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La riforma del titolo V con legge costituzionale numero 3 del 2001: implicazioni nelle due aree d

interesse

La legge costituzionale n° 3 del 2001, detta anche riforma del titolo V, modifica gli articoli del Titolo V della Costituzione intitolato "LE REGIONI, LE PROVINCIE, I COMUNI", ossia quelli che vanno dall'articolo 114 fino all'articolo 133.

Di particolare rilevanza risulta essere la modifica dell'articolo 117 :

“La potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali.

Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (...) m) determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale;

n) norme generali sull'istruzione; o) previdenza sociale;

p) legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città metropolitane; (...) Sono materie di legislazione concorrente quelle relative a: rapporti internazionali e con l'Unione europea delle Regioni; commercio con l'estero; tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale; professioni; ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi; tutela della salute (…). Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa,

salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.

Spetta alle Regioni la potestà legislativa in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato...”

Se prima venivano elencate le materie in cui le Regioni avevano potere di legiferare (in via concorrenziale) ed era lasciata allo Stato la competenza su tutto il resto, ora vengono elencate le materie di competenza esclusiva dello Stato, nonché alcune materie di competenza concorrente dello Stato e delle Regioni, mentre viene lasciata alle Regioni la competenza generale o "residuale"33.

Il cambiamento da “assistenza sanitaria e ospedaliera”, risultante dal vecchio testo dell’art. 117, al nuovo termine “tutela della salute” integra una materia-compito; in quanto la dizione ricalca esattamente la vastità della materia e quanto l’art. 32 della costituzione si prefigge. Tale “vincolo di scopo” pone in capo ai pubblici poteri la questione della doverosità, anche organizzativa, e del livello a cui tale compito si attesta34. Soprattutto questa doverosità si attesta in capo alle regioni, poiché, essendo la tutela alla salute elencata tra le materie concorrenti, è lei a legiferare sulla materia all'interno dei principi fondamentali dati dallo Stato. Questo a differenza dei livelli essenziali che vengono elencati tra le

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Il cosiddetto federalismo legislativo. 34

E. Menichetti, 2002, L’organizzazione sanitaria tra legislazione ordinaria, nuovo Titolo V della Costituzione e progetto di devoluzione, in Amministrazione in Cammino, Rivista elettronica di diritto pubblico, di diritto dell'economia e di scienza dell'amministrazione.

materie di competenza esclusiva statale alla lettera m), art.117, e che il legislatore sanitario ha poi definito quasi contemporaneamente alla riforma con il D.p.c.m. del 29 novembre 2001. Sempre per quanto riguarda la lettera m) del citato articolo costituzionale, i livelli essenziali in campo sociale (LEP) non sono ad oggi ancora stati definiti, nonostante quest’ultimo e la previsione prevista dall'articolo 22 della legge quadro 328/200035.

Oltre a ciò, la riforma dell'articolo 117 ha modificato anche l'ambito sociale. Infatti se nella norma 117 pre-riforma vi era la dicitura di beneficenza pubblica e questo implicava quindi un'assenza di obbligatorietà e di continuità nel fare assistenza, ora con il nuovo Titolo V questa dicitura viene eliminata dal legislatore costituzionale.

L'assistenza sociale, non essendo né espressamente attribuita alla legislazione esclusiva statale né essendo ricompresa tra le materie di competenza concorrente, è stata attribuita alla competenza legislativa residuale e quindi in capo alle regioni ed a quella prioritariamente comunale per quanto attiene alla competenza amministrativa.

Il fatto che la riforma dell'articolo V del 2001 e la legge quadro sull'assistenza sociale del 2000 siano così ravvicinate nel tempo ha

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Uno dei problemi per cui non sono ancora stati definiti riguarda la quantificazione della copertura finanziaria che richiederebbero.

posto il problema di capire quali possano essere le sorti della legge 328. A questo proposito, sulla compatibilità o meno di quest'ultima rispetto al nuovo dettato costituzionale, sono state formulate dapprima tre ipotesi dalla giurisprudenza.

La prima è quella di considerare le disposizioni della legge quadro come norme cedevoli, cioè lasciarle in vigore fino a quando la Regione non abbia legiferato sulla materia, andando quindi a sostituirle e a rendere le norme precedenti di conseguenza decadute36. La seconda è quella di ritenere valido e durevole ciò era stato stabilito dalla legge n° 328/2000 in merito all'individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali37. L'ultima ipotesi è invece quella secondo cui le disposizioni statali del 2000 che si pongono in stretta correlazione/attuazione dei principi costituzionali, richiedendo una unitarietà di fondo nella disciplina legislativa, quindi anche regionale, debbano considerarsi vigenti ed operanti anche nei confronti della legislazione regionale. La soluzione che si è affermata, anche in forza della giurisprudenza della corte costituzionale, è nel senso della cedevolezza della normativa statale, essendo alle regioni riconosciuto un margine consistente di autonomia nella definizione dei propri sistemi di erogazione delle prestazioni assistenziali.

