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e servizi indispensabili al benesse re generale degli individui, primo fra tutti l’abitare.

maggiore flessibilità nelle relazioni personali e soprattutto familiari, con la perdita dell’autonomia e indipen- denza dello spazio familiare legato alla singola unità abitativa. Visto l’aumento delle famiglie individuali e l’amplificazione dei processi di dif- ferenziazione della società liquida, molti servizi escono dal contesto del- la singola abitazione, andando ad assumere nuovi aspetti più sociali e collettivi. Riprogettare l’insediamento basandosi sull’idea di condivisione, permette dunque di offrire nuove possibilità: la socialità e la sostenibi- lità del costruire abbracciano il tema dell’accessibilità economica.

Smart versus neighborhood

Per decenni l’aspetto sociale, pur es- sendo quel terzo pilastro essenziale alla stabilità di un approccio sosteni- bile, è rimasto nettamente in ombra. Mentre il dibattito sui cambiamenti climatici e sulla crisi economica in- ducevano strategie e riflessioni sugli altri due tipi di sostenibilità: quella ambientale e quella economica, il disinteresse diffuso ha favorito la cri- si del modello sociale esistente. Ci si sta rendendo conto lentamente che la sostenibilità sociale - intesa come capacità di garantire condizioni di benessere (sicurezza, salute, istruzio- ne, democrazia, partecipazione, giu- stizia) equamente distribuite per classi e genere - è in realtà la più strategica. In presenza di inique condizioni dif- fuse e in assenza di coesione sociale non possono realizzarsi la sostenibi- lità economica e quella ambientale.

Il benessere della civitas concorre, in- sieme all’urbs che definisce la forma fisica, a costruire quel luogo non solo fisico ma anche valoriale e culturale nel quale si dovrebbero riconoscere gli abitanti. Per raggiungere questo obiettivo, bisogna dotare la civitas oltre che di case di qualità, anche di una infrastrutturazione adeguata di prossimità e digitale, nelle qua- li gli abitanti possono avere scambi sussidiari di beni e servizi, definendo un’antonimia graduabile tra le so- luzioni smart e quelle di prossimità (come l’anziana che al pomeriggio cura i bambini del palazzo e poi chie- de ai genitori di portarle la spesa a

casa, o la possibilità di banche del tempo digitali e fisiche).

Le rivoluzioni nei trasporti e nelle tele- comunicazioni hanno fornito le possi- bilità per una concreta liberazione dal contesto e dalle relazioni di cui ogni quadro ambientale è storicamente intessuto (cum-texěre). Una simile li- berazione è spesso un’illusione, una distorsione della realtà, che favorisce forme e modi di abitare che sono por- tati a trascurare le relazioni di pros- simità, perdendo in qualità del quo- tidiano: connessi, nelle proprie case, cittadini singoli, dopo aver cancellato famiglie, comunità, piccole patrie, corpi intermedi e i doveri che derivano dalla vita comune e reale. La qualità dell’abitare, e con essa la qualità del vivere, passa anche da qui e dipende non poco dalle relazioni tra la casa e il contesto. Questa possono distinguersi in due ordini: le relazioni a distanza

L’illusione della liberazione dal contesto, grazie ai trasporti e alle

telecomunicazioni, è una distorsione della realtà, che favorisce

modi di abitare che trascurano le relazioni di prossimità.

(assicurate dalle reti di trasporto e dalle reti delle telecomunicazioni, ora sempre più informatizzate) e le rela- zioni di prossimità (Consonni, 2019). L’uso massivo di device e media già da tempo ha introdotto negli spazi do- mestici il superamento delle conven- zionali opposizioni tra vicino e lontano e lo spazio vitale reale è al contempo limitato e “aumentato” articolando le nostre vite fatte di relazioni sempre più povere. La velocità dei rapporti, acce- lerata dalle reti virtuali, ha tolto alle nostre relazioni il bene più prezioso, il tempo, che non riusciamo a dosa- re nei rapporti di qualità, ma che può essere recuperato nella prossimità. I luoghi di riferimento, che non sono più (necessariamente) fisici, circoscritti e contigui: sciolto il tradizionale senso di comunità, e riconfigurato in molte- plici comunità aspaziali e atemporali, si producono nuove forme sociali, co- stituite da soggetti attivi.

