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Studio sulla crescita di Halobacterium salinarum e sull'espressione dei suoi fotorecettori in risposta a differenti stimoli chimico-fisici

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Facoltà di Scienze M.F.N.

Corso di Laurea in Biologia molecolare e

cellulare

Tesi di Laurea

Studio sulla crescita di Halobacterium salinarum e

sull'espressione dei suoi fotorecettori in risposta a

differenti stimoli chimico-fisici

Candidato:

Relatori

:

Thomas Pieri

Dott.ssa Sabina Lucia

Dott. Roberto Marangoni

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INDICE DEI CONTENUTI

RIASSUNTO (in italiano) 2

SUMMARY (in english) 4

ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE 6

1. INTRODUZIONE 1.1 Caratteristiche generali 7

1.1.1 Parete, membrana e flagelli 8

1.1.2 Genetica e fisiologia 12

1.1.3 Chemotassi in H. salinarum 15

1.2 Le rodopsine archeali 16

1.2.1 Composizione ed assemblaggio delle Purple Membrane 18

1.2.2 Struttura e funzione della batteriorodopsina 21

1.2.3 Ruolo metabolico della batteriorodopsina 26

1.2.4 Regolazione genetica della sintesi della batteriorodopsina 27

1.3 Ruolo fisiologico della batterioruberina 32

1.4 Biosintesi di batterioruberina e retinale 37

1.5 Scopo della tesi 41

2. MATERIALI E METODI 2.1 Ceppi archeali utilizzati 42 2.2 Preparazione del terreno di coltura 43 2.3 Misure spettrofotometriche e curve di crescita 44 2.4 Variazioni nelle condizioni di coltura 45 2.5 Misure elettrodo di Clark 46

2.5.1 Irraggiamento del campione all’interno dell’elettrodo 47

2.6 Estrazione e separazione di Purple Membrane e Red Membrane 48 2.6.1 Procedura di purificazione delle PM su piccoli campioni 48 2.6.2 Procedura di purificazione contemporanea delle PM e RM 49 3. RISULTATI 3.1 Effetto della luce sulla crescita delle colture 61 3.2 Effetto dell’agitazione sulla crescita delle colture, modulazione di O2 69 3.3 Effetto della temperatura sulla crescita delle colture 74 3.4 Effetto delle Nanoparticelle di TiO2 76 3.5 Estrazione e Separazione delle Purple e Red Membrane 80

4. DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 89

5. RINGRAZIAMENTI 93

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RIASSUNTO

Halobacterium salinarum è un archeobatterio alofilo estremofilo, aerobio facoltativo che

vive in saline naturali o artificiali. Un ambiente che, data l’elevata concentrazione di NaCl, è caratterizzato da ridotta disponibilità di ossigeno e che a causa della ridotta profondità è uniformemente irraggiato da un’alta intensità luminosa sia Visibile che UV e può raggiungere temperature abbastanza elevate.

Una caratteristica di H. salinarum è la presenza di quattro diversi fotorecettori. Due di loro, denominati Rodopsine Sensorie (SRI e SRII), modulano la risposta motoria del batterio alle diverse intensità e lunghezze d’onda della luce. Gli altri due, Alorodopsina (HR) e Batteriorodopsina (BR), sono pompe ioniche, per il cloro e per i protoni rispettivamente. BR, che è la più studiata e caratterizzata, è costituita dall’apoproteina batterio-opsina e dal cromoforo all-trans retinale e forma nella membrana una struttura regolare chiamata Purple Membrane (PM), colore dovuto all’assorbimento di BR. La luce da il via alle variazioni conformazionali di BR che permettono la formazione di un gradiente protonico utilizzato per ottenere la sintesi di ATP e il movimento flagellare. In questo modo H.

salinarum usa la BR per operare una “foto-fosforilazione” particolarmente utile in carenza

di ossigeno.

Altro elemento interessante è la presenza di diversi carotenoidi che intervengono nella difesa della cellula dalla radiazione ultravioletta (UVA-UVB), hanno azione antiossidante e inoltre contribuiscono alla stabilizzazione della struttura della membrana. Quest’ultimo ruolo è stato ipotizzato in particolare per la batterioruberina, carotenoide a lunga catena e rilevante componente di una struttura di membrana denominata Red Membrane (RM), simile per alcuni aspetti alla Purple Membrane, ma poco studiata e caratterizzata. La prima parte della via biosintetica che porta alla batterioruberina è in comune con quella di sintesi del cromoforo all-trans retinale. La via ha un punto di biforcazione nella trasformazione dell’intermedio comune Licopene o in retinale via ß-carotene o in batterioruberina via alcuni intermedi. Studi recenti hanno evidenziato connessioni tra la formazione di BR e la concentrazione di batterioruberina, così come tra la formazione di entrambe e alcuni parametri fisico-chimici, ad esempio la luce e l’O2. Non ci sono, però, informazioni

sull’evoluzione temporale delle Red Membrane di cui la batterioruberina è componente rilevante, ne sulla struttura e composizione di tali membrane.

Nel nostro studio siamo andati a valutare l’effetto di alcuni parametri fisico-chimici sulla crescita di H. salinarum e sulla sintesi di questi pigmenti. Per farlo abbiamo utilizzato il ceppo wild-type NRC1, esprimente tutte e 4 le rodopsine archeali ed abbondanti quantità di

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3 carotenoidi, ed il ceppo S9 che super-produce BR ed è deficiente di carotenoidi. Durante il nostro studio tuttavia abbiamo potuto osservare una induzione nella sintesi di Rub in S9 a livelli paragonabili ad NRC1.

I nostri risultati indicano che la riduzione della Irradianza al 50% o allo 0% (Buio) ha un effetto irrilevante su NRC1, mentre, in S9, riduce la crescita e la produzione di BR; il ciclo luce (14h)- buio (10h) invece rallenta significativamente la crescita in entrambi i ceppi. In NRC1 c’è anche una riduzione della crescita, mentre in S9 la riduzione non è altrettanto chiara. Per quanto riguarda invece l’ agitazione una sua riduzione rallenta la crescita quando questa avviene nella prima fase di crescita, blocca la crescita quando questa avviene nella prima fase stazionaria. L’aumento dell’agitazione nella prima fase di crescita incrementa quest’ultima, è irrilevante quando l’aumento è effettuato nella prima fase stazionaria. L’interruzione dell’agitazione invece blocca la crescita. L’effetto dell’agitazione sembra quindi essere dipendente dallo stato della coltura e non ha effetto rilevante sull’aumento di produzione di Rub da parte di S9. L’aumento della temperatura di crescita della coltura aumenta la velocità di crescita nella fase esponenziale, ma riduce complessivamente la crescita (indice di saturazione più basso rispetto al controllo). Nei campioni sottoposti a più alta temperatura sembra esserci una minore produzione di BR e una lieve produzione di batterioruberina.

Dai nostri risultati non è però possibile attribuire questa aumentata sintesi di Rub in S9 ad un parametro specifico sebbene non si possa comunque escludere un ruolo da parte delle condizioni di crescita.

In parallelo abbiamo cercato anche di mettere a punto ed ottimizzare un protocollo di estrazione e separazione contemporanea di PM ed RM con lo scopo di quantificarle e caratterizzare, in composizione e struttura le RM sulle quali si hanno poche informazioni. I diversi metodi usati permettono di ottenere PM dal mutante S9 ma, diversamente da ciò che era stato in precedenza ottenuto nell’istituto di biofisica, non hanno portato a una netta separazione delle PM dalle RM in NRC1. Ciò potrebbe suggerire che, nelle nostre condizioni di coltura, i patch di membrana dei duepigmenti siano contigui e che anche le RM presentino un certo grado di organizzazione strutturale.

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SUMMARY

Halobacterium salinarum is an extremophile halophilic archaeobacterium, a facultative

aerobic that lives in natural or artificial salt ponds. An environment which, given the high concentration of NaCl, is characterized by reduced availability of oxygen and which due to the reduced depth is uniformly irradiated by a high light intensity both visible and UV and can reach quite high temperature. A characteristic of H. salinarum is the presence of four different photoreceptors. Two of them, called Sensory Rhodopsin (SRI and SRII), modulate the motor response of the bacterium to the different intensity and wavelengths of light. The other two, Halorhodopsin (HR) and Bacteriorhodopsin (BR), are ionic pumps, for chlorine and proton respectively. BR, which is the most studied and characterized, is made up of the apoprotein bacterio-opsin and the chromophore all-trans retinal and forms a regular structure in the membrane called Purple Membrane (PM), a color due to the absorption of the bacteriorhodopsine BR.

