La nodale questione delle soppressioni nel Settecento lombardo fra storiografia economica, problematiche fiscali ed aspetti inter-
1.3 Le “due fasi” del riformismo economico nella Lombardia asburgica e la strategia delle soppressioni: l'azione della Giunta Economale ed i Pian
di Consistenza di monasteri e conventi (1765- 1767).
Il processo di liquidazione dei beni degli enti ecclesiastici, nel caso della Lombardia austriaca, rientra, pienamente, nella più vasta e complessa azione di riforme economiche iniziate da Maria Teresa e proseguite da suo figlio Giuseppe II. In effetti, non si può parlare di soppressioni e stati patrimoniali di monasteri e conventi se, prima, questi non si contestualizzano nelle “due fasi”, già individuate da studiosi
come Schober.60 Per la precisione, si tratta di un graduale passaggio, almeno fino al
1759, da un riformismo prettamente pragmatico- organizzativo o politico- fiscale, ad uno di tipo sostanziale, che “alimenterà” l'ultimo decennio teresiano e tutto il periodo giuseppino.
Al centro della prima fase (1742- 1753) stanno le cruciali riforme: dalla riorganizzazione dello Stato del 1749 e del 1755, alle politiche economiche del 1750- 1753, al Catasto, entrato in vigore negli anni sessanta del XVIII° secolo dopo alcuni
decenni di ampio dibattito.61
Punto di partenza per la riforma dello Stato é, innanzitutto, la trasformazione del sistema da decentrato a centralizzato, al fine di eliminare tutti quegli appaltatori che fungevano da intermediari tra Stato e cittadini e che si arricchivano ai loro danni, ultimo retaggio della contraddittoria dominazione spagnola. L'obbiettivo é quello di risolvere i gravi problemi finanziari che l'impero aveva avuto in eredità dai conflitti cui aveva preso parte: la guerra di successione spagnola, prima, e quella austriaca, poi, combattuta da protagonista per legittimare l'ascesa al trono della stessa Maria Teresa. In questo quadro s'inserisce una fervida politica di riforma che subirà un ulteriore accelerazione con Giuseppe II, coreggente al fianco della madre fin dal 1765.
Il nuovo Stato viene, dunque, organizzato per poter gestire, direttamente, attraverso i suoi funzionari, tutte le imposte, che in precedenza erano appaltate ai nobili, privati già delle tradizionali esenzioni fiscali mediante l'introduzione di un sistema tributario che, ora, inizia a colpire l'intera proprietà fondiaria, aristocratica, borghese o ecclesiastica che sia. Responsabili del positivo esito del processo riformistico sono, da un lato, la volontà politica propugnatrice di tale rinnovamento, espressa nelle figure dell'imperatrice e dei suoi più stretti collaboratori, come Pallavicini e Kaunitz, 60 Schober R., Gli effetti delle riforme di Maria Teresa sulla Lombardia, in De Maddalena A.-
Rotelli E.- Barbarisi G. (a cura di), Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell'età di Maria
Teresa, vol. II, Bologna, Il Mulino, 1982, p. 201- 214.
