Capitolo I - Quali finalità per il diritto fallimentare
4. Risanare o liquidare: questo è il dilemma
A prescindere da quali interessi si ritiene il diritto concorsuale debba
tutelare, dovrebbe essere evidente che la scelta se risanare o liquidare
un’impresa dovrà sempre essere effettuata con riferimento al caso
concreto. Nonostante la letteratura giuridica possa apparire spesso
fuorviante
168e imprecisa,
169la finalità di risanamento non dovrebbe
essere mai intesa come finalità “assoluta”, da perseguire sempre e
166 Oltre a tali finalità, alcuni autori hanno osservato che il diritto fallimentare può perseguire anche altre finalità, come ad esempio quella di incentivare un efficace monitoraggio preventivo da parte dei creditori e dei terzi. In questo senso E. WARREN, op.cit. p. 346; R.V.BUTLER -S.M.GILPATRIC, op.cit., p. 290 e anche B. ADLER,Financial and political theories, cit., p. 317.
167 Tra i tanti C.W. MOONEY, op.cit., p. 957, che rileva «to the extent that
rehabilitation would preserve, or inrease, value for the benefit of rightsholders, this rehabilitation interest does not run afoul of procedure theory» e L.STANGHELLINI,
Le crisi di impresa, cit., p. 68, per cui «non vi è necessariamente contrapposizione
fra i vari interessi».
168 V. G. LO CASCIO, Il Concordato preventivo, cit. p. 1, dove l’Autore osserva che «l’impresa in crisi non deve essere eliminata per fare posto ad altre nuove e sane, ma deve essere recuperata perché ciò comporta minori oneri ed evita maggiore pregiudizio alla collettività».
169 Così, proprio a causa delle eccessive semplificazioni che sono necessarie per produrre un lavoro complesso come il Doing Business, nell’indicatore resolving
insolvency si attribuisce maggior valore alle procedure che favoriscono il
risanamento, tout court. Una comparazione viene poi effettuata (nella parte descrittiva del report, WORLD BANk, Doing Business 2016, cit. pp. 102 ss.) in cui si elogiano i paesi con un tasso più elevato di imprese risanate, dimenticando che il numero di imprese risanate non è di per sé indicativo di una buona legge fallimentare.
Tesi di dottorato di Costanza Alessi, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli, nell’anno accademico 2016/2017. Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore. Sono comunque fatti salvi i diritti dell’Università LUISS Guido Carli di riproduzione per scopi di ricerca e didattici, con citazione della fonte.
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comunque.
170In altre parole, il risanamento non è un obiettivo fine a
se stesso, ma uno strumento che può essere utilizzato per perseguire
vuoi la finalità di massimizzazione del valore dell’impresa, vuoi la
finalità distributiva.
Se obiettivo di un impianto di diritto concorsuale fosse la
massimizzazione del valore dell’impresa per la soddisfazione dei
creditori – è l’ipotesi più semplice – il risanamento dovrebbe essere
perseguito solo quando funzionale alla miglior soddisfazione dei
creditori. I benefici diversi e ulteriori – in primis la conservazione dei
posti di lavoro – che derivano dalla continuità aziendale
rappresenteranno solo (fortunate) ripercussioni. Sarà quindi sufficiente
eseguire una comparazione tra il valore atteso dalla liquidazione
immediata
171dell’impresa, e il valore atteso come going concern.
L’impresa dovrebbe essere quindi sì viable,
172ossia recuperabile e la
crisi superabile,
173ma non solo: i benefici derivanti ai creditori dal
proseguimento dovrebbero essere maggiori dei costi gravanti sugli
stessi dal proseguimento.
I principali costi derivanti dalla continuità sono rappresentati da: (i) i
crediti maturati dopo l’apertura della procedura concorsuale per il
proseguimento dell’attività, che, nei principali ordinamenti assurgono
al rango di crediti prededucibili, e vengono dunque pagati alla loro
170 Così anche L.STANGHELLINI, Le crisi di impresa, cit., p. 49 per il quale sarebbe sbagliato «tuttavia, affermare che l’impresa in crisi deve sempre essere salvata: esistono imprese non ristrutturabili se non con costi che eccedono i benefici, esistono interi settori in declino a causa dell’emergere di tecnologie alternative o del mutamento di preferenze dei consumatori e così via».
171 Che poi non è mai poi tanto immediata se si pensa che la vita media di una procedura fallimentare è di 7 anni e 5 mesi (dati riferiti al 2015) e che, se oltre la metà delle procedure si concludono in (soli?) quattro anni e mezzo, ci sono oltre cento fallimenti che si sono protratti per più (!) di 25 anni (cfr. CERVED, La durata
dei fallimenti chiusi in Italia 2015, giugno 2016 disponibile su
https://know.cerved.com/it/studi-e-analisi/la-durata-dei-fallimenti-chiusi-italia-2015).