The light gives way to the conformational variations of BR which allow the formation of a proton gradient used to obtain the synthesis of ATP and the flagellar movement. In this way Halobacterium salinarum uses BR to perform a “photo-phosphorylation” particularly useful in case of oxygen deficiency. Another interesting element is the presence of different carotenoids that intervene in the defence of the cell from ultraviolet radiation (UVA-UVB), have an antioxidant action and also contribute to the stabilization of the membrane structure. The latter role has been hypothesized in particular for the bacterioruberin, a long-chain carotenoid and a relevant component of a membrane structure called Red Membrane (RM), similar in some respects to the Purple Membrane, but less studied and characterized. The first part of the biosynthetic pathway leading to bacterioruberin is in common with that of synthesis of the all-trans retinal chromophore. The route has a bifurcation point in the transformation of the intermediate lycopene in retinal via beta-carotene or in bacterioruberin via some intermediates. Recent studies have highlighted connections between the formation of BR and the concentration of bacterioruberin, as well as between the formation of both and some physical-chemical parameters, for example light and O2. However there is no information on the temporal

evolution of the Red Membrane of which bacterioruberin is a relevant component nor on the structure and composition of such membrane. In our study we went to evaluate the effect of some physical-chemical parameters on the growth of H. salinarum and on the synthesis of these pigments. To do this, we used the wild-type strain NRC1, expressing all

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5 4 of the archeal rhodopsins and abundant quantities of carotenoids, and the S9 strain which super-produces BR and is deficient in carotenoids. During our study, however, we were able to observe an induction in Rub synthesis in S9 at levels comparable to NRC1.

Our results indicate that reducing the irradiance to 50% or 0% (dark) has an insignificant effect on NRC1, while, in S9, it reduces the growth and production of BR; the light cycle (14h) - dark (10h) on the other hand significantly slows down the growth in both strains. In NRC1 there is also a reduction in growth, while in S9 the reduction is not as clear. As for the agitation, however, its reduction slows down growth when it occurs in the first growth phase, blocks growth when this occurs in the first stationary phase. The increase in agitation in the first phase of growth increases the latter, it is irrelevant when the increase is made in the first stationary phase. The interruption of the agitation instead blocks growth. The agitation effect therefore appears to be dependent on the state of the crop and has no significant effect on the increase in production of Rub by S9. The increase in the growth temperature of the culture increases the growth rate in the exponential phase, but reduces overall growth (lower saturation index than the control). In samples subjected to higher temperature there seems to be a lower production of BR and a slight production of bacterioruberin.

From our results, however, it is not possible to attribute this increased synthesis of Rub in S9 to a specific parameter although a role cannot be excluded from the growth conditions. In parallel, we also tried to develop and optimize a simultaneous extraction and separation protocol of PM and RM with the aim of quantifying and characterizing, in composition and structure, the RMs on which there is little information. The different methods used allow to obtain PM from the mutant S9 but, unlike what had previously been obtained in the biophysics institute, they did not lead to a clear separation of PM from MRI in NRC1. This could suggest that, in our culture conditions, the membrane patches of the two pigments are contiguous and that the MRI also have a certain degree of structural organization.

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ELENCO DELLE ABBREVIAZIONI UTILIZZATE

aR-2= Archeorodopsina-2 di Halorubrum sp aus-2 Bat= Attivatore della trascrizione della batterioruberina blh= Gene paralogo di brp

Blp= Proteina collegata a bop (funzione sconosciuta) bop= Gene codificante la batterio-opsina

BO= Batterio-opsina BR= Batteriorodopsina

Brb= Proteina basica regolante la batteriorodopsina Brp= Proteina correlata a la batteriorodopsina

Brz= Proteina zinc-finger regolatrice della batterio-opsina CrtB1= Enzima fitoene sintasi

CrtI1,2,3= Enzimi con azione di desaturasi CrtY= Enzima licopene beta ciclasi

CYP174A1= Gene codificante una citocromo P450 monoossigenasi GAF= Dominio di Bat sensore della luce

HTH= Dominio helix-turn-helix di legame al DNA di Bat HR= Alorodopsina

Lye= Enzima licopene elongasi

NRC1= Ceppo wild-type di H. salinarum

PAS/PAC= Dominio di Bat sensore dello stato redox PM= Purple Membrane

RM= Red Membrane Rub= Batteroruberina

S9= Ceppo mutante di H. salinarum SRI= Rodopsina sensoriale I

SRII= Rodopsina sensoriale II

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1. INTRODUZIONE

1.1. Caratteristiche Generali

Halobacterium salinarum, precedentemente noto come Halobacterium halobium, è un

archeobatterio alofilo estremofilo appartenente al dominio degli archea; regno: euryarcheota; philum: euryarcheota; classe: halobacteria; ordine: halobacteriales;

famiglia: halobacteriaceae; genere: halobacterium.

H. salinarum vive in saline naturali o artificiali (Fig. 1.1), così come in grandi bacini salati

quali il Mar Morto e il Gran Lago Salato (Utah); è lungo tipicamente 2-3 µm, ha una forma bastoncellare, presenta una parete monostrato formata da glicoproteine ed è in grado di muoversi nel suo ambiente grazie alla presenza di flagelli che formano un ciuffo ad un estremità (lofotrichi) (Fig. 1.2). Talvolta, a seconda della fase di crescita, sono presenti due ciuffi flagellari, uno per ogni estremità. Come altri batteri interagisce con il suo ambiente grazie alla presenza di chemorecettori, mentre è una sua caratteristica peculiare la presenza di fotorecettori con differenti funzioni.

Figura 1.1: Veduta di una salina naturale; il colore rosso è dovuto all’abbondante crescita di alobatteri che producono notevoli quantità di carotenoidi (immagine da

https://www2.palomar.edu/users/warmstrong/plsept98.htm)

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Figura 1.2: Fotografia al microscopio elettronico di Halobacterium salinarum, è visibile ad un estremità il fascio di flagelli (immagine da

https://www.biochem.mpg.de/6522059/Org_Hasal).

1.1.1. Parete, membrana e flagelli

La parete di H. salinarum è formata da un monostrato di glicoproteine, tra le prime glicoproteine procariotiche studiate in dettaglio. Esse presentano un contenuto di carboidrati del 10-12%, i diversi zuccheri possono essere legati alle proteine tramite N-glicosilazione oppure O-N-glicosilazione (Rodriguez-Oliveira et al., 2017). Queste glicoproteine sono ricche di amminoacidi acidi, caratteristica di molte proteine di H.

salinarum. Presentano al N-terminale una sequenza di 34 amminoacidi idrofobici che serve

da peptide segnale per il processo di trasporto della proteina dal citoplasma alla matrice extracellulare. Si ritiene che la sequenza di 21 amminoacidi al C-terminale funzioni come segnale di ancoraggio alla membrana. Adiacente a quest’ultimo dominio vi è un cluster di treonine glicosilate che, probabilmente, fa da spacer tra la sequenza di ancoraggio alla membrana e il resto della proteina (Rodriguez-Oliveira et al., 2017). Le glicoproteine della parete sono organizzate in una struttura para-cristallina bidimensionale, S-layer, con una simmetria esagonale p6 (Fig. 1.3). In esperimenti in vitro sulla ricostituzione di membrane si è visto che sia la simmetria che la stabilità strutturale di questo lattice è funzione della concentrazione salina, questo ha indotto a pensare che l’organizzazione strutturale della parete di H. salinarum contribuisca all’integrità della cellula ed al mantenimento della sua

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9 forma. Ugualmente rilevante dal punto di vista della stabilità strutturale della cellula è la N-glicosilazione delle proteine della parete, anch’essa funzione della salinità. Dati a sostegno ulteriore dell’importanza della salinità nel processo di N-glicosilazione viene dagli esperimenti di mutazione del gene che guida la N-glicosilazione del S-layer in

Haloferax volcani, un altro archeobatterio alofilo estremofilo. La mutazione induce una

riduzione della crescita in condizioni normali di alta salinità. (Klingl et al., 2014; Rodriguez-Oliveira et al., 2017).

Figura 1.3: Schema della struttura della parete di H. salinarum. Sinistra: singole unità di glicoproteine. Destra: disposizione delle glicoproteine in una struttura esagonale p6 (da Rodriguez-Oliveira et al., 2017).

Per quel che concerne la membrana cellulare essa è composta da un doppio strato lipidico, in alcuni archea esiste un unico strato lipidico. Come in altri archea ma diversamente dai batteri, i lipidi sono isoprenoidi archeali le cui teste idrofiliche formano un legame tipo etere, invece che tipo estere come nei batteri (Fig. 1.4). Una caratteristica di H. salinarum è la presenza, in particolari strutture di membrana, di glicolipidi, denominati cardiolipine per la loro somiglianza con i lipidi di membrana di cellule cardiache.