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Sulla base del principio di continuità. 37

Occorre ricordare che moltissime regioni hanno comunque legiferato, nonostante la norma di cedevolezza, riprendendo moltissimi contenuti e disposizioni o facendo esplicito riferimento alla 328/2000.

Il quadro dopo la riforma si prospetta quindi un po' mutato rispetto a prima, con i livelli essenziali che rimangono, sia nel sociale che nel sanitario, di competenza dello Stato: questo è facilmente comprensibile dato che in questi ambiti entrano in gioco diritti fondamentali della persona che basano la propria garanzia sulla universalità degli stessi e quindi non possono subire forti differenziazioni sulla base di una differenza regionale. Pertanto, la previsione costituzionale di una competenza legislativa statale in ordine alla definizione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali da garantire su tutto il territorio nazionale tende a rispondere a detta esigenza, nel tentativo di trovare un equilibrio tra tutela della parità di trattamento e riconoscimento della differenziazione in base al territorio e alle sue esigenze e, non in ultimo, all'autonomia regionale38.

Altra forte innovazione per i due ambiti di studio che si affrontano in questo elaborato è la nuova competenza legislativa rintracciabile nel sopracitato articolo costituzionale: da un lato il sociale che diventa materia residuale e quindi di competenza regionale e

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M. Campedelli, P. Carrozza, E. Rossi (a cura di), 2009, Il nuovo Welfare Toscano: un modello? La sanità che cambia e le prospettive future, Il Mulino.

dall'altra il sanitario che, elencato nelle materie concorrenti, obbliga la regione a “muoversi dentro i confini delineati dallo Stato”.

Un altra grande novità della riforma costituzionale del 2001 risulta l'art. 118:

“Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.

I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale, secondo le rispettive competenze.

La legge statale disciplina forme di coordinamento fra Stato e Regioni nelle materie di cui alle lettere b) e h) del secondo comma dell'articolo 117, e disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei beni culturali.

Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.”

In questa norma viene costituzionalizzato esplicitamente il principio di sussidiarietà che si distingue tra sussidiarietà verticale e orizzontale.

Il primo concetto si riferisce ai rapporti fra enti territoriali, cercando di privilegiare nella distribuzione delle funzioni amministrative fra i

diversi livelli di governo, ai sensi del comma 1 del sopracitato articolo, gli enti territoriali più vicini ai cittadini, cioè i Comuni. Questo è il concetto all'origine del welfare municipale39: gli enti locali, specie i Comuni, sono stati destinatari di un complesso di trasferimenti di funzioni che li hanno effettivamente messi in condizione di governare i processi di welfare del loro territorio.

Il secondo concetto di sussidiarietà, cioè quello orizzontale, tratta del ruolo dei soggetti privati nella programmazione e nell’erogazione dei servizi alla persona. Non vi è però molta chiarezza nell’individuazione della sua effettiva portata giuridica, vale a dire la delimitazione dei vincoli concreti che da questa disposizione derivano al legislatore statale e regionale; al punto che, all’interno della dottrina, non sono mancate voci alquanto scettiche rispetto alla possibilità che dalla costituzionalizzazione di questo principio possano derivare significativi cambiamenti nei rapporti fra pubblico e privato40. In effetti l’accento dell'art. 118 è posto soltanto sul profilo positivo della sussidiarietà, quello che afferma la necessità di un intervento dei soggetti pubblici a sostegno e promozione dell’attività dei privati, mentre non è mai

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P. Carrozza, (2007), I nodi istituzionali del welfare nell'era della globalizzazione: la difficile transazione da un welfare incrementale a un welfare selettivo, cit., in Rivista delle Politiche Sociali, numero 1/2007

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U. De Siervo, Volontariato, Stato sociale e nuovi diritti. L'autore sostiene che la disposizione in esame è “culturalmente condivisibile, ma (…) non aggiunge nulla di più vincolante (né potrebbe) a quanto è già attualmente implicito nell’art. 2 Cost.”

affermata la valenza negativa del principio stesso, quella cioè che prescrive un dovere di astensione dei soggetti pubblici a favore di quelli privati41. E’ evidente che, secondo questa lettura della sussidiarietà orizzontale, rimane al legislatore un’amplissima discrezionalità nel determinare il quantum, le forme e gli strumenti di questo coinvolgimento.

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D. Paris, (2007), Il ruolo delle regioni nell'organizzazione dei servizi sanitari e sociali a sei anni dalla riforma del titolo V: ripartizione delle competenze e attuazione della sussidiarietà, cit., in Le Regioni", 2007, pag. 983 e ss