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Roger Woods sottolinea che le numerose sfaccettature della rivoluzione conservatrice trovano un filo comune negli atteggiamenti di reazione negativa: antiliberalismo, anticomunismo, antirepubblicanesimo e antisemitismo.73 Molti

rivoluzionari-conservatori intendono staccarsi dalla tradizione che ha le sue radici nella Germania guglielmina, e rifiutano ogni pensiero di restaurazione politica.74 Nel concetto

di Geist essi vedono quell’intelletto razionale che disprezzano come corrotto, astratto e per nulla tedesco.

Jeffrey Herf cita nel suo studio Friedrich Georg Jünger (fratello di Ernst Jünger) che in Der Aufmarsch des Nationalismus (1926) esprime idee largamente rivoluzionarie- conservatrici. Friedrich Georg Jünger dice infatti che la razionalità è sinonimo di declino e perdita del senso di appartenenza alla comunità, tratti questi caratteristici di quegli intellettuali che «tradiscono il sangue con l’intelletto». Friedrich Georg Jünger guarda con favore alla «comunità di sangue» e con diffidenza alla «comunità di intelletto» (Geistgemeinschaft), e aggiunge che una «comunità di sangue non [ha bisogno] di giustificare se stessa: vive, c’è senza la necessità di giustificazione intellettuale». I rivoluzionari conservatori identificano la Germania con la comunità di sangue mentre relegano le persone, le idee e le istituzioni che disprezzano – l’Inghilterra, la Francia, la democrazia e il parlamento, il liberalismo politico ed economico, il socialismo marxista e spesso anche gli ebrei – nella «comunità di intelletto». Nella visione di Friedrich Georg Jünger lo scopo della politica è rendere possibile la realizzazione della «comunità di sangue» a discapito della «comunità di intelletto» razionalizzata e senz’anima.75

I rivoluzionari conservatori sono nazionalisti per i quali le virtù del popolo tedesco sono superiori alle influenze distruttive tanto del capitalismo e del liberalismo occidentale quanto del socialismo marxista; questo dà ai loro scritti una spinta antimodernista, poiché scorgono ovunque i segni tangibili della «perdita dell’anima» causata dal modernismo.

73 R. Woods, The Conservative Revolution in the Weimar Republic, New York, St. Martin’s Press, 1996, qui p. 80.

74 Ivi, p. 2.

75 J. Herf, Reactionary Modernism. Technology, Culture, and Politics in Weimar and the Third

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Essi difendono la Kultur nazionale contro la Zivilisation cosmopolita: la prima è radicata nel popolo, la seconda è senz’anima, esterna e artificiale.76

Se l’estrema sinistra vede la comunità futura nei consigli degli operai e nei Soviet, l’estrema destra scorge il nucleo della comunità non solo nel passato contadino e preindustriale, ma anche nell’esperienza del fronte, nella quale si trova il «tesoro perduto» che può essere riconquistato e reso permanente dalla politica nazionalistica di destra. In questo modo la guerra e il nazionalismo tedesco diventano per i rivoluzionari conservatori alternative pienamente moderne al capitalismo e alla società borghese.77

All’interno della rivoluzione conservatrice Herf individua il modernismo reazionario, che combina l’irrazionalismo con l’entusiasmo per la tecnologia;78 il suo principale esponente è Ernst Jünger, ma Herf ritiene di poterne rintracciare l’origine nella riflessione di Werner Sombart sugli ebrei, identificati con la razionalità del mercato e con l’avidità commerciale in contrapposizione ai tedeschi simbolo del lavoro produttivo e della tecnologia. Il risultato di questa operazione ideologica è di separare la protesta contro il capitalismo e il mercato dai risentimenti antitecnologici e di trasferirla contro il liberalismo, il marxismo e gli ebrei.79

I modernisti reazionari credono che la tecnologia possa essere resa compatibile con la vita, l’anima, e il sentimento invece che con l’intelletto e le formule astratte; ritengono che essa appartenga al sangue e non al denaro, alla «bellezza della politica autoritaria» piuttosto che alla baraonda della discussione parlamentare.80 Vi sono ragioni

eminentemente pratiche che portano il nazionalismo tedesco a distanziarsi dal rifiuto della tecnologia; infatti, come spiega bene Oswald Spengler, «il conservatorismo dei mezzi» nell’era della guerra moderna porta direttamente alla sconfitta nazionale. Mentre i conservatori sostengono che troppo sviluppo tecnico distrugga l’anima tedesca, i modernisti reazionari pensano al contrario che poca tecnica porti la nazione al collasso e senza nazione l’anima tedesca è destinata a scomparire.81

La Germania postbellica offre una terra molto fertile in cui le idee dei modernisti- reazionari e dei rivoluzionari-conservatori possono attecchire con facilità, a partire dal culto dell’interiorità, che esprime un modo di pensare ostile al liberalismo. Dai romantici 76 Ivi, p. 35. 77 Ivi, p. 230. 78 Ivi, pp. 40, 42 s. 79 Ivi, p. 45. 80 Ivi, p. 227. 81 Ivi, pp. 225 s.

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agli ideologi nazionalisti, da Friedrich Nietzsche a Richard Wagner, dalla

Lebensphilosophie ai movimenti giovanili anteguerra, la Germania ha prodotto, in una

misura senza pari in Europa, una serie di pensatori che celebrano i valori non razionali. In questo contesto va poi inserito il dato storico più importante, il fatto che la rapida industrializzazione capitalistica abbia avuto luogo in Germania senza una vera e propria rivoluzione borghese: la borghesia, il liberalismo politico e l’Illuminismo infatti svolgono un ruolo molto marginale nell’evoluzione della società tedesca.82

Martin Travers cerca di capire a quali gruppi intellettuali alluda Hofmannsthal con il discorso del 1927 Gli scritti come spazio spirituale della nazione, nel quale viene delineata una «rivoluzione conservatrice» puramente spirituale senza tratti politici riconoscibili. Travers ritiene che Hofmannsthal abbia in mente un movimento vago e amorfo di «protesta» culturale, a cui danno impulso diversi, e a volte divergenti, raggruppamenti della vita intellettuale tedesca del primo Novecento.