61 Zaninelli S. (a cura di), Il nuovo censo dello Stato di Milano dall’editto del 1718 al 1783,
e, dall'altro, le riorganizzazioni sociali della Lombardia austriaca, che, come scrive
ancora R. Schober, preparano il terreno in tal senso.62
Sempre stando all'interpretazione dello storico citato, il potere e l'influenza della Chiesa, in seno alla società lombarda del XVIII secolo, vengono limitati dall'ascesa continua del ceto borghese che stringe d'assedio il potere nobiliare al comando del
Senato e che inizia a far vacillare le tradizionali organizzazioni dello Stato. La nuova
classe dirigente nasce a seguito della prima riforma amministrativa del 1749 e resterà, per anni, il vero “pilastro” e “sostegno” della monarchia: sarà composta dai burocrati veri e propri, dagli ufficiali in carriera e dal clero “statalizzato” (formazione tipica del sistema giuseppino, le cui origini debbono, però, ricercarsi già durante il dominio teresiano).63
Per quanto riguarda, poi, il campo economico- fiscale, l'azione dell'imperatrice, coadiuvata dal Pallavicini, ministro plenipotenziario, prima, ed, in seguito, governatore dal 1750 al 1753, si concentrerà maggiormente nella battaglia e nell'eliminazione dei vincoli frapposti al libero commercio della terra, derivanti dall'inalienabilità di essa e dall'accumularsi di immensi possedimenti nelle mani della Chiesa a causa della cosiddetta manomorta, antico istituto in base al quale, in mancanza di eredi diretti, molte proprietà immobiliari venivano destinate agli enti religiosi. In particolare, scrive Zaninelli, “a partire dalla seconda metà del Settecento, nella logica della ripresa economica e dello sviluppo agricolo che caratterizzò questi anni, obiettivo costante della politica agraria delle diverse amministrazioni pubbliche, fu la ricerca di mezzi più idonei a recuperare alla coltivazione proprio questi 62 Schober R., Gli effetti delle riforme di Maria Teresa sulla Lombardia, cit., p. 202.
63 E' d'uopo sottolineare che la riforma delle amministrazioni, di fatto, non elimina le autonomie
locali, ma cerca di livellarle per consentire un maggior controllo da parte del governo. La figura del governatore, ancora regolamentata sulla base della Legge Fondamentale dello Stato Milanese contenuta ne Le Nuove Costituzioni, codice promulgato a Milano il 27 aprile del 1541 da Carlo V, viene sostituita da quella del ministro plenipotenziario, funzionario statale che esercita il potere per conto di Vienna, parte di un apparato burocratico entro il quale detiene una ristretta libertà di movimento rispetto alle superiori gerarchie della capitale. La successiva riorganizzazione amministrativa austriaca (alla quale attingeremo soprattutto nella parte in cui il presente lavoro darà spazio alle posizioni assunte dalle Deputazioni locali in merito alle soppressioni teresio- giuseppine) risale all'Editto Reale emanato dall'Imperatrice il 30 dicembre 1755, che prescrive, per gli enti minori, comunità o comuni che siano, un'organizzazione incentrata su di un Convocato Generale, detentore del potere deliberativo, costituito da tutti coloro i quali risultano iscritti al Censo, donne e minori esclusi, e su cinque deputati comunali incaricati di amministrare per le questioni ordinarie il patrimonio comunale. Coordinatore ed esecutore in concreto dell'amministrazione del comune é il sindaco, eletto annualmente dal
Convocato Generale, mentre il compito di pubblicizzare le ordinanze spetta ad un console. La
riscossione dei tributi viene, invece, accentrata nelle mani di un' unica figura, l'esattore, responsabile della circoscrizione comunale a lui affidata (Romani M., Un secolo di vita
economica lombarda: 1748- 1848: introduzione e parte prima,Milano, Vita e Pensiero, 1949-
1950). Per avere un quadro esauriente dell'evoluzione politico- amministrativa nella Lombardia austriaca, si rimanda all'opera di Grassi R. (a cura di), Le istituzioni del Territorio lombardo,
XIV- XIX secolo, Milano, Regione Lombardia, Direzione Generale della Cultura, Servizio
appezzamenti, anche piuttosto vasti, di terreno, utilizzati per il pascolo del bestiame”.64
Vengono, inoltre, introdotte le imposte per favorire l'industria e l'artigianato, eretti alcuni monopoli statali come quello del tabacco e dello zucchero, istituito il Monte di
Santa Teresa, destinato a far convergere in un unico istituto tutti i creditori dello
Stato, al fine di consentire una più agevole gestione, che Polcri e Giappicchelli definiscono una mossa indispensabile per dare avvio al risanamento della finanza pubblica.65
Caratteristica della proprietà agraria settecentesca é la non corrispondenza di identità 64 Zaninelli S., Linee di evoluzione delle agricolture dell'Italia Settentrionale tra Sette e Novecento,
in AA.VV., Storia dell'agricoltura italiana, Milano, Etas libri, 1976, p. 172.
