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Uno studio di caso

TOGLIATTI E LA POESIA DI «RINASCITA» (1944-1960)

5. Uno studio di caso

Togliatti, come accennato uomo di grande cultura, traduce a ventisei anni due testi di Walt Whitman: Europe. The 72d and 72d Years of These States, uscito per la prima volta su «Ordine Nuovo» nel dicembre 1919 (a. 1, v. 29, 6-13 dicembre 1919) e To a Foil’d European

Revolutionaire, stampato (ma «imbiancato» dalla censura)(48) sul numero di giugno della stessa

rivista (a. 1, v. 5, 7 giugno 1919). Nel fascicolo di agosto la redazione di «Rinascita» (con il più che presumibile avallo di Togliatti) decide di ripubblicare solo la seconda di queste traduzioni. Perché? La risposta più ovvia sarebbe che con Europe Whitman intende sostenere il risveglio sociale dell’Europa concretatosi nei moti del 1848 e che quindi sia perfetta per essere inserita all’interno di un volume pubblicato esattamente un secolo dopo. Tuttavia «Rinascita» ha in serbo per quell’anno la pubblicazione del suo primo «Quaderno» monografico, completamente dedicato proprio alle celebrazioni del centenario della rivoluzione quarantottesca. La risposta dunque dovrà essere più sottile.

Il numero di agosto del 1948 è concepito come un omaggio al segretario. La ragione (come noto) è che il 14 di luglio, cioè all’incirca due settimane prima, Togliatti fu raggiunto da due proiettili di arma da fuoco esplosi da Antonio Pallante, un giovane studente di legge acceso da furori anticomunisti. A seguito dell’evento, vi furono in Italia sollevazioni armate e si instaurò un clima preinsurrezionale(49). Gestire la fase non era impresa facile, soprattutto per un partito che aveva perso da poco (e clamorosamente) le elezioni politiche del 18 aprile e che faceva fatica a tenere a bada le frange più inclini all’uso delle armi. Queste risultarono in effetti rinvigorite dalla sconfitta

alle urne (così come accadde per il modesto risultato alla Costituente), che venne interpretata soprattutto come una sconfitta netta della linea parlamentarista incline alla democrazia progressiva e alla responsabilità nazionale espressa della segreteria. Togliatti doveva parare colpi provenienti da diverse direzioni.

Da un lato sceglie di perseguire la linea della ricerca del dialogo con i ceti moderati, con quelle classi medie che vedevano nel Pci un partito di plebei e di masse straccione (una visione in particolare accentuata nel clima da crociata anticomunista prodotto durante la campagna elettorale che precedeva le elezioni del 18 aprile)(50). Contro questo stereotipo perdurante, Togliatti prova ad accreditarsi, ancora una volta, come uomo di cultura raffinatissima. La traduzione del testo di Whitman ne è una testimonianza pratica, direi ostensiva, che non può non solleticare i gusti dei ceti medio-colti. In effetti, la poesia dialoga con l’articolo di un altro gigante della cultura umanistica come Concetto Marchesi, in cui si enfatizza l’immagine di un segretario umanista: Togliatti uomo

di cultura e oratore. Nella stessa direzione si muove la scelta dell’autore –Walt Whitman – uno dei

campioni della tradizione americana. L’omaggio rappresentava da un lato una forma di apertura verso i ceti progressisti del mondo occidentale (un gioco reso più facile in un paese come l’Italia, che fungeva da cerniera tra i blocchi) tesa a favorire una soluzione pacifica tra le due aree di influenza(51); dall’altro, più sottilmente, la ristampa a poche settimane dall’attentato di un testo della tradizione americana sembrava smentire le voci di coloro che, soprattutto da parte sovietica, parevano scorgere complesse manovre USA dietro la mano di Pallante(52).

Se queste sono le conclusioni che possono essere tratte dai dati di superficie (autore e sua provenienza; sede in cui il testo viene collocato), ad analizzare il contenuto dei versi le cose si complicano. Mario Corona, nel commentare la poesia whitmaniana, non senza ragione la definisce senza mezzi termini «orrenda», mentre – e contrario – qualifica come «meno truculenta» To a

Foil’d European Revolutionaire, anch’essa, come detto, tradotta dal Togliatti(53). Europe in effetti

ruota attorno ad una minacciosa immagine centrale: il popolo, sollevatosi già una volta contro i soprusi dei signori, non riuscì ad eradicarne completamente il pericolo perché, per pietà, non fece sua la stessa violenza dei potenti («Sdegnò il popolo far sua la ferocia dei re»). Dovrà dunque continuare a vegliare perché quel pericolo non si ridesti. E, con ogni evidenza, qualora si ridestasse, Whitman pare prescrivere – implicitamente – il bando dell’antica pietà usata.

Europe può essere tante cose, ma non è certo un testo pacificante. Perché allora non utilizzare To a Foil’d European Revolutionaire, visto l’intento esplicito del numero di «Rinascita», che vorrebbe

essere di rassicurazione sia sul fronte interno (nel dialogo con i ceti medi), sia sul fronte esterno (con gli americani), dopo il periodo tormentato del dopo voto e del dopo attentato? Perché insomma scegliere una poesia che minaccia esplicitamente di eradicare con la violenza i residui reazionari della società qualora si ridestassero, abbandonando ogni cautela e pietà precedente, quando la si pone accanto a testi che invece incoraggiano i processi di pace e che alludono a pratiche di distensione?

Già durante la campagna elettorale, tra le fila del Pci, dalla militanza di base ai quadri, serpeggiava il timore di una svolta autoritaria(54). Dopo il 14 di luglio invece, la dirigenza del Pci non solo ha la prova che la reazione è davvero pronta a colpire, ma che le forze dismesse con la fine della lotta di Liberazione sono latenti ma ancora vive e preparate alla lotta(55). In questo modo Togliatti può giocare una partita doppia, in cui, per quanto in misura minima, la poesia di Whitman svolge un ruolo chiave. Da un lato infatti la lettera del testo di Whitman rappresenta l’ostensione di una deterrenza, la minaccia non troppo velata che a un tentativo di golpe reazionario il partito sarebbe pronto a rispondere con le armi. Dall’altro vi è l’articolazione di una risposta più complessa, che parte da lontano.

In un articolo apparentemente di taglio storico apparso sullo stesso numero di agosto (L’insurrezione di aprile), Giorgio Amendola risponde alle accuse mosse dal partito di governo al Pci. La Democrazia Cristiana accusa il Partito Comunista «di tramare oscuri complotti contro la legalità repubblicana e di preparare l’attuazione di piani segreti per scatenare nel paese un movimento insurrezionale»(56). Tuttavia, ricorda il dirigente romano, «l’insurrezione non è un

gioco di pochi cospiratori»: durante la guerra di Liberazione, fu Togliatti in persona ad arginare le spinte destabilizzanti delle masse popolari riconducendole nell’alveo istituzionale. Lo scritto di Amendola e la poesia di Whitman concorrono assieme a delineare una forza aggressiva, sopita ma vigile, che fiancheggia il Partito Comunista ma che non coincide con esso. Il Pci intende accreditarsi come l’unica organizzazione in grado di imbrigliare e di direzionare quella forza. E questo sia agli occhi degli attori interni (la Dc, con l’intervento di Amendola), sia a gli occhi di quelli esterni (gli Stati Uniti, con il testo di Whitman). È insomma interesse di tutti, anche delle forze reazionarie, che il Pci perduri. Ne va anzi garantita la sopravvivenza e non deve essere destabilizzato con colpi di coda reazionari: pena la messa in pericolo della stessa tenuta istituzionale del Paese. La natura ribellistica, spontaneista e ampiamente libertaria di Europe, accredita proprio l’immagine di una forza che sta al di là del partito, in parte prepolitica, ma che solo il partito è in grado di gestire e di incanalare.

Eppure, la complessa trama di echi e di rimandi che ruotano attorno al testo di Whitman lasciano anche un’ambiguità che non può essere ricomposta. L’ambiguità indicibile, tutta togliattiana, in cui la forza della responsabilità e della fedeltà al dettato costituzionale convive con la speranza di un colpo di mano delle masse popolari. La scelta di Europe posta in quella sede rivela la contraddizione di un partito che vuole e al contempo non può volere la rivoluzione; il desiderio represso di farsi scavalcare dalle masse in rivolta, di non poter che prendere atto, ma solo ex post, di un colpo di mano compiuto in sua vece. Per quanto insomma Togliatti si fosse speso per troncare quel circolo vizioso tra reazione e radicalismo antistatuale, la scelta della traduzione di Whitman sta lì a dimostrare che l’ambiguità intrinsecamente legata alla possibilità rivoluzionaria non poteva essere sciolta, sia nei termini profondi di un desiderio non comunicabile, sia nei termini più machiavellici di una forma di deterrenza da esibire nei casi di crisi politica.

