protezione

153 G.AMATO, op. ult. cit., p. 119.

154 In questo senso, U.DE SIERVO, op. cit, p. 78; P.BARILE, La libertà nella Costituzione, CEDAM, 1966, p. 40. 155 Sent. n. 2 del 1956 (espressione ripresa anche dall’ordinanza n. 161 del 1980).

156 M.MAZZIOTTI DI CELSO, Circolazione (libertà di), p. 20; ID., Lezioni di diritto costituzionale, II, Giuffrè, Milano, 1985, p. 208.

Critica la sentenza in questione P.BARILE (op. ult. cit., p. 174), secondo il quale «una corretta decisione avrebbe dovuto cancellare dall’ordinamento il motivo della “pubblica moralità” proprio sulla base del ragionamento secondo cui o la moralità “ridonda” in sicurezza e allora rientra nel limite costituzionale; o non vi rientra, e allora non può paralizzare le libertà in esame».

157 G.FILIPPETTA, La libertà personale e le libertà di domicilio, di circolazione e individuale, in P.RIDOLA,R,NANIA (a cura di), I

contro avvenimenti (incidenti, calamità, problemi di “ordre dans la rue”158) che minacciano la collettività o singoli individui.

Tendenza che si è resa evidente, ad esempio, già dal tenore della legge n. 1423 del 1956 che, ex art. 2, stabiliva la possibilità per il questore di emettere foglio di via obbligatorio per i soggetti pericolosi “per la sicurezza pubblica o per la pubblica moralità”159 determinando, come evidenziato da una parte della dottrina160, una ricomprensione all’interno dei concetti di sicurezza e di sanità dei motivi di tutela del buon costume. Si pensi, inoltre, ad alcune scelte legislative che, in contrasto con l’ultimo periodo del 1° comma dell’art. 16 (secondo cui “nessuna restrizione può essere determinata per ragioni politiche”), hanno portato, ad esempio, all’inserimento fra i soggetti sottoponibili alle misure di prevenzione dell’obbligo o del divieto di soggiorno categorie relative alla pericolosità politica (art. 18, l. n. 152 del 1975).

L’affermarsi di tali tendenze negli anni ha comportato un utilizzo “spregiudicato” della sicurezza161, che, da componente (inizialmente) materiale dell’ordine pubblico, diviene il grimaldello per l’introduzione di un approccio ideale nella gestione dell’ordine pubblico.

Si afferma in questo modo una nuova dimensione della sicurezza che si dimostrerà particolarmente funzionale all’interno del paradigma emergenziale affermatosi dagli anni Settanta in poi, ma i cui prodromi possono essere rintracciati, come visto, nei mutamenti nella disciplina legislativa delle misure di prevenzione, nella giurisprudenza in materia e nei relativi dibattiti in dottrina che segnano il percorso di tali disposizioni e delle relative libertà fin dall’entrata in vigore della Costituzione.

Bisogna, inoltre, considerare che l’articolo in esame con il suo oggetto va ad intersecare la linea non solo della libertà personale, ma, attraverso la disciplina sugli usi e sulla conformazione dei beni su cui fisicamente si esercita tale diritto (ad esempio la strada), interseca e condiziona anche l’esercizio di altre libertà.

Se si prende ad esempio ancora una volta la strada, bene destinato al pubblico transito, si nota come possa accadere che, in determinate circostanze, ne venga intensificato un uso differente da quello di circolazione162, proprio al fine, anzi, di impedirla o renderla disagevole (si pensi alle manifestazioni in corteo). Ne deriva una difficoltà nel bilanciamento fra contrapposte esigenze con l’eventualità di un conseguente problema di eccesso di potere. In questo senso e, in particolare, sui limiti sanciti dall’art. 16, è intervenuta la Corte costituzionale163 affermando che i limiti rappresentati

158 Per approfondimenti in ordine alla sicurezza ed alle componenti materiali e immateriali dell’ordine pubblico, si veda supra, cap.

1.

159 Art. 2, l. n. 1423/1956 (corsivo nostro).

160 C.MORTATI, Rimpatrio obbligatorio e Costituzione, cit., p. 635.

161 Si accenna in questo modo a problematiche che verranno approfondite nel capitolo successivo. 162 Cfr. G.AMATO, op. ult. cit., p. 121 ss.

