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Ciò che ancora non è stato analizzato è la struttura dei differenti costi che gravano sul fondo. Quando parliamo dei costi di un fondo di investimento, facciamo riferimento a tutte quelle spese che gravano, in maniera diretta e indiretta, su chi sottoscrive le quote di un fondo d’investimento e che alla fine, vanno ad incidere negativamente sulle performance generate dallo stesso. Risulta quindi di fondamentale importanza nella valutazione di un fondo di investimento, non focalizzarsi solamente, come vedremo successivamente, sul rendimento e sul rischio, ma anche sui costi che lo stesso genera. Numerose ricerche empiriche sul comportamento dei sottoscrittori tuttavia hanno messo in luce come i costi non sono un elemento determinante nella scelta; questa evidenza può essere spiegata sia dal fatto che il risparmiatore osserva il rendimento che talvolta viene mostrato già al netto dei costi, sia dal fatto che i costi non sono immediatamente osservabili. Questi costi sono in linea di massima identici per quasi tutte le tipologie di fondi trattati; tuttavia sussistono alcune marcate differenze, che verranno approfonditamente trattate. Tutte le diverse tipologie si possono racchiudere in due macro categorie:

COMMISSIONI UNA TANTUM

- La commissione di sottoscrizione: è la commissione che viene pagata al momento della sottoscrizione della quota ed è solitamente inversamente proporzionale all’ammontare che viene investito (maggiore è l’importo che si investe, minore sarà l’aliquota di commissione).

- La commissione di uscita (o di rimborso): è la commissione che viene pagata all’atto di dismissione della quota (alcuni fondi, i cosiddetti “no load puri”, non prevedono nessuna delle due commissioni sopra elencate)

- Le commissioni di switch: commissioni che possono essere applicate in caso di trasferimenti di quote da un fondo ad un altro della stessa società, i cosiddetti switch; possono essere fisse o espresse come percentuale del capitale investito

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certificati, l’invio di comunicazioni via posta, i rimborsi o gli investimenti successivi al primo

COMMISSIONI RICORRENTI

- La commissione di gestione: rappresenta la commissione che il sottoscrittore deve sostenere per la gestione del fondo. Normalmente tale commissione viene calcolata su base annua, anche se poi viene corrisposta su base semestrale, trimestrale o mensile. Si calcola applicando una percentuale fissa all’importo medio di periodo del patrimonio del fondo (cosiddetto Asset under Management, Aum).

- La commissione di incentivo o performance: servono anch’esse a remunerare il servizio di gestione, tuttavia si tratta di un costo opzionale, ovvero non sempre presente. I gestori infatti possono decidere di applicare tale commissione qualora la loro attività riesca a produrre un extra-rendimento rispetto a un benchmark di riferimento. Normalmente si calcolano applicando una percentuale compresa tra il 10 e il 20% alla differenza tra il rendimento conseguito dal fondo e il rendimento del benchmark di riferimento.

- Le commissioni di deposito: sono le commissioni riconosciute alla banca depositaria che attengono all’attività di custodia degli strumenti finanziari e della liquidità e di controllo della legittimità e correttezza delle operazioni effettuate dal gestore.

- Le commissioni di amministrazione: si tratta delle commissioni che tengono in considerazione i costi legali relativi al fondo, alla sua pubblicazione e più in generale alle varie spese amministrative

- Le commissioni di distribuzione: commissioni presenti solo nelle classi che non hanno commissioni di ingresso. Si tratta di una commissione annuale che va a sommarsi alla commissione di gestione che ha lo scopo di remunerare i canali distributivi.

Oltre a questi costi operativi del fondo o che ricadono indirettamente sul sottoscrittore, come la commissione di gestione, e agli altri oneri a lui imputabili, esistono quelli che vengono definiti costi di negoziazione, ovvero relativi alle operazioni di acquisto e di vendita dei titoli effettuate dal fondo sui mercati e riconosciute agli intermediari finanziari specializzati (banche e Sim); sono costi non quantificabili al momento della sottoscrizione perché dipendono dalla movimentazione che avrà il fondo nel tempo. A livello normativo, per tutelare il sottoscrittore, è previsto che la SGR includa nella seconda parte del prospetto informativo (dove vengono specificate le ripartizioni e le origini delle commissioni di uno strumento finanziario) un indicatore sintetico di costo (ISC), utile a far comprendere a chi sottoscrive, l’onerosità del fondo stesso; in questo

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modo viene rappresentata una stima del costo annuo della posizione maturata di ciascun investitore. L’indice sintetico che viene usato più diffusamente è il Total Expense Ratio (Ter), definito anche come indice di spesa medio. Guardando adesso alle voci di costo comprese nell’indicatore, ci accorgiamo come queste siano diverse a seconda che si parli di fondi “tradizionali” (a gestione attiva) o di ETF.

Per entrambe le tipologie il Ter tiene conto di tutti i costi certi:

i) commissioni di gestione, che hanno un peso di circa l’85% sul Ter complessivo ii) commissioni di deposito, con un peso sul totale pari al 5%

iii) commissioni di amministrazione, con un peso inferiore all’1% del Ter.

iv) commissioni di performance, se presenti, hanno un peso di circa il 10% del Ter, e sono inoltre sempre assenti negli ETF;

Da una sua più approfondita analisi, risulta tuttavia come non sia una misura esauriente del costo complessivo che l’investitore deve sostenere, non risultano infatti comprese alcune voci come i costi di negoziazione, le commissioni di switch e le commissioni di entrata e di uscita; inoltre, non vengono quantificati né gli oneri fiscali sostenuti né tanto meno gli oneri finanziari che gravano sul fondo qualora presenti una struttura “leverage”. In termini numerici osserviamo come il Ter varia in base al tipo di fondo considerato, è in generale più alto per quelli azionari (in media si aggira intorno ad un valore pari al 2,50%) e più basso per quelli obbligazionari (0,60%); negli ETF invece questi numeri risultano molto più bassi, in particolare varia generalmente da un minimo di 0,15% per quelli che replicano indici obbligazionari, a circa 0,20% per quelli che replicano gli azionari, allo 0,50% per gli quelli invece con strategie più complesse su indici meno liquidi come quelli dei mercati emergenti o delle materie prime.

Da un punto di vista matematico, il Ter viene espresso in termini percentuali attraverso una semplice formula:

𝑇𝑒𝑟 = 𝑡𝑜𝑡𝑎𝑙𝑒 𝑐𝑜𝑠𝑡𝑖 𝑎 𝑐𝑎𝑟𝑖𝑐𝑜 𝑑𝑒𝑙 𝑓𝑜𝑛𝑑𝑜

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CAPITOLO 4

ANALISI E CONFRONTO

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