6. Conclusioni

La poesia, inserita in un contesto complesso come quello di una rivista, dice spesso più di quanto coscientemente la redazione si proponga di farle dire. Essa è come ovvio strumento di politica politicata che, come si è visto, propone alleanze, segnala solidarietà tra gruppi sociali e partiti, rafforza patti, asseconda strategie di breve e medio periodo o le sconfessa e le nega. Si è visto come le variazioni tra il 1944 e il 1960 nell’uso di testi stranieri, il mutare della loro appartenenza nazionale e geografica assecondassero l’evoluzione del contesto internazionale; o come la permanenza o l’introduzione di specifici ambiti tematici (come la poesia resistenziale e guerresca), servisse a frenare le pulsioni di specifici fronti interni al partito (nel caso in esame, alla componente più ribellistica di Secchia); o infine, come la selezione dei poeti a partire da specifici profili biografici consentisse di articolare pratiche di distensione tra le generazioni e mettere da parte le ruggini non ancora sopite tra i fiancheggiatori del passato regime e quanti affrontarono gravi rischi pur di mantenere la propria autonomia.

L’uso della poesia dice molto anche sulla profonda e spesso inconfessabile composizione culturale che ruota attorno ad un progetto politico-editoriale. Dice più di quanto non voglia, ad esempio, la virata “umanistica” della componente intellettuale del partito registrata dal calo della poesia dialettale e dall’aumento di presenza di poeti affermati e grandi professionisti internazionali contro la componente spontaneista e amatoriale. Una tendenza che si va rafforzando negli anni e che, permanendo nel “vizio” del ceto umanistico di farsi casta specializzata e preservando la poesia nella sua autonomia estetica, sconfessa almeno in parte i tentativi di rinnovamento culturale. Una partita persa che giocherà a sfavore del Pci soprattutto a partire dalla seconda metà degli anni Cinquanta, quando l’emersione di un nuovo marxismo sposterà il fuoco dell’analisi critica su altri fronti. Come pure sconfessa la pur esplicita politica progressista, tesa alla modernizzazione industriale del Paese, la forte concentrazione di poesia contadina, che rischia di trasformare la questione agraria in bucolica(57).

Ma all’uso del testo poetico viene affidato anche un compito ambiguo, che gli consente di farsi serbatoio di istanze pubblicamente non dicibili nei termini di un discorso politico: ecco allora che l’uso del paragone amplifica e approfondisce il tentativo di creare solidarietà profonde con le masse cattoliche oltre quanto le strategie della segreteria e la purezza dell’ideologia non vogliano; ecco che affidare all’empatia non mediata la grande questione delle lotte anticoloniali registra e al contempo segnala un deficit di approfondimento politico, lasciando emergere una incomprimibile tara “occidentalista”; ecco, infine, che i versi diventano l’unico strumento in grado di comunicare in vece del discorso esplicito e razionale posizioni radicali che aprono uno squarcio sui desideri profondi di un intero sistema di potere.

Questa analisi dimostra come la poesia sia uno strumento malleabile, ma con dei limiti intrinseci non aggirabili. La logica stringente della sua dimensione linguistica, come la selezione su base estetica lasciano trapelare motivazioni profonde e spesso contradditorie.

Enrico Fantini

Note.

(1) Il racconto dell’aneddoto può essere letto qui: https://www.corriere.it/lodicoalcorriere/index/02-01-

2019/index.shtml.

D’altra parte, posizioni simili, vengono espresse dal gruppo di «Ordine Nuovo», come si vedrà più avanti, già nel 1919.

(2) N. Ajello, Intellettuali e Pci, 1944-1958, Roma-Bari, Laterza, 1979, p. 183.

(3) «Ciò che il leader del Pci può consentirsi è, invece, la frequentazione del teatro dell’Opera dove è facile

incontrarlo ogni qualvolta si danno I Maestri cantori e il Tristano e Isotta. Wagner è infatti, in musica, il suo idolo principale», ivi, p. 184.

(4) «È in grado di recitare a memoria le satire di Orazio e Giulio Cesare lo annovera fra i suoi lettori più

assidui», ivi, p. 183.