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Figura 1.4: Comparazione tra diversi tipi di membrana cellulare. a) eubatteri, b)

Thermoplasma acidophilum, c) Halobacterium salinarum (da Albers et al., 2011

modificato).

Differenze rispetto agli eubatteri ci sono anche nella struttura dei flagelli. Come si è già detto, i flagelli di H. salinarum sono posti all’estremità della cellula e quando ruotano si associano in un unico fascio. Se ruotano in senso orario (clockwise, cw) spingono il batterio in avanti, mentre nella rotazione antioraria (counter clockwise, ccw) il batterio viene tirato dal fascio flagellare. Nel momento del cambio di rotazione il fascio si dissocia e il batterio si ferma per poi ripartire in un’altra direzione e nella maggioranza della volte in verso opposto al precedente verso di moto. In H. salinarum, quindi, il cambio della direzione di movimento è diverso rispetto ad Escherichia coli in cui abbiamo le caratteristiche “capriole” o tumble (Quax et al., 2018). Anche la struttura dei flagelli di H.

salinarum, come quelli di molti archea, è diversa da quella degli eubatteri, essa per

dimensione e forma ricorda più quella dei pili di tipo IV che quella dei flagelli eubatterici I flagelli di H. salinarum sono costituiti da 5 flagelline: A1, A2, B1, B2 e B3 codificate da altrettanti geni localizzati in tandem su due operoni detti rispettivamente flgA ed flgB. Queste flagelline non mostrano omologia di sequenza con quelle batteriche, mentre, come detto per la struttura, hanno una certa similarità con le proteine che costituiscono i pili di tipo IV dei batteri (Beznosov et al, 2007) (Fig. 1.5). Anche il sistema di assemblaggio del flagello ricorda quello dei pili di tipo IV piuttosto che quello del flagello degli eubatteri. Nelle vicinanze degli operoni flgA e flgB si trovano poi i geni fla (flaC,D,E,F,G,H,I e J) che all’interno degli archea sono abbastanza conservati e sono coinvolti nella sintesi e nel funzionamento del motore flagellare (Albers et al., 2015). Inoltre, la rotazione flagellare

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11 negli archea è sostenuta dall’idrolisi di ATP da parte di proteine coinvolte anche nella sintesi del flagello, mentre negli eubatteri è guidata da una forza motrice protonica (Quax et al., 2018). Quindi il sistema di motilità di H. salinarum e più in generale degli archeobatteri è funzionalmente simile a quello degli eubatteri ma presenta una diversa organizzazione molecolare (Quax et al., 2018).

Figura 1.5. In alto: Immagine in negativo di filamenti flagellari di (A) H. salinarum (ceppo R1M1) e (B) S. typhimurium (ceppo SJW1655) mostrati con la stessa scala. In basso: (a) Allineamento dei segmenti N-terminali ad alfa-elica delle sequenze delle piline la cui struttura è nota con un livello di risoluzione atomico (P. aeruginosa e N. ghonoroeae, dati da Keiser et al.) e la corrispondente sequenza della flagellina di H. salinarum (dati da Gerl & Sumper). I primi 22 residui, comprendenti il dominio di oligomerizzazione, si allineano meglio con la sequenza della flagellina rispetto al resto dell’alfa-elica. (b) Modello tridimensionale del dominio di oligomerizzazione della pilina, sono visibili le catene laterali (P. peruginosa in viola; N. ghonoroeae in verde)ed il corrispondente segmento di flagellina di H. salinarum rappresentato in blu . Le eliche sono lunghe 31.2 A° e hanno un diametro di 2A ° (da Krausz S. et al, 2002 modificato).

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1.1.2. Genetica e Fisiologia

Il genoma di H. salinarum del ceppo wild-type NRC1 è stato completamente sequenziato nel 2000 sfruttando la tecnica “whole genome shotgun”, WGS, (Ng et al., 2000). Esso consiste di tre elementi circolari: un cromosoma di 2014 Kbp e due plasmidi circolari piuttosto grandi, minicromosomi, NRC200 di 365 Kbp e NRC100 di 191 Kbp. Il cromosoma ha un elevato contenuto in GC, 67,9%, che si ritiene renda più stabile la sua struttura in ambienti estremi, un contenuto in GC leggermente minore si trova nei due minicromosomi 59,2% per NRC200 e 57,9% per NRC100. Nel genoma sono state identificate 91 sequenze trasponibili ISH divise in 12 famiglie, ritenute responsabili dell’elevata variabilità genetica di questo organismo (Pfeiffer et al., 2008). Le sequenze ISH risultano più rappresentate sui minicromosomi rispetto al cromosoma, ne sono state identificate 29 in NRC100, 40 in NRC200 e 22 sul cromosoma (Ng et al., 2000; DasSarma et al., 2001). I due minicromosomi, inoltre, contengono una sequenza identica di 145 Kbp contenente sequenze invertite di 33-37 Kbp che fanno si che la struttura di questi repliconi ricordi quella del genoma mitocondriale e del cloroplasto (DasSarma et al., 2001). Complessivamente sono stati individuati circa 2630 geni codificanti proteine e 52 geni codificanti RNA (DasSarma et al., 2001). Oltre al genoma di NRC1 sono stati sequenziati completamente o parzialmente i genomi di altri ceppi di H. salinarum. Completamente sequenziato è il genoma del ceppo R1, usato in molti degli studi svolti su questo alobatterio e da cui deriva il mutante S9, anch’esso molto studiato perché super-produce il fotorecettore Batteriorodopsina. Per altri ceppi ci sono sequenziamenti non completi. Tra il genoma di R1 e quello di NRC1, che sono i ceppi wild-type più usati nei vari studi, ci sono parecchie differenze sia nella sequenza di alcuni geni, sia per la presenza in R1 di quattro minicromosomi invece dei due di NRC1 (Pfeiffer et al., 2008). È interessante notare che il plasmide di R1, chiamato pHS3, contiene tra l’altro i geni dell’operone della via di fermentazione dell’arginina, una delle vie che H. salinarum, essendo un aerobio facoltativo, usa per il suo metabolismo. La comparazione della quantità di mRNA espressa da questi geni nel mutante S9 di R1 rispetto a quella di NRC1 indica una repressione in S9 del biomodulo dell’arginina (Baliga et al., 2002).

Come detto, Halobacterium salinarum è un organismo aerobio facoltativo, in presenza di ossigeno è in grado di ossidare sia diversi metaboliti sia diversi amminoacidi, in particolare arginina ed aspartato, che sono incanalati nel ciclo degli acidi tricarbossilici TCA (Ng et al., 2000). Possiede inoltre tutti e cinque i principali complessi della catena respiratoria coinvolti nella fosforilazione ossidativa che si ritrovano nei mitocondri ed in E. coli sebbene presenti delle differenze. Ad esempio non ci sono i geni che codificano per la

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13 Citocromo C ossidasi la cui funzione sembra essere invece svolta da una proteina a rame detta alocianina (Gonzalez et al., 2009). Però, l’alta salinità del suo ambiente naturale, la concentrazione di NaCl ottimale per la crescita è intorno a 4M, rende la disponibilità di ossigeno molto ridotta e limitata agli strati più superficiali. Quindi, in assenza di ossigeno

H. salinarum può ricorre alla fermentazione dell’arginina per produrre l’ATP necessaria

alla sua sopravvivenza (Fig 1.6). L’arginina viene prima trasformata in citrullina dall’enzima ADI (arginina deaminasi) rilasciando NH3, la citrullina è poi trasformata in

carbamilfosfato dall’enzima cOT (ornitina transcarbamilasi catabolica) usando un gruppo fosforico e rilasciando ornitina. Infine il carbamilfosfato è trasformato dalla carbammato chinasi CK in carbammato rilasciando NH3, CO2 e producendo ATP a partire da ADP

(Storch et al., 1999). Queste reazioni che costituiscono il pathway dell’arginina deaminasi, ADI, e gli enzimi che le catalizzano sono codificati da geni organizzati in un cluster detto arcRACB, che in NRC1, diversamente da R1, è localizzato sul minicromosoma pNRC200 (DasSarma et al., 2012).

Figura 1.6: Schema del metabolismo dell’Arginina, prolina e ornitina. (Gonzalez et al.,

2009).

