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Horst Grueneberg e il Deutscher Geist in Gefahr

L’intero capitolo 2 del Deutscher Geist in Gefahr è dedicato alla critica delle posizioni nazionaliste della rivista «Die Tat», che invece, nel periodo compreso tra aprile 1932 e marzo 1933, non controbatte altrettanto diffusamente alle osservazioni polemiche di Curtius: infatti solo il pedagogista Horst Grueneberg ne parla in modo esplicito in due occasioni, nelle quali la posizione intellettuale di Curtius è qualificata come «liberale». Per la «Tat» le idee liberali sono vecchie e sorpassate. Vengono rintracciate in ampi settori della vita pubblica, culturale, politica ed economica, come il parlamentarismo, il socialismo, il conservatorismo, le aperture internazionali, il sistema bancario, l’individualismo. In ambito artistico-letterario l’atteggiamento liberale è associato alla tradizione dell’Umanesimo classico e all’apertura verso la cultura delle altre nazioni occidentali.

Il primo riferimento al volume di Curtius compare nell’articolo del 1932

Landschulnot-Volksnot nel paragrafo intitolato “Deutscher Geist in Gefahr”.18

Grueneberg, come Curtius, vede la Germania divisa in due zone culturali nettamente distinte, una occidentale e una orientale. Egli ritiene che per superare questa spaccatura sia necessario che la nazione trovi la sua sostanza in quel particolare «regno di mezzo» posto tra «le idee occidentali e le promesse orientali»: «struttura dello stato, forma economica, volto culturale e non ultimo un atteggiamento religioso che vogliano essere conformi alla missione dell’uomo tedesco in questa fase storica, vanno concepiti a partire

17 Ivi, pp. 259 s.

18 H. Grueneberg, Landschulnot-Volksnot, in «Die Tat», 24, 1932, pp. 273-293.; il paragrafo intitolato “Deutscher Geist in Gefahr” si trova alle pp. 291-293.

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dalla posizione di mezzo della Germania tra gli spazi culturali stranieri».19 L’unico vero

pericolo per lo spirito tedesco risiede a parere di Grueneberg nel vincolare la Germania esclusivamente a Oriente o a Occidente, tradendone in questo modo la natura e i compiti che le sono assegnati. Il libro di Curtius compie esattamente questa operazione.

Grueneberg cita e confuta tre affermazioni contenute nel Deutscher Geist in

Gefahr: «chi sbarra la via verso Parigi, deve aprire quella verso Roma»,20 «solo di propria sostanza lo spirito tedesco non può vivere. Chi lo scioglie dall’Ovest e dal Sud, lo spinge verso Est e questo significa verso il declino»,21 «dal punto di vista storico è un controsenso formulare un’idea puramente nazionale di Bildung tedesca».22 A parere di

Grueneberg si tratta di posizioni inaccettabili perché dichiarano senza mezzi termini che la Germania non possiede un proprio bagaglio culturale e spirituale. L’argomentazione di Curtius non è altro che «il bluff spirituale dietro al quale i liberali nascondono la loro completa incomprensione rispetto al pensiero nazionale». A differenza di Curtius e del «liberalismo spirituale da lui rappresentato», Grueneberg è un sostenitore della lotta per l’autarchia spirituale. A suo parere Curtius non è in grado di decidersi per la Germania: rifiuta infatti di adottare l’Est come modello culturale ma, a parere di Grueneberg, non sceglie nemmeno l’Ovest nel momento in cui sostiene che in Francia non c’è più alcun movimento in grado di coinvolgere la Germania. Grueneberg constata che Curtius ripiega allora verso Roma, scelta che lo spinge poi a sostenere il Zentrum cattolico, l’unico schieramento politico che gli sembra ancora in grado di arginare «i distruttori della cultura». Gruenberg, in tono fortemente ironico, apprezza il fatto che Curtius non avanzi in prima persona alcun diritto a salvare l’eredità spirituale della nazione, tuttavia sostenere che essa sia al sicuro solo nella «Germania romana» significa non avere adeguatamente riflettuto sulla storia tedesca.23 A Grueneberg sembra che in certi momenti Curtius volutamente derida l’idea nazionale e che questo atteggiamento renda vana tutta la sua trattazione, dal momento che non si può conoscere la realtà dell’idea nazionale tedesca se non se ne è intimamente coinvolti. Sulla riforma scolastica degli ultimi decenni il pedagogista della «Tat» fa suo il giudizio del nazionalsocialista antisemita Ernst Krieck,

19 Su questo tema Grueneberg si avvale delle osservazioni di Hinrich Knittermeyer, per il quale «la Germania sta con la sua vocazione da sola tra l’Ovest e l’Est» (H. Knittermeyer, Grenzen des Staates, Berlin, Verlag Edwin Runge, 1932). Grueneberg ritiene che Knittermeyer sviluppi brillantemente il compito del protestantesimo tedesco all’interno di questa posizione di mezzo. 20 E. R. Curtius, Deutscher Geist in Gefahr, cit., p. 48.

