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4.4 Le misure di performance e di rischio 85-

4.4.2 Il rischio 89-

Parallelamente alla determinazione della redditività di un fondo di investimento, è essenziale procedere alla determinazione del rischio di tale prodotto finanziario, essendo due concetti tra loro strettamente collegati. Il rischio di un fondo d’investimento è ravvisabile nell’incertezza legata alla realizzazione di un dato rendimento, e tale incertezza è collegata al concetto di variabilità o volatilità. I fondi comuni d’investimento rappresentano per loro natura uno strumento finanziario rischioso, in quanto il valore delle loro quote è soggetto a continue variazioni giornaliere, e proprio l’ordine di

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grandezza di tali variazioni determina il livello di rischiosità dello strumento finanziario; i rendimenti che quindi dovrebbero offrire i fondi dovrebbero essere tali da compensare il risparmiatore per il livello di rischiosità che assume investendo in essi. Ma quali sono le misure di rischio che vengono prese in considerazione nell’industria del risparmio gestito?

Le misure generalmente utilizzate per quantificare la variabilità e quindi la rischiosità di un portafoglio sono due: la deviazione standard e il Tracking Error.

La DEVIAZIONE STANDARD è la misura di rischio che ha ricevuto la più ampia diffusione, originariamente determinata da Markowitz per elaborare la modern portfolio

theory (MPT), viene determinata con la seguente espressione:

𝐷𝑆 = 𝜎(𝑅𝑡) = √(1 𝑇) ∗ ∑(𝑅𝑡 − 𝑅) 2 𝑇 𝑡=1 In cui:

σ(Rt): volatilità o deviazione standard del fondo Rt: rendimento sottoperiodale

𝑅: rendimento medio del fondo durante il periodo di valutazione T: numero di sottoperiodi all’interno del periodo di valutazione

Essendo una misura statistica di dispersione attorno alla media che indica quanto è stata ampia, viene utilizzata per calcolare la volatilità, l’incertezza del rendimento di un’attività finanziaria. Naturalmente, essendo una misurazione, maggiore è la DS maggiore è il rischio associato al portafoglio considerato; al crescere della volatilità cresce la probabilità che la performance risulti molto elevata oppure molto contenuta, ossia cresce la probabilità che i movimenti di prezzo siano molto ampi, sia in aumento che in diminuzione. La deviazione standard di un fondo non tiene conto né del benchmark né di eventuali altri target di rendimento (come il tasso free risk).

Secondo la moderna teoria del portafoglio elaborata intorno agli anni ‘50, il rischio rilevante che deve essere considerato e per il quale l’investitore viene compensato non è quello misurato tramite la DS, ma quello rappresentato dal beta. Mentre il primo è quello misurato dalla DS e rappresenta la variabilità totale dei rendimenti, il secondo evidenzia la sensibilità del fondo rispetto ai movimenti di mercato. E’ possibile infatti considerare il rischio come composto da due componenti:

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- Il rischio non sistematico

- Il rischio sistematico o di mercato

Mentre il rischio non sistematico può essere eliminato attraverso una corretta diversificazione (nel caso di un investimento azionario tale rischio riflette la particolare situazione dell’azienda, il settore di appartenenza ed altri elementi diversi dal fattore mercato), il rischio sistematico rappresenta quella componente non diversificabile di un portafoglio e che quindi è la parte principale di rischiosità di un fondo comune, essendo quest’ultimo un portafoglio ben diversificato. Inoltre, nel caso in cui un investitore possedesse un portafoglio le cui attività finanziarie sono rappresentate da fondi, sarebbe interessato solamente a conoscere il rischio sistematico e non quello complessivo. Il coefficiente beta viene utilizzato per misurare la sensibilità del rendimento di un fondo in relazione al mercato (o un benchmark) e mira a determinare se il fondo sia più o meno rischioso rispetto al mercato. Il beta di un portafoglio viene calcolato in base alla seguente espressione:

𝛽𝑝 = 𝜎𝑝𝑚/𝜎

2

𝑚

nella quale:

𝜎𝑝𝑚: rappresenta la covarianza tra i rendimenti del fondo e i rendimenti del mercato

𝜎2𝑚: rapopresenta la varianza dei rendimenti del mercato

I fondi che presentano un beta >1 sono esposti a un rischio sistematico più alto del benchmark; quelli invece che presentano un beta <1 sono invece caratterizzati da un rischio inferiore; mentre infine i fondi con un beta =1 sono in linea con il benchmark. Il gestore di un fondo che prevede un mercato azionario al rialzo seleziona titoli con un beta >1, vale a dire i più rischiosi, con l’obiettivo di ottenere rendimenti maggiori del benchmark; viceversa, in caso d’attesa di un trend al ribasso, il gestore seleziona titoli con beta <1 allo scopo di costruire un portafoglio conservativo in grado di attenuare le perdite.

Il secondo fattore di rischio che viene ampiamente utilizzato in materia è il TRACKING ERROR. Questo indice misura lo scostamento tipo delle performance relative, cioè le performance del fondo meno quelle del suo indice di riferimento; viene spesso considerato come una misura di rischio rispetto all’indice di riferimento. Più il tracking

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error è basso, più il fondo si avvicina all’indice di riferimento (o al mercato) in termini di rischio e di caratteristiche delle performance.

In termini analitici abbiamo che:

𝑇𝐸𝑡 = 𝑅𝑡− 𝑅𝐵𝑒𝑛𝑐ℎ.

Dove:

𝑇𝐸𝑡: tracking error del fondo nell’istante t.

𝑅𝑡: rendimento del fondo nell’istante t.

𝑅𝐵𝐸𝑁𝐶𝐻: rendimento del benchmark nell’istante t.

Rappresenta quindi il valore aggiunto che il fondo ha prodotto rispetto al benchmark, e costituisce quindi un termine per misurare la bontà del prodotto. L’analisi del tracking error e della sua volatilità fornisce un’indicazione migliore delle qualità del fondo rispetto al rendimento medio o alla deviazione standard, dato che tali misure sono costruite parametrando il risultato del fondo al benchmark. Nel caso in cui si prenda in considerazione l’andamento del tracking error o della sua volatilità si può analizzare se questo sia simile o si discosti significativamente dal benchmark. Da tale analisi è possibile stabilire inoltre se il gestore adotti una strategia di tipo attiva oppure passiva.

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