Un altro modo, caratteristico di H. salinarum, per produrre ATP in carenza di O2 coinvolge

uno dei suoi recettori più studiati, la Batteriorodopsina, BR. Una pompa protonica che usa l’energia della luce per estrudere contro gradiente ioni idrogeno, usati dall’ATPasi per formare ATP. La struttura e la funzione di BR sono descritte in dettaglio più avanti. Gonzalez et al hanno osservato che H. salinarum degrada amminoacidi e fermenta l’arginina, almeno in parte, anche durante la fototrofia contribuendo alla produzione di energia. Questo tipo di metabolismo in cui le cellule tendono a crescere il più possibile finché le condizioni sono favorevoli, sembra un adattamento all’ambiente in cui H.

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salinarum vive in cui i nutrienti sono disponibili in modo irregolare e possono essere

assenti anche per lunghi periodi di tempo (Gonzalez et al., 2009). Infatti, le saline che hanno generalmente una ridotta profondità e sono uniformemente irraggiate da un’alta intensità luminosa sia Visibile che UV possono raggiungere temperature abbastanza elevate e possono essere spesso soggette anche a cicli di disseccamento e reidratazione a cui H. salinarum comunque riesce a sopravvivere. Si tratta quindi di un organismo estremamente versatile dal punto di vista metabolico. Un altro elemento di adattamento all’ambiente salino estremo è nell’abbondanza di amminoacidi acidi sulla superficie delle proteine che gli conferiscono una forte carica negativa, il punto isoelettrico PI medio è infatti di 5.03 (Fukuchi et al., 2003; Kozlowski et al., 2016). In tal modo le proteine restano solubili e non precipitano nonostante l’elevata concentrazione di sale.

H. salinarum è in grado di produrre al suo interno delle vescicole gassose che favoriscono

il galleggiamento di questo microrganismo. La vicinanza alla superficie dell’acqua favorirebbe sia il metabolismo aerobio essendovi una quantità maggiore di O2 sia l’azione

di BR aumentando la disponibilità di luce. Queste vescicole sono costituite da due proteine GvpA e GvpC che formano una membrana rigida che non permette il passaggio di acqua, ma solo dei gas (DasSarma et al., 2001). Queste proteine strutturali così come altre coinvolte nella regolazione e assemblaggio di queste vescicole sono codificate da geni organizzati in un regulone, chiamato gvpMLKJIHFGEDACN(O) sul minicromosoma pNRC100 (sul pNRC200 è presente un duplicato che è però silente e manca del gvpM) (DasSarma et al., 2001)

Un altro elemento interessante, visto che l’ambiente naturale in cui vive l’archeonte è uniformemente irraggiato da un’alta intensità luminosa sia Visibile che UV, è la presenza di diversi carotenoidi alcuni prodotti come intermedi nella sintesi del retinale, altri che intervengono nella difesa della cellula dalla radiazione ultravioletta (UVA-UVB). Questi carotenoidi hanno azione antiossidante e contribuiscono alla stabilizzazione della struttura della membrana. Quest’ultimo ruolo è stato ipotizzato in particolare per la batterioruberina, carotenoide a lunga catena e rilevante componente di una struttura di membrana denominata Red Membrane (RM), simile per alcuni aspetti alla Purple Membrane (PM) che ha come unico componente proteico la Batteriorodopsina.

Anche la struttura, la funzione, la sintesi e la regolazione della batterioruberina, così come della batteriorodopsina, saranno discusse in seguito.

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1.1.3. Chemotassi in H. salinarum

H. salinarum rappresenta un organismo modello per lo studio della chemotassi negli

Archaea, possiede infatti un complesso sistema di recezione-trasduzione del segnale che gli permette di rispondere ad una grande varietà di stimoli ambientali modulando il suo moto in funzione di essi. Sono state individuate 18 proteine recettrici in grado di legare diversi composti chimici, un tratto caratteristico di molti archeabatteri, anche se il numero particolarmente elevato di chemorecettori di H. salinarum è un suo elemento caratterizzante. Le proteine chemorecettrici sono state denominate Halobacterial transducer proteins, Htr, e sono molto simili in struttura e relativamente in sequenza alle più note Metil-accepting chemotaxis protein, MCP, degli eubatteri. Alcune Htr possiedono un proprio dominio sensorio mentre altre interagiscono con altre proteine recettrici (Quax et al., 2018). Particolarmente rilevanti, vista la natura di aerobio facoltativo di H. salinarum, sono Htr8 e Htr10 (hemAT) che mediano l’aerotassi positiva e negativa rispettivamente (Quax et al., 2018). Car è invece il sensore responsabile della chemotassi positiva verso l’arginina e si trova nel citoplasma, l’arginina viene infatti assunta dal microrganismo tramite un trasportatore antiporto che sposta all’esterno una molecola di ornitina prodotta dalla fermentazione dell’arginina stessa (Storch et al., 1999) (Fig 1.6). Sono poi presenti recettori per amminoacidi a catena ramificata e contenenti zolfo quali Leu, Ile, Val, Met e Cys (Htr3 o BasT) e per osmoliti utili al mantenimento della pressione osmotica (Htr5 o CosT) (Quax et al., 2018). Anche il sistema di chemotrasduzione di H. salinarum presenta notevoli somiglianze con quello batterico, similmente a quello di altri archea. Generalmente il confronto è fatto con il sistema di Escherichia coli, ma esso ricorda di più quello di Bacillus subtilis, sia per il numero elevato di proteine recettrici coinvolte che per la presenza di elementi simili nella via chemotrasduttiva, assenti in E. coli (Quax et al., 2018). Il cuore del sistema di chemotrasduzione sia eubatterico che archeobatterico, indicato col prefisso “Che”, è rappresentato dall’insieme CheW-CheA. CheW trasferisce il segnale dalle proteine Htr o MCP a CheA, una istidina chinasi che si autofosforila. CheA trasferisce poi il gruppo fosforico a CheY, nei batteri CheY fosforilata diffonde alla base del flagello, si lega al complesso di switch e induce una inversione della rotazione. Negli archaea come H. salinarum non è presente una proteina di switch alla base del flagello in grado di interagire direttamente con CheY-P. E’ stata individuata un’altra proteina, CheF, che interagisce con l'apparato flagellare per invertire la rotazione (Quax et al., 2018) (Fig.

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Figura 1.7: Rappresentazione schematica del sistema di chemotassi e della cascata di segnalazione alle strutture di motilità dei batteri (a sinistra) e degli archea (a destra). La figura mostra come il segnale è trasferito dalle MCPs e CheW, questo porta all’autofosforilazione di CheA. Il fosfato è poi trasferito da CheA a CheY. MCP, methyl-accepting chemotaxis protein; OM, outer membrane; IM, inner membrane; PG, peptidoglycan. Le lettere singole si riferiscono al nome dei geni con il prefisso che (sistema Che) o arl (precedentemente fla) (sistema dell’archellum) (da Quax et al., 2018).

Il sistema di chemotrasduzione è completato dal sistema di adattamento costituito dalle proteine CheR e CheB, responsabili rispettivamente per la metilazione e demetilazione di specifici residui di acido glutammico nella porzione citoplasmatica del chemorecettore. L’azione di CheB è dipendente da CheA, da cui viene fosforilata.

1.2. Le rodopsine archeali

Una caratteristica di Halobacterium salinarum è la presenza a livello della membrana di quattro diversi fotorecettori di tipo rodopsinico che possono essere divise in due tipologie: pompe ioniche e rodopsine sensoriali (Fig. 1.8) (Mukohata et al., 1999). Le pompe ioniche sono state scoperte inizialmente proprio in H. salinarum successivamente ne sono state individuate anche nei domini degli eubatteri e degli eucarioti. Le proteine fotorecettrici di tipo rodopsinico sono caratterizzate da una struttura terziaria consistente in 7 α-eliche transmembrana e dalla presenza di una molecola di retinale che capta la luce e che è legata covalentemente ad un residuo di lisina tramite una base di Schiff. Mentre la struttura

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17 terziaria si conserva nelle diverse specie e anche nei diversi domini, l’omologia di sequenza è relativamente ridotta; siamo intorno al 20-30% per rodopsine di gruppi diversi, mentre sale al 50-60% per rodopsine dello stesso gruppo (Mukohata et al., 1999). Ci sono dei residui conservati che sono importanti nel processo di trasferimento protonico o in quella della fototrasduzione (Mukohata et al., 1999). La più alta omologia si riscontra a livello dei residui che costituiscono la tasca di legame del retinale (retinal binding pocket) (Mukohata et al., 1999). Un importante differenza tra le rodopsine archeali e quelle degli organismi superiori è che nelle prime il retinale dopo aver assorbito la luce non si stacca dalla proteina e il complesso proteina-cromoforo va incontro ad una serie di trasformazioni sino a che il complesso non ritorna al suo stato fondamentale. L’insieme di queste trasformazioni è detto fotociclo. Nelle rodopsine degli organismi superiori che sono accoppiate a proteine G il retinale quando è colpito dalla luce si dissocia dalla proteina e il complesso proteina-cromoforo viene successivamente ricostituito attraverso una serie di reazioni.

