Ringrazio il professor Gallo per i suoi spunti, perché rappresentano il vero tema.
Tutti si attardano ancora a ragionare su una situazione emergenziale, mentre quella che viene dipinta come un’emergenza è, in realtà, il “new normal”.
Mi spiego meglio: che ci sia il tema di rinnovare la sanità è abbastanza evidente. E non perché c’è il coronavirus, ma perché dopo il coronavirus potrebbe arrivarne benissimo un altro.
Abbiamo avuto la riprova di quello che già sapevamo e che era stato anticipato ampiamente sia dalla letteratura scientifica sia dalla fiction televisiva. Noi avevamo già tutti gli elementi per capire che ci sarebbe stata la pandemia. E abbiamo già tutti gli elementi per capire che potrebbe essercene una peggiore.
Naturalmente potrebbe anche non accadere. Però basta legge i libri di David Quammen (l’autore di “Spillover”, ndr) per capire che è possibile. Batava leggere un po’ di Michael Crichton per capire che era possibile.
Come sempre, ci sono autori che anticipano ciò che sembra fantasioso e che poi, nel mondo reale, viene superato ampiamente da quello che abbiamo visto. Per questo non c’è la fase di emergenza, c’è il “new normal”. E questo “new normal”
impone dei cambiamenti.
Intanto, ha già fatto dei cambiamenti. Io, pur avendoci lavorato da sempre, non sono un fan della digitalizzazione forzata, anzi. E ne vedo i rischi, che sono grandissimi. E, visto che è il sindacato ad avermi invitato, vedo i rischi per i lavoratori, che sono enormi. E i rischi per i lavoratori, sono rischi per la società.
Non dobbiamo dimenticare ciò che sta succedendo. Stiamo assistendo ad una trasformazione del lavoro, ma non ci sono le progressive sorti davanti a noi. Non deve esserci la fobia del digitale, ma c’è una fortissima rottura delle relazioni sociali di cui dobbiamo tenere conto.
Rottura delle relazioni sociali che significa rottura dell’economia che era basata su queste relazioni sociali. E la rottura dell’economia provoca a sua volta la rottura di altre relazioni sociali. Provoca perdita di posti di lavoro e povertà. Non c’è nessuna distruzione creatrice in questo processo, perché non è che nascono nuove
progressioni: se ne distruggono moltissime e se ne creano pochissime. Vi invito a guardare il cambiamento del listino, non del Dow Jones ma del S&P 500 (per non parlare del Nasdaq) delle società quotate più importanti di 20 anni fa e quelle di oggi, mettendo a fianco della capitalizzazione il numero dei dipendenti. Vi accorgere che capitalizzano tanto, ma di lavoro ce n’è poco. Poco e per pochi. Molti utili per pochi, poco il lavoro che servirebbe, invece, per molti. Questo significa che il cambiamento strategico di cui parlavate prima, deve cominciare dal capitale.
Non sorprendetevi, non sono diventato improvvisamente un pensatore marxista o un adepto della rivoluzione sociale comunista. Ma è chiaro che c’è qualcosa che non va nel modello del capitalismo. E che questo modello debba essere riformato proprio da coloro che sono riformisti. E chi meglio della Cisl? Per le sue tradizioni storiche, per il legato che ha, per chi ne ha fatto la biografia, per chi la rappresenta nel presente e, noi speriamo molto bene, nel futuro.
Quello che sta accadendo è abbastanza evidente. La cosa più importante è la polverizzazione delle relazioni sociali, che non riguarda solo il posto di lavoro.
Riguarda le relazioni umane. Il solo fatto che tu debba guardarti dal contatto, e quindi da uno dei cinque sensi, rappresenta un cambiamento enorme dal punto di vista psicologico, perché significa stabilire una distanza. Che non è quella che prescrivono i virologi, io sto parlando della distanza dell’”io”, dell’”essere”. E del
“non essere” in questo caso.