Il primo gruppo è costituito da autori di prestigio, paladini di una posizione anti- moderna che ha la sua origine nella Germania imperiale anteguerra; essi esprimono una visione conservatrice e una critica essenzialmente etica, e non politica, alla cultura del modernismo. I loro nomi sono quelli di Paul Ernst, Hermann Löns, Hermann Stehr, Wilhelm Schäfer, Erwin Guido Kolbenheyer, Friedrich Griese, Hans Friedrich Blunck e Hans Grimm. Le loro opere trovano un ampio pubblico tra coloro che si sentono disorientati dal rapido cambiamento sociale e politico del dopoguerra, dalla tremenda inflazione e dai continui cambi di governo, da una situazione cioè che sembra, per usare le parole del romanziere della Germania rurale Stehr, «un caos totale […] un mistero, che siamo costretti a sopportare».83 Intrappolati dentro a processi di cambiamento sociale ed economico che non sono in grado di capire, i lettori di questi scritti cercano testi che non solo mettano a nudo le origini della crisi, ma anche incitino ad avere fede in un Germania tradizionale e offrano soluzioni che invertano il declino dilagante. Esse vanno dalla comunità militante del romanzo Der Wehrwolf di Löns (1910) ai valori spirituali e guaritori della pura interiorità di Der Heiligenhof di Stehr (1918), dalla mitologia nazionalista di guerra del Glaube an Deutschland di Hans Zöberlein (1931) fino all’utopia di un popolo tedesco padrone del suo spazio vitale di Volk ohne Raum di Grimm (1926).

82 Ivi, p. 232.

83 M. Travers, Critics of Modernity. The Literature of the Conservative Revolution in Germany,

1890-1933, New York, Peter Lang, 2001, qui p. 13 n. 4; Travers cita H. Stehr, Das neue Evangelium, in Das Stundenglas: Reden/Schriften/Tagebücher, Leipzig, Paul List Verlag, 1936, pp. 163-166, in particolare pp. 164 s.

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Travers sottolinea che queste pubblicazioni ricorrono strumentalmente a una forte carica emotiva per sostenere la necessità di rifiutare il mondo moderno e tornare a relazioni sociali e personali più semplici di quelle della metropoli.

Hofmannsthal allude probabilmente anche a un secondo gruppo di rivoluzionari- conservatori. Travers infatti pensa che il riferimento alla giovinezza e al rinnovamento contenuto nel discorso del 1927 indichi scrittori più giovani e più radicali, che infondono alla rivoluzione conservatrice un carattere nettamente più acceso e dinamico. Questo gruppo disprezza l’epoca guglielmina per la sua mancanza di eroismo e la sua pomposità; allo stesso modo disdegna la repubblica di Weimar e il suo cosmopolitismo e cerca di annientarli attraverso il «nazionalismo reazionario». Non guarda più alla campagna come modello per la rivoluzione conservatrice ma ai centri urbani e industriali, popolati da una nuova specie di attivista politico, energico, populista, in possesso di una spietata mentalità tecnocratica e capace di realizzare gli obiettivi del «nazionalismo soldatesco» (soldatischer Nationalismus), che attinge i suoi modelli decisionistici tanto dalla sinistra quanto dalla destra. Infatti, come Ernst Jünger ripetutamente sostiene nel suo romanzo

Der Arbeiter (1932), la rivoluzione conservatrice supera le tradizionali demarcazioni

ideologiche e abbraccia gli estremi della destra e della sinistra, facendoli confluire nell’unico alveo della volontà popolare, il cui scopo è la distruzione non solo del parlamento ma di tutte le istituzioni del moderno stato borghese. Questo punto di vista trova la sua più energica espressione nel lavoro di Arnolt Bronnen e Ernst von Salomon, entrambi scrittori vicini alle posizioni di Ernst Jünger.84

Thomas Mann nel 1933 formula un giudizio completamente diverso sull’idea hofmannsthaliana di rivoluzione conservatrice, da lui ritenuta un concetto ambiguo e pericoloso. Woods recupera il giudizio di Thomas Mann per mettere in rilievo l’astrattezza della visione di Hofmannsthal e la sua lontananza dai dati di fatto della realtà:

È stata sottolineata la distanza esistente tra sperimentazione intellettuale e pratica politica. Nei suoi appunti di diario del 1933 Thomas Mann nota che a Hugo von Hofmannsthal piaceva parlare di una “rivoluzione conservatrice” senza preoccuparsi di “quale forma potesse assumere nella realtà”. Gli intellettuali tedeschi, scrive Mann, non erano abituati a riflettere sul possibile esito pratico delle loro idee. Questo li rendeva liberi e arditi nel modo di pensare, ma anche irresponsabili e lontani dalla realtà.85

84 M. Travers, Critics of Modernity. The Literature of the Conservative Revolution in Germany,

1890-1933, cit., pp. 2 s.

85 R. Woods, The Conservative Revolution in the Weimar Republic, cit., pp. 113, 156 n. 16; Woods cita Th. Mann, “Leiden an Deutschland. Tagebuchblätter aus den Jahren 1933 und 1934”, in Th.

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Mann, Politische Schriften und Reden, vol. 2, Frankfurt am Main Hamburg, Fischer, 1968, pp. 253-314, qui pp. 276-277.

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