25 novembre 2020
“Il ruolo del sindacato nella ricostruzione post covid-19 in Italia, in Europa e nel mondo”. Questo il titolo del terzo focus organizzato dal Coordinamento Attività Internazionali, dedicato al ruolo del sindacato e alla necessità di riadattarsi per meglio rappresentare un nuovo mondo del lavoro in continuo e forzato cambiamento.
L’evento, svoltosi interamente in forma di webinar lo scorso 25 novembre, ha visto un’ampia partecipazione di quadri e delegati sindacali.
Ad aprire i lavori è stata Ester Crea che, a nome di Nino Sorgi, Coordinatore delle Attività Internazionali, ha dato il benvenuto ai partecipanti e presentato I relatori. Ha richiamato l’attenzione sulla giornata internazionale contro la violenza sulle donne: una delle sfide aperte del sindacato.
Il primo ad intervenire è stato Giuseppe Gallo, Presidente della Fondazione Tarantelli, che nel suo intervento, ha evidenziato il tema esistenziale per il sindacato: il post covid non può essere un post- sindacale. Tre le osservazioni fondamentali che Gallo ha voluto fare: 1) non può essere una fine del sindacato, per il sistema di valori e di fini di cui siamo portatori; il nostro statuto è fondato sulla valorizzazione della persona; ma affinché il sistema di valori abbia continuità storica c’è necessità di una grande capacità di innovazione strategica.
Non possiamo crescere con un PIL che umilia il capitale umano, sociale e naturale. 2) Modello di democrazia: dibattito a livello internazionale tra democrazia rappresentativa e democrazia illiberale, tipica di quei governi tendenzialmente autoritari. Noi lavoriamo per una democrazia sostanziale e partecipativa. 3) La visione dell’Europa. La breccia aperta con Next Generation EU e Recovery Fund, va coltivata malgrado tutte le difficoltà. Su questo dovremo costruire la sovranità dell’Europa, un embrione degli Stati Uniti di Europa.
Grande apertura alla società giovanile, il mondo giovanile che ha assenza di futuro pretende giustamente di contribuire alla costruzione: auspicabili sarebbe formare consulte permanenti con i giovani, condividendo le sinergie.
Il secondo momento di riflessione è stato fornito dalla relazione del coordinamento internazionale presentata da Mario Arca che sottolinea come
senza il sindacato non saranno possibili né la ricostruzione né la giusta transizione alla piena sostenibilità (vedi relazione).
La parola è poi passata a Lorenzo Sacconi, professore di economia e economia delle istituzioni, il cui intervento ha focalizzato quali strade oggi il sindacato può percorrere; il governo di impresa e la democrazia economica. La proposta è la complementarietà tra funzioni più tradizionali e più innovative con l’obiettivo di contrastare le disuguaglianze. La pandemia ha evidenziato l’importanza dei limiti della sfera pubblica, l’impreparazione sanitaria e la sottovalutazione dell’inadeguatezza dei servizi pubblici, con il crollo del PIL che si ritorcerà in maniera disuguale nei diversi tipi di lavoro, a svantaggio dei lavoratori essenziali.
Un paradosso che evidenzia le disuguaglianze educative, di genere, l’impatto asimmetrico sui settori industriali, specialmente per le piccole e medie imprese.
L’intervento pubblico tra l’altro consentirà grandi arricchimenti ad alcuni settori industriali (informatico, grandi piattaforme, farmaceutico) a scapito di altri.
Qual è allora la proposta? Il metodo deve perseguire le priorità resilienti, quali la centralità economica: un forte strumento di lotta contro le disuguaglianze. Un tale investimento pubblico, come quello di cui parla, non può che perseguire finalità generali, condizionalità sociali e ambientali. Prevedere un nuovo contratto sociale tra imprese, lavoratori e cittadini è l’unico modo per garantire che le risorse siano gestite attraverso lo strumento della democrazia economica, una gestione a livello nazionale locale e di impresa. Oggi si assiste alla caduta del potere negoziale del lavoro nella distribuzione del sovrappiù, Oltre al ridotto tasso della sindacalizzazione. Ciò è determinato non dalle nuove tecnologie né dalla globalizzazione, né l’esternalizzazione né il precariato, ma oltre dal cambiamento dell’organizzazione del lavoro, dal modello d’impresa. Non c’è il potere negoziale del lavoro sull’impresa. Questo mette in luce il limite di strategie redistributive, bisogna quindi parlare di strategie pre- redistribuitive:
occorre il potere di influire sulla redistribuzione del valore creato: benessere individuale e sociale, partecipazione, democrazia e azione collettiva, superando la frattura tra individualità e azione collettiva. Il lavoratore ha bisogno di poter investire sul suo capitale umano nel lavoro, beneficiare del benessere, non esser soggetto ad abuso di autorità, deve avere accesso alle risorse e alle informazioni che gli permettono di funzionare; avere un’attività ma anche utilizzare le proprie capacità. Bisogna perseguire l’uguaglianza democratica nell’impresa e nella cittadinanza. E’un approccio nuovo al governo d’impresa con la prospettiva di
PAGINA 81 abbia delle preoccupazioni che sono comunque false perché i compiti tra il work council e quelli sindacali sono distinti ma complementari; il sindacato amplierebbe il suo mestiere contrattuale, favorendo la partecipazione dei lavoratori al governo delle imprese, lavorando sulle strategie contrattuali, salariali, sui divari remunerativi, sulla gestione dei conflitti con il management, l’unificazione del mondo del lavoro che contribuisce a risolvere il tema del frazionamento del lavoro determinato dalle delocalizzazioni. Il sindacalismo confederale ha sempre pensato se stesso a livello di partecipazione sociale e politica del paese, perché non farlo più radicalmente nel governo delle imprese?