E se noi introduciamo un elemento di distanza in una società che ha già la tendenza ad erigere muri dappertutto, creiamo ulteriori rotture sociali. Questa distanza, questa dimensione nuova, crea ulteriori rotture sociali, crea isolamento, crea distopie, crea una cosa che si chiama “depressione”.
Abbiamo pubblicato un dato, l’altro giorno, che mi ha sconvolto: è quintuplicato il numero dei casi di depressione in Italia (quelli dichiarati). Il che significa che noi stiamo allevando una società malata. E siamo di fronte ad un paradosso: il nobile intento di voler assicurare la salute a tutti i costi produce un’altra malattia, che è quella dell’alienazione sociale. E per chi fa sindacato la parola alienazione ha un significato molto grande, perché è l’alienazione della fabbrica novecentesca.
Alienazione che si riproduce in realtà, in un salto storico, nell’alienazione digitale.
Come evitarlo? Ristabilendo le relazioni sociali. Ma per ristabilire le relazioni sociali abbiamo bisogno di un nuovo modello di sviluppo. Ecco perché bisogna
PAGINA 45 Non sfugge a nessuno che, pur approvando la necessità dell’emergenza, questo
“stato di necessità” sia diventato “stato d’eccezione” e questo “stato d’eccezione”
abbia di fatto cambiato la curvatura dello spazio costituzionale.
Non sfugge a nessuno che principi inviolabili, inalienabili, come la libertà di movimento, la libertà di associazione, la libertà di costituirsi in libera forma, la libertà di impresa, siano state fortemente compresse.
Naturalmente si dice che c’è uno “stato di necessità”. Ed è vero. Ma lo “stato d’eccezione” ha una durata, e non è un pericolo quando la durata è limitata. Non è un pericolo quando la durata è scritta, aggiungo. Noi, invece, abbiamo attraversato un periodo, frutto di un evento catastrofico, dilatato.
Che cosa ha provocato? E che cosa vediamo noi che frequentiamo tutti i giorni lo spazio della politica, e lo raccontiamo? Il perdurante dello “stato d’eccezione” ha modificato, o meglio, ha accelerato un processo di disgregazione, di polverizzazione sostanzialmente, del Parlamento. Il Parlamento era un
“pulsantificio” ed ora è ridotto ad un luogo dove passano delibere. Passano, neanche si discutono. È un luogo dove la libertà è compressa. Compressa in nome dello “stato d’eccezione”. Ed è compressa in nome di convenienze politiche che tutti conoscete.
Naturalmente, questo può essere liquidato come un male necessario e passeggero.
Ma può diventare un elemento di sistema. E a me pare che si stia rafforzando come elemento di sistema.
Andate a guardare la legislazione. Sapete tutti che Karl Schmidt parlava di legislazione “motorizzata”.
Lo diceva non a caso per descrivere il forte impulso del governo sulla formazione delle leggi. In questa società accelerata e compressa (invito tutti a leggere un libro del sociologo tedesco Hartmut Rosa, edito da Einaudi, che si intitola
“Accelerazione e alienazione”), la riduzione della discussione democratica diventa, praticamente, un feticcio. E se guardate alla produzione legislativa e pensate alle parole di Karl Schmidt capite che questa diventa la dimensione del governo:
legislazione motorizzata significa “decreti”, di tutti i tipi.
Alla fine, che cosa è successo? Avevamo decreti di varia durezza e intensità. Quello principe è il “decreto legge”, la legislazione motorizzata per eccellenza, che, per diventare legge, ha bisogno di essere convertito in legge. E quindi, comunque, di fare un necessario passaggio alle Camere e, eventualmente, di essere modificato.
