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Il ruolo dell’agricoltore nella filiera corta nella legislazione promo zionale

Le disposizioni finora richiamate testimoniano il favor per l’imprenditore agricolo nell’ottica di una disciplina speciale dell’impresa agricola rispetto a quella commerciale, che si riflette anche nella regolazione delle attività di vendita, svolte dall’imprenditore agricolo, quando rientrano nella attività di impresa.

Nella più recente legislazione italiana, però, la riscoperta del ruolo dell’agri- coltore nella filiera corta acquista un significato diverso, che tiene conto anche di altri fattori. Essa opera anzitutto come strumento di riequilibrio del mercato. Infatti la riduzione della filiera, oltre a soddisfare le esigenze dell’imprenditore ad una maggiore remunerazione del proprio lavoro (perché in tal modo l’impren- ditore agricolo ha la possibilità di appropriarsi del margine di guadagno altrimenti disperso negli altri segmenti della filiera), contribuisce anche alla speculare e op- posta esigenza dei consumatori di una riduzione dei prezzi dei prodotti alimentari3.

A questi aspetti di rilevanza economica individuale, si aggiungono altri obiettivi complementari, riconducibili alla tutela di istanze di rilevanza collettiva: la tutela dell’ambiente (nella misura in cui si riducono i costi di trasporto delle merci), ma anche la risposta a finalità sociali di riavvicinamento dei cittadini alla realtà rurale.

Si scorge, dunque, una nuova centralità del ruolo dell’imprenditore agricolo nella relazione contrattuale diretta con il consumatore; al diritto spetta il ruolo di promuovere e incentivare questo canale distributivo della «vendita diretta» o della «filiera corta». In essa, la dimensione locale del mercato coniuga gli interessi delle imprese agricole con quelli dei consumatori, destinatari indiretti di un vantaggio economico e sociale.

Gli strumenti normativi sono dunque di carattere promozionale.

3 Sul punto, numerosi sono gli studi e i documenti dell’UE sui prezzi dei prodotti agricoli e sulla necessità di un controllo degli stessi lungo la filiera alimentare: v. in particolare la Comunicazione della Commissione COM (2008)821 e i lavori del focus group del 2009. In Italia, risale al 2007 lo studio dell’AGCM sulla filiera ortofrutticola: IC28 del 7 giugno 2007.

Prima tra tutti, si deve richiamare la legislazione sui «Farmers’ market» (mercati di imprenditori agricoli a vendita diretta), prevista dall’art. 1 c. 1065 della legge finanziaria per il 2007 n. 296/2006 e attuata dal decreto MIPAAF 20 novembre 20074. La normativa non è diretta a regolamentare l’attività di vendita (per questi

aspetti si rinvia alla legislazione esistente), limitandosi a individuare le condizioni per l’accesso alle misure di sostegno. Essa prevede la predisposizione di aree de- dicate ai mercati per la vendita diretta, a favore di imprenditori la cui azienda sia collocata «nell’ambito territoriale amministrativo della regione o negli ambiti de- finiti dalle singole amministrazioni competenti»; per prodotti agricoli provenienti dalla propria azienda (o da soci della cooperativa) nel limite della prevalenza di cui all’art. 2135 c.c.; con l’esclusione dei produttori che per condanne in materia di igiene o frodi alimentari non possono esercitare la vendita diretta ai sensi dell’art. 4 del d. lgs 228/01.

Questa normativa, volta a definire le «linee di indirizzo per la realizzazione dei mercati riservati agli imprenditori agricoli di cui all’art. 2135, ivi comprese le cooperative» la cui istituzione o autorizzazione è di competenza dei comuni, trova poi applicazione nella legislazione regionale che ha disposto contributi per la rea- lizzazione dei mercati per la vendita diretta (v., ad es., la l.r. Lazio 28/2008, art. 2).

Altre misure sono state elaborate poi nell’ambito delle leggi regionali, diret- te ad incentivare prodotti agroalimentari di qualità della filiera corta, con l’intento di promuovere il consumo dei prodotti locali: un recente filone normativo, infatti, si riferisce alle “produzioni a chilometro zero” (Losavio, 2011).

Anche in questo caso le leggi fanno riferimento alla filiera corta dei prodotti di qualità, ma l’accezione è qui intesa in senso più ampio, ovvero include tutte le attività di vendita, anche tramite intermediari che valorizzano i prodotti del terri- torio, come ad esempio:

- l’incremento dell’utilizzo di prodotti locali nei servizi di ristorazione colletti- va (l.r. Sardegna 1/2010, l.r. Friuli 4/2010);

- la commercializzazione di prodotti locali negli esercizi di vendita al dettaglio (l.r. Friuli 4/2010, l.r. Veneto 7/2008), che può avvenire anche attraverso lo strumento delle intese di filiera promosse a livello regionale allo scopo di valorizzare i prodotti locali (art. 14, l.r. Lazio 29/2008; analoga previsione è presente nella Regione Puglia che ha promosso intese di filiera per incenti- vare l’offerta di prodotti regionali nelle grandi strutture di vendita);

4 Per un’analisi dei principali aspetti giuridici in materia di Farmers Markets nella legislazione italia- na, v. in particolare: Alabrese e gli altri contributi raccolti da Sirsi nel fascicolo 3/2008 della Rivista di diritto alimentare; Masini, 2007.

- la concentrazione dell’offerta tramite siti web ufficiali (l.r. Lazio 29/2008 che prevede i c.d. gruppi di offerta, che fanno da pendant ai gruppi di acquisto solidale dei consumatori).

Nel complesso, la normativa regionale appare diretta in via prioritaria alla tutela delle produzioni locali, in relazione all’origine dell’area di produzione (regio- nale) piuttosto che alle modalità di vendita diretta, oggetto della legislazione sui mercati contadini sopra illustrata.

Sempre sul piano delle misure di carattere promozionale, in riferimento però in questo caso alla tutela di enti associativi e alla definizione del regime fiscale ad essi applicabile per la circolazione dei beni, la legislazione nazionale ha definito i «gruppi di acquisto solidale» (art. 1, c. 266 della legge finanziaria per il 2008, n. 244/07) soggetti che si pongono l’obiettivo di valorizzare la filiera corta attraverso una particolare modalità di fornitura di beni di consumo, che parte dall’iniziativa di consumatori riuniti in associazioni, alla ricerca delle imprese locali per forniture di prodotti locali. Le leggi regionali hanno poi ampliato l’iniziativa legislativa allo sco- po di incrementare, attraverso il sostegno ai gruppi di acquisto solidale, la vendita diretta dei prodotti agroalimentari e di qualità (così la l.r. Umbria 1/2011; l.r. Lazio 29/2008; cfr. Canfora, 2011).

Legislazione sulla filiera corta e questioni di compatibilità con il