Figura 1.8: La figura mostra le 4 rodopsine di H. salinarum, rappresentate con struttura a nastri ed inserite in membrana. Si osserva il movimento di protoni H+ ed anioni cloro Cl -operato rispettivamente da BR ed HR. Le rodopsine sensorie SRI ed SRII sono associate ai rispettivi trasduttori HtrI ed HtrII (da Kawanabe et al., 2009 modificata).

Due di queste proteine, denominate Rodopsine Sensorie (SRI e SRII), strettamente connesse a due trasduttori Htr, HtrI e HtrII rispettivamente, modulano la risposta motoria del batterio alle diverse intensità e lunghezze d’onda della luce. A valle del trasduttore Htr il segnale al flagello arriva attraverso la stessa cascata di fosforilazioni mediate dalle proteine del sistema Che (Fig 1.7) (Klare et al., 2007). In particolare, SRI che presenta un picco di assorbimento a ʎ=587 nm, associata al trasduttore HtrI, media la risposta fotofilica verso la luce arancione ed una risposta fotofobica nei confronti della luce UV potenzialmente dannosa. SRI è espressa quando non è presente abbastanza O2 da sostenere

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18 per l’attività di BR ed HR, sopra i 500 nm (Klare et al., 2007). SRII invece è espressa in condizioni aerobiche e media la risposta fotofobica nei confronti della luce blu-verde che può generare stress ossidativo in presenza di alte tensioni di O2 (Klare et al., 2007). Le

altre due, Alorodopsina (HR) e Batteriorodopsina (BR), sono pompe ioniche, per il cloro e per i protoni rispettivamente (Fig. 1.8). L’alorodopsina utilizza l’energia luminosa per pompare ioni cloro Cl- dall’esterno verso l’interno della cellula per mantenere nel citosol una concentrazione di sali abbastanza alta da bilanciare la pressione osmotica esterna e permettere quindi la crescita dell’organismo (Klare et al., 2007). BR è stata la prima rodopsina batterica ad essere scoperta nel 1971 da Stoeckenius e da allora è stata estensivamente studiata dal punto di vista funzionale e strutturale. La prima struttura della BR venne pubblicata da Henderson nel 1975 (Klare et al., 2007). BR è costituita dall’apoproteina batterio-opsina e dal cromoforo all-trans retinale e forma nella membrana una struttura regolare chiamata Purple Membrane (PM), il colore viola è dovuto all’assorbimento di BR. La luce da il via alle variazioni conformazionali di BR che permettono la formazione di un gradiente protonico utilizzato per la sintesi di ATP tramite ATPsintasi e per il movimento flagellare. In questo modo H. salinarum usa la BR per operare una “foto-fosforilazione” particolarmente utile in carenza di ossigeno.

1.2.1. Composizione e assemblaggio delle Purple Membrane

Le membrane viola, o Purple Membrane PM, sono patch di membrana specializzati che presentano una struttura regolare tipo lattice formato da trimeri di batteriorodopsina BR disposti ad esagono, ogni trimero costituisce una unità di cella (Fig. 1.9). BR è l’unica componente proteica di queste membrane, sebbene circa il 30% del contenuto proteico sia rappresentato da forme immature di BR stessa derivate da un incompleto processamento di una sequenza di 13 amminoacidi all’estremità N-terminale della proteina (Krebs et al., 2000). Studi su PM isolate hanno mostrato come queste siano costituite per il 75% da BR e per il 25% da lipidi e glicolipidi, con un rapporto di circa 10 lipidi per ogni molecola proteica (Oesterhelt et al., 1976; Renner et al., 2005). Il principale lipide delle PM , e della membrana cellulare di H. salinarum in generale, è il fosfatidilglicerolo fosfato metil etere (PGP-Me). Sono presenti in misura minore anche altri lipidi: due fosfolipidi, fosfatidilglicerolo (PG) e fosfatidilglicerolo sulfato (PGS); un sulfato triglicosil lipide (STG-1); due lipidi con una struttura che ricorda la cardiolipina, detti appunto glicocardiolipina e cardiolipina archeale, e lo squalene che rappresenta l’unico lipide

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19 completamente apolare della membrana. Sia nei fosfolipidi che nei sulfoglicolipidi la componente apolare è l’archeolo (sn-2,3-difitanilglicerolo) che consiste di due catene isopreniche C20 (e non aciliche come in eubatteri ed eucarioti) unite alle posizioni 2 e 3 del glicerolo tramite un legame etere anziché estere (Lee et al., 2003; Krebs et al., 2000). Questa composizione lipidica distingue le PM dal resto della membrana plasmatica, STG-1 e PGS sono presenti solo nelle PM, sono invece esclusi i carotenoidi (Krebs et al., 2000). Le teste polari di solfati e fosfati di questi lipidi conferiscono alle PM un elevata carica negativa (Lee et al., 2003).

Figura 1.9: Rappresentazione 3D, vista dall’alto, della struttura della purple membrane. L’esagono in grigio evidenzia un unità di cella. Ciascuna unità è costituita da un trimero di BR con i singoli monomeri rappresentati con modello a nastro e colorati in blu, rosso e verde. L’esagono in celeste rappresenta l’unità esagonale della struttura 2D del lattice. I lipidi, rappresentati con modello a sfere e bastoncini, occupano sia lo spazio intra-trimero che quello inter-trimero (immagine da https://www.ks.uiuc.edu/Research/newbr/ )

Le PM si assemblano a partire da molecole di BR inserite in membrana co-traduzionalemente. Nella proteina immatura è presente una sequenza N-terminale di 13 amminoacidi che funziona probabilmente come sequenza segnale per indirizzare la proteina alla membrana (Dale et al., 2000). Questa sequenza è riconosciuta da una

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20 particella di riconoscimento del segnale che trasloca l’apparato traduzionale a livello della membrana; qui si associa ad una traslocasi secretoria (H. salinarum contiene SecY) che insieme ad altre proteine media l’inserimento in membrana (Dale et al., 2000). L’inserzione segue l’ordine di sequenza dall’ N- al C-terminale con le eliche A-E inserite co-traduzionalmente e le eliche F e G inserite a traduzione completata (Dale et al., 2000). Si formano inizialmente dei patch più o meno circolari con un diametro di circa 0,5 µm contenenti circa 6000 unità di cella con un totale di circa 18000 monomeri di BR (3 per unità di cella). Questi patch poi si accrescono tramite l’aggiunta di BR e lipidi alle estremità fino a fondersi tra loro formando patch più grandi e di forma irregolare (Krebs et al., 2000). La base per l’assemblaggio del lattice esagonale è BR e non l’apoproteina priva di retinale baterio-opsina, BO, come è stato osservato in mutanti incapaci di sintetizzare retinale. Questi mutanti producono una struttura chiamata Withe Membrane (WM) che mantiene una parziale organizzazione esagonale ma molto meno strutturata rispetto a PM ed ha una densità di galleggiamento inferiore (Krebs et al., 2000). Un effetto simile si osserva anche in cellule cresciute in presenza di nicotina che inibisce la sintesi di retinale; queste cellule producono infatti patch di membrana non cristallini detti Brown Membrane (BM). Trattando cellule con idrossilammina, che rompe il legame tra la proteina e il retinale, si ha un passaggio da BR a BO e quindi da una struttura cristallina PM ad una non cristallina (Krebs et al., 2000). Viceversa fornendo retinale esogeno a mutanti o cellule trattate con nicotina è possibile riconvertire le forme non cristalline WM o BM in PM. Quindi il passaggio tra questi diversi tipi di strutture di membrana è un evento reversibile ed il cambiamento strutturale a cui va incontro BO quando lega il retinale divenendo BR gioca un ruolo centrale (Krebs et al., 2000).