Cosa, quest’ultima, che imporrebbe una seconda lettura e via via così… Tutto questo, di fronte all’emergenza, è stato compresso. Vale a dire che il decreto legge è diventato immodificabile. E, naturalmente, neanche il decreto legge poteva funzionare in una situazione del genere, per cui tutto è stato sostituito da
provvedimenti amministrativi di vario tipo. Compresi i famosi DPCM sui quali tanto si è discusso, ma per lo più (escluso un intervento del professor Cassese) in maniera strumentale e politica. È chiaro che Conte doveva farne alcuni. È meno chiaro che dovesse farne su alcune particolari materie alquanto discutibili come
“gli affetti stabili” o qualcosa del genere. Cosa che peraltro riporta a quello che vi dicevo prima, e cioè alla dimensione psicologica di questa crisi.
La durezza dei provvedimenti motorizzati è molto importante perché si è passati dal decreto all’atto amministrativo. Karl Schmidt in un suo lavoro su questo tema, fa notare come la norma, ad un certo punto, diventi sempre meno liquida e sempre più deresponsabilizzata dalla politica, passando dalle mani del politico (cioè del vero principe) a quelle del burocrate (cioè, di nessuno). Il burocrate in una dimensione di fiction, di letteratura, e quindi in una dimensione più reale che mai (pensate a Kafka), diventa “l’assurdo”, cioè l’impraticabile. Ed è quanto sta succedendo nella società italiana. E chi meglio del sindacato può raccontarci la presenza di norme assurde in questo momento. Pensate solo al tema della scuola.
Il tema della scuola è un esempio micidiale di quello che sta succedendo. Si è discusso per mesi dei banchi. Ma il tema non erano i banchi, il tema è “il modello educativo”.
Esempi pratici:
- le scuole che non hanno adottato il modello misto, cioè il modello “in presenza e virtuale”, si trovano ora nella seguente situazione: l’alunno che risulta positivo o sospetto, che va in quarantena o aspetta il tampone, e ne aspetta un altro, e ne aspetta un terzo, o ha una famiglia che ha un caso e va in isolamento, ecc. perde i giorni di scuola. E non li recupera. Chi assicura il diritto all’istruzione a tutti quei soggetti che, non avendo il modello misto e, quindi, non potendo fare a casa la lezione, perderanno giorni di scuola?
È solo un esempio, ma vi dà l’idea di come non si sia ragionato abbastanza sul modello e si sia invece sproloquiato moltissimo su cose che servivano soltanto a fare le “foto opportunity”, tra l’altro riuscite pure male!
Vi faccio l’esempio della scuola perché riporta a tutto quello che vi ho detto all’inizio. E cioè, alla dimensione psicologica e alla dimensione di futuro. Il tema del vostro incontro di oggi qual è? Il tema è il domani. E il domani non sono io, che
PAGINA 47 conoscere. E per conoscere bisogna studiare tanto. E per studiare tanto bisogna sacrificarsi tanto. Bisogna stare un po’ meno in televisione e stare un po’ più sui libri. Viaggiare un po’ meglio, avere relazioni giuste e qualificate, molto spirito di umiltà e grande voglia di lavorare. Tutto questo nelle biografie di gran parte delle persone che oggi ci governano non esiste. Ma, aggiungo, nel Parlamento. Questo è il Parlamento peggiore della storia repubblicana. È abbastanza evidente, altrimenti non saremmo arrivati a questo punto.
Se questo è il quadro sommario, in un quadro geopolitico in cui noi abbiamo una sfida fondamentale per l’Occidente: le elezioni Usa il 3 novembre. Trump o Biden poco cambia: l’agenda della politica estera americana ha un primo punto imprescindibile, che si chiama “Cina”. Che vincano i Democratici o ci sia una riconferma dell’attuale amministrazione, ci sono 400 miliardi di rosso della bilancia commerciale americana, il primato nella tecnologia e nella difesa, il dominio del mondo sostanzialmente. Non è un tema che si realizza oggi, ma è in corso. E la pandemia ha accelerato questo processo.