163 Si veda la sent. n. 12 del 1965. Era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3, primo comma, del Testo

Unico sulla circolazione stradale (l. n. 393/1959), in base al quale «il Prefetto, per motivi di sicurezza pubblica, per esigenza di carattere militare o per motivi di pubblico interesse, conformemente alle direttive del Ministero per i Lavori Pubblici, può sospendere

dalle esigenze di sanità e di sicurezza possono essere estesi, nella disciplina relativa all’uso delle strade e degli altri beni pubblici, fino a ricomprendere le esigenze che «attengono al buon regime della cosa pubblica, alla sua conservazione, alla disciplina che gli utenti devono osservare, alle eventuali prestazioni che sono tenuti a compiere». E dunque, quando la libertà di circolazione è limitata in virtù di garantire il “buon uso” della strada, non si ha contrasto con l’art. 16, anche qualora le limitazioni imposte dovessero eccedere i limiti della sanità e della sicurezza. La Corte continua affermando: «i diritti garantiti dall’art. 16 potrebbero essere violati solo di riflesso, quando, prendendo a pretesto il raggiungimento di scopi riguardanti il buon uso della strada, l’ordinanza tendesse a raggiungere scopi non previsti dalla norma, anzi contrastanti con essa o con altre norme di grado ancora più elevato»164.

In conclusione, un’ulteriore notazione sulla libertà di soggiorno, libertà complementare a quella di circolazione.

Già in Assemblea Costituente165, si volle costruire tale libertà in maniera più ampia della libertà di stabilimento, quindi comprensiva della facoltà di “dimorare”, ossia della possibilità di fissare legalmente e sostanzialmente le radici in un luogo determinato: la libertà di soggiorno risulta quindi comprensiva di quest’ultima facoltà e del diritto di passare del tempo in un luogo liberamente scelto. Coinciderebbe, dunque, con il «diritto del cittadino a stabilirsi nei luoghi che preferisce»166.

Sorgono diversi limiti in relazione alla libertà di soggiorno, alcuni dei quali sono posti a tutela di interessi diversi da quelli espressamente previsti dall’art. 16 (sanità e sicurezza) e che, secondo una parte della dottrina167, sarebbero classificabili in tre gruppi in base ai differenti interessi pubblici tutelati ed ai diversi effetti che tali limiti producono. Un primo gruppo sarebbe quello relativo alle situazioni in cui la relazione fra l’interesse pubblico tutelato e il limite alla libertà di soggiorno è basato sul presunto pericolo per l’interesse stesso rappresentato dalla presenza di un dato soggetto nel luogo in cui gli si vieti di soggiornare. Il limite consisterebbe dunque in un obbligo o in un divieto di soggiorno. Il secondo gruppo riguarderebbe le situazioni in cui il soggetto è obbligato a soggiornare in un determinato luogo al fine di meglio concorrere alla realizzazione dell’interesse tutelato168 (in

temporaneamente la circolazione di tutte o di alcune categorie di utenti sulle strade, fuori dai centri abitati». Il Pretore di Nardò evidenziava un contrasto di tale disposizione in relazione a diversi articoli della Costituzione, fra cui la libertà di circolazione in quanto l’articolo impugnato attribuiva il potere di imporre divieti alla circolazione all’autorità amministrativa senza delimitare tramite un’adeguata motivazione ed una efficace pubblicità, la discrezionalità dell’organo cui era stato attribuito tale potere. Effettivamente, la formulazione della disposizione impugnata apriva la strada al ricorso agli interessi pubblici più disparati come giustificazione di (altrettanto disparati) divieti.

164 Sent. n. 12 del 1965, punto 2 del Considerato in diritto.

165 Si vedano le discussioni in seno alla Commissione per la Costituzione, I Sottocommissione, seduta del 20 settembre 1946

(consultabile on line nella sezione Archivio storico del sito della Camera dei Deputati).

166 Così si espresse l’on. Tupini nella seduta antimeridiana dell’Assemblea Costituente dell’11 aprile 1947 (consultabile, anch’essa,

nella sezione Archivio storico del sito della Camera dei Deputati).

167 Cfr. G.AMATO, op. ult. cit., p. 128 ss.

168 Si pensi, ad esempio all’obbligo di non abbandonare il domicilio domestico in ottemperanza ai doveri di assistenza familiare

questo caso il limite si concretizzerebbe nell’obbligo di soggiorno). Infine, il terzo gruppo comprenderebbe quelle situazioni in cui il limite investirebbe la segretezza del soggiorno.

Ai nostri fini, risulta maggiormente interessante soffermarsi sul primo gruppo summenzionato, nel quale rientrano le misure di carattere sanitario (ovvero le misure che, nell’ottica di scongiurare problemi sanitari, impediscono o impongono il soggiorno in determinate aree) e le misure relative alla categoria dei soggetti “socialmente pericolosi”, ovvero, le misure di prevenzione. Come visto, non è pacifico se tali disposizioni incidano sulla libertà personale o sulla libertà di circolazione. Se la giurisprudenza costituzionale maggioritaria afferma che quando gli interessi tutelati coincidono con la sanità e la sicurezza le disposizioni in questione sono coperte dall’art. 16 – e a nulla rileverebbe il fatto che le misure si traducano in limiti generali (essendo imposte a chiunque si trovi in determinate

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