Capitolo II - Gli obiettivi perseguiti dall’attuale diritto fallimentare
3. La risoluzione delle banche e la tutela di interessi pubblici
Se, in presenza di generici interessi pubblici e imprese di particolari
dimensioni si ravvisa l’esigenza di una deviazione dalla tradizionale
finalità di soddisfazione dei creditori, in presenza di interessi pubblici
290 Il salvataggio non dovrebbe rappresentare un baluardo da inseguire a qualsiasi costo (v. diffusamente supra, capitolo 1, § 4).
291 R.V.BUTLER -S.M.GILPATRIC, op.cit., p. 288.
292 L’assenza di una valutazione circa i costi del salvataggio e dunque la continuità perseguita a ogni costo, può essere giustificata solo in presenza di imprese per cui vale il principio too big to fail, che sicuramente non possono essere tutte le imprese con più di 200 dipendenti, anche in considerazione del fatto che le imprese per le quale viene impiegata questa terminologia sono solitamente imprese che operano nel mercato finanziario, bancario o assicurativo e nelle quali sono coinvolti specifici interessi ulteriori (il problema principale non è uno di tipo occupazionale) e la cui crisi comporta un rischio sistemico (sul punto v. infra, § 3)
Tesi di dottorato di Costanza Alessi, discussa presso l’Università LUISS Guido Carli, nell’anno accademico 2016/2017. Non riproducibile, in tutto o in parte, se non con il consenso scritto dell’autore. Sono comunque fatti salvi i diritti dell’Università LUISS Guido Carli di riproduzione per scopi di ricerca e didattici, con citazione della fonte.
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molto specifici – in particolare quelli del settore bancario – la
deviazione assume dimensioni decisamente più consistenti.
293Non si vuole in questa sede esporre il complesso Meccanismo di
Risoluzione Unico delle crisi bancarie,
294secondo tassello
dell’innovativa Unione Bancaria, sulla quale esercitano competenze
concorrenti il Comitato Unico per la risoluzione,
295la Banca Centrale
Europea e la Banca d’Italia,
296in quanto disciplina settoriale e dunque
293 L’insolvenza di una banca comporta esternalità negative particolarmente pericolose, potendo determinare il panico, la corsa agli sportelli e situazioni di instabilità a livello sistemico che possono così coinvolgere non solo l’economia nazionale ma il mercato di più paesi. V. diffusamente C.BRESCIA MORRA, Il diritto
delle banche, Bologna, 2016, pp. 266 ss.
294 Il Meccanismo di Risoluzione Unico (Single Resolution Mechanism o SRM nella versione inglese) costituisce il secondo pilastro dell’Unione Bancaria, e attualmente coinvolge solo gli Stati dell’euro-zona (essendo possibile per gli altri esercitare l’opzione di opt-in). È disciplinato dal Reg. UE 806/2014, nonché, con riferimento alle modalità di gestione della crisi dalla direttiva 2014/59/UE (c.d. Banking
Recovery and Resolution Directive, d’ora in avanti anche Direttiva BRRD), che
invece è applicabile in tutti gli Stati Membri e predispone una disciplina uniforme della disciplina della crisi e della risoluzione bancaria, perseguendo la finalità di garantire la stabilità del sistema. Per una disamina si rinvia ad A.DE ALDISIO, La
gestione della crisi nell’unione bancaria, in Banca Impresa Società, 2015, p. 391
ss., V.SANTORO, op.cit. pp.1 ss., N.MOLONEY, European Banking Union: assessing
its risks and resilience, in 51 Common Market Law Review, 2014, pp. 1609-1670.
