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della sua riproducibilità digitale

un grande soppalco a forma di ellis- si che si inserisce liberamente nella pianta dell’edificio. L’operazione di riciclo dell’architettura de La Cartou- cherie ha attirato moltissime aziende innovative restituendo uno scopo a un luogo che da molti anni aveva perso la sua ragion d’essere. Il secondo progetto preso in esame, è un intervento dello studio MTMA avente l’obiettivo simbolico di rivo- luzionare il ciclo produttivo attraver- so il modello del coworking. Spazio Zephiro ha rinnovato l’obsoleta fun- zione del laboratorio artigianale in nuovo laboratorio digitale, artistico e culturale. A Castelfranco Veneto, tra il centro della città e la periferia, i rinnovati spazi e le nuove sinergie immaginate dagli architetti sono in- serite all’interno di un capannone che, fino agli anni Ottanta, era sede di un’azienda tessile. L’intervento all’esterno lascia invariato l’esisten- te rispettandone l’architettura ori- ginaria mentre all’interno cerca di esaltare le caratteristiche industriali del luogo. Inoltre, la scelta di utiliz- zare il legno permette di percepire la successione dei diversi spazi che dif- feriscono per atmosfera e funzione. Questo materiale viene impiegato in diverse occasioni: compone i pannelli scorrevoli che dividono quattro gran- di ambienti, arricchisce con una su- perfice lignea orizzontale il pavimen- to della stanza preposta come spazio dell’arte, ed è finanche presente in una partizione verticale che divide lo spazio espositivo da quello lavora- tivo. Nello spazio dove risiede il la- boratorio di fabbricazione digitale, si erge un soppalco dalla struttura me- tallica che delimita la sala macchine e si fa simbolo di questo luogo di la-

voro, di incontro e sperimentazione. Le strategie adottate, sono legate alla ricerca di edifici industriali da recuperare ai quali ridare, attraverso la progettazione, un nuovo significa- to all’interno della periferia. Questi luoghi sono molto più di sem- plici spazi del lavoro dove trascorre- re parte della propria vita; potrebbe- ro perfino trascendere il concetto di intervento di riqualificazione. Sono infatti una dichiarazione di rinnova- ta fiducia dove le persone che pro- vengono da mondi diversi possono investire il proprio tempo non in un lavoro ma in una passione.

-Careri, F. 2001. Constant. New Babylon, una città nomade, Torino: Testo & Immagine

-Marini, S. Bertagna, A. Gastaldi F. (a cura di) 2012. L’architettura degli spazi del lavoro, Macerata: Quodilibet -Mastrigli, G. 2016. Superstudio Ope- re 1966-1978, Macerata: Quodilibet -La cartoucherie, 2017 [https://www. domusweb.it/it/architettura/2017/03/24/ h2o_cartoucherie.html]

-MTMA Spazio Zephiro, 2015 [https:// divisare.com/projects/320632-mtma-spa-

“Ecologically speaking, the city and countryside are a single unit; if one can do without the other, it is the country, not the city, the farmer not the burger” (Mumford, 1938)

L

e relazioni tra il mondo urbano

e il mondo rurale si disegnano in una complicità di evidente in- terdipendenza e complementarietà da quando si è formata l’idea di città. Nel corso del tempo si sono manifestate attraverso una riconoscibilità e conti- nuità strutturale non più chiaramente leggibile: l’espansione e la dispersio- ne incontrollata della città nel territorio hanno generato delle ibridazioni che definiscono un nuovo rapporto urba- no-rurale nella contemporaneità. In- fatti, una delle grandi questioni delle aree metropolitane europee è costitu- ita dagli spazi residuali rurali (Coccia,

di Campli 2018), brani di campagna interclusi nelle maglie urbane che han- no perso l’innata vocazione produttiva e ogni qualità estetica. Nelle periferie, aree agricole affiancano quartieri re- sidenziali, centri commerciali, capan- noni e edifici industriali, partecipando alla formazione di paesaggi ibridi e sostanzialmente degradati, in cui, no- nostante tutto, sono ancora visibili le tracce di alcune componenti archetipi- che del paesaggio agrario: i tracciati, i canali, i filari, le siepi, i muri, i recinti. All’interno di una riflessione sui pro- cessi di riqualificazione, il palinsesto della ruralità (Marot,1996) potrebbe essere assunto come strumento e obiettivo delle trasformazioni intrinse- che al progetto urbano e partecipare attivamente alla trasformazione delle periferie. Il paesaggio rurale acquisi- sce un ruolo operativo, innescando VALORIZZARE LE PERIFERIE