Le principali interazioni che contribuiscono alla formazione della struttura trimerica in cui si ritrova BR si realizzano principalmente nel core idrofobico della membrana ed in particolare tra l’elica B di un monomero e le eliche D ed E del monomero adiacente. Qui gli amminoacidi sono abbastanza vicini da risentire delle forze di Van der Waals ed altre interazioni apolari. Sono tuttavia presenti anche interazioni loop-helix e loop-loop di natura polare come i ponti salini (Krebs et al., 2000). Studi di mutagenesi che determinano sostituzioni di amminoacidi in alcune posizioni chiave hanno messo in evidenza che le interazioni proteina-proteina hanno un ruolo nella formazione della struttura trimerica ma anche nella stabilizzazione del lattice. Questo contributo sembra però relativamente modesto (Krebs et al., 2000). Anche i lipidi contribuiscono alla trimerizzazione di BR ed alla formazione della struttura cristallina. Le teste lipidiche sono impegnate in interazioni polari con i residui carichi presenti nelle anse e nelle porzioni di α-eliche che si affacciano

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21 sui due versanti della membrana (Lee 2003). Le code idrocarburiche sono invece strettamente impacchettate in scanalature della superficie idrofobica della proteina stabilizzando la struttura tramite interazioni apolari come le forze di Van der Waals (Lee 2003). Questo ruolo sembra particolarmente importante per STG-1 che occupa la parte interna del trimero ed interagisce con due monomeri adiacenti della struttura trimerica (Lee 2003).

La trimerizzazione non è però un evento strettamente necessario all’attività della BR, è stato osservato che anche in forma monomerica BR è in grado di compiere il fotociclo e pompare protoni, tuttavia la trimerizzazione aumenta la stabilità termica del complesso e il range di pH in cui la proteina può agire, migliorando l’efficienza della sua attività (Yoshimura et al., 2008).

1.2.2. Struttura e funzione della Batteriorodopsina

Ogni monomero di batteriorodopsina BR è costituito da una componente proteica, l’apoproteina batterio-opsina BO, una proteina di 248 amminoacidi con un peso di circa 26 kDa. La sua struttura terziaria consiste in 7 α-eliche transmembrana (A-G) (Fig. 1.10), costituite quindi da residui idrofobici, connesse da anse idrofiliche che si estendono nel citoplasma e nell’ambiente extracellulare. Le 7 eliche sono organizzate in due archi uno interno comprendente le eliche B, C e D e uno esterno costituito dalle eliche E, F, G ed A, con le eliche B, D, F e G che formano il canale (Oesterhelt 1998; del Rosario et al., 2010). Circa a metà della membrana, a dividere il canale in una porzione citoplasmatica ed una extracellulare c’è una molecola di retinale nella forma all-trans, covalentemente legata alla lisina 216 dell’elica G tramite una base di Schiff protonata (del Rosario et al., 2010). Nella BR la catena laterale del retinale è strettamente impacchettata in 6 residui aromatici: 4 residui di triptofano e due di tirosina, che formano la tasca di legame del retinale. La base di Schiff protonata interagisce con l’ambiente proteico (Osterhelt 1998; Stoeckenius 1999).

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Figura 1.10: Vista dall’alto e laterale della batteriorodopsina BR rappresentata con struttura a nastri con le eliche indicate dalle lettere A-G; il retinale è rappresentato in giallo in modello a sfere e bastoncini (da Klare et al., 2007 modificata).

La BR presenta una banda di assorbimento ampia con un massimo di assorbimento a ʎ=567 nm. Quando il retinale assorbe un fotone inizia la serie di variazioni conformazionali di BR che costituiscono il fotociclo e i cui intermedi sono denominati, nell’ordine in cui si formano: K, L, M, N ed O tutti caratterizzati da un diverso massimo di assorbimento (Fig. 1.11).

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Figura 1.11: Rappresentazione schematica del fotociclo di BR. Sono rappresentati gli intermedi del fotociclo con il loro rispettivo massimo di assorbimento ed i tempi delle varie transizioni tra gli intermedi (da Neutze et al., 2002 modificata).

Al fotociclo è accoppiato un ciclo catalitico che porta alla traslocazione dei protoni (Khulbrandt 2000). Nel suo stato base il retinale si trova nella forma all-trans con l’azoto della base di Schiff impegnato in un legame idrogeno con una molecola d’acqua Wat402 che a sua volta ne forma un altro con l’Asp85 e l’Asp 212 (Neutze et al., 2002). Il primo evento del fotociclo è l’isomerizzazione del retinale che passa dalla forma all-trans a quella 13-cis (Fig 1.12) che rappresenta il primo intermedio del fotociclo K (Neutze et al., 2002).

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Figura 1.12: Isomerizzazione del retinale dalla forma all-trans alla 13-cis in seguito alla captazione di un fotone. Sono rappresentati anche il donatore del protone Asp 96 e l’accettore Asp 85 (da Wikipedia).

L’intermedio K si trasforma poi in L. Nella conformazione 13-cis la coda del retinale si piega rispetto alla proteina orientandosi verso il citoplasma, questo rompe la serie di legami idrogeno che stabilizzavano la struttura, inducendo una serie di cambiamenti conformazionali a carico della parte extracellulare della BR (Neutze et al., 2002). Questi riarrangiamenti determinano cambiamenti nei pKa di alcuni residui chiave della proteina oltre ad una flessione dell’elica C favorita anche dall’attrazione elettrostatica tra l’Asp 85 e la base di Schiff e dal riorientamento dell’Arg82 verso l’esterno (Fig 1.13). Questo corrisponde all’intermedio L che successivamente si trasformerà in M (Neutze et al., 2002).

Il primo evento di trasferimento protonico si realizza proprio nella transizione L-M, un H+ passa dal retinale al residuo Asp85. Questo è reso possibile proprio da questa flessione dell’elica C che cambia il pKa dell’Asp85 e lo avvicina alla base di Schiff abbastanza da permettere il trasferimento protonico (Neutze et al., 2002). Tale trasferimento cancella l’attrazione elettrostatica che c’era tra Asp85 e la base di Schiff e i due gruppi si allontanano di nuovo impedendo che il protone possa tornare indietro, questo è ciò che determina la vettorialità del trasporto protonico (Neutze et al., 2002).

L’intermedio M esiste in realtà in due forme, una precoce detta M1 ed una tardiva detta M2, la transizione tra queste due forme non è associata ad un cambiamento spettrofotometrico ma bensì ad un riarrangiamento strutturale della proteina sul versante citoplasmatico scatenato sempre dall’isomerizzazione del retinale. Il movimento del retinale interferisce stericamente con alcuni residui ingombranti (Trp182) dell’elica F che si sposta verso l’esterno, mentre l’elica G, covalentemente legata al retinale, ne prende parzialmente il posto (Fig. 1.13) (Neutze et al., 2002; Khulbrandt 2000). Questi cambiamenti sono necessari in quanto modificano l’accessibilità del retinale rispetto all’ambiente intracellulare facendo si che possa essere riprotonato. Il donatore di H+ in

questo caso è Asp96 e questo trasferimento caratterizza la transizione M2-N; l’Asp96 è poi riprotonato dal medium citosolico (Neutze et al., 2002; Khulbrandt 2000). Nella transizione N-O il retinale reisomerizza termicamente nella forma all-trans. La transizione che riporta la BR nel suo stato iniziale si ha quando il protone passa dall’Asp85 attraverso il residuo di Arg82 ad un network di legami idrogeno a cui contribuiscono diversi residui, tra cui Glu194, Glu 204 e molecole d’acqua, infine il protone passa all’esterno (Neutze et al., 2002). La reisomerizazione del retinale nella forma all-trans e il rilascio del protone

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25 all’esterno rilassano la struttura della BR con le eliche F e G che tornano nelle loro posizioni originarie (Fig 1.13) e la proteina è pronta per iniziare un altro ciclo (Neutze et al., 2002; Khulbrandt 2000). Nel complesso quindi BR è in grado di pompare un protone dal citosol all’ambiente extracellulare in poco più di 10 millisecondi (Neutze et al., 2002).

Figura 1.13: Rappresentazione dei principali cambiamenti conformazionali (indicati dalle frecce rosse) cui va incontro la batteriorodopsina durante il fotociclo. La flessione dell’elica C (intermedio L) avvicina l’Asp85 alla base di Schiff permettendo il trasferimento del protone da questa all’aspartato. Il movimento dell’elica F verso l’esterno della cellula (intermedio M2 ) modifica l’accessibilità sul versante citoplasmatico

permettendo la riprotonazione della base di Schiff da parte dell’Asp96 e di quest’ultimo da parte del medium citosolico. Il retinale ed i residui più importanti sono rappresentati con modello a sfere e bastoncini, le molecole d’acqua sono in nero. Alcune eliche sono trasparenti per semplicità (da Neutze 2002 modificato)

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1.2.3 Ruolo metabolico della batteriorodopsina

Come detto precedentemente H. salinarum è un organismo aerobio facoltativo.