In questo quadro, dove l’Europa è il vaso di coccio tra vasi di ferro, che cosa succede? Succede che ci sono degli enti, delle istituzioni, che non sono il governo, che non sono il Parlamento, ma che sono molto importanti. Uno di questi è il sindacato. Probabilmente è l’istituzione più importante dopo quella del governo.
Naturalmente, deve riuscire ad interpretare quello che sta accadendo. Che non si può più definire cambiamento, perché è già cambiato. Basta fare un giro per le strade di Roma per vedere che la luce si è spenta. Altro che cambiamento. Bisogna creare un altro mondo. E per creare un altro mondo c’è bisogno di un sindacato di rappresentanti dei lavoratori, che possibilmente siano lavoratori, aggiungo. Cioè, che conoscano bene la realtà da cui provengono. Non c’è mai stato più bisogno come oggi di avere pensatori che siano anche operai. Pensatori che siano stati dietro al banco, pensatori che siano stati alla lavagna. Gente che ragiona avendo il contatto molto forte con la realtà.
Io ho la fortuna di essere direttore di un’agenzia di stampa e di essere un direttore operaio, cioè di lavorare tanto, tantissimo. Ma faccio anche il manager di azienda, di un’azienda editoriale. Ed i cambiamenti, anzi la realtà che stiamo vivendo quotidianamente impone di fare delle scelte. E il sindacato può aiutare e aiuta tantissimo a fare queste scelte. Però, con quale ruolo?
Qui bisogna dirla tutta e forse sarò anche un po’ scomodo. Ma se il sindacato vuole avere un ruolo ancillare rispetto al governo, allora non serve. Ve lo dico subito. Se il sindacato vuole essere l’accompagnatore di processi motorizzati (quelli che abbiamo già visto) in uno stato permanente d’eccezione, di riduzione della democrazia, e vuole accompagnare il governo (qualunque esso sia) per collateralismo, non serve a nulla. Non farà l’interesse dei lavoratori. Se vuole essere antagonista, in maniera costruttiva però, e anche molto rigoroso, è benvenuto e
necessario. E deve essere in grado di porre freni molto consistenti alle derive che vediamo, che conducono ad un totalitarismo soft, che non è auspicabile per nessuno.
In Occidente comincia a vedersi questo aspetto e produce reazioni molto pericolose. Guardate cosa sta succedendo in Germania. Tutti pensano all’Italia, ma io vi assicuro che la Germania sta diventando un problema. E quando la Germania diventa un problema, il problema è per tutta l’Europa. La Germania è croce e delizia dell’Europa. Patria della più grande filosofia e scienza, ma anche della più grande distopia e incubo. Quindi, bisogna controllare bene cosa succede in Germania.
Il sindacato deve avere un ruolo propulsore, non di accompagnamento dei governi.
Perché i governi, nella concezione americana o inglese, lavorano negli interessi dei governi. E l’interesse dei governi non è mai quello del popolo, è antagonista.
Bisogna temperarli. Nei sistemi anglosassoni il luogo in cui temperarli è il parlamento. Ma il nostro parlamento non funziona. È un dato di fatto.
Questa malattia del nostro sistema parlamentare, che sarà acuita in maniera incredibile dalle riforme che vediamo: riduzione del numero dei parlamentari, ridisegno dei collegi, rappresentanza ridotta ad una specie di totem senza significato, assenza completa di competizione interna ai partiti, selezione della classe dirigente per cooptazione, vogliamo continuare? Costituzione di clan locali, potentati e sultanati, cacicchi, governatori che smembrano la Costituzione in 20 Regioni in cui ognuno fa come gli pare. Siamo alla follia. Un Paese non può funzionare così. E ve lo dice un sardo.
Di fronte a tutto questo il sindacato ha un ruolo enorme. Ha il ruolo di temperare e sostituire e di fare da supplente in un momento di emergenza istituzionale molto grave, che non sappiamo quanto potrà durare.
Però, a sua volta, il sindacato dovrà rinnovare tutte le sue procedure interne.