La casa può essere oggi un disposi- tivo performante in grado di conte- nere, nella sua essenza fisica, inno- vazioni tecnologiche di vario livello, e che valorizza le nuove abitudini, le emergenze ambientali, gli stock fisi- ci materiali, la capacità di efficienza energetica, la sostenibilità ambienta- le, nuove modalità di consumo, pro- duzione e approvvigionamento degli stessi beni di consumo. La casa può essere interfaccia dell’abitante, un di- spositivo interattivo e interagente con lo spazio esterno, l’ambiente, l’ecosi- stema. Oggi, nell’epoca del post-tut- to, possiamo individuare scenari dello spazio abitativo inconsueti, dentro una nozione antichissima dell’archetipica abitativa, provando a partire prima di tutto dall’interfaccia. Emerge una necessità imperativa: fare spazio a un

-Becchetti L. Bruni L. Zamagni S.(2019), Eco- nomia civile e sviluppo sostenibile, Ecra, Roma. -Consonni G. (2018) Carta dell’Habitat, La vita Felice, Milano.

-Froud J., Moran M., Johal S., Salento A., Wil- liams K. (2018) Fundamental Economy. The infrastructure of everyday life, The Foundational Economy Collective. Manchester University Press. -Manzini E. (2018) Politiche del quotidiano, Edizioni di Comunità, Città di Castello (PG). -Mastrolonardo L. (2016) Progettazione ambien- tale a chilometro zero, Maggioli editore, Rimini. -Molinari L. (2016) Le case che siamo, not- tetempo, Milano.

-McDonough W., Braungart M. (2002), Cradle to cradle. Remaking the way we make things, North point press, New York. -Hebel D. Wisniewska M. Heisel F.(2014) Building from Waste, Birkhauser, Berlin. Progetto fotografico “MURA, LUCE E QUA- RANTENA” a cura di Silvano Mastrolonardo. In quarantena siamo stati costretti a rimanere in casa il più possibile senza poter uscire. La casa è diventata un diario nuovo di vita vissuta in costrizione: spazi che ci erano con- geniali ed amati assurgono a mura invalica- bili. Non ci resta che provare a ripensarli sotto una nuova luce che - unica - può entrare ed uscire a piacimento (p.108-112-116-119). modello di sviluppo che non sia solo più sostenibile ma che sia – necessa- riamente – più equo e accessibile a tutti. La questione della redistribuzione della ricchezza è una questione che non può più essere elusa. Anche, e so- prattutto, nello sviluppo abitativo che definisce città più giuste, più umane e a misura d’uomo.

ARCHITETTURA DELLO SPAZIO COLLETTIVO

Laboratorio per la trasformazione urbana.

Q

uesto book è parte del ma- teriale [1 di 2] selezionato tra gli appunti di un “viag- gio attraverso i progetti” condiviso con gli studenti dell’Atelier (3d) in Com- posizione architettonica al 3° anno in Architettura (a. a. 2010-2011). In accordo con i corsi congiunti (dei Proff. Carlo Pozzi, Susanna Ferrini ed Emilia Corradi) ed in collaborazione con l’Ater di Pescara (in particolare con l’Architetto Giorgio Caizzi, Di- rigente dell’Ufficio Progettazione), sono state individuate alcune aree urbane all’interno dei quartieri di Edilizia Residenziale Pubblica, al fine di definire visioni di progetto per gli spazi pubblici e i servizi all’interno dei quartieri Ater a Pescara.

Ai ragazzi è stato richiesto di lavorare all’interno di questi tessuti urbani e sociali fortemente difficili riconoscendo, nell’ar- chitettura dello spazio collettivo, la reale occasione per poter innescare processi di mutazione urbana all’interno delle nostre città.