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DALLA RIFORMA DELLA DIRIGENZA CON IL D.P.R N 748 DEL 1972 SINO ALLA RIFORMA MADIA

2.2 Le riforme degli anni 90'

L'art. 19, che si rifà al d.p.r. n. 748, contribuisce alla nuova figura della dirigenza pubblica, tra cui l'obiettivo di efficienza dell'azione amministrativa che tale riforma ha come proprio punto.

La riorma degli anni settanta era stata programmata per adeguare funzionalmente l'azione pubblica ai nuovi livelli di di gestione della cosa pubblica ai fini di modernizzazione degli apparati pubblici in collegamento anche con il nuovo, allora, processo di regionalizzazione.

Come si è visto, nei fatti concreti, gli obiettivi della riforma siano subito venuti meno, riconducendo la dirigenza nei binari delle tradizionali carriere burocratiche50.

Per tali ragioni il Legislatore è tornato sull'argomento attraverso il d.lgs. n. 29 del 1993.

La materia più discussa all'interno di tale riforma, e dopo la ridefinizione del testo ad opera del d.lgs. n. 80 del 1998, è indubbiamente la materia del conferimento degli incarichi di funzioni dirigenziali.

49 Benvenuti F., Tendenze, soluzioni e problemi del pubblico impiego in Italia, in RTDP, 1977, p. 1026.

50 Meoli C., Incarichi di funzioni dirigenziali, in Carinci F. (a cura di di), Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche dal D.LGS 29/1993 alla Finanziaria 1995, Milano, Giuffrè, 1995, pp. 469-470

Infatti questo aspetto è molto problematico in quanto si tratta di trovare un punto di equilibrio tra l'esigenza di garantire l'autonomia dei dirigenti nell'esercizio delle attività gestionali volte all'espletamento di tali funzioni, derivante dai principi di imparzialità, neutralità e legalità dell'azione amministrativa, e la responsabilità politica in virtù dello svolgimento delle funzioni amministrative legate al principio democratico. Inoltre tale tematica coinvolge anche le relazioni che intercorrono tra la disciplina del rapporto di lavoro del personale e la definizione dell'assetto organizzativo per quanto attiene alle diverse, seppur connesse, dimensioni regolative inerenti alla natura giuridica e della tipologia.

Per comprendere a pieno la nuova formulazione degli incarichi dirigenziali c'è da fare una piccola panoramica sulla normativa inerente la dirigenza introdotta mediante il d.lgs. n. 29 del 1993.

Per tali motivi ci si riferisce soprattutto a quattro punti: a) l'istituzione del ruolo unico da parte dell'art. 23 che fornisce indicazione dei nominativi ai fini della scelta dei dirigenti da preporre ai vari uffici; b) la divisione delle funzioni dirigenziali e di quelle degli organi di indirizzo politico-amministrativo, dove quest'ultimi non potranno intromettersi; c) il trattamento economico, anche per gli incarichi di uffici di livello generale, su base contrattuale dei dirigenti; d) riconduzione di tutti i dirigenti in un'unica qualifica, anche per quelli dell'ambito dell'amministrazione statale, anche se articolata nelle due fasce del ruolo unico. Bisogna tener presente che le modifiche apportate alla materia del conferimento degli incarichi si pone in un contesto di grande impulso inerente alla riforma amministrativa che copre molti ambiti della dirigenza: il loro numero, la qualità e

quantità di compiti assegnati e la loro dislocazione e qualificazione all'interno dell'organizzazione.

Le norme individuano dei canoni e parametri di riferimento, oltre che una serie di limiti e vincoli, che condizionano la scelta del soggetto ai fini del conferimento di un incarico dirigenziale.