Intanto deve essere competitivo al suo interno. Cioè, deve far emergere le figure migliori, le biografie migliori. Deve mettere in discussione tutto ciò che è consolidato. Deve dare spazio alle donne e deve dare spazio ai giovani. E deve fornire loro non la rappresentanza (che è una cosa puramente formale), ma deve garantire la competizione tra uguali. Deve garantire quella che pomposamente viene chiamata inclusione, ma che in realtà è un’altra cosa. E cioè, partire tutti dalla stessa posizione per arrivare alla meta, e vinca il migliore! Questo è il senso.
PAGINA 49 Nei confronti del Parlamento, il sindacato deve offrire soluzioni non solo dal punto di vista legislativo, azioni di lobbying… tutte cose legittime e che sono la naturale emersione degli interessi, ma deve offrire personale politico. Qua sta emergendo un tema di capacità del sistema legislativo italiano di stare in piedi. Il drafting legislativo è lo specchio di quello che siamo. È fatto da analfabeti. E non solo analfabeti istituzionali. Cioè, si fa fatica a leggere quello che scrivono, per essere chiari.
Negli ultimi 25 anni siamo passati da leggi sufficientemente chiare, altre un po’
meno ma che si capivano, a dei testi incomprensibili. Perché questo? Per le ragioni da cui siamo partiti: dimensione sociale, psicologica, istruzione, educazione e, alla fine, ti ritrovi un cattivo parlamentare. Il Parlamento diventa il luogo di quelli che non hanno nulla da fare nella vita. Infatti, voi fate sindacato. Non fate i parlamentari. Ma questo non va bene, perché un tempo i sindacalisti della Cisl andavano a fare i parlamentari. Perché andavano a fare i parlamentari? Perché erano i migliori. Insieme ai sindacalisti della Cgil, insieme ad alcuni della Uil, insieme a qualche operaio, insieme a qualche contadino e insieme a qualcun altro facevano quella che si chiama “classe dirigente” del Paese.
Voi siete classe dirigente. Ma non siete rappresentanza. E non siete neanche rappresentati, perché se non sedete in Parlamento non ci siete. Rischiate di diventare collaterali, di partecipare alle riunioni nella Sala Verde, ma poi finisce là.
Qua, però, non può finire là. E non perché arriva il Recovery Fund, sul quale - ve lo dico subito - non nutro nessuna speranza. Anche perché, se andiamo a fare il conto delle Manovre fatte negli ultimi 30 anni, abbiamo speso un mucchio di soldi, abbiamo compresso le tasche degli italiani in una maniera incredibile e guardate come è ridotto il paese.
Il problema non è il Recovery Fund, non è neanche avere i soldi. I soldi ci sono (non riusciamo neppure a spendere i fondi europei). Il problema è quello che dicevo:
l’accelerazione di uno scenario per il quale il coronavirus sta portando, di fatto, il Paese alla rupture, come dicono i francesi.
La prima è psicologica, la seconda è culturale, la terza è istituzionale. L’economia è un “di cui”.
Che cosa deve fare il sindacato? Deve costruire i quadri dirigenti dell’Italia di oggi e di domani.
Si vota tra due anni. La scuola di politica della Cisl, per essere molto concreti, quanti candidati ha intenzione di proporre a tutte le forze parlamentari? Quante persone ha intenzione di far emergere all’interno dei partiti? Quante persone della Cisl – e non di altri, perché così bisogna ragionare – ha intenzione di sostenere il
sindacato con la sua forza? Quanta lobbying vuole fare la Cisl sui partiti affinché accolgano i propri candidati?
Bisogna ragionare molto pragmaticamente. Le elezioni sono domani. La domanda che faccio io a voi: “Chi ha fatto questo ragionamento della Cisl?”
Grazie.
Mercoledì 30 settembre 2020
PAGINA 51 Coordinamento delle Attività Internazionali
Giovedì 29 Ottobre 2020
Focus in webinar ore: 9.30-13.00