L’attività di BR entra in gioco quando l’ossigeno non è disponibile e la fosforilazione ossidativa quindi non può operare. Sfruttando l’energia luminosa BR pompa protoni H+

contro gradiente dall’interno della cellula all’esterno formando un gradiente protonico transmembrana. Tale gradiente è poi utilizzato da H. salinarum per sintetizzare ATP tramite un ATPsintasi similmente a quanto accade nei mitocondri delle cellule eucariotiche (Fig 1.14).

Figura 1.14: Rappresentazione schematica della pompa protonica BR che genera il gradiente di H+, che è poi utilizzato dall’ATP sintasi per produrre ATP (da Wikipedia)

La vicinanza alla superficie dell’acqua, modulata dalla presenza delle vescicole gassose, favorirebbe sia il metabolismo aerobio essendovi una quantità maggiore di O2 sia l’azione

di BR aumentando la disponibilità di luce (DasSarma et al., 2001). Anche l’attività delle rodopsine sensorie coadiuva la funzione di BR e il metabolismo complessivo di H.

salinarum. Abbiamo infatti visto come la rodopsina sensoria I (SRI) induca il batterio

rimanere in zone in cui la luce contiene lunghezze d’onda superiori ai 500 nm, ottimali per l’attività della batterio rodopsina (Klare et al., 2007). La rodopsina sensoria II (SRII) d’altro canto, attiva quando è presente una cospicua quantità di O2, spinge il batterio ad

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1.2.4. Regolazione genetica della sintesi della batteriorodopsina

Sul cromosoma si trova un operone detto operone bop o cluster bop comprendente i geni coinvolti nella biosintesi della batteriorodopsina e nella sua regolazione (Fig. 1.15). Il regolatore chiave di questo operone è il prodotto genico del gene bat che codifica una proteina solubile di 74 kDa la cui struttura proteica predetta consiste di α-eliche alternate a foglietti-β (Shand et al., 1991; Gropp et al., 1994) che agisce come fattore di trascrizione. Bat è dotata infatti di un dominio di legame al DNA HTH (helix-turn-helix) di tipo araC batterico con il quale si lega a sequenze UAS nel promotore del gene bop che codifica per la batterio-opsina ovvero l’apoproteina priva di retinale (Baliga et al., 2001). Il promotore di bop risulta particolarmente complesso. Analisi di sequenza hanno portato all’identificazione di una sequenza consenso 5’-tyT(T/a)T/a-3’ tra le 30 e le 25 bp a monte del sito di inizio della trascrizione che corrisponderebbe all’elemento TATA box del promotore (Baliga et al., 1999). Ancora più a monte, tra 53 e 39 bp, troviamo la sequenza UAS 5’-ACCcnactagTTnG-3’, che rappresenta il sito di legame del fattore di trascrizione bat, mentre 23 bp a monte del sito di inizio si trova una sequenza di 11 bp di purine e pirimidine alternate detta box R-Y che si sovrappone parzialmente alla TATA box (Baliga et al., 1999). Si ritiene che, in condizioni di carenza di O2, questa sequenza vada incontro

ad un cambiamento di conformazione del DNA in una forma non B, come sembrerebbe dal fatto che, usando novobicin, un inibitore della DNA girasi, si inibisce l’espressione di bop (Baliga et al., 1999). Queste sequenze che vanno da 53 bp a monte al sito di inizio costituiscono il promotore minimo di bop (Fig 1.15)(Baliga et al., 1999).

Figura 1.15: a) Rappresentazione schematica dei geni che compongono l’operone bop, non è rappresentato crtB1 ed altri che però sono anch’essi parte dell’operone. Le frecce indicano la direzione della trascrizione. b) Sequenza del promotore di bop, sono

evidenziati gli elementi principali, le sequenze UAS, la TATA box e l’RY-box (da Baliga et

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28 Come si vede (Fig. 1.16) anche gli altri geni del cluster presentano sequenze UAS e una composizione del promotore simile, possiedono una TATA-box e brp e crtB1 possiedono anche un box R-Y, sono quindi regolati positivamente da Bat (Baliga et al., 2001).

Figura 1.16: Confronto tra i promotori dei geni dell’operone bop in Halobacterium salinarum NRC1, sono evidenziati le sequenze UAS, la TATA box e il box RY. In giallo sono evidenziati i residui conservati, i punti rappresentano i gap. Pds e pop sono rispettivamente geni del pomodoro e del gamma-proteobatterio (da Baliga et al., 2001 modificato).

Tra questi troviamo brp (bacteriorodhopsin-releted protein) coinvolto nelle fasi finali della sintesi del retinale, blh (che ha una funzione ridondante rispetto a brp), blp un gene a funzione sconosciuta e bat stesso. crtB1 codifica l’enzima fitoene sintasi il quale catalizza il primo step della biosintesi sia del retinale che dei carotenoidi ovvero la condensazione di due molecole di GGPP (geranil-geranil pirofosfato) a formare il carotenoide C-40 fitoene (Baliga et al., 2001, Baliga et al., 2002). I vari step della biosintesi del retinale saranno esaminati in seguito.

È importante che il fattore di trascrizione Bat coordini l’espressione sia della batterio-opsina che del cofattore retinale che sono necessari in un rapporto stechiometrico 1:1 per produrre BR funzionale. Oltre al dominio HTH piuttosto comune in H. salinarum, nel fattore di trascrizione Bat sono stati individuati altri due domini funzionali responsabili della regolazione della sua attività mediata da stimoli ambientali: un dominio GAF (cGMP-binding domain) che risponde a cambiamenti nell’intensità luminosa ed è presente anche in altre proteine di H. salinarum e un dominio PAS/PAC (Fig 1.17) (Baliga et al., 2001). Il dominio PAS/PAC, che presenta delle somiglianze con il dominio NifL (flavin adenin dinucleotide binding) presente in batteri azoto fissatori, permette ad H. salinarum di rispondere al potenziale redox della cellula, lo rende cioè capace di sentire i livelli di O2

(Baliga et al., 1999; Baliga et al., 2001). Il ceppo mutante S9 presenta una doppia mutazione frameshift nel gene bat che si traduce in una alterazione di 4 aminoacidi nella

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29 sequenza vicino all’N-terminale del dominio PAC, sequenza che passa da 233-VVLR-236 del WT NRC1 a 233-SCCG-236 in S9 (Fig 1.17) (Baliga et al., 2001).

Figura 1.17: a) Sequenza aminoacidica della proteina Bat, i residui del dominio PAS/PAC sono evidenziati rispettivamente in arancione e blu, il dominio GAF è in viola e il dominio HTH è in verde. b) La doppia mutazione frameshift nella sequenza di Bat, in S9 abbiamo l’inserzione di una A e la delezione di una G a quattro codoni di distanza (da Baliga et al., 2001 modificata).

Questa mutazione rende S9 insensibile alle variazioni del potenziale redox della cellula, quindi il suo metabolismo risulta permanentemente spostato verso la fototrofia indipendentemente dai livelli di O2 (Baliga et al., 2002). Analisi di microarray su mutanti

bat+ e bat- hanno dimostrato che l’influenza di Bat sull’espressione genica non si limita ai geni dell’operone di cui fa parte, altri trascritti sono regolati, sia positivamente che negativamente, da Bat. Tra questi ci sono i geni arcA, arcB e arcC, organizzati in un operone noto come cluster arcBCA localizzato sul minicromosoma pNRC200 (Baliga et al., 2002). L’azione di Bat su questi geni è probabilmente indiretta, andrebbe infatti ad agire negativamente su un altro fattore di trascrizione, arcR localizzato in prossimità del cluster arcBCA, di cui regola l’espressione (Baliga et al., 2002).. La fermentazione dell’arginina rappresenta la seconda fonte di energia in condizioni anaerobiche, la regolazione negativa operata da Bat serve probabilmente per mantenere un adeguata produzione di ATP (Baliga et al., 2002).

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30 Se è vero che Bat è il regolatore chiave di questo operone più recentemente sono emerse altre proteine che potrebbero avere un ruolo regolatorio. In particolare è stata individuata nella regione tra bop e brp un gene, detto brz (bacteriorhodopsin-regulating zinc-finger protein), codificante una piccola proteina (60 aa) dotata di un dominio di legame al DNA CPxCG-raleted zinc-finger; questo dominio è piuttosto diffuso sia in H. salinarum che in altri organismi correlati (Tarasov et al., 2008). Mutazioni che impediscono l’espressione di questa proteina o un suo malfunzionamento (ad esempio mutazioni che alterano il dominio zinc-finger) si traducono in una riduzione dell’espressione sia di bop che di crtB1 (Tarasov et al., 2008). La scoperta di questo gene spiega perché l’inserzione dell’elemento mobile ISH2 in quella che si riteneva essere la regione intergenica tra bop e brp portasse ad una riduzione nell’espressione di bop (Tarasov et al., 2008). L’espressione di bat non risente dell’inattivazione di brz e viceversa, è quindi possibile che Bat e Brz cooperino a livello proteico nella regolazione di alcuni geni dell’operone (Tarasov et al., 2008; Tarasov et al., 2011).