21 Ivi, p. 50. 22 Ivi, p. 31. 23 Ivi, p. 47.

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che vi scorge «il tentativo pedagogico di rendere maturo il popolo tedesco per la sottomissione permanente all’Ovest». Per Grueneberg si può superare «l’emergenza del popolo» solo attraverso «il radicale distacco» dalla Bildung umanistica,24 che rappresenta il deleterio percorso di «addestramento di intellettuali urbanizzati saccenti e impertinenti e di svegli affaristi e conduce a quella “intellettualità divenuta virtuosa”25 che Curtius ben

rappresenta».

Il secondo riferimento al volume di Curtius risale al gennaio 1933 e si trova nell’articolo Ist eine Kulturpolitik bereits möglich?, nel quale sono citate alcune parole del primo capitolo del Deutscher Geist in Gefahr senza l’indicazione né dell’autore né del titolo.26 Il tema affrontato da Grueneberg in questa sezione riguarda gli Arbeitslager, comunità di giovani adulti che riscoprono il valore formativo del lavoro manuale e danno origine a un contesto spirituale del tutto diverso «dalle forme in cui la cultura borghese e individualistica trasmetteva la propria Bildung».27 Nella comunità di lavoro le relazioni interpersonali si basano sempre sul reciproco scambio spirituale interamente incluso nella vita associata e in questo nuovo modello di rapporti umani Grueneberg vede la fine dei tempi in cui «spirito e cultura fluttuavano senza vincoli al di sopra della realtà». Egli conclude il suo ragionamento con un lapidario giudizio contro la diffusione della Bildung umanistica sostenuta da Curtius nel primo capitolo del Deutscher Geist in Gefahr:

La cultura spirituale di comunità ha tuttavia un aspetto diverso da come gli spiriti liberali se la immaginano, quando propagandano l’istituzione di un “servizio di diffusione della Bildung ai disoccupati”, una “crociata per la Bildung tedesca del popolo”, per smerciare in questo modo il loro Umanesimo classico riscaldato.

24 Grueneberg segnala a questo punto il volume di Otto Tumlirz, Die Kultur der Gegenwart und

das deutsche Bildungsideal (Leipzig, Verlag Julius Klinkhardt, 1932; l’autore sarà negli anni seguenti un acceso sostenitore del partito nazionalsocialista e dell’ideologia della razza). Questo saggio descrive le correnti culturali del tempo e cerca di arrivare a una ideale autosufficienza della Bildung a partire dall’interpretazione della natura dell’uomo tedesco. A parere di Grueneberg però Tumlirz, nonostante tutti i suoi lodevoli sforzi, non fa che riproporre il modello classico della Bildung occidentale. Grueneberg ribadisce che lo sguardo sull’uomo tedesco diventa libero solo quando si compie il distacco dall’Occidente.

25 Qui Grueneberg ribalta su Curtius il giudizio ironico che questi aveva formulato sugli intellettuali della «Tat».

26 H. Grueneberg, Ist eine Kulturpolitik bereits möglich?, in «Die Tat», 24, 1933, pp. 870-876, la citazione delle parole di Curtius è alle pp. 872-873.

27 Nell’ambito di questo «collettivismo cooperativo» non è più possibile trasmettere il sapere attraverso la forma della tradizionale conferenza o della discussione «che mira a scomporre tutti i contenuti», come avviene per esempio nel confronto parlamentare, perché le relazioni interpersonali non possono essere organizzate dall’esterno e da persone estranee alla comunità, né tanto meno possono avere la forma della lotta di tutti contro tutti.