(5) Per una prima panoramica rimando all’antologia Dal poeta al suo partito. Antologia di poesie pubblicate

su Rinascita, prefazione di Gian Carlo Ferretti, a c. di Alberto Cadioli, Roma, L’Unità, 1986.

(6) N. Ajello, ivi, p. 45.

(7) Contenuti che smentivano frontalmente le prime, negando di fatto la programmatica volontà di costruire

un’alleanza tra ceti intellettuali e strati contadini e operai. Cfr. W. Siti, Il neorealismo della poesia italiana (1941-1956), Torino, Einaudi, 1980.

(8) Gérard Genette, Soglie. I dintorni del testo, Torino, Einaudi, 1989; Lina Bolzoni, L’Orlando Furioso

nello specchio delle immagini, Roma, Istituto della Enciclopedia Italiana, 2014.

(9) Con un evidente picco al 1960, le cui ragioni e modalità particolari saranno esposte nel paragrafo 2. (10) Il 1944 conta solo 4 numeri: le pubblicazioni si aprono con il numero di giugno, con due uscite “doppie”

(agosto/settembre e ottobre/dicembre). Il 1945 consta di 9 numeri, con tre numeri doppi.

(11) G. Fiocco, op. cit., pp. 204-206.

(12) Albertina Vittoria, Togliatti e gli intellettuali. La politica culturale dei comunisti italiani (1944-1964),

Roma, Carocci, 2014, p. 273. Si veda anche Id., Storia del Pci, 1921-1991, Roma, Carocci, p. 80: qui le copie medie della rivista ammontano a 30000 secondo il quadro offerto da Pajetta in una riunione della direzione del 18 marzo 1955.

(13) Nel 1946, con il VI congresso del partito, per la commissione di cultura diretta da Emilio Sereni la

diffusione e difesa della produzione culturale sovietica diventa una priorità. Cfr. A. Vittoria, Togliatti e gli intellettuali, op. cit., Roma, Carocci, 2014, p. 58.

(14) G. Fiocco, Togliatti, il realismo della politica. Una biografia, Roma, Carocci, 2018, pp. 203-204. (15) Cfr. «L’Unità», Venerdì 30 maggio 1952 a. XXIX n.s., n. 137, p. 1 e ss.

(16) Loris Gallico, Storia del Partito comunista francese, Milano, Teti, 1973, p, 259.

(17) Cfr. Un telegramma di Togliatti al Comitato Centrale del P.C.F., in «L’Unità», Venerdì 30 maggio

1952 a. XXIX n.s., n. 137, p. 1.

(18) Tra l’autunno del 1951 e il 1952 la compagine di governo aveva proposto in parlamento disegni di legge

come la «difesa civile» e la cosiddetta «polivalente»: «legislazione d’urgenza con la necessità di disporre di uno Stato forte per fronteggiare – parole di De Gasperi “i pericoli del bolscevismo”», G. Fiocco, op. cit., pp. 258-259.

(19) Ivi, pp. 255-257.

(20) Per di più si ricordi che nella prima metà del 1951, Togliatti e il partito si troveranno a dover gestire una

fase di stallo drammatico con la dirigenza moscovita a causa del netto rifiuto opposto dal segretario alla proposta di Stalin di porlo alla guida del Cominform. Ne derivò una lunga trattativa alla quale il dirigente torinese riuscì a sottrarsi non senza strascichi. Cfr. G. Fiocco, op. cit., pp. 243-247.

(21) «Nell’ora attuale, cioè nella presente fase della vita politica italiana, uno dei cardini della nostra politica

è la conquista della democrazia, intimamente legata alla guerra liberatrice contro l’invasore hitleriano e alla liquidazione delle sopravvivenze del fascismo italiano», Vincenzo, La Rocca, Rinascita, a. 1, n. 2 (Luglio 1944), p. 7.

(22) Eugenio Reale, Comunisti e cattolici, a. 1, n. 1 (Giugno 1944) p. 17. (23) G. Fiocco, op. cit., p. 192.

(24) Ivi, p. 203-206.

