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La batterioruberina, Rub, un carotenoide a 50 atomi di carbonio aciclico (formula C50H76O4) è il principale carotenoide prodotto in H. salinarum così come in altri alofili

estremi. Nel batterio la si ritrova principalmente nella forma dell’isomero all-trans (Fig

1.19), 68% circa, ma sono presenti anche altri isomeri seppur in percentuali minori

(Mandelli et al., 2011). Tutti gli isomeri della batterioruberina presentano un caratteristico spettro di assorbimento con tre picchi. Le lunghezze d’onda di questi picchi così come i loro rapporti relativi sono leggermente diversi nelle varie forme (Fig 1.19).

Figura 1.19: In alto la struttura chimica della batterioruberina nell’ isoforma all-trans (da Yoshimura 2008 modificata). In basso lo spettro di assorbimento della all-trans batterioruberina (da Mandelli et al., 2011 modificata)

La batterioruberina, vista la sua struttura centrale liposolubile, due estremità polari, ed un adeguata lunghezza (Mandelli et al., 2011) viene inserita nella membrana e agisce stabilizzando il doppio strato, conferendogli una maggiore rigidità e una ridotta permeabilità all’acqua; un ruolo simile a quello svolto dal colesterolo nelle cellule eucariotiche (Lazrak et al., 1987). La batterioruberina è anche un importante componente di particolari patch di membrana prodotti da H. salinarum chiamate Red Membrane, RM, il

33 cui colore e spettro di assorbimento sono dovuti proprio alla presenza di questo carotenoide.

Il suo ruolo strutturale è stato meglio osservato in altri organismi alofili estremi simili ad

H. salinarum. Halorubrum sp aus-2 possiede nelle sue claret membrane un complesso

formato dalla proteina Archeorodopsina-2, aR-2, e dalla batterioruberina (Yoshimura et al., 2008). Nonostante notevoli differenze nella sequenza amminoacidica (l’omologia di sequenza tra BR e aR2 è del 56%), le due proteine mostrano notevoli somiglianze strutturali e funzionali. Come BR anche aR-2 è una pompa protonica costituita da 7 α- eliche transmembrana che assorbe tra 550 nm e 570 nm e sfrutta l’isomerizzazione del retinale per dare il via al fotociclo. Come BR si presenta con una struttura trimerica (Fig

1.20). Anche lo spazio idrofobico intra-trimero, riempito di lipidi è piuttosto conservato tra

BR e aR2 (Yoshimura et al., 2008). È possibile che la trimerizzazione sia una strategia comune per catturare speciali lipidi che assistano l’attività della proteina, in particolare che permettano i cambiamenti conformazionali di un elica (la C in BR) che si affaccia verso l’interno del trimero durante il fotociclo (Yoshimura et al., 2008). La batterioruberina riveste un importante ruolo strutturale nella trimerizzazione della aR2 andando a legarsi tra le subunità adiacenti del trimero (Fig 1.20) (Yoshimura et al., 2008). Come detto anche la batteriorodopsina è capace di formare una struttura trimerica ma senza batterioruberina (il suo ruolo è svolto dal fosfolipide difitanil dietere), la quale è pero abbondante in altre regioni di membrana di H. salinarum come le RM, quindi probabilmente esiste un sistema di riconoscimento dei lipidi che permette alla BR di escludere la batterioruberina dalla purple membrane e quindi da BR stessa (Yoshimura et al., 2008). Sia aR2 che BR possono pompare protoni anche in forma monomerica tuttavia la trimerizzazione serve ad aumentare la stabilità termica delle proteine ed il range di pH a cui la proteina può operare, che passa da pH 4-7 della forma monomerica ad un pH 3-10 della forma trimerica (Yoshimura et al., 2008).

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Figura 1.20: Vista dall’alto (a) e laterale (b) del trimero di aR2. La batterioruberina, il retinale e la catena della Lsy 221 a cui è legato sono rappresentati a spazio pieno; i glicolipidi nello spazio centrale intratrimero sono in rappresentazione a bastoncino. O ed N sono rispettivamente in rosso e blu mentre C sono in viola (retinale), giallo

(batterioruberina) o grigio (altro) (da Yoshimura et al., 2008).

La batterioruberina svolge una funzione simile anche nell’alorodopsina di un mutante dell’ archeonte alofilo/alcalofilo estremo Natronomonas Pharaonis. Anche in questo caso si tratta di una proteina con 7 alfa-eliche transmembrana che utilizza il retinale come cofattore anche se vengono pompati ioni Cl- dall’esterno all’interno della cellula anziché protoni in direzione opposta. Anche in questo caso la proteina assume una struttura trimerica con la batterioruberina che si inserisce negli spazi tra i monomeri (Kikukawa et al., 2015).

Oltre al ruolo strutturale la batterioruberina svolge anche una funzione antiossidante. In generale questa capacità è comune ai carotenoidi ed è dovuta a particolari aspetti della loro struttura chimica, quali il numero di doppi legami coniugati e il tipo e numero di gruppi funzionali presenti (Mandelli et al., 2011). I carotenoidi hanno quindi funzione di scavengers tanto nei confronti delle RNS che delle ROS quali l’ossigeno singoletto, O2-, il

perossido di idrogeno H2O2 e il radicale ossidrile OH∙, normali prodotti del metabolismo.

