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2.1 USER GENERATED CONTENT: OBIETTIVI E VARIABILI

2.1.1 RISULTATI

Una tipologia di UGC è costituita dalle recensioni online dei consumatori, considerate maggiormente credibili rispetto alle comunicazioni di marketing promosse dalle aziende,

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in quanto vengono rilasciate dallo stesso consumatore che rappresenta una fonte di informazioni indipendente rispetto all’azienda. Lo studio di Ho-Dac et al. 35 si focalizza

sul ruolo della brand equity nella relazione tra recensioni online e vendite. Le recensioni online positive determinano vendite maggiori per i modelli dei brand deboli, l’effetto ha segno invertito in caso di recensioni negative. Per i brand forti, le recensioni positive e negative non determinano alcun impatto significato sulle vendite. L’alto valore della brand equity facilita le vendite e attenua gli effetti dalle recensioni negative. Emerge che maggiori vendite determinano maggiori recensioni positive, ma non negative, e che le recensioni positive sul modello specifico o sulla linea di prodotto aumentano il valore di un brand debole, mentre quelle negative non impattano su tale relazione. Pertanto, si verifica un effetto ciclico tale per cui maggiori vendite determinano un incremento del numero di recensioni positive e del valore di un brand debole, e successivamente questi si riflettono su un aumento delle vendite per tutti i modelli del brand. Tale effetto non si verifica per i brand forti perché non beneficiano allo stesso modo delle recensioni positive. Questo aspetto enfatizza l’importanza per i brand deboli di favorire le recensioni positive, soddisfazione, passaparola online. L’oggettività della fonte delle recensioni online rispetto alle comunicazioni di marketing avviate dalle aziende implica che la credibilità delle stesse recensioni è meno legata all’associazione con un brand forte. Precedenti ricerche si sono soffermate soprattutto sugli effetti degli UGC positivi e negativi, mentre una limitata letteratura si è focalizzata sugli UGC neutrali. Tale gap viene colmato dalla ricerca di T. Tang et al.36 che indaga sull’impatto degli UGC neutrali sulle vendite, classificati in base ad uno schema di misura dell’atteggiamento a due dimensioni che ha permesso di suddividere gli UGC neutrali in misti, quando contengono un uguale numero di aspetti positivi e negativi, e in indifferenti nel caso in cui i contenuti non menzionano né aspetti positivi né negativi. In via diretta, gli UGC neutrali misti hanno un effetto positivo sulle vendite, mentre gli UGC neutrali indifferenti negativo; quindi, i manager aziendali dovrebbero trovare espedienti atti a favorire gli UGC misti. In via indiretta, l’interpretazione degli UGC positivi e negativi varia in presenza di UCG neutri: gli UGC misti enfatizzano l’effetto positivo (negativo) degli UGC positivi (negativi), mentre gli UGC indifferenti ridimensionano tali effetti. Le valutazioni contrastanti sui

35 Nga N. Ho-Dac, Stephen J.Carson, William L. Moore, The Effects of Positive and Negative Online

Customer Reviews: Do Brand Strength and Category Maturity Matter?, Journal of Marketing, 2013.

36 T.Tang, E.FNG, F. Wang, Is Neutral Really Neutral? The Effects of Neutral User-Generated Content

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prodotti riportate negli UGC misti aumentano la motivazione, cioè il desiderio, la volontà, la curiosità, dei consumatori ad elaborare gli UGC positivi e negativi, al fine di ridurre la portata dei giudizi discordanti; vengono considerati più credibili rispetto agli UGC unicamente positivi o negativi. Inoltre, gli UGC misti hanno un impatto positivo sull’abilità, ovvero sulle risorse cognitive, sulle conoscenze e sulle competenze, dei consumatori ad elaborare gli UGC positivi e negativi. Gli UGC indifferenti non stimolano né la curiosità degli utenti ad elaborare le informazioni relative al prodotto, né l’interesse a valutare gli UGC positivi e negativi al fine di formare un proprio giudizio sul prodotto; inoltre conferiscono minore credibilità e minore capacità di generalizzare le valutazioni contenute negli UGC positivi e negativi.

Tuttavia, c’è un altro aspetto da considerare, in quanto la visibilità e la velocità di trasmissione delle informazioni online è un’arma a doppio taglio in caso di eventi negativi, come i ritiri di prodotti dal mercato da parte delle aziende. Tali eventi possono recare danni alla reputazione dell’azienda, alla fiducia dei consumatori, alla brand equity, nonché alle vendite e al valore di mercato dell’azienda. Lo studio di Borah e Tellis37

analizza le conseguenze dei richiami di prodotto nelle chat online. Conversazioni negative circa un prodotto possono determinare conversazioni negative su altri prodotti dello stesso brand o dei brand concorrenti (ad esempio, nel caso di ritiro di un prodotto, il problema che ne ha determinato la causa può essere riscontrato o manifestarsi nel tempo per gli altri prodotti dello stesso o di diversi brand): tale fenomeno prende il nome di “perverse halo” e dipende dall’esistenza e dalla forza delle associazioni tra prodotti nella mente dei consumatori, secondo la teoria di accessibilità e diagnostica proposta da Feldamen e Lynch (1988). Lo studio si focalizza sul fenomeno del perverse halo nel contesto online. I risultati mostrano che tale effetto si manifesta tra prodotti dello stesso brand ed in misura maggiore tende ad espandersi tra prodotti di brand diversi; l’impatto è maggiore se si estende da brand con quote di mercato maggiore a quelli con quota di mercato minore, rispetto al contrario, determinando un effetto di halo perverse asimmetrico. Tra le ragioni che determinano tale asimmetria, viene individuata la tipicità di un brand in una categoria di prodotto, ovvero il brand, avendo una quota di mercato maggiore, viene considerato esplicativo di quella categoria di prodotto e gli vengono attribuite molte caratteristiche di tale categoria (Farquhar, Herr, and Fazio 1990); inoltre l’effetto ha una maggiore portata se i brand hanno la stessa nazione di origine e quote di

37 A. Borah, G. J. Tellis, Halo (Spillover) Effects in Social Media: Do Product Recalls of One Brand Hurt

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mercato simili, in quanto si tende ad attribuire ai brand caratteristiche comuni, ad esempio nei processi di sviluppo dei prodotti. L’effetto di perverse halo scaturito da un brand determina una riduzione delle vendite e una riduzione del valore di mercato dei brand rivali, che viene amplificato dall’online chatter negativa.

L’importanza di valutare la valenza dei commenti per ottenere una maggior attendibilità dei risultati rispetto ad analisi di dati basati sul volume dei commenti totali viene evidenziata anche nella ricerca di Sonnier et al.38, in cui si analizzano gli effetti del volume di commenti online positivi, negativi e neutrali sulle vendite. Viene valutata la portata di uno shock sui commenti positivi, negativi e neutrali sui ricavi aziendali. Emerge che, in seguito ad uno shock su commenti positivi e neutrali, si registra un aumento dei ricavi; mentre uno shock su commenti negativi, ne determina una riduzione. Si evidenzia l’importanza di gestire le conversazioni negative tra utenti e l’azienda può pensare di variare la spesa pubblicitaria in base agli eventi si verificano: in caso di shock su commenti positivi e neutri, diminuirla per aumentare i profitti; mentre, se lo shock interessa commenti negativi, aumentarla per far fronte alla riduzione dei ricavi. Dai risultati si evince che la comunicazione online influenza, quindi, le vendite; in particolare gli effetti dei commenti negativi e positivi sono maggior di quelli neutri, mentre le conseguenze degli UGC positivi sono maggiori di quelle negative. Si evince l’importanza di considerare la valenza dei commenti online e di non ignorare i commenti neutri, in quanto trasmettono informazioni ai consumatori circa le caratteristiche dei prodotti. La ricerca di Zhang, Trusov, Stephen e Jamal39 si sofferma sulla relazione tra l’attività svolta sui social media e le vendite effettuate sui siti e-commerce. Vi sono due modalità attraverso cui si sviluppa la relazione tra social network e e-commerce: gli utenti online possono ricevere informazioni sui prodotti attraverso la pubblicità online avviata dai brand e possono consultare le recensioni degli altri consumatori; nello stesso tempo i brand utilizzano i social network per diffondere contenuti sulle proprie offerte, pertanto gli utenti che utilizzano i social network sono esposti ad una maggiore quantità di informazioni sui prodotti in vendita rispetto a coloro che consultano informazioni sui prodotti unicamente sui siti e-commerce. E’ emerso che, nel breve termine, l’alto utilizzo dei social network determina un minor numero di acquisti e venditori da cui si acquista,

38 G. P. Sonnier; L. McAlister, O. J. Rutz, A Dynamic Model of the Effect of Online Communications on

Firm Sales, Marketing Science, 2011.

39 Y. Zhang, M. Trusov, A.T. Stephen, Andrew T, J. Zainab, Online Shopping and Social Media: Friends

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in quanto l’utilizzo dei social network potrebbe sostituire il tempo trascorso sui siti e- commerce; mentre l’attività prolungata sui social network è correlata positivamente alla probabilità di acquisto, di acquisti fatti e di retailer da cui si acquista, poiché consente agli utenti di ricevere maggiori informazioni sulle offerte. L’effetto positivo dell’utilizzo continuativo nel tempo dei social network sull’attività di acquisto da parte dei consumatori sui siti e-commerce si manifesta soprattutto per le categorie di prodotto per cui gli utenti sono maggiormente esposti alle informazioni sulle offerte nel contesto online, come abbigliamento, prodotti per bambini, gioielli, cioccolato.

Nelle ricerche trattate precedentemente, si è valutato l’impatto degli UGC sulle vendite; Tirunillai e Tellis40 studiano gli effetti degli UGC sulla performance azionaria aziendale e le metriche degli UGC che influenzano in misura maggiore tale relazione. Gli UGC costituiscono una fonte di informazione, ampiamente disponibile e consultabile giornalmente, sui prodotti e sulle esperienze dei consumatori, utile per gli investitori che si ritrovano spesso in una situazione di asimmetria informativa rispetto ai managers aziendali. I risultati mostrano che i rendimenti a breve termine sono influenzati positivamente e significativamente dal volume delle conversazioni online, che determinano l’effetto maggiore sia nel breve che nel lungo termine rispetto alla valenza positiva e negativa dei commenti. Emerge che gli UGC positivi non hanno un effetto significativo sui rendimenti azionari. Le informazioni negative hanno un maggior peso nelle decisioni degli investitori rispetto a quelle positive in quanto da queste possono scaturire perdite e perché spesso le informazioni positive sono ritenute inaffidabili; inoltre, gli UGC negativi rivelano informazioni che derivano dall’esperienza di utilizzo dei consumatori. Infatti, la riduzione del valore di mercato determinato dagli UGC negativi è maggiore rispetto all’aumento di valore derivante dagli UGC positivi. Emerge che il volume delle conversazioni e delle conversazioni negative ha un effetto significativo positivo sul volume di trading, mentre gli UGC negativi determinano un aumento significativo del rischio idiosincratico. La pubblicità televisiva offline determina un aumento del volume delle chat e una riduzione delle conversazioni negative, pertanto potrebbe essere usata dalle aziende per influenzare positivamente la valenza dei commenti.

Le ricerche precedenti si sono focalizzate sull’influenza degli UGC, classificati in base alla valenza, sulle vendite e sulla performance finanziaria aziendale. La ricerca di Saboo,

40 S.Tirunillai, G. Tellis, Does Chatter Really Matter? Dynamics of User-Generated Content and Stock

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Kumar e Ramani41 ha come scopo l’osservazione, nel settore musicale, degli effetti dell’iterazione dei consumatori con i brand sui social media e la loro influenza sulle vendite. Lo studio combina l’attachment theory, in cui viene descritta la forza del legame tra consumatore e l’artista musicale, chiamato “human brand”, con la Social Identify Theory (SIT) in cui viene evidenziato il sentimento di appartenenza che i consumatori sviluppano con gli “human brand”: entrambe le teorie influenzano i comportamenti social dei consumatori e conseguentemente le vendite musicali. Sono state identificate tre metriche che riflettono aspetti dell’identità del consumatore: il campionamento social (SPLAYS), ovvero il numero di volte in cui viene campionato il prodotto da un social media, che rappresenta aspetti della personalità dell’individuo influenzati dall’appartenenza al gruppo (personal based social identity); il social following (SFANS), cioè il numero di consumatore che si sono iscritti alla pagina social brand, e il social word-of-mouth (SWOM), ovvero il numero di commenti sulla pagina social del brand, denotano l’appartenenza al gruppo da parte dell’utente (group based-social identity). I risultati mostrano che il valore dello SPAYS si riduce ad un tasso decrescente, ovvero il campione viene considerato come un’alternativa al prodotto, riducendo così le vendite; tale effetto si registra soprattutto per i prodotti digitali. Tuttavia, consente al brand di risparmiare sui costi di marketing e promozioni, riduce l’incertezza sulla qualità dei prodotti da parte dei consumatori e aumenta ricavi da merchandising e touring. Il social following ha un effetto positivo sulle vendite, tuttavia con l’aumento del numero dei fans del brand, l’appeal del brand aumenta ad un tasso decrescente, a conferma della teoria della distintività sociale, che sostiene che ai membri del gruppo interessa sia l’appartenenza che la distintività all’interno del gruppo. Un maggior numero di commenti induce gli utenti a commentare di più, ovvero lo SWOM aumenta a tassi crescenti; tuttavia è possibile ipotizzare che tale aumento si registri fino ad un certo livello di commenti. Piuttosto che focalizzarsi sull’aumento della base di utenti, è opportuno per i managers stimolare l’engagement. Le attività dei consumatori e del brand sui social media si influenzano reciprocamente e hanno un effetto sulle vendite del brand.

Alcuni studi (Algesheimer, Dholakia, Herrmann, 2005, Muniz e O’Guinn, 2002, Schau, Muniz e Arnold, 2009, Thompson e Sinha, 2008) hanno dimostrato che le motivazioni che inducono i consumatori ad unirsi ad una brand community online sono le stesse che li spingono ad entrare a far parte di una brand community offline.

41 A. R. Saboo, V. Kumar, G.Ramani, Evaluating the impact of social media activities on human brand

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Il consumatore che clicca “like” alla pagina FB di un brand viene costantemente aggiornato sulle notizie pubblicate dal brand sulla piattaforma online. Unirsi al social network di un brand potrebbe esprimere unicamente la preferenza e l’apprezzamento del consumatore per il brand in questione. La ricerca di John et al.42 si propone di valutare, attraverso due esperimenti, se vi siano cambiamenti nei comportamenti dei consumatori in seguito all’adesione al social network del brand; in particolare gli effetti analizzati si suddividono in quelli di primo e secondo ordine, ovvero riguardano rispettivamente l’utente che si è unito alla rete o gli amici dello stesso. I risultati ottenuti mostrano che la relazione tra l’atto di mettere “like” alla social page del brand ed i maggiori acquisti dei consumatori non è di natura causale; viene pertanto esclusa l’esistenza di un effetto di primo ordine che prevede maggiori acquisti effettuati dai fan dei brand rispetto a quelli che non lo sono. Si manifesta, invece, un effetto di selezione tale per cui i consumatori che apprezzano il brand sono portati ad unirsi al social network del brand. Infatti, emerge che la partecipazione alla community online del brand non influisce sugli acquisti dei consumatori. Affinché si possa registrare un’influenza maggiore sui risultati di marketing delle aziende derivanti dalla partecipazione al social network del brand, si potrebbe richiedere agli utenti di effettuare una serie di azioni più costose e che richiedano maggiore attenzione ed incoraggiare i consumatori ad interagire con il brand. Si manifesta l’effetto di secondo ordine, tale per cui l’endorsement segnalato da un like da parte del consumatore può indurre gli amici virtuali dell’utente a provare il brand, effetto potenziato da segnali esterni di apprezzamento esterni ad FB. Spesso i marketers sono portati a sovrainvestire per ampliare la propria presenza sui social media, piuttosto dovrebbero migliore i contenuti pubblicati sulla propria pagina. Per esempio, la ricerca di Naylon, Lamberton e West43 ha dimostrato che rivelare le caratteristiche demografiche dei membri del social network del brand è correlato positivamente alle intenzioni di acquisto e alle valutazioni del brand. A differenza del contesto offline, nell’ambiente social si possono evincere le identità dei brand supporters, in particolar modo, dalle immagini del profilo social, si evincono le caratteristiche demografiche degli utenti. Si parla di “mere virtual presence”(MPV) per indicare l’esposizione passiva ai brand supporters sui social media; quando l’identità resta oscura, si parla di “ambiguous MVP”.

42 J. K. Leslie, O. Emrich, S. Gupta, M.I. Norton , Does "Liking" Lead to Loving? The Impact of Joining a

Brand's Social Network on Marketing Outcomes, Journal of Marketing Research, 2017.

43 R. W. Naylor, C.P. Lamberton,P. M. West, Beyond the "Like" Button: The Impact of Mere Virtual

Presence on Brand Evaluations and Purchase Intentions in Social Media Settings, Journal of Marketing,

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Lo studio ha dimostrato che rivelare l’identità dei brand supporters influenza le valutazioni del brand e le intenzioni di acquisto. Dalla ricerca emerge che, quando il brand è valutato singolarmente, bisognerebbe rilevare l’identità dei brand supporters quando questi sono omogenei e simili ai consumatori target o eterogenei, ma, tra questi, rientra almeno un gruppo di supporters simili ai consumatori target, in quanto può portare a valutazione positive del brand. Rilevare le identità dei brand supporters quando costituiscono un gruppo di utenti omogeneo, ma diverso rispetto al target obiettivo, potrebbe comportare conseguenze negative nella valutazione del brand. Quando viene effettuato un confronto tra più brand è consigliabile rilevare l’identità di supporters simili, in quanto permette di ottenere un vantaggio rispetto ai brand che non adottano tale strategia. Nel caso in cui soltanto un piccolo gruppo abbia caratteristiche simili al consumatore target, si potrebbero utilizzare piattaforme che permettano il controllo sulle identità dei fan da mostrare. È preferibile lasciare ambigue l’identità dei brand supporters quando i brand supporters sono considerati dissimili dai nuovi fans. Quando la fan base è omogenea e diversa dal consumatore target o è eterogenea e non include brand supporters simili all’audience target, la soluzione migliore è l’ambiguos MPV.

Le precedenti ricerche si sono soffermate sulla relazione tra gli UGC e le performance economiche e finanziarie aziendali. Hanno evidenziato l’importanza di considerare, non solo il volume dei contenuti creati dagli utenti, ma soprattutto la valenza positiva, negativa e neutra dei messaggi pubblicati. Emerge che i commenti neutri influenzano le vendite ed ignorali porta a sovrastimare o sottostimare gli effetti che gli UGC positivi e negativi hanno sui risultati economici. I managers aziendali devono monitorare i contenuti creati dagli utenti con valenza negativa, in quanto determinano una riduzione delle vendite e del valore di mercato; devono pertanto comprendere i problemi riscontrati dai clienti ed intraprendere azioni correttive quando necessario. Gli utenti che, attraverso un like, si uniscono alla pagina social del brand, non cambiano i propri comportamenti di acquisto; le aziende dovrebbero incentrarsi sui contenuti diffusi sulle piattaforme social, ad esempio le valutazioni del brand possono cambiare in base alla rilevazione delle caratteristiche demografiche degli utenti se omogenee o dissimili al pubblico target e rispetto alla valutazione individuale o congiunta dei brand.

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