Infine un terzo gene, brb (bacteriorhodopsin-regulating basic protein), codificante una piccola proteina basica, è co-espresso come mRNA bi-cistronico con brz e potrebbe avere un ruolo nel regolare l’espressione di bop (Tarasov et al., 2011). È stato osservato che mutagenesi inserzionale in brb altera l’espressione di bop, mentre non accade nulla in caso di introduzione di un codone di stop in brb. Questo potrebbe essere spiegato dal fatto che Brb formerebbe un complesso trimerico con Bat e Brz, per cui una sua forma mutante potrebbe alterare tale complesso (Tarasov et al., 2011). L’introduzione di un codone di stop invece non avrebbe un effetto fenotipico vista la presenza di omologhi di brb in H.

salinarum (bp2 e bp4), anch’esse proteine basiche cotrascritte con proteine con dominio

zinc-finger con attività ridondante (Tarasov et al., 2011). Tarasov e colleghi hanno osservato che l’espressione di bop indotta dalla luce si ha solo quando sono presenti tutti e tre i membri del complesso. Brb potrebbe quindi essere un co-attivatore che agisce in presenza di luce mentre i livelli di O2 cominciano a calare durante la crescita. Nelle stesse

condizioni la sola espressione di brz e bat non ha lo stesso effetto attivatore (Tarasov et al., 2011). Sembrerebbe quindi che Brb, sebbene non importante quanto le altre due potrebbe portare, formando un complesso trimerico con Bat e Brz, ad un massimo di espressione di bop in risposta alla luce (Tarasov et al., 2011).

La figura 1.18 riassume schematicamente il complesso network di regolazione che il fattore di trascrizione Bat (probabilmente in concerto con altre proteine quali Brz e Brb) esercita sui geni del cluster bop coinvolti nell’espressione di BR e nella via metabolica che porta alla sintesi del cofattore retinale.

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Figura 1.18: Rappresentazione schematica del network di regolazione dell’operone bop. I geni dell’operone sono indicati dalle frecce che indicano anche la direzione

dell’espressione genica. Le proteine sono rappresentate da rettangoli. Le frecce verdi indicano un attivazione dell’espressione genica mentre le frecce rosse indicano una inibizione. La figura mostra anche una versione semplificata della via metabolica che porta alla sintesi del cofattore retinale (da Tarasov et al., 2008 modificata).

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1.3. Ruolo fisiologico della Batterioruberina

La batterioruberina, Rub, un carotenoide a 50 atomi di carbonio aciclico (formula C50H76O4) è il principale carotenoide prodotto in H. salinarum così come in altri alofili

estremi. Nel batterio la si ritrova principalmente nella forma dell’isomero all-trans (Fig

1.19), 68% circa, ma sono presenti anche altri isomeri seppur in percentuali minori

(Mandelli et al., 2011). Tutti gli isomeri della batterioruberina presentano un caratteristico spettro di assorbimento con tre picchi. Le lunghezze d’onda di questi picchi così come i loro rapporti relativi sono leggermente diversi nelle varie forme (Fig 1.19).

Figura 1.19: In alto la struttura chimica della batterioruberina nell’ isoforma all-trans (da Yoshimura 2008 modificata). In basso lo spettro di assorbimento della all-trans batterioruberina (da Mandelli et al., 2011 modificata)

La batterioruberina, vista la sua struttura centrale liposolubile, due estremità polari, ed un adeguata lunghezza (Mandelli et al., 2011) viene inserita nella membrana e agisce stabilizzando il doppio strato, conferendogli una maggiore rigidità e una ridotta permeabilità all’acqua; un ruolo simile a quello svolto dal colesterolo nelle cellule eucariotiche (Lazrak et al., 1987). La batterioruberina è anche un importante componente di particolari patch di membrana prodotti da H. salinarum chiamate Red Membrane, RM, il

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33 cui colore e spettro di assorbimento sono dovuti proprio alla presenza di questo carotenoide.

Il suo ruolo strutturale è stato meglio osservato in altri organismi alofili estremi simili ad

H. salinarum. Halorubrum sp aus-2 possiede nelle sue claret membrane un complesso

formato dalla proteina Archeorodopsina-2, aR-2, e dalla batterioruberina (Yoshimura et al., 2008). Nonostante notevoli differenze nella sequenza amminoacidica (l’omologia di sequenza tra BR e aR2 è del 56%), le due proteine mostrano notevoli somiglianze strutturali e funzionali. Come BR anche aR-2 è una pompa protonica costituita da 7 α-eliche transmembrana che assorbe tra 550 nm e 570 nm e sfrutta l’isomerizzazione del retinale per dare il via al fotociclo. Come BR si presenta con una struttura trimerica (Fig

1.20). Anche lo spazio idrofobico intra-trimero, riempito di lipidi è piuttosto conservato tra

BR e aR2 (Yoshimura et al., 2008). È possibile che la trimerizzazione sia una strategia comune per catturare speciali lipidi che assistano l’attività della proteina, in particolare che permettano i cambiamenti conformazionali di un elica (la C in BR) che si affaccia verso l’interno del trimero durante il fotociclo (Yoshimura et al., 2008). La batterioruberina riveste un importante ruolo strutturale nella trimerizzazione della aR2 andando a legarsi tra le subunità adiacenti del trimero (Fig 1.20) (Yoshimura et al., 2008). Come detto anche la batteriorodopsina è capace di formare una struttura trimerica ma senza batterioruberina (il suo ruolo è svolto dal fosfolipide difitanil dietere), la quale è pero abbondante in altre regioni di membrana di H. salinarum come le RM, quindi probabilmente esiste un sistema di riconoscimento dei lipidi che permette alla BR di escludere la batterioruberina dalla purple membrane e quindi da BR stessa (Yoshimura et al., 2008). Sia aR2 che BR possono pompare protoni anche in forma monomerica tuttavia la trimerizzazione serve ad aumentare la stabilità termica delle proteine ed il range di pH a cui la proteina può operare, che passa da pH 4-7 della forma monomerica ad un pH 3-10 della forma trimerica (Yoshimura et al., 2008).

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Figura 1.20: Vista dall’alto (a) e laterale (b) del trimero di aR2. La batterioruberina, il retinale e la catena della Lsy 221 a cui è legato sono rappresentati a spazio pieno; i glicolipidi nello spazio centrale intratrimero sono in rappresentazione a bastoncino. O ed N sono rispettivamente in rosso e blu mentre C sono in viola (retinale), giallo

(batterioruberina) o grigio (altro) (da Yoshimura et al., 2008).

La batterioruberina svolge una funzione simile anche nell’alorodopsina di un mutante dell’ archeonte alofilo/alcalofilo estremo Natronomonas Pharaonis. Anche in questo caso si tratta di una proteina con 7 alfa-eliche transmembrana che utilizza il retinale come cofattore anche se vengono pompati ioni Cl- dall’esterno all’interno della cellula anziché protoni in direzione opposta. Anche in questo caso la proteina assume una struttura trimerica con la batterioruberina che si inserisce negli spazi tra i monomeri (Kikukawa et al., 2015).

Oltre al ruolo strutturale la batterioruberina svolge anche una funzione antiossidante. In generale questa capacità è comune ai carotenoidi ed è dovuta a particolari aspetti della loro struttura chimica, quali il numero di doppi legami coniugati e il tipo e numero di gruppi funzionali presenti (Mandelli et al., 2011). I carotenoidi hanno quindi funzione di scavengers tanto nei confronti delle RNS che delle ROS quali l’ossigeno singoletto, O2-, il

perossido di idrogeno H2O2 e il radicale ossidrile OH∙, normali prodotti del metabolismo.

Tuttavia in specifiche condizioni ambientali come temperatura elevata, radiazioni ionizzanti e radiazioni UV, queste specie molecolari possono essere prodotte in quantità molto elevate e l’organismo entra in uno stato di stress ossidativo (Kaur et al., 2010). RNS e ROS sono estremamente reattive e possono reagire con numerosi componenti cellulari tra cui lipidi, proteine e DNA, generando un danno ossidativo con conseguente mutagenesi e morte dell’organismo.

La capacità antiossidante dei carotenoidi aumenta all’aumentare del numero di doppi legami coniugati ed è funzione del tipo e del numero dei gruppi funzionali presenti. Per

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