295 L’istituzione del Comitato Unico (Single Resolution Board, SRB nella versione inglese) è avvenuta per effetto del Reg. UE 806/2014. Il comitato è composto in parte da membri nominati (dalla Commissione Europea e dal Parlamento) all’esito di una procedura aperta e da un membro nominato da ciascuno Stato partecipante. Le principali decisioni in materia di risoluzione sono prese dal Comitato, ma, anche al fine di fugare i dubbi circa la legittimità (e la possibile violazione della c.d. dottrina Meroni) di questa nuova agenzia europea, per l’adozione delle misure di risoluzione sono coinvolte anche autorità politiche, secondo un complesso meccanismo che prevede la possibilità di proporre opposizione da parte della Commissione e di obiezioni da parte del Consiglio Europeo (così N.MOLONEY,
op.cit., §4.2.1.2 che definisce tale procedura come «Meroni proofing»; nello stesso
senso anche C. BRESCIA MORRA, Il diritto delle banche cit., pp. 276 ss. a cui si rinvia per il funzionamento del Comitato).
296 La distribuzione di competenze tra i diversi organi è sufficientemente complessa e presuppone in ogni casi un intenso coordinamento tra autorità europea e nazionale, che potrebbe comportare instabilità e incertezze, secondo N. MOLONEY, op.cit., §4.2.1.2. Le misure adottate per affrontare la crisi dell’impresa bancaria possono essere distinte in misure di intervento precoce (e di prevenzione) e misure di risoluzione: le prime sono competenza dell’autorità di vigilanza (vuoi la BCE vuoi la Banca d’Italia, a seconda della significatività o meno della banca, come stabilito dal Reg. 1024/2014), le seconde, che trovano applicazione quando una banca «is
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caratterizzata da una peculiarità elevata. Tuttavia un esame sommario
delle nuove disposizioni appare particolarmente interessante, poiché la
direttiva 2014/59/EU introduce un’eccezione ancora più significativa
al nostro sistema concorsuale, assumendo gli interessi dei creditori
una rilevanza a dir poco marginale, posto che l’intera disciplina è
orientata a ridurre le esternalità negative.
297In presenza di una situazione di dissesto o rischio di dissesto, che non
deve essere confusa con l’insolvenza, assumendo una rilevanza molto
maggiore e una connotazione non necessariamente economica,
298l’autorità di risoluzione competente dovrà valutare la necessità di un
intervento al fine di tutelare gli interessi pubblici
299e, se non sono
(europea e quindi Comitato Unico, o nazionale e quindi Banca d’Italia, presso la quale è istituita l’Unità per la risoluzione). Sulla distribuzione di competenze e il complesso sistema decisionale si rinvia a L. STANGHELLINI Risoluzione, bail-in e
liquidazione coatta: il processo decisionale, in Analisi Giudica dell’Economia,
2016, pp. 567 ss.
297 Cfr. C. BRESCIA MORRA, Il diritto delle banche cit. p. 266. La disciplina della crisi bancaria appare quindi perfettamente in linea con le teorie economiche che postulano il perseguimento di una funzione distributiva da parte del diritto concorsuale, che poggiano proprio sull’esigenza di ridurre le esternalità (v. supra, capitolo 1, §3.2, note 152-153).
298 La valutazione circa il dissesto o rischio di dissesto compete nel nostro ordinamento, ai sensi dell’art. 18 Reg. UE 1024/2014, sempre alla BCE, a prescindere dalla dimensione o significatività della banca. Tra i diversi presupposti del dissesto, oltre a diversi indicatori volti a misurare un’insufficienza patrimoniale, economica o finanziaria, vi è anche la presenza di irregolarità amministrative o violazioni di legge di gravità tale da giustificare la revoca dell’autorizzazione, nonché la possibilità che tali situazioni si verificheranno nel prossimo futuro. La necessità che il dissesto non si sia ancora verificato attribuisce alla BCE «una componente di giudizio di natura qualitativa» (così A.DE ALDISIO, op.cit., p. 404). Osserva G.SANTONI, La disciplina del bail-in, lo stato di dissesto e la dichiarazione
dello stato di insolvenza, in Analisi Giuridica dell’Economia, 2016, p. 519 ss. che
tali presupposti non differiscono oltremodo dai presupposti in cui era, prima dell’Unione Bancaria, possibile aprirà la liquidazione coatta amministrativa, ma che con riferimento allo stato di insolvenza vi sono notevoli divergenze.
299 Ai sensi dell’art. 32 della Direttiva BRRD, il public interest test viene eseguito dall’autorità di risoluzione competente (a seconda della dimensione della banca) e serve per stabilire che la misura di risoluzione sia effettivamente necessaria, adeguata e proporzionale per la tutela degli interessi cui è votata la procedura. Gli interessi perseguiti sono invece descritti all’art. 31 della Direttiva BRRD, che secondo G.L. GRECO, La tutela del risparmiatore alla luce della nuova disciplina di
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praticabili soluzioni alternative in tempi brevi, decidere l’applicazione
di una procedura di risoluzione, o della procedura d’insolvenza
applicabile (nel nostro caso la liquidazione coatta amministrativa).
300L’ambito di applicazione molto esteso della risoluzione e della
liquidazione coatta amministrativa comportano la possibilità per
autorità pubbliche (o la Banca d’Italia o il Comitato Unico) di
intervenire adottando misure che incidono pesantemente sui diritti dei
creditori,
301peraltro anche prima e al di fuori di una procedura di
risoluzione, nell’ambito del c.d. write-down.
302Gli obiettivi perseguiti
dalla procedura (principalmente garantire la continuità delle funzioni
essenziali della banca e la riduzione degli effetti negativi sulla stabilità
finanziaria, senza gravare sul debito pubblico)
303vengono raggiunti
mediante la tecnica del «burden sharing»: ossia tramite la
rappresentano solo finalità perseguite dalla procedura di risoluzione ma assurgono a finalità del framework europeo.
300 In particolare la procedura di risoluzione dovrà essere adottata solo se la procedura d’insolvenza non sia ritenuta idonea. Osserva C. BRESCIA MORRA, Il
diritto delle banche cit., p. 288 che il piano di risoluzione dovrebbe operare, almeno
sul piano teorico, come uno strumento residuale.
301 Tra le diverse misure di risoluzione (sulle quali v. A.DE ALDISIO, op.cit., p. 408) che possono essere adottate, quella che ha ricevuto maggiore attenzione è indubbiamente il bail-in, che consente di azzerare i titoli degli azionisti e convertire in capitale di rischio i diritti patrimoniali dei creditori, partendo dai più subordinati. Sul bail-in si rinvia a G.GUIZZI, Il bail-in nel nuovo sistema di risoluzione delle
crisi bancarie. Quale lezione da Vienna? in Corr. giur., XII, 2015, p. 1485, con
interessanti considerazioni sulla legittimità costituzionale dell’istituto, E.RULLI, Il
bail-in. Il capitale (degli altri) come capitale di riserva, in Riv. Minerva bancaria,
II-III, 2016, p. 94 e L.DI BRINA, Risoluzione delle banche e bail-in alla luce dei
principi della carta dei diritti fondamentali dell’Ue e della Costituzione nazionale,
in Riv. trim. dir. econ., 2015, pp. 184 ss.
302 Definito quale fratello minore del bail-in (L. STANGHELLINI Risoluzione, bail-in, cit., p. 576) e disciplinato dall’art. 59 della direttiva 2014/59/EU è la via che deve essere necessariamente intrapresa dall’autorità di risoluzione qualora risulti idonea a risolvere la crisi (e dunque al fine di evitare l’adozione di misure di risoluzione) rispristinando livelli di capitale di rischio adeguati. Si distingue dal bail-in per il minor numero di presupposti che deve rispettare (non occorre la necessità di tutelare gli interessi pubblici) e per il più ristretto novero di soggetti che colpisce (solo azionisti e titolari di strumenti di capitale).
303 Cfr. il Considerando 5 della Direttiva BRRD, che prevede che la nuova disciplina della crisi bancaria sopperisca al fine di «garantire la continuità delle funzioni finanziarie ed economiche essenziali dell’ente, riducendo al minimo l’impatto del dissesto sull’economia e sul sistema finanziario».
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