sostenibilità
A cura del Coordinamento delle Attività Internazionali
La sindacalizzazione è in declino?
Dal 1975 al 2018, nel mondo, il tasso di iscrizione dei lavoratori al sindacato è passato dal 33% al 17%. In Italia nello stesso periodo, la percentuale è scesa dal 48% al 34,4%
Un calo in controtendenza rispetto all’innegabile miglioramento (a livello globale) delle condizioni di lavoro, che trova ragione in diverse cause, alcune delle quali riscontrabili a tutte le latitudini.
Una di queste cause comuni (del calo della sindacalizzazione), particolarmente evidente nel mondo occidentale e sviluppato, si manifesta già dagli anni 90 con l’affermazione di un capitalismo globalizzato e globalizzante, fondato sulla crescita esponenziale dei consumi, e con l’adozione di modelli sociali e culturali orientati alla ricerca del successo individuale: l’individualismo che si afferma sul personalismo sociale.
Questo profondo cambiamento, che ha investito anche la working-class, ha aiutato le forze antisindacali nel tentativo di allontanare i lavoratori dal sindacato La forza del sindacato risiede nella sua rappresentatività e nell’azione collettiva (il Noi che, nel personalismo, non esclude l’Io) come dimostrato dalla radice greca del suo nome: [Sin (insieme) + Dikè (giustizia) = insieme per la giustizia].
Appare quindi evidente che, in una società individualista e consumista, il
PAGINA 73 A questo fattore sociale e antropologico – l’individualismo -, negli anni se ne sono sommati altri che hanno contribuito al calo dell‘appartenenza sindacale e, conseguentemente, della forza del sindacato:
i cambiamenti del sistema produttivo (automazione, informatizzazione, ambientalizzazione, ecc.)
il decentramento produttivo e le delocalizzazioni
la concorrenza di merci a basso costo di manodopera sul mercato globalizzato
la crisi finanziaria-economica e produttiva del 2008 – 2015
l’avvento della comunicazione di massa (internet e social) priva di intermediazione
l’avanzare di proposte politiche antisistema (sovraniste, neonazionaliste, post-ideologiche)
Il progresso tecnologico: la digitalizzazione, intelligenza artificiale, ecc…
il covid-19 con il suo portato di paure, insicurezza, crisi economica, e di ulteriori trasformazioni produttive (es. smart working, calo dei consumi, ecc..).
Ma, dopo la disamina delle cause “esterne” della desindacalizzazione, è doveroso analizzare quelle interne al sindacato, atteso che il problema è da tempo noto, per capire se e quanto siano state prese le adeguate contromisure ma anche se la sua componente conservativa abbia contribuito o meno all’avanzamento del fenomeno.
Al netto delle evidenti differenze esistenti tra le situazioni economico-sociali e dei modelli sindacali dei diversi paesi e continenti, è evidente il fatto che tra i decenni del dopoguerra (50 – 80) e i decenni successivi si è assistito ad un progressivo calo delle “vocazioni” sindacali tra i lavoratori, intendendo per vocazione sindacale la disponibilità del singolo lavoratore di rendersi disponibile all’’impegno sindacale volontaristico e facendosi carico degli inevitabili effetti negativi su carriera, reddito e vita privata. Un calo che, evidentemente, trova ragione proprio nell’affermazione del modello sociale del successo, del guadagno e dell’individualismo ma anche, e non secondariamente, nella mutazione della struttura dei bisogni e dei consumi familiari che rendevano difficile per il lavoratore, soprattutto se monoreddito, rinunciare a parte della retribuzione.
Aumento dei consumi, dell’indebitamento, del costo delle abitazioni e, non certo
ultimo, il costo del progetto educativo dei figli (istruzione fino alla laurea) sono stati, evidentemente, cause di un calo delle vocazioni sindacali che, inevitabilmente, si è ripercosso sulla sindacalizzazione
Il calo delle vocazioni non è però l’unico dei motivi della insufficiente risposta del sindacato al declino della sindacalizzazione:
La rigidità dei modelli organizzativi, sempre più burocratizzati e costosi, ma anche autoreferenziali e difficilmente riformabili L’aumento della distanza tra la base (i lavoratori) e i vertici
sindacali, sempre più accomunati alle “caste del potere” dalla narrazione populista resa particolarmente efficace dall’avvento dei Social
L’avvento di forme di comunicazione smart (dalle e-mail in poi) che, se da una parte hanno agevolato il lavoro del sindacalista consentendogli di raggiungere iscritti e non in modo veloce ed economico, hanno progressivamente allentato il rapporto fisico e personale (alla base di quello fiduciario) tra lo stesso sindacalista e gli iscritti
Occorre precisare che, in Italia, come dimostrano i dati OCSE, il calo delle adesioni è stato inferiore rispetto alla media internazionale grazie alla resilienza dimostrata dal sindacato confederale nei posti di lavoro, la sua confederalità, la sua capillarità organizzativa e l’intatta capacità negoziale e contrattuale. Ciò comunque non ha evitato il calo dal 48 al 34,4% della sindacalizzazione e, ancora oggi, forse più di ieri, è alto il rischio di un ulteriore calo della sindacalizzazione se si prendono in considerazione l’andamento demografico, il basso turn over e gli effetti della pandemia Covid-19 sull’economia, con particolare riferimento alla precarizzazione occupazionale ma anche al clima sociale di generalizzata sfiducia.
A carattere generale, quindi, senza volersi riferire alla situazione italiana, ma tenendola ben presente, si può affermare che per arrestare (e, ancor meglio, invertire) la tendenza alla “desindacalizzazione” del lavoro il sindacato, a tutti i livelli, deve progettare e realizzare in tempi brevi una strategia per essere centrale nella fase di ricostruzione post pandemica e nella gestione della transizione del
PAGINA 75 Il sindacato si è sempre fondato sul rapporto fiduciario Lavoratore – Sindacalista
Il sindacato è sempre stato un’organizzazione ancorata alla “fisicità”.
Dai suoi albori il rapporto tra il sindacato e i lavoratori è sempre stato un rapporto tra persone (sindacalista – lavoratore) La stessa democrazia sindacale, soprattutto quella di tipo rappresentativo, si è sempre fondata su due aspetti:
- il rapporto fiduciario tra rappresentato e rappresentante - il modello valoriale e ideale sindacale
Tutti i processi sindacali democratici si fondano pertanto sul rapporto tra personalismo comunitario/sociale (anche in chiave cristiana), alternativo all’individualismo liberista
L’epoca virtuale e la dematerializzazione sono una minaccia per l’azione collettiva del sindacato?
I modelli organizzativi sindacali del 20° secolo, concepiti sul rapporto diretto e
“fisico” tra sindacalista e lavoratore sono andati inevitabilmente, in difficoltà o al mutare della struttura produttiva (parcellizzazione)
o per la difficoltà a coltivare il rapporto “fisico” con lavoratori e lavoratrici, sempre più lontani da forme di aggregazione comunitaria (Parrocchia, Partito, Sindacato,…)
Lo stesso “lavoro agile” (smart working) e tutte le forme di lavoro a distanza o casalingo, possono essere (e spesso sono già), motivo di allontanamento del lavoