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Risulterà pur sorprendente, ma lungo tutto l’opera di Volponi aleggia quella che si potrebbe definire una condanna moralistica della poesia Si legga il seguente passaggio, tratto da La strada

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L’ISOLAZIONISMO DELLA POESIA: NOTE A MARGINE DI SEREN

1. Risulterà pur sorprendente, ma lungo tutto l’opera di Volponi aleggia quella che si potrebbe definire una condanna moralistica della poesia Si legga il seguente passaggio, tratto da La strada

per Roma «No, non è giusto. Hai letto Gramsci? Questa è una società perduta, e le poesie sono solo

degli alibi»(1). Le poesie sono solo degli alibi: sia pur nella struttura finzionale di un romanzo, questo passaggio mette in luce un possibile rischio professionale per chi fa il poeta. Che per Volponi, infatti, la poesia sia strettamente relazionata con il fenomeno dell’«indulgenza» – termine che, nell’idioletto autoriale occupa un ruolo strategico, a connotare una serie di fenomeni retrivi di mancata disciplina/dominio della soggettività –; che la poesia corra continuamente il rischio del bamboleggiamento narcisistico, lo si capisce non solo da affermazioni come quella che segue:«Le mie poesie non erano solo indulgenze o ornamenti, o descrizioni, o stati d'animo poetici»(2), ma anche da passaggi dei suoi romanzi, come questo, in cui Vivés si rammarica del tempo passato da Gaspare Subissoni a scrivere diari; del tempo passato insomma nell’indulgenza: «Il diario sarebbe stato un’inutile indulgenza. Quanti ne aveva iniziati il suo Gaspare! E come erano apparsi a lei piuttosto irrilevanti, fuori dal tempo e dal pensiero storico!»(3). L’indulgenza, qui connessa alla tentazione del diarismo, è la malattia infantile dell’intellettuale piccolo-borghese ombelicale, che va superata anzitutto attraverso il confronto con il proprio orizzonte storico e con l'orizzonte della storia dell'emancipazione dei soggetti subalterni.

Di contro a questi rischi che fanno parte di una deontologia professionale del poeta, Volponi richiama frequentemente, soprattutto in sede di autocommento, la sua tensione verso una sorta di ideale voce poetica collettiva: «oggi lavoro sulla poesia con lo scrupolo di non indulgere mai a un "io" poetico narcisistico, egoistico e ansioso. Vorrei poesie in terza persona o al plurale, con la capacità di riuscire a percepire la voce esterna degli altri e delle cose: di tanti segnali o rumori o sussulti o richiami»(4). Una poesia oggettiva, quindi: che questa tensione verso una ricerca di senso possibile per tutta la collettività designi come compito centrale della poesia un compito di tipo politico è chiaro ed evidente a una prima occhiata.

Sono del resto numerosissime le dichiarazioni pubbliche di Volponi che hanno sottolineato la sostanza politica della sua poesia: e per di più dislocate lungo una cronologia molto ampia. Volponi lo dirà nel modo più chiaro possibile: «La poesia è un progetto politico e civile»(5). Inoltre precisa: «Non dico che è un progetto politico per governare l’Italia scritto in poesia. Dico, però, che certi valori, certe precisioni vanno ristabilite. Certe novità. Rinnovare le parole, rinnovare proprio i termini della produzione letteraria come stimolo dell’attività politica. Che porti via i politici dal loro mondo simulato, li porti a scoprire la verità»(6). La poesia, insomma, attraverso la sua capacità, o meglio il suo potere, di rinnovamento del linguaggio, può giungere a cambiare la realtà, cambiando la mentalità degli attori sociali, in primo luogo i politici. È certo una concezione verticalistica della possibilità di intervento dell'intellettuale. Resta che per Volponi il dominio del linguaggio è immediatamente uno strumento di controllo della realtà e conseguentemente della società, ossia politico. Una simile posizione per cui il linguaggio è, più ancora che una forma di rappresentazione della realtà, una forma di controllo della stessa, ciò che conferisce alla poesia lo statuto paradossale di attività pratica, emerge in una serie di occasioni innumerevoli. Così per esempio: «la letteratura è un’attività politica, cioè di intervento, di modificazione della realtà, di progetto, di ricerca, d’ampliamento dell’area culturale in termini linguistici e in termini anche psicologici, storici»(7). Volponi si spinge a dichiarare: «Non vedo bene, personalmente, cosa possa significare una eccessiva poeticità in una poesia o in un romanzo: se la poesia è corrotta, ostentata, affettata, allora non è più poesia, l’opera non è più “eccessivamente poetica” ma eccessivamente letteraria. Secondo me, quella carica di liricità che c’è nel libro, è il suo strumento critico, d’intervento sulla realtà»(8). Ampliamento dell'area culturale in termini linguistici, ma anche psicologici e storici: come conseguire un simile effetto? Romanzi e poesie ci riescono, secondo Volponi: quasi avessero una

componente spiccata di tipo saggistico, per certi versi, da un lato, ma anche la capacità di tradurre in forza di controllo sociale queste componenti, dall'altro.

Poiché Volponi, nel brano ora citato, si sta riferendo a Memoriale, emerge che la separazione tra romanzo e poesia non è una separazione di compiti: entrambi gli elementi condividono dunque un compito politico, e paradossalmente proprio grazie a quel denominatore comune che è il lirismo. Ciò che li differenzia è semmai solo una differente organizzazione strutturale, non funzionale. Resta che la poesia è quella più immediatamente compromessa con l'esplicazione di una funzionalità politica, per la sua vicinanza sorgiva con le scaturigini del lirismo:

Con la poesia io affronto un problema che non conosco, che sento, che mi emoziona, che mi pone degli interrogativi. E la poesia è fatta proprio per entrare dentro questo problema, per vederne le parti, per conoscerlo, per dargli anche una struttura e una possibilità di soluzione; ed è prima di tutto una possibilità di apprendimento, da parte mia, del suo stesso nucleo e un chiarimento delle sue combinazioni e dei suoi rapporti.(9)

La poesia incarna una modalità di pratica sperimentale, meno strutturata e più diretta del romanzo nell'interrogare la realtà. Più vicina quindi al soggetto. La sperimentalità dei modi di interrogazione della realtà che caratterizzano poesia e romanzo, in ogni caso, va in direzione di una ricerca di risultati il più possibile imprevedibili. Il compito politico della poesia non è l'estrinsecazione verbale perfettamente aderente di una prospettiva o piattaforma ideologica. Questo benché Volponi abbia, com’è noto, una posizione politica ben definita, quale emerge dalla sua attività militante:

Fare della poesia e fare dei romanzi è capire di più o anche capire di meno, però, in ogni caso, capire in modo autonomo e diverso, con capacità di sintesi e di giudizio personali quali sono appunto quelle dell’uso di un nuovo linguaggio e della costruzione di una alternativa, come avviene in una poesia e in un romanzo che non siano soltanto la dimostrazione di un asserto ideologico prestabilito.(10)

Interrogare la realtà attraverso la poesia è la fase preliminare di una problematizzazione della realtà che consente di comprendere soprattutto la dimensione della vita sociale, attraverso l'apporto della prospettiva individuale: «Ho anche un’altra bella speranza: che venga scritta ancora qualche bella poesia. Perché è vero che le poesie non cambiano il mondo, ma aiutano chi le legge, a stare più vigile, a pensare, a capire la società in cui è immerso»(11). Il carattere sperimentale della letteratura è connesso con una dimensione strutturalmente individuale dell'interrogazione della realtà. Sarà anzi proprio l'elemento individuale che produce quello scarto tra ideologia dell'autore e ideologia del testo a realizzare risultati di innovazione estetica, linguistica, storica, psicologica. In questo, la dimensione comunitaria cui in determinate epoche pare puntare la poesia di Volponi, sembra porsi in un momento contraddittorio rispetto alla qualità individuale degli assunti teorici di partenza di Volponi: «La lingua della poesia è più libera più avvolgente e immediata… L’identità che permette è portata all’estremo, sdoppiata. Il personaggio che esprime non viene riassorbito all’interno dell’indulgenza letteraria. Si toccano le ragioni individuali, sono consentite battaglie totali e scontri finali»(12). Lo sdoppiamento dell'individuo è quindi il modo – tutto individuale – che Volponi adotta per realizzare il compito politico – e quindi collettivo – della poesia. «Si toccano le ragioni inidviduali»; in realtà, perché la poesia esplichi il suo compito politico, deve partire e quasi risolversi nell'individuo Volponi:

La mia poesia è tutta personale, anche dopo i confronti e le lezioni di «Officina», personale nel senso più carnale: ogni insetto, ogni mattina o sera, ogni interlocutore, i paesi, i contadini, i parenti prima e dopo, ogni ragazzo o ragazza, protagonista o spettatore, è sempre una parte di me; sono io stesso con altre facce o parole, ma sempre io, e in ogni parte o pezzo dentro interamente e vivo, con la voracità di distinguere, pesare, capire e trovare il posto e la posizione per misurare me stesso, intercettare le relazioni, giudicare e accompagnarmi.(13)

Si presti attenzione al termine misurare. La poesia è uno strumento di misurazione, di messa alla prova e interrogazione in primis della dimensione privata e individuale. Com'è possibile il salto dal singolo alla collettività, dunque? E perché questo ruolo di legame tra singolo e collettività attraverso la disseminazione di un nuovo senso comune non viene svolto da testi teorici o saggistici? Volponi sembra individuare il perché solo la poesia riesce a connettere singolo e collettività in un fattore che in qualche modo eccede la compagine linguistica del messaggio estetico:

E il poeta ha pur tuttavia una pretesa superiore a quella che ha lo storico o il politico: la pretesa cioè di una sintesi che valga anche su un piano diretto, di comunicazione. Un programma tracciato da un politico, un libro scritto da uno storico, valgono immediatamente per quel che sono e sono quel che sono nel loro volume: possono non essere attuati, non essere capiti, non determinare delle circostanze, restare cioè inerti, mentre una poesia ha la carica per arrivare subito e comunque al bersaglio, nella commozione di quel rapporto che si stabilisce fra chi scrive e chi legge e che produce sempre un fatto nuovo, fruttifica sempre.(14)

Carica: si tratta di un termine chiave, che pone non pochi problemi di tipo teorico. In breve: il compito politico della poesia si articola attraverso la dialettica tra collettività e singoli. È proprio questa dialettica, la stessa verticalità dei ruoli sociali, assieme alla permeabilità delle sfere della società, che consente il salto dalla dimensione politica a quella poetica. Ma questo salto resta spiegabile e realizzabile solo grazie all’idea della carica, ossia dell'intensità, della forza del testo, da misurare attraverso la poesia: cioè una qualità impalpabile che trascende lo spazio linguistico, pur essendovi probabilmente immanente (o, anzi, proprio essendo l'immanenza stessa del linguaggio a una determinata configurazione storico-sociale, da un lato, e la possibilità del superamento stesso di questa configurazione grazie al mutamento stocastico delle sue espressioni linguistiche, storiche, psicologiche); solo questa carica probabilmente può consentire l'articolazione di un senso condiviso tra singolo e collettività. Grazie a tutto ciò, il rapporto tra politica e letteratura, e in particolare poesia, risulta biunivoco, e persino ipoteticamente reversibile: «Ora la cultura (di sinistra) che ha

molti debiti con i giovani come con tutti coloro che hanno lavorato in posizione subalterna,

essendosi in prevalenza dedicata alla sistemazione di valori e alla organizzazione di scelte in senso separato, […] ha la grande occasione politica […] di cominciare a fare il piano, paese per paese, fabbrica per fabbrica, misurando le vecchie piaghe e i nuovi desideri. Il piano non come un altro documento politico, ma come un programma e anche come un poema che investa la vita del paese»(15).

La reversibilità di letterario/politico indica che il nodo che lega letteratura e politica deve situarsi in una topologia intermedia tra l'uno e l'altro dei due elementi di questa antonomia-integrazione. È insomma evidente che il punto di tangenza del nesso poesia e politica è una dimensione che potrebbe essere definita intersoggettività; ma il raggiungimento di uno spazio di intersoggettività lo si può realizzare solo attraverso la tensione, ossia nuovamente la carica:

to begin with I have to say that even if lyric is par excellence the literary genre of immediacy and solitude it always has something more to it as well, that is, the relationship created with the reader in terms of the tension of thought, fresh, new, immediate, in which the reader and the writer, by means of the poem, come together one to one, like the act of crossing the stones of a river, in the flow of a thought not yet analyzed and, it seems, not yet touched by the historical contingencies of poetic or literary analysis.(16)

Una dimensione dell'intersoggettività su cui Volponi si esprime con ancora maggiore diffusione: of necessity it will lead to an effect of communion by means of the experience produced by poetry, in the poetic thought that links the writer to the poem and the reader to the same poem, in a sort of communal lire that at one and the same time explains and negates the thematics of human solitude. This is, in the end, the task of art. It is in part because of this effect of artistic community that I want my work, both my fiction and my poetry, to be read as literature , as art, rather than as trae ts , as theoretical essays.(17)

La possibilità per Volponi di trasformare una poesia in un grande progetto politico sta in due fattori: da un lato ogni soggetto è diviso e divisibile tra la sua natura individuale, affettiva e sentimentale e la sua agentività politica, che si situano su sfere diverse ma si integrano attraverso il linguaggio, e in particolare alcuni luoghi ben precisi del linguaggio; dall'altro tutti gli individui condividono uno spazio di esistenza in cui linguaggio, estetica e politica non finiscono mai di interferire. Senza la sperimentalità della letteratura, che la politica dovrebbe – e potrebbe – riprodurre, la configurazione attraverso cui i vari soggetti abitano lo spazio sociale resterebbe immobile; la letteratura, sollevando su un piano di condivisione sociale la dimensione soggettiva – purché questa venga colta nel suo affacciarsi al mondo storico, psicologico e sociale – introduce una scarto nella società per cui consente la modificazione delle articolazioni di vario tipo attraverso cui si configura il mondo sociale. Per farlo, usa la forza, l'intensità, la tensione, che si imprime sulle vite dei soggetti. Ora, da dove viene e come materialmente viene prodotta questa «carica» nel testo?

2. Se la piattaforma teorica di cui si avvale Volponi per descrivere il rapporto tra poesia e politica

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