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Le parole citate da Grueneberg si riferiscono al passo nel quale Curtius propone un coordinamento di tutti gli insegnanti, i laureati e i professionisti senza impiego per offrire corsi agli altri cittadini privi di lavoro. Curtius immagina una campagna di formazione e istruzione rivolta a tutti gli strati della società, da cui deriverebbero immensi benefici politici poiché un simile movimento, nello stesso tempo culturale e popolare, «conferirebbe anche all’ideale della stessa Bildung un nuovo potere sugli spiriti. Potrebbe inondare la nostra comunità nazionale con una corrente unitaria di vita».28

Avversari indegni

Una spiegazione del fatto che la «Tat» non pubblichi una vera e propria recensione del Deutscher Geist in Gefahr può essere rintracciata nell’articolo anonimo Das Ende der

Links-Intelligenz del maggio 1933, in cui ci si rallegra che siano stati proibiti i giornali e

le riviste degli intellettuali di sinistra, come la «Weltbühne» e il «Tagebuch»; si è così finalmente conclusa l’epoca in cui sembrava che fossero gli unici a saper «scrivere bene». Nell’articolo si dice che la «Tat» non entra in polemica con questi intellettuali perché li considera moralmente inferiori; si tratta infatti di persone abili nell’uso della parola, ma prive di onestà e coerenza morale:

In tempi in cui fiorivano pubblicazioni come la Weltbühne o il Tagebuch, noi non abbiamo mai discusso o polemizzato con loro e non abbiamo mai accettato il guanto di sfida lanciato da quel fronte, semplicemente per il fatto che non trovavamo in loro quella serietà morale di fondo che deve stare alla base di ciò che si scrive, e al nostro intuito risultava fin troppo evidente quel genere di talento puramente artistico, che è pronto a commettere il sacrificium intellectus pur di ottenere un’arguzia salace o un’espressione azzeccata.29

Questi intellettuali «meriterebbero una vigorosa pedata», ma il destino che ora li colpisce rappresenta già una punizione sufficiente. Alcuni si trovano nei campi di concentramento, altri in esilio, alcuni patiscono la fame, altri, di certo i migliori, si sono suicidati per la disperazione. Un minuscolo gruppo infine si è rinchiuso negli studi intellettuali, attività che comunque il resto di questi pubblicisti non è in grado di svolgere: «In questa situazione rimane solo a pochissimi l’opportunità di ritirarsi nel campo dello spirito e di produrre libri e studi, poiché alla maggior parte mancano i più semplici presupposti per

28 E. R. Curtius, Deutscher Geist in Gefahr, cit., pp. 16 s.

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farlo». Per l’anonimo giornalista la debolezza morale di queste persone è evidente dal fatto che non reagiscano al divieto che le ha colpite, che non si difendano e non accusino i loro avversari. La palese mancanza di convinzione nelle proprie idee giustifica dunque i drastici provvedimenti di cui costoro sono oggetto e costituisce già in sé la condanna di gente come Egon Erwin Kisch, Emil Ludwig, Kurt Tucholsky, e di tutti gli altri sedicenti paladini della libertà che si nascondono dietro alla maschera dello spirito. Fino a poco tempo prima costoro erano ritenuti guide spirituali da tanti lavoratori, ma ora finalmente si manifestano per quello che sono e di cui la «Tat» aveva sempre avuto percezione, ossia persone moralmente «sudice», addirittura «untuose», arroganti e incapaci di assumersi la responsabilità della lotta.

Questo articolo della «Tat» riguarda in modo netto scrittori di marcata tendenza democratica o socialista (come Tucholsky e Kisch) o scrittori di biografie romanzate come Ludwig, tuttavia potrebbe forse riferirsi anche a intellettuali «liberali» come Curtius, soprattutto quando accenna a chi si ritira negli studi e a chi nasconde la scarsa sostanza umana dietro al paravento dello spirito.

Horst Grueneberg contro la cultura liberale e occidentale

Gli articoli di Grueneberg sulla «Tat» prendono continuamente di mira la concezione liberale della scuola e della cultura. È probabile che si riferisca a intellettuali come Curtius il rimprovero che si legge nell’articolo Nüchterne Schulpolitik dell’aprile 1933.30 Grueneberg constata che oggi si combatte per stabilire quali valori permanenti debbano essere trasmessi dalla scuola e biasima i professori, soprattutto i filologi, che non vogliono prendere atto che i tempi sono cambiati. La scuola superiore registra un drammatico calo nel numero degli allievi ed è inutile che Georg Ried, direttore

30 H. Grueneberg, Nüchterne Schulpolitik, in «Die Tat», 25, 1933, pp. 55-67. La polemica contro il liberalismo è presente ovunque nella «Tat» e negli articoli di Grueneberg. Eccone uno dei tanti esempi tratti dal suo articolo Nüchterne Schulpolitik: «Il nucleo delle argomentazioni di Wolff [presidente generale dell’Associazione Tedesca degli Insegnanti D. L. V.] consiste nel tenere lontano dal D. L. V. il sospetto di avere un’impostazione fondamentalmente liberale; ma questo tentativo non fa altro che dimostrare quanto il sospetto sia fondato. Il liberalismo non è una faccenda del 1918, e il programma del D. L. V., proprio per il fatto di essersi formato nei decenni passati, ha fatto sua la forma spirituale specifica del pensiero liberale che è penetrato in tutti i partiti e le ideologie. Implorare i nomi di Fichte, Humboldt, Süvern e Pestalozzi non serve a scacciare il liberalismo, poiché costoro appartengono tutti al suo ambito, nonostante oggi si lavori, proprio per Fichte e Pestalozzi, a una nuova interpretazione del loro orientamento complessivo e al loro inserimento nel fronte antiliberale» (ivi, p. 62).