172 L’ UNCITRAL, Legislative guide, cit., p. 10, sottolinea l’importanza di garantire il risanamento solo alle imprese che sono ancora «viable».
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scadenza;
174(ii) i finanziamenti contratti dopo l’apertura di una
procedura concorsuale, i quali hanno natura di crediti prededucibili,
per i quali occorre solitamente una specifica autorizzazione da parte
dell’autorità giudiziaria,
175necessaria per verificare che i suddetti
crediti siano strettamente necessari per il proseguimento
dell’attività;
176e (iii) il pagamento di alcuni crediti maturati prima
dell’apertura della procedura, che il debitore richiede di essere
autorizzato a saldare, in quanto ritenuti essenziali per il proseguimento
dell’attività.
177174 Così, infatti, l’art. 111 L. fall. relativo ai crediti prededucibili (ossia tutti quelli «sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali»), richiamato anche dal 161, VII co. L. fall. con specifico riferimento al concordato preventivo («i crediti di terzi eventualmente sorti per effetto degli atti legalmente compiuti dal debitore [dopo il deposito del ricorso] sono prededucibili ai sensi dell'articolo 111») e la Sec. 503 del Bankruptcy Code, che definisce come «administrative expenses» tutti i crediti che sorgono «post-petition».
175 Così l’art. 182-quinquies, III co. L. Fall., che prevede la possibilità per il debitore di essere autorizzato a contrarre finanziamenti «funzionali a urgenti necessità relative all'esercizio dell'attività aziendale» e anche la Sec. 364 del Bankruptcy
Code, tipico esempio dei first-day orders, che prevede, in presenza di diverse
condizioni, la possibilità di ottenere sia secured che unsecured credit.
176 Ovviamente a questi finanziamenti si aggiungono – ma dovrebbero essere tenuti distinti - i finanziamenti effettuati in funzione della procedura, caratterizzati da prededucibilità ex art. 184-quater L. fall. e i finanziamenti effettuati in corso di procedura, autorizzati dal Tribunale, ma finalizzati «al miglior soddisfacimento dei creditori», ex art. 184-quinquies I co., L. fall. Questi finanziamenti possono, infatti, essere richiesti a prescindere dalla continuità, quindi anche nell’ambito di un concordato liquidatorio. Non possono quindi considerarsi come spese derivanti direttamente dal proseguimento dell’attività d’impresa. Per una disamina del (complesso) intreccio normativo che disciplina i finanziamenti prededucibili si rinvia a P. VELLA, Autorizzazioni, finanziamenti e prededuzione nel nuovo
concordato preventivo, in Fall. 2013, pp. 657-674, che traccia compiutamente il
quadro del «florilegio di prededuzione» insito nella disciplina concorsuale.
177 Così prevede, infatti, l’art. 182-quinquies, V co. L. Fall. con riferimento al concordato con continuità. La questione è invece dibattuta nell’ordinamento statunitense, dove nel richiedere di essere autorizzati a pagare i pre-petition claims si fa spesso ricorso a un’interpretazione estensiva delle Sections del Bankruptcy Code (principalmente la 101 e la 363) che disciplinano i poteri autorizzatori delle
Bankruptcy Courts. Sebbene queste ultime siano solite concedere tali autorizzazioni,
le Appellate Courts sono invece avverse a tale pratica, ritenendola contraria ai principi di diritto fallimentare. Si rinvia a J.EHRENFELD, Quieting the rebellion:
Eliminating payment of prepetition debts prior to Chapter 11 reorganizations, in 70 U. Chicago L. Rev., 2003, pp. 621-638, per una disamina delle diverse posizioni.
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D’altro canto, se invece la finalità perseguita dal legislatore fosse più
ampia e coinvolgesse gli interessi di una pluralità di soggetti, il
risanamento dovrebbe essere consentito solo in presenza di
determinati requisiti.
In primo luogo l’impresa dovrebbe essere viable e recuperabile.
In secondo luogo, i benefici sociali derivanti dalla continuità
dovrebbero essere maggiori delle perdite inflitte ai creditori dalla
stessa:
178solo così si potrebbe massimizzare il benessere collettivo. In
altre parole, l’interesse alla continuità in un’ottica distributiva,
dipende da numerosi fattori, tra cui il numero di dipendenti, la
quantità di fornitori, il ruolo dell’impresa nel contesto
economico-sociale e la sua sostituibilità, solo per dirne alcuni. In presenza di
questi presupposti, e con dei benefici sociali rilevanti, sarebbe corretto
concludere che il costo del risanamento graverebbe sui creditori, i
quali pagherebbero di tasca loro la “distribuzione” effettuata agli altri
stakeholder.
Si comprende così come risulti fuorviante asserire che una data
normativa persegua la finalità di risanamento. Il risanamento può
rappresentare un fine o un mezzo, e può essere consentito – se non
addirittura favorito in un determinato ordinamento - ma questo non si
traduce di per sé in una «espropriazione» dei creditori.
179Dovrebbe essere inoltre evidente che in entrambe le accezioni, il
proseguimento dell’attività d’impresa dovrà conseguire a una
valutazione più economica che morale. Non dovrebbe così farsi
ricorso al logoro concetto di imprenditore onesto ma sfortunato,
180178 Volendo fare un esempio pratico, assumendo che e i creditori riceverebbero 50 da una liquidazione piece meal immediata e solo 40 in caso di continuità (l’impresa potrebbe sì proseguire, ma con dei costi rilevanti): si dovrebbe procedere solo se i benefici sociali fossero almeno più di 10.
179 Il termine viene utilizzato in questa accezione da F.CARNELUTTI, op.cit., p. 378. 180 Con questo non si vuole dire che la scelta di attribuire rilevanza anche al comportamento assunto dal debitore sia sbagliato. Così il compimento di atti di
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quanto ad una valutazione di natura puramente economica
181in cui
occorre effettuare una distinzione tra la persona del debitore (e il suo
comportamento) e lo stato in cui si trova l’impresa.
182Alla luce di queste osservazioni, e tenendo ben presente la tendenza a
oggettivizzare il diritto concorsuale, è comprensibile che la nozione di
risanamento cui si fa generalmente riferimento
183debba essere
elaborata tenendo conto delle conseguenze economiche dello stesso.
Per questo motivo si ricomprende nel concetto di risanamento sia
quello “soggettivo”
184, o diretto
185, attuato dal medesimo debitore
solitamente attraverso un piano di ristrutturazione del debito (che può
poi prevedere anche alcune cessioni di beni non funzionali al
proseguimento dell’attività) sia il risanamento “oggettivo”, o indiretto,
ossia quello attuato attraverso la cessione dell’impresa, o il suo
conferimento, ad un soggetto diverso. Da un punto di vista economico
frode potrà essere considerato come preclusivo di ogni possibilità di risanamento, come spesso avviene (si veda ad esempio l’art. 173 L. fall. che prevede la revoca del concordato qualora il debitore abbia commesso atti di frode, quali ad esempio l’occultamento del passivo), ma sicuramente all’onesta non dovrebbe conseguire
tout-court un diritto al risanamento.
181 In altre parole, la spinta verso il risanamento dovrebbe essere dettata principalmente da motivazioni di tipo economico. Così anche F. DI MARZIO, Dal
ceppo della vergogna, cit., p. 7, che rimarca «in sostanza, il fallito è sottratto al
ceppo della vergogna – e dunque all’isolamento dalla società̀ sul podio infame - non per atto d’amore compassionevole, ma per cinico calcolo economico».
182 F.PÉROCHON, Entreprises en difficulté, cit. p. 24, che conclude «une entreprise
parfaitement saine exploitée par un aigrefin était disloquée, tandis que l’on tentait de sauver une entreprise non viable dont le dirigeant brillait par sa seule droiture
[…] il fallait donc dissocier le sort de l’entité économique de celui de la personne de
son exploitant».
183 V. la definizione fornita dalla Legislative Guide on Insolvency, supra § 1, nota 26.
184 Distingue tra risanamento soggettivo e oggettivo A. MAFFEI ALBERTI, Alcune
osservazioni sulla crisi d’impresa e sulla continuazione dell’attività, in Nuove Leggi Civ. Comm., 2014, 2, p. 293.
185 Si riferisce invece alla continuità diretta e indiretta M. CAMPOBASSO, Nuovi principi e vecchi problemi nel concordato preventivo con continuità aziendale, in
M. CAMPOBASSO, ET. AL. (diretto da), Società, banche e crisi d'impresa: liber
amicorum Pietro Abbadessa, Torino, 2014, p. 3017, osservando al contempo che
nell’esperienza del nostro ordinamento dietro l’acquirente dell’impresa ceduta (dunque in ipotesi di continuità indiretta) si nasconde solitamente un soggetto riferibile allo stesso debitore.
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