Il valore fondamentale è l’autonomia della persona come lavoratore. Noi tutti dovremmo fare in modo che l’impresa tratti il lavoratore non come mero mezzo ma fine a se stesso.
I lavori sono proseguiti con l’intervento di Andrea Mone, responsabile delle politiche europee, che ha fornito alcuni dati importanti sulla forza lavoro e sulla sindacalizzazione nel mondo: 3 miliardi di occupati di cui 2 mld nell’economia informale, con tutele molto più deboli, che, nel 2030, saranno situati in Asia e Africa, paesi dove l’economia informale è più forte. Il secondo dato è sulla sindacalizzazione: oggi nel mondo abbiamo circa 210 milioni di iscritti al sindacato. In Europa il trend è in calo di circa 800 mila di iscritti. Sono dati che ci coinvolgono perché ciò che succede fuori dal nostro paese ha una diretta implicazione sui lavoratori italiani, come con i paesi dell’est Europa e i processi di delocalizzazione. Il quadro dell’interdipendenze costringe a farci parlare del ruolo del sindacato europeo e non solo italiano. La sfida a cui il sindacato deve rispondere è la riduzione del dumping, salariale e fiscale, che danneggia il lavoratore e i cittadini, aumentando gli squilibri. L’Europa si confronta con un’incompletezza: la mancanza di un’azione legislativa, fiscale, normativa.
Occorrono condizioni “europee” di lavoro con una cooperazione sindacale e una contrattazione europea, redistribuendo ricchezza e completando il processo di democrazia economica e sviluppo sostenibile. Un’ulteriore questione di notevole importanza riguarda i giovani. Dove il sindacato è presente e costituisce un forte tramite tra giovani e lavoro, Germania e Svezia, mostra di essere più alla digitalizzazione, che è la caratteristica dei giovani. Ultima considerazione è sui servizi, per allargare la sindacalizzazione in fasce difficile, cogliendo anche la logica dell’appartenenza. Sulle rivendicazioni esterne: il concetto che la CISL sta cercando di portare avanti, anche in CES, è che il dettame istituzionale deve essere quello dell’Europa federale per rispondere alle esigenze dei cittadini di politiche europee, salvaguardando i valori dell’Europa, oggi vittima di veti che nulla hanno a che fare con valori democratici. Quindi un’Europa federale significa benessere e sviluppo. Il sindacato cresce con il crescere dello sviluppo del paese.
Il dibattito che ne è seguito ha preso il via da Rosanna Ruscito (Coordinamento Internazionale) che ha ribadito la voglia di analizzare le nostre debolezze, sottolineate tanto dalle osservazioni del professor Sacconi quanto dalla relazione di Arca, per ritrovare lo slancio necessario ad affrontare il cambiamento che stiamo vivendo piuttosto che rincorrerlo, abbandonando le nostre vecchie sicurezze. Liliana Ocmin (Coordinamento Donne), dal canto suo, è intervenuta per ricordare il senso del 25 novembre, Giornata internazionale per l'eliminazione della violenza contro le donne, che vede anche il sindacato in prima linea. Per Ocmin, però, occorre interrogarsi se quel che stiamo facendo sia sufficiente e se la nostra riflessione sul ruolo del sindacato manchi di rimarcare una specificità che appartiene al lavoro delle donne, specie in questi tempi di pandemia, con il suo corollario di precarietà, sfruttamento e discriminazione.