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dell’associazione dei filologi, invochi la tutela della scuola superiore impostata da Wilhelm von Humboldt.31 I pensatori del suo calibro infatti si sono guadagnati il rispetto

della loro epoca perché ne soddisfacevano le esigenze. Ora però il nuovo corso della storia impone di abbandonare la ripetizione dei modelli del passato ed esige che essi vengano sottoposti a una nuova rielaborazione:

Il nostro compito però non è assumere e continuare l’eredità, bensì rinnovarla a partire dalle condizioni di uno spazio vitale profondamente modificato. È sempre impressionante constatare che la maggioranza dei professori delle nostre università e le cosiddette teste pensanti dei filologi siano rimasti indifferenti alla visione di questo processo di cambiamento.32

È possibile scorgere in queste parole un’allusione a docenti come Curtius, che sostenevano la necessità di conservare e tramandare la cultura umanistica. Anche il

Deutscher Geist in Gefahr esorta a infondere nuova linfa nella tradizione europea, ma

con intenti diametralmente opposti a quelli di Grueneberg. Il rinnovamento auspicato da Curtius infatti mira a fare sì che lo spirito occidentale mantenga intatta e inalterata la sua sostanza umanistica.

Si può forse rintracciare un ennesimo accenno polemico a Curtius e al Deutscher

Geist in Gefahr in un altro articolo di Grueneberg, Schule im Volk del settembre 1933.33

Grueneberg si scaglia contro i «presunti custodi dello spirito tedesco» che gridano aiuto ogni volta che si parla di «scienza politica, scienza militante e scienza come “difesa, arma e strumento della costruzione politico-nazionale” (Krieck)». Anche costoro sono responsabili della vita del popolo tedesco e ne dovranno rispondere di fronte alla storia. Grueneberg si chiede perché i professori non abbiano marciato al fianco della gioventù nazionalsocialista. Il motivo è semplice, i docenti universitari vivono in una dimensione estranea agli accadimenti del presente; essi infatti si sono tenuti alla larga dai giovani «non per paura o timore della lotta, ma perché vivono in un altro mondo, che non ha più nessuna relazione con la realtà».34

In questo articolo inoltre Grueneberg contrappone il modello positivo dell’uomo rivoluzionario orientale al modello negativo del citoyen occidentale. Anche in questo caso

31 Georg Ried, Schrumpfung oder Verfall der höheren Schule?, Leipzig, Quelle & Meyer, 1933; Horst Grueneberg indica il titolo senza punto di domanda.

32 H. Grueneberg, Nüchterne Schulpolitik, cit., p. 57.

33 H. Grueneberg, Schule im Volk, in «Die Tat», 25, 1933, pp. 465-482. 34 Ivi, p. 476.

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è possibile scorgere una probabile allusione al primo capitolo del Deutscher Geist in

Gefahr, dove Curtius sostiene che il citoyen rappresenta il modello culturale e morale

capace di unire la nazione francese, allo stesso modo del gentleman in Gran Bretagna.35 Grueneberg vede nel citoyen la sintesi della tradizione liberale e razionalistica europea a partire dalla rivoluzione francese e gli contrappone l’energia orientale che nel terzo Reich prevale sulle astratte complicazioni della cultura dell’Occidente:

[…] si afferma un nuovo tipo di persona che si scuote di dosso tutte le incrinature e le distorsioni che un sistema di vita intellettualistico e individualistico ha inflitto alla sua natura fondamentalmente sana […] Detto con i concetti di Moeller van den Bruck, nell’uomo tedesco di oggi il rivoluzionario orientale insorge contro il citoyen occidentale.36

Werner Klau: la letteratura umanistica e cittadina è definitivamente tramontata, una fase nichilista è inevitabile

Nei due articoli Die Fronten der deutschen Dichtung (agosto 1933) e Die Fronten

der deutschen Dichtung II (settembre 1933) Klau illustra le tre diverse tipologie letterarie

della Germania contemporanea.37 I due contributi rivestono un particolare interesse perché costituiscono l’occasione per attaccare ripetutamente la cultura umanistica, i suoi rappresentanti e il suo pubblico. L’autore sostiene che la Bildung classica della borghesia tedesca sia ormai definitivamente tramontata e che a nulla valgano gli sforzi di tutti coloro che si compiacciono di volerla tenere in vita. Questi intellettuali infatti non si rendono conto di isolarsi, così facendo, in una dimensione del tutto estraniata dalla realtà a loro contemporanea.