Tuttavia in specifiche condizioni ambientali come temperatura elevata, radiazioni ionizzanti e radiazioni UV, queste specie molecolari possono essere prodotte in quantità molto elevate e l’organismo entra in uno stato di stress ossidativo (Kaur et al., 2010). RNS e ROS sono estremamente reattive e possono reagire con numerosi componenti cellulari tra cui lipidi, proteine e DNA, generando un danno ossidativo con conseguente mutagenesi e morte dell’organismo.

La capacità antiossidante dei carotenoidi aumenta all’aumentare del numero di doppi legami coniugati ed è funzione del tipo e del numero dei gruppi funzionali presenti. Per

35 questo motivo la all-trans batterioruberina, che presenta 13 doppi legami coniugati e quattro gruppi idrossilici alle posizioni C-1, C-1’, C-3’’ e C-3’’’ (Mandelli et al., 2011), si è dimostrata un antiossidante più efficiente rispetto al ß-carotene che possiede 11 doppi legami coniugati (Shahmohammadi et al., 1998). Si ritiene che Rub possa svolgere la sua azione antiossidante con due diversi meccanismi: uno è il trasferimento di elettroni dal carotenoide al radicale producendo un radicale carotene cationico; l’altro è l’aggiunta delle specie reattive (non radicali), quali H2O2, al carotenoide, probabilmente per aggiunta di

OH alla sua struttura (Mandelli et al., 2011).

È stato dimostrato che mutanti privi di Rub sono più sensibili rispetto ai wild-type ad agenti che danneggiano il DNA come radiazioni ionizzanti e perossido di idrogeno e soprattutto UV, (Shahmohammadi et al., 1998).

La batterioruberina protegge contro rotture a singolo filamento del DNA, SSB (single- strand break), e quelle a doppio filamento, DSB (double strand break). Lo fa principalmente interagendo con i radicali liberi prodotti dall’esposizione a radiazioni ionizzanti (raggi-gamma), in particolare il radicale ossidrile. Infatti, la maggior parte degli SSB sono dovuti proprio ad attacco dei radicali ossidrilici al DNA (Asgarani et al., 1999). È stato osservato che l’esposizione del wild-type al perossido di idrogeno, che può generare radicali, porta ad una perdita del colore rosso, che è indice di degradazione della batterioruberina che ha interagito con queste specie chimiche. La Rub si è dimostrata essere uno scavengers migliore non solo del ß-carotene, ma anche dell’L-cisteina e del glutatione ridotto che, a parità di concentrazione con Rub non portano ad un significativo calo dei DSB nella cellula (Shahmohammadi et al., 1998). Un effetto simile è stato riscontrato anche in altri organismi, tra questi c’è Deinococcus radiodurans, un microorganismo estremamente resistente alle radiazioni e produttore di batterioruberina (Shahmohammadi et al., 1998). Vista la sua struttura chimica e il suo ruolo di stabilizzatore di membrana, la batterioruberina potrebbe svolgere la sua funzione di scavenger di radicali liberi proprio a livello della membrana (Fig 1.21) (Asgarani et al., 1999). Così facendo impedirebbe a queste specie reattive di diffondere al DNA, questo è particolarmente importante dato che i procarioti hanno ampie ed importanti porzioni di DNA associate alla membrana (ori, ter,…) che risultano così protette (Asgarani et al., 1999). Oltre a ciò può andare anche ad inibire la perossidazione dei lipidi di membrana che altrimenti porterebbe alla formazione di malondialdeide la quale a sua volta può formare addotti genotossici con il DNA (Asgarani et al., 1999; Shahmohammadi et al., 1998).

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Figura 1.21: In alto vediamo come, in assenza di batterioruberina, i lipidi di membrana sono danneggiati dalle ROS (pallini rossi). In basso invece vediamo la batterioruberina (in rosso) intercalata nel doppio strato fosfolipidico che interagisce con le ROS (pallini verdi), proteggendo cosi i lipidi di membrana dal danno ossidativo (da HALOTEK 2018)

L’effetto protettivo è ancora più marcato nei confronti di radiazioni UV, in questo caso potrebbero infatti influire altri due aspetti: la batterioruberina potrebbe assorbire l’energia degli UV o potrebbe fornire indirettamente energia per il funzionamento degli enzimi fotoriattivatori che risolvono i dimeri di timidina indotti dagli UV (Jones et al., 2017). Uno degli effetti dannosi degli UV, che non passa attraverso la formazione di ROS, sono proprio i danni a carico del DNA, in particolar modo la formazione di dimeri di ciclobutano pirimidine, CPD (Asgarani et al., 1999). H. salinarum risulta essere 4 volte più resistente a danni da UV rispetto a Escherichia coli e 2 volte più resistente nei confronti di radiazioni ionizzanti che generano radicali liberi (Asgarani 1999). La batterorioruberina riduce la formazione di CPD sebbene il meccanismo molecolare non sia chiaro, anche se probabilmente si tratta di un quencing diretto o indiretto dell’energia degli UV; fatto sta

37 che mutanti che non producono batterioruberina sono 5 volte più sensibili agli UV rispetto ai WT (Asgarani et al., 1999).