La formula del d.lgs. n. 29 del 1993, al co. 1 dell'art 19, stabiliva che si dovrà tener conto, al momento del conferimento dell'incarico, e nel caso del passaggio di un dirigente ad incarichi di funzioni dirigenziali diverse, <<delle attitudini e della capacità professionale del singolo dirigente, anche in relazione ai risultati conseguiti in precedenza>> ma anche <<della natura e delle caratteristiche dei programmi da realizzare>>. Possiamo capire che al momento dell'affidamento degli incarichi si aveva una limitazione per quanto riguarda lo spazio discrezionale visto che venivano presi in considerazione due tipi di criteri: uno soggettivo, che riguardava l'esperienza, i requisiti attitudinali e le qualità professionali degli incaricati, e l'altro oggettivo, ovvero le caratteristiche più attinenti agli aspetti qualitativi dell'incarico da assegnare e dell'ufficio da coprire. Precedentemente all'introduzione del d.p.r. n. 748 del 1972, che introdusse nell'ordinamento la dirigenza statale, non erano previsti modalità di attribuzione di funzioni ne requisiti specifici per quanto riguardava la direzione degli uffici dirigenziali.

La situazione non muto nemmeno in maniera drastica successivamente all'introduzione del d.p.r. n. 748, in quanto, seppur si introdusse un apposito atto di proposizione all'ufficio, non erano presenti vincoli in ordine qualitativo che potessero limitare la scelta del soggetto a cui conferire l'incarico dirigenziale.

Il cambiamento avvenne nel 1993 con il d.lgs. n. 29, in cui il legislatore tentò di rendere più imparziale e trasparente la selezione dei dirigenti ai quali poi conferire l'incarico. Al tal fine si dovrà tener conto del giusto peso al criterio meritocratico mediante l'analisi dei diversi curriculum e dando importanza ai profili inerenti alla professionalità e all'attitudine del soggetto, inoltre si da rilevanza al tipo di incarico da assegnare e in rapporto all'oggetto dello stesso.

Quanto appena affermato aveva valenza sia per gli incarichi a dirigenti interni, sia a quelli esterni.

Anche nella contrattazione collettiva si poteva trovare la disciplina del conferimento degli incarichi dirigenziali, soprattutto per il primo contratto collettivo della dirigenza ministeriale, dove, all'art. 22, cc. 2 e 3, si stabiliva che le amministrazioni dovevano formare le modalità, i criteri, ai fini dell'affidamento, l'avvicendamento o la revoca degli incarichi dirigenziali in via preventiva. Inoltre veniva specificato che, in attesa della formulazione di tali criteri, le amministrazioni dovevano nel conferimento degli incarichi dirigenziali tener conto dell'esperienza acquisita e della professionalità ricoperte dai dirigenti già in servizio.51

Nella successiva riforma n. 80 del 1998 possiamo capire che i criteri di attribuzione degli incarichi sono rimasti sostanzialmente uguali rispetto al 1993, ciò che è innovativo è la durata temporanea di ogni singolo incarico: gli incarichi di direzione degli uffici sono conferiti a tempo determinato e per una durata no inferiore a due anni e non superiore a sette. Periodo minimo per assicurare il rispetto della rotazione degli incarichi, sia per poter valutare il suo operato. 51 D'Alessio G., gli incaricati di funzione dirigenziali, in (a cura di), Carinci F., D'Antona M., Il

Per parte della dottrina la norma, insieme ai commi 7 e 8, costituisce una forma di spoils system all'interno della dirigenza visto che scardina il principio della sostanziale inamovibilità degli incarichi in favore di una forma di mutevolezza o assegnazione degli incarichi e degli uffici dirigenziali. I dirigenti a cui conferire incarichi ad uffici generali sia a uffici non generali, vengono presi soprattutto dal ruolo unico52

Inoltre, in virtù dei citati principi di trasparenza, legalità e imparzialità, si ha la manifestazione esterna del procedimento valutativo utilizzato ai fini di un giudizio comparativo tra i candidati e la valutazione successiva di tale iter con la possibilità di sindacare la scelta dell'amministrazione se essa non fosse motivata, trasparente o contraria ai parametri fissati.53