Per Klau le tre forme letterarie descritte nei suoi articoli testimoniano il passato da cui hanno tratto origine e il contesto presente di cui sono l’espressione poetica. Egli pensa che dalla fine della guerra la letteratura e la cultura umanistica abbiano completamente esaurito ogni slancio vitale e non possano più rivendicare alcuna validità. I rappresentanti di questa cultura sono mentalmente fermi al periodo anteguerra e

35 E. R. Curtius, Deutscher Geist in Gefahr, cit., p. 15.

36 H. Grueneberg, Schule im Volk, cit., p. 482; a p. 479 Grueneberg aveva detto «noi non vogliamo formare “persone”, ma contadini tedeschi, lavoratori tedeschi ecc.».

37 W. Klau, Die Fronten der deutschen Dichtung, in «Die Tat», 25, 1933, pp. 401-409; W. Klau,

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perseverano nell’interpretare il reale con i criteri della tradizione umanistica senza capire assolutamente nulla dei nuovi processi in atto. Essi appartengono a una generazione ormai superata dagli avvenimenti e a quel ceto borghese che va gradualmente scomparendo e che rappresenta ormai una minima parte del popolo tedesco.

Klau sottolinea come in Germania il panorama letterario sia contraddistinto dal caos, dalla contemporanea presenza cioè di espressioni artistiche di segno completamente opposto, che riflettono la disgregazione della realtà tedesca. La letteratura dunque dà voce ad ambienti di vita lontani e spesso ostili fra loro, diversissimi, ciascuno con la sua lingua, la sua visione del mondo, le sue leggi formali. La conseguenza di questo stato di cose è l’incomunicabilità, l’estraneità e l’impossibilità di capire l’altro, come se non esistesse più nessun vincolo di appartenenza condiviso da tutti i tedeschi.

Si confrontano in Germania tre letterature che corrispondono a tre spazi di vita differenti38 e ciascuna è legata a un territorio e a uno sviluppo storico ben determinato. Per comprendere questi spazi della letteratura e della realtà è indispensabile riferirsi sempre alla storia e alle condizioni materiali che li hanno generati. Il primo mondo è quello della letteratura rurale e contadina, che ha la sua origine nella fase arcaica della Germania pagana, nella quale è predominante il senso di appartenenza alla comunità. La diffusione della civiltà romana e del Cristianesimo aprono gradualmente la strada alla cultura umanistica e cittadina, che diventa dominante in Germania a partire dal Rinascimento e che è completamente estranea allo spirito «tedesco-germanico».39 Se

nell’ambiente rurale e contadino la visione del mondo era orientata in direzione della comunità e della tradizione, la cultura umanistica e cittadina ha invece il suo cardine nel singolo individuo che deve affermare se stesso contro le avversità e i pregiudizi del mondo esterno.

L’Umanesimo diventa il cardine della Bildung borghese e domina totalmente la vita spirituale tedesca fino alla prima guerra mondiale,40 anche se già a partire dalla metà del XIX secolo non è più in grado di tenere il passo della realtà, limitandosi alla ripetizione di modelli classici che risultano ormai artificiosi e inadeguati. Il mondo della cultura umanistica e cittadina, non credendo più in se stesso, innesca un processo interno di degenerazione, addirittura di «putrefazione dell’anima» e il lavorio interiore si trasforma in spiritualità esasperata:

38 W. Klau, Die Fronten der deutschen Dichtung, cit., p. 402. 39 Ivi, p. 403.

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[i poeti umanistici dopo il 1832] conservarono fondamentalmente le vecchie forme e i vecchi contenuti e li sottoposero a una selezione tanto raffinata quanto eccessiva e a un processo di autodisfacimento. Il contenuto della Bildung degenerò in esagerata spiritualità, la problematica dell’anima divenne putrefazione dell’anima: si realizzò la disgregazione spirituale di questo mondo, che alla fine cominciò a dubitare delle sue idee portanti e le mise in discussione a partire dal suo interno. Con la guerra mondiale la cultura umanistica e cittadina andò incontro a una crisi totale, dai cui traumi non si riprenderà più.41

Questa crisi corrisponde al venir meno, nel corso degli anni Dieci e Venti, della