ATTRAVERSO: LO SPAZIO RURALE

strategie di ricucitura, che si concre- tizzano in alcuni assetti, che pur sup- portando programmi e contesti diffe- renti, manifestano questa rinnovata interazione. Le esperienze progettuali riportate sono quindi le applicazioni di una strategia di riconnessione, de- clinata attraverso una duplice acce- zione, quella dello spazio dell’abitare e quella dello spazio pubblico legato all’infrastruttura.

La prima dimensione emerge nei “filamenti abitati” del gruppo BNR Architectes (AMC, 2003), un proget- to realizzato a Montreuil, nella peri- feria nord est di Parigi. Storico polo ortofrutticolo (Imbert, 2015) in questo sito la caratterizzazione agricola si manifesta attraverso la presenza dei murs à pêche (letteralmente “muri per i peschi” risalenti al XVII secolo), ovvero muri alti non più di tre metri, costruiti in pietrame, dei veri e propri recinti concepiti per proteggere le col- ture dai venti freddi. Questo sistema oggi ancora visibile ma fortemente compromesso ed eroso dall’avanzare dell’urbanizzazione residenziale, co- stituisce, nel 2002, il presupposto per il progetto di 36 alloggi sociali di BNR Architectes. I muri non sono stati og- getto di recupero come elementi me- moriali, ma piuttosto come dispositivi di ricucitura e riconnessione coeren- te tra le trame territoriali e le nuove modalità insediative per programmi residenziali a canone moderato. L’i- dea generatrice è stata quella che i blocchi residenziali si “appoggiasse- ro” sulla trama dei murs à pêche esi- stenti e che questa fosse trattata come un calco in grado di orientare inte- ramente la quota zero, dagli accessi alle abitazioni ai garage e ai magaz- zini collettivi, dalla strada ai giardini

interni. I muri storici diventano anche selettori di viste e elementi di orien- tamento urbano: essi costituiscono la guida preferenziale nei vicoli, si allargano in microspazi coltivati ga- rantendo una dimensione semipub- blica dei punti nevralgici tra i giardini privati. Questa scelta garantisce una certa continuità con gli antichi frutteti lineari che non si esaurisce nel ragio- namento formale o nella persistenza strutturale: il cambio della destinazio- ne d’uso e il nuovo modello di abita- re sociale vengono qui resi coerenti con la pratica storica del coltivare, del mantenere e del curare il proprio giardino e partecipare alla cura col- lettiva degli spazi condivisi. Non c’è più la logica produttiva del frutteto storico, ma se ne ripristina il ruolo sociale, assieme alla sua spazialità e al suo microclima, fattori che rappre- sentano gli strumenti più efficaci per interpretare in senso contemporaneo il palinsesto rurale, trasformandolo in presupposti per introdurre modelli dell’abitare sociale.

Sempre in Francia, nella periferia di Avignone, l’architetto paesaggista Michel Desvigne inscrive l’intervento per lo scalo del TGV all’interno di una strategia di riconnessione tra la dimensione urbana e mondo rurale (Marot, 1996). L’opportunità offerta dal TGV è di stabilire un modello di riqualificazione urbana della città in cui l’infrastruttura non è solo elemen- to tecnico funzionale, ma introduce una nuova topografia che situata ai margini della città assume un’impor- tanza fondamentale nell’equilibrio ecologico. Essa infatti intercetta tutte le connessioni vitali tra città e fiume. Corsi d’acqua, percorsi storici, bo- cage, tessuto orticolo, vegetazione Marta Ortolani