65 Sul Monte di S. Teresa, cfr. Polcri A.- Giappicchelli M. (a cura di), Storia. Dalla metà del XVII
al XIX secolo,Brescia, La scuola, 2007; ASMi,Commercio p.a., b. 87, Piano e regole per il buon governo della Congregazione de creditori della Regia Ducal Camera di Milano unito sotto la protezione di Sua Maestà Imperiale Regia, ed approvate con Cesareo Reale dispaccio delli 29 gennaio 1753, Milano, 1753; ASMi, Dispacci reali, b. 225, Pubblicazione del dispaccio di Maria Teresa del 28 gennaio 1753.Milano, 3 marzo 1753; Bianchi M., Le origini del Monte di Santa Teresa, in De Maddalena A.- Rotelli E.- Barbarisi G. (a cura di), Economia, istituzioni, cultura in Lombardia nell'età di Maria Teresa, vol. I, Bologna,1982, pp. 115- 132; Caizzi B., Industria, commercio e banca nella Lombardia nel XVIII secolo, Milano,1968; Capra C., Il Settecento, in Galasso G. (a cura di), Storia d'Italia, Torino, 1982, v. X.; Invernizzi C. ,Riforme amministrative ed economiche nello stato di Milano al tempo di Maria Teresa, in “Bollettino
della Società Pavese di Storia Patria”, 10 (1910), pp. 351- 392; 11 (1911), pp. 5- 84; 12 (1913), pp. 341- 378; 13 (1914), pp. 71- 89; Vianello C. A., Il debito pubblico dello stato di Milano. Il
Monte di Santa Teresa e il Banco di Sant'Ambrogio, in “Rivista di storia economica”, anno VII
(1942), nn° 3-4, pp. 131- 139. Istituito in un momento che segnò veramente una grande svolta nella politica interna della Lombardia teresiana il Monte di Santa Teresa diventa presto uno degli strumenti fondamentali su cui potranno contare le amministrazione teresiana e giuseppina per l’attuazione del loro vasto disegno riformatore. L’organizzazione del sistema di appalto delle imposte indirette e la conseguente creazione della Ferma Generale, fanno, infatti, emergere un altro grave problema: il debito pubblico. Oberata da pesanti debiti contratti dal governo spagnolo per far fronte alle lunghe e continue guerre la Camera necessita di essere riorganizzata, e la proposta del governatore in carica Luca Pallavicino, suggerisce lo stesso provvedimento adottato per la Ferma: concentrare i debiti in uno stesso organismo così come si sono concentrati gli appalti; raggruppare cioè in un solo Monte i diversi Monti dei creditori esistenti, al fine di assicurare il pagamento dei creditori e sollevare la Camera dal peso dei debiti. Il bilancio
camerale di previsione per l’anno 1751, che registra un deficit pari a quasi 700000 lire milanesi,
convince la sovrana Maria Teresa ad ordinare l’istituzione di una Giunta, presieduta dal gran
cancelliere Cristiani e composta dal presidente del Magistrato camerale, da due senatori, da un
questore e da due avvocati fiscali, al fine di “consultare subito per iscritto i mezzi di rimediare a detto sbilancio, con rimetterci per corriere espresso le risultanze” (Capra, Sella 1984). I lavori della Giunta si protrarranno sino al 1752 quando il governatore Pallavicino presenterà a Vienna un “bilancio progressivo sino a tutto l’anno 1762” che prevede la concentrazione dei debiti dello stato in un Monte unico la cui dote dovrà essere costituita dal gettito del dazio del bollino (che colpiva la vendita al minuto del vino nella città di Milano), da una parte del canone annuo corrisposto dai fermieri per la privativa del sale, e ancora dalla creazione di una Cassa di
Redenzione per il riacquisto delle regalie alienate. Accettata la proposta con cesareo dispaccio
tra chi gode della proprietà della terra e chi la lavora. La terra é patrimonio dei nobili, degli ecclesiastici, dei borghesi, degli enti morali laici (ospedali, istituzioni di beneficienza ed assistenza). Ancora, Zaninelli arriva a constatare che la maggior parte di essa é di proprietà dei nobili e degli ecclesiastici. In particolare osserva che gli ecclesiastici, comprendenti gli ordini regolari, le parrocchie e gli altri enti religiosi, in Lombardia rappresentavano il 12,7 % dei proprietari terrieri e detenevano il 22 % dell'intera superficie coltivata.66
Dal 1779 in poi, nell'area inizia la ripartizione della proprietà fondiaria, che subisce una revisione sostanziale, spinta dalla necessità di risanare i disastri della finanza
membri che compongono la Congregazione del Monte, denominato Monte di Santa Teresa in onore della sovrana. Un editto del 3 marzo 1753 pubblica il dispaccio regio del 28 gennaio dello stesso anno con cui l'imperatrice approva il piano per “l’erezione di un Monte per assicurare il regolare pagamento dei creditori di giustizia (categoria o classe di creditori dello stato sia privati, sia riuniti in consorzio) e alleviare la Regia Camera del peso dei debiti” (editto 3 marzo 1753). Distinte e precisate le classi dei creditori, i loro titoli vengono convertiti in luoghi, cioè in azioni del Monte di santa Teresa, garantiti da una serie di privilegi tra cui la non perseguibilità fiscale e giudiziaria. La dote del Monte, fissata in circa 1450000 lire, composta dalla rendita del dazio del
bollino e da una parte del canone annuo corrisposto dai fermieri per la privativa del sale, deve
essere versata dai rispettivi appaltatori direttamente nella Cassa del Monte, a maggiore garanzia dei creditori. Inoltre é tassativamente esclusa ogni sospensione dei fondi “per qualunque causa di guerra, o di altra necessità pubblica, eziandio per difesa imprescindibile dello stato, fosse o non fosse istantanea, urgente e urgentissima” (ASMi,Commercio p.a.,b. 87, Piano e regole Monte di
Santa Teresa, capitolo III, 1753). La Congregazione preposta alla gestione del Monte é composta
da un capo detto prefetto “il di cui ufficio durerà per sei anni”, e da dodici delegati, rappresentanti delle diverse categorie di creditori: “due di questi saranno della classe dei
reddituari camerali e suoi uniti; due dei montisti San Carlo; due degli interessati nel Monte Nuovo di San Francesco, suoi uniti, ed altri creditori trasportati nel 1743 sul Banco di Sant’Ambrogio; due degli assentisti; due dei bollinisti; e due della Cassa di Redenzione”.
Nominati dal governatore i delegati durano in carica sei anni ma vengono rinnovati di sei in sei ogni tre anni: “ogni tre anni scadranno sei, cioè uno per classe, al qual fine nel terminare del triennio prossimo, che comincerà in gennaio 1753, la Congregazione delli due di ciascuna classe eleggerà quello che dovrà continuare l’altro triennio. Indi passerà ad eleggere a voti segreti altri sei, uno per classe, quali subentreranno in luogo di quelli che saranno sortiti: col terminare poi dei successivi Trienni cesseranno quelli che avranno seduto negli antecedenti sei anni, e così di Triennio in Triennio”. Qualora durante il triennio fossero venuti a mancare, per morte o altro permanente impedimento, uno o più delegati, la Congregazione passerà a nuove elezioni, ed il neo eletto durerà in carica “il tempo che durerebbe quello al quale esso resta surrogato”. Nessun
deputato può inoltre essere eletto se contemporaneamente nella Congregazione siedono suoi famigliari, quali il padre, il figlio, o due fratelli. Ad ogni delegato, nominato come sopra,
vengono attribuite le particolari incombenze che riguardano direttamente la categoria dei creditori di cui é “rappresentante”. Le decisioni in merito alle questioni che di volta in volta emergono devono essere prese collegialmente: qualora la Congregazione “debba trattare di cose spettanti particolarmente ad una delle classi dei creditori, non si potrà prendere veruna deliberazione, se non vi intervenga almeno uno dei due delegati di quella classe”. Anche il prefetto, capo ed arbitro della Congregazione, viene direttamente nominato dal governatore e dura in carica sei anni. “Terminato che sarà il prossimo sessennio, in cui dovrà presiedere la
Congregazione, il Capo da Sua Eccellenza diggià scelto dalla Terna presentatagli dalla Congregazione, questa nominerà tre altri soggetti di tutto il Corpo dei creditori, con l’arbitrio di
pubblica. Questi provvedimenti s'inquadrano nel piano riformistico volto a ridurre i debiti delle comunità, che va a lambire anche la proprietà ecclesiastica, ridotta
attraverso la vendita di numerosi terreni di proprietà dei diversi istituti soppressi.67
Il processo di liquidazione di tale patrimonio, pertanto, comporta, innanzitutto, la soppressione degli enti stessi e la creazione di un'amministrazione speciale, detta Dei
beni nazionali, così chiamata per sottolineare l'esigenza che la loro utilizzazione
debba avvenire nell'interesse della comunità. Suo compito é quello di gestire i beni espropriati e di provvedere alla loro vendita.
Nel complesso, la riduzione della proprietà della Chiesa corrisponde ad una crescita
prenderli anche dal numero dei dodici delegati sedenti, quali dovranno essere dei più idonei e forniti delle qualità, e requisiti corrispondenti ad una sì dilicata direzione” (Ibidem, capitolo II, cit.). Dalla rosa dei sei nomi presentati la Congregazione é chiamata ad eleggere a voti segreti un candidato. I nominativi dei tre candidati che hanno il maggior numero di voti, “sebbene siano prevalsi anche di uno solo” vengono presentati al governatore per la scelta definitiva. Qualora tra la rosa dei tre nomi inviata al governatore vi siano quelli di deputati sedenti nella Congregazione e “Sua Eccellenza scelga uno di questi per capo, la Congregazione passerà ad altra terna, dalla quale il governo farà la sua scelta, ed il surrogato durerà in ufficio per tutto il successivo sessennio. Se poi al prefetto nel corso del suo sessennio sopravvenga impedimento tale che non possa più esercire il suo ufficio, la Congregazione ne renderà inteso il governo, per avere dal medesimo gli ordini per la nuova terna da proporgli” (Ibidem). Un copioso numero di ufficiali sono subordinati alla Congregazione: un sindaco, un cancelliere, un ragionato generale, un
coadiutore del ragionato generale, due ragionati, un tesoriere, un sotto cassiere, un usciere,
ciascuno scelto dal governatore, tra una terna di nomi proposta dalla Congregazione medesima. Al sindaco, che dev'essere notaio causidico milanese, tenuto ad intervenire alle riunioni della
Congregazione e ad esporre la sua opinione “in voce o in scritto” qualora sia stato interpellato, é
delegata l’incombenza di riconoscere e registrare i ricorsi ed i documenti relativi al trasporto di capitali. Il cancelliere, che deve invece essere “notaro di legalità” ed esperto in materia fiscale, é tenuto a partecipare a tutte le sedute della Congregazione. Deve occuparsi della registrazione degli ordini e decreti emanati dalla Congregazione, della produzione di copie autentiche di tutti i documenti, e della cura e custodia dell’archivio. Per lo svolgimento delle proprie mansioni egli é inoltre coadiuvato da uno scrittore. Il ragionato generale si deve, invece, occupare della formazione dei libri mastri, “ne quali resti con distinzione tenuta la Scrittura separata di tutte le
classi de creditori” e della compilazione di tutti i libri relativi all’attività del Monte. Ogni anno
inoltre é tenuto alla formazione del bilancio dei conti, da consegnarsi al Magistrato camerale. Per lo svolgimento delle proprie mansioni il ragionato generale é aiutato da un coadiutore e da altri tre ragionati. Al tesoriere, o cassiere del Monte, che “deve dare sigurtà idonea a piacimento della Congregazione, ed approvazione del governo per la somma che importa la rata di cadauno pagamento” é affidata la cura del danaro del Monte, ed il pagamento di tutti i mandati. All’usciere detto anche portiere, é, infine, assegnata la custodia della casa e dell’aula in cui si riunisce la Congregazione, oltre al compito di recapitare gli avvisi di convocazione a ciascun membro (Ibidem, capitoli XII-XVIII). Nel corso degli anni Sessanta verranno poi assorbiti dal
Monte di Santa Teresa tutte le classi dei creditori, come si vedrà anche dall'analisi dei capitali
attivi infruttiferi relativi ai bilanci dei singoli conventi e monasteri esaminati dalla presente ricerca. Più precisamente i montisti di San Carlo verranno assorbiti nel 1763, quelli del Monte
Civico nel 1769, quelli di San Francesco nel 1772 ed, infine, nel 1786 sarà la volta anche dei sovventori del Banco di Sant’Ambrogio. Il Monte di Santa Teresa, divenuto così l’unico istituto
per il credito pubblico dello Stato, sopravviverà sino all’arrivo degli eserciti francesi in Lombardia .
di quella nobiliare, dal momento che circa il 30- 40 % dei fondi alienati vengono acquisiti proprio dalla classe aristocratica. Tuttavia, contemporaneamente, si verifica anche un'espansione della proprietà borghese, poiché, come aveva già osservato Romani in Un secolo di vita economica lombarda, 1748- 1848, molti mercanti, banchieri, funzionari amministrativi statali e membri di assemblee legislative sfruttano ampiamente le opportunità loro offerte dalla politica di liquidazione del
cospicuo patrimonio.68
Quando nel 1759 Firmian viene chiamato a rivestire la carica di governatore di Milano, prende il via la seconda fase di questo processo riformistico: riforme nuove, con caratteristiche molto più precise, non più di tipo politico- fiscale, ma maggiormente sostanziali.
A sostenere tale ondata, non é più la necessità di provvedere alle ingenti spese militari o di riassestare la finanza pubblica, “quanto”- scrive ancora Schober- “un nuovo clima mentale, alimentato dal rinnovamento intellettuale operato
dall'Illuminismo, di cui Milano era uno dei centri più vivi ed attivi”.69
La politica, sotto la spinta illuministica, viene ridotta in funzione dell'economia, traducendosi nella necessità di una revisione sistematica di tutte le strutture statali: amministrative, giudiziarie e finanziarie, al fine di renderle maggiormente efficienti e produttive. Ed é proprio per provvedere alla cura ed allo studio delle innovazioni da portare nel sistema economico e finanziario che, nel 1765, nasce il Supremo
Consiglio di Pubblica Economia, totalmente autonomo ed indipendente da ogni altro
organo, tranne che dal Governo.
Lo scopo principale portato avanti dal cancelliere Kaunitz a Vienna diventa, ora, quello di abbattere il vecchio edificio per costruirne uno nuovo: sarà affiancato, in questo, a Milano, dallo stesso Firmian, fino al 1782, anno della morte di quest'ultimo, cui succederà il conte Wilzeck.
Se la prima fase di riforme toglie il potere dalle mani dei patrizi, la seconda, che