Giuseppe Iuliano, responsabile del Dipartimento internazionale, nel suo intervento ha invece sottolineato come negli ultimi 30 anni se è vero che il tasso di sindacalizzazione è sceso, è vero anche che, sul piano internazionale, il sindacato ha guadagnato uno spazio inedito di interlocuzione non solo con le grandi istituzioni internazionali (FMI, Banca Mondiale, G20, ecc.) ma anche con la società civile organizzata - come il Social Forum, la Global March contro il lavoro minorile e, più recentemente, i movimenti contro i cambiamenti climatici come il FridaysForFuture. Proprio da questi incontri deriva un'ulteriore acquisizione di ruolo da parte del sindacato, che si aggiunge a quello che potrà giocare nella governance delle imprese. Prendendo direttamente spunto dalla relazione del professor Sacconi, invece, Marino Masucci (Fit Cisl), è tornato sul concetto della “pre-redistribuzione”, che diventa centrale per i suoi aspetti di natura contrattuale, andando ben oltre la mera tutela del potere d’acquisto dei salari e riconoscendo invece l’entità del valore aggiunto. Quanto al ruolo del sindacalista, per Masucci, se da un lato è necessario percorrere la strada maestra della partecipazione, dall’altro occorrerebbe ulteriormente esplorare il ruolo attivo del sindacato nelle politiche attive, nella formazione e orientamento al lavoro. Antonella Amerini (Fistel), dal canto suo, ha portato una riflessione sulle opportunità che, pure nel disastro generato dalla pandemia, le tecnologie e i nuovi strumenti di comunicazione possono offrire al sindacato per essere più vicino a tutte quelle persone, lavoratori precari o comunque poco tutelati, che in questi anni lo hanno percepito come distante. Vima Rinolfi (Fondazione Tarantelli) è invece tornata sul ruolo dei Consigli del lavoro e della cittadinanza, di cui aveva parlato Sacconi, per chiedere come questi potrebbero collegarsi alla
PAGINA 83 temi come i nuovi diritti legati all’evoluzione digitale del lavoro, ai giovani, a ciò che saranno le nuove “comunità energetiche” nella loro dimensione non solo economica ma anche democratica, Sedran ha concluso con una riflessione su come potrà cambiare il lavoro del sindacalista e sull’opportunità di una riflessione congressuale sul tema.
Nella sua replica, Sacconi ha ripreso gran parte degli spunti emersi nel corso del dibattito, a partire dalla questione del rapporto tra i Consigli del lavoro e della cittadinanza e la RSI, sollevata da Vilma Rinolfi. In maniera molto netta Sacconi ha sostenuto che la RSI o si realizza come forma estesa di governo dell’impresa o non si realizza affatto. Riguardo ai giovani e al lavoro esercitato attraverso le piattaforme (ma anche lo smartworking), il professore ha posto l’accento sulla possibilità di forme di controllo molto più autoritarie che l’utilizzo delle nuove tecnologie, attraverso gli algoritmi, consente. Ai giovani va spiegato che il tema della democrazia economica non è un modo per essere più collaborativi con l’impresa, ma è il modo per affermare la giustizia sociale nell’impresa. E, in ordine a ciò, il ruolo del sindacato è fondamentale, ha aggiunto Sacconi. Riprendendo, invece, i temi posti da Amerini e Sedran sulla partecipazione a livello territoriale o di catene di fornitura, il professore ha sottolineato come il sindacato, attraverso i Consigli del lavoro e della cittadinanza, possa esercitare, tra l’altro, il compito di unificare la rappresentanza del mondo del lavoro. In ultima analisi, ha concluso il professore, proprio lo sforzo richiesto di lavorare per un obiettivo comune che la lotta ai cambiamenti climatici ed il green new deal impongono, offre l’opportunità di creare la convergenza tra diversi interessi che rende possibile la realizzazione di questa proposta.
A concludere i lavori è stato il segretario confederale Angelo Colombini, che in premessa è tornato sia sul tema dell’impegno del sindacato contro la violenza di genere sui luoghi di lavoro sia sul tema della partecipazione, legato anche ad una dimensione europea. “Noi possiamo essere un punto di riferimento per tutto il mondo – ha detto Colombini – su tutte le questioni che attengono alla dimensione sociale e del dialogo, a partire dal partenariato per arrivare fino alla partecipazione nei luoghi di lavoro”. Per Colombini il sindacato, poi, ha anche una funzione di argine contro l’individualismo, che non deve essere sottovalutata, e che porta avanti una cultura di solidarietà. Da qui nascono una serie di proposte ben precise di interazione nei posti di lavoro, ha aggiunto il segretario confederale, ricordando tutti gli strumenti di solidarietà messi in campo attraverso la contrattazione. Un ruolo destinato ad ampliarsi, ha sottolineato ancora Colombini, proprio in relazione ai bisogni ed alla povertà crescente causati dalla pandemia. Per questo la partecipazione, in tutte le sue accezioni, diventa un elemento essenziale per il sindacato, secondo Colombini, che richiede uno studio accurato di tutte le possibili metodologie, che si tratti di partecipazione agli utili o di presenza all’interno dei consigli del lavoro o dei
consigli di sorveglianza. Starà alla nostra capacità – ha aggiunto - riuscire ad aprire il confronto con le organizzazioni datoriali, e prima ancora la Cgil, che nel tempo si sono sempre opposte a quest’idea. Secondo Colombini, però, sono gli stessi cambiamenti tecnologici e la svolta green a richiedere, specie da parte delle aziende più innovative, il coinvolgimento di tutti gli stakeholders, in primis i lavoratori ma anche la cittadinanza. Da qui, ha concluso il segretario confederale, l’opportunità di diventare protagonisti di una nuova storia sindacale riconquistando quegli spazi di democrazia che la digitalizzazione e le nuove tecnologie, anziché favorire, tendono a comprimere.
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