(25) Ecco il testo: «Milano vi manda il suo cuore, / il vento delle pianure / le sue nevi / bianche di tante

morti, di tante case, / il lungo inverno in cui attese / l’ora e l’urlo della riscossa. // Vi manda la sua bandiera rossa, / il cielo d’aprile, / le fabbriche difese ad una ad una / la gioia che l’invase / d’esser viva e libera nel mondo. // Milano vi manda il suo cuore, / compagni. / E batte sull’Europa questo cuore / batte sull’Italia; sveglia i morti, / sveglia i vivi nel cielo d’aprile.», Alfonso Gatto, Ai compagni d’Italia, Rinascita, a. 2, n. 12 (Dicembre 1945), p. 198.

(26) Gianluca Fiocco, op cit., pp. 184-187. Stessa funzione, sebbene più orientata a mantenere un generale

principio di armonia interna in una fase di ampia discussione è la poesia di Maiakovski, “Il Partito” apparsa sul numero di Gennaio-Febbraio del 1946 (a. 3, n. 1-2, p. 2).

(27) Renata Viganò, Cantata di una giovane mondina, «Rinascita», a. 8, n. 8-9 (Agosto-Settembre 1951), p.

412.

(28) Manlio Dazzi, Orazione per il Polesine, «Rinascita», a. 8, n. 12 (Dicembre 1951), pp. 562-63. (29) «Rinascita», a. 8, n. 12 (Dicembre 1951), pp. 580.

(30) Risultano rappresentati i dialetti: laziale, siciliano, sardo, piemontese, lombardo, romagnolo, veneto, e

abruzzese.

(31) Giuseppe Dozza, La politica municipale dei comunisti, «Rinascita», a. 4, n. 5 (maggio 1947), p. 132. (32) G. Fiocco, op. cit., p. 254.

(33) Ivi, p. 285.

(34) Renzo Martinelli, Storia del Partito Comunista italiano, vol. VI: Il “partito nuovo” dalla Liberazione al

18 aprile, Einaudi, Torino, 1995, pp. 38-40, cit. in G. Fiocco, op. cit., p. 185.

(35) Nei numeri di marzo, maggio e novembre, le poesie sono associate a saggi critici su vari autori:

nell’ordine il già citato La battaglia di Victor Hugo di Michele Rago; Esperienze d’una scrittrice di Sibilla Aleramo; Paul Eluard poeta della verità di Michele Rago.

(36) O meglio, un cambio vi è, ma solo dal 1956, quando sparisce la poesia dialettale e l’apporto della poesia

italiana diminuisce drasticamente, mentre sale la componente straniera, in cui grande spazio occupano autori non solo di grandissimo rilievo internazionale, ma anche ben al di là delle tendenze neorealiste e sociali. Insomma, anche qui la cultura dei ceti medi fa sentire il suo peso, eliminando le scorie dell’amatorialità e del provincialismo nostrano (vedi grafico n. 3).

(37) G. Fiocco, op. cit., p. 225. (38) A. Vittoria, op. cit., p. 233-234. (39) G. Fiocco, op. cit., 328-333. (40) Ivi, pp. 321-327 e 364-369.

(41) Fatta eccezione per Ettore Settanni e Renzo Nanni, pochissimi avranno ruoli di primo piano anche in

contesti specialistici, come la poesia dialettale o quella neorealistica.

(42) Tra i nati in questo periodo troviamo: Girolamo Sotgiu (1919); Alberto Caverni (1921); Renzo Nanni

(1921); Mario Farinella (1922); Giorgio Piovano (1920); Stelio Tanzini: (1921); Romano Pascutto (1909); Albertina Santi Baffè (1912); Gabriele Sellitti (1927); Aldo Dramis (1926); Romolo Liberale (1922); Velso Mucci (1911); Alfonso Gatto (1909).

(43) Per uno studio approfondito cfr. Luca La Rovere, L’eredità del fascismo. Gli intellettuali, i giovani e la

transizione al postfascismo (1943-1948), Torino, Bollato Boringhieri, 2008. Per una definizione degli estremi generazionali ivi, p. 138, n. 7.

(44) Ivi, p. 223-224.

(45) «La disfatta dell’Italia nella guerra fascista e l’attiva ed entusiastica partecipazione dei giovani a

naturale meccanismo di avvicendamento delle generazioni si profilava dunque una funzione di supplenza degli anziani, gli unici in grado di testimoniare i valori dell’antifascismo e, perciò, di avviare la ricostruzione del paese», ivi, p. 142.

(46) Ivi, pp. 236-237.

(47) «Io chiederei a Vostra Eccellenza di dare una lezione, un ammonimento esemplare all’autore di codesto

malvagio e stupido trafiletto fatto per nuocere velenosamente a una scrittrice come me, che onora in Italia e fuori, e non da oggi, la nostra letteratura. Soddisfazione platonica», Archivio Centrale dello Stato, Minculpop, Gabinetto, II versamento b. 1, fascicolo Aleramo Sibilla. Cit. in Giovanni Sedita, Gli intellettuali di Mussolini. La cultura finanziata dal fascismo, Firenze, Le Lettere, 2010, p. 67. Per tutta la quesitone Aleramo cfr. ivi, pp. 62-67.

(48) A. Gramsci, L’ordine nuovo (1919-1920), Torino, Einaudi, pp. 443-445 (articolo non firmato apparso

sul numero del 14 giugno 1919, I, n. 6).

(49) G. Fiocco, op. cit., pp. 217-221. (50) Ivi, p. 208.

(51) Non a caso la poesia è pubblicata accanto ad un articolo di Emilio Sereni che relaziona sul Congresso

mondiale degli intellettuali in difesa della pace, tenutosi a Wroclaw tra il 25 e il 28 agosto 1948.

(52) Ivi, 220.

(53) Mario Corona, Notizie sui testi e note di commento, in W. Whitman, Foglie d’erba, Milano, Mondadori,

2017, p. 1453.

(54) G. Fiocco, op. cit., p. 208.

(55) Sulla gestione della fase preelettorale, anche in merito alla questione delle armi concertata tra Pci e

Pcus, si veda Elena Aga-Rossi, Victor Zaslavsky, Togliatti e Stalin. Il Pci e la politica estera staliniana, Bologna, Il Mulino, pp. 239-254; sull’apparato paramilitare comunista: ivi, p. 223 e ss.

(56) G. Amendola, L’insurrezione di aprile, «Rinascita», a. 5, n. 8 (agosto 1948), p. 294-296: 294.

(57) Su questi temi rimando naturalmente al classico Alberto Asor Rosa, Scrittori e popolo. Il populismo

Appendici

Scheda completa delle pubblicazioni apparse su rinascita Giugno 1944-Dicembre 1960. Nelle note un breve appunto sul ruolo svolto dal testo poetico. La sigla (n. c.) sta per (narrativa

contemporanea).

Autore Titolo Tipologia Contesto Luogo Note

Giovanni Formisano

Primu Maggiu

Poesia dialettale Comunisti e cattolici Giugno 1944, p. 17 Alleanze Nino Sansone Il nostro dovere Poesia resistenziale Il marxismo e la nostra lotta per la democrazia

Lug. 1944, p. 7 Conferma

Trinacria A Paliddu “lu bascianu”

Poesia popolare La classe operaia alla testa della lotta di liberazione nazionale Ago-Set. 1944, p. 16 Contraddizione Trilussa (inedito)

Numeri Poesia popolare Brano di lett. sovietica

Ago-Set. 1944, p. 21

Alleanze Aragon Paris Poesia

resistenziale La cultura francese contro il nemico Ott.-Nov.-Dic 1944, p. 29 Alleanze Girolamo Sotgiu Dal carcere a Bianca Poesia resistenziale

Lettera di partigiani Ott.-Nov.-Dic. 1944, p. 276 Conferma Salvatore Quasimod o Giorno dopo giorno Poesia sociale (ermetica)

Suggerimenti per una riforma agraria Ott.-Nov.-Dic. 1944, p. 282 Conferma Umberto Saba Teatro degli Artigianelli

Poesia sociale La teoria del valore di Marx Gen. 1945, p. 16 Conferma Umberto Saba

Disoccupato Poesia sociale La teoria del valore di Marx Gen. 1945, p. 16 Conferma Aragon Du poète a son parti

Poesia politica Fascismo e Università Gen. 1945, p. 17 Conferma Paul Eluard

Gabriel Péri Poesia resistenziale

Cultura e popolo Feb. 1945, p. 48 Conferma Aragon La nuit de juillet Poesia resistenziale La posizione sovietica sui problemi della pace

Mar. 1945, p. 81 Conferma Anonimo (stampa clandestina del Pci di Milano) Per i compagni fucilati in Piazzale Loreto Poesia resistenziale Panorama industriale

dell’Italia liberata Apr. 1945, p. 106

Conferma

L. C. (?) Quattro poesia per l’Armata Rossa

Poesia politica Dal Partito Popolare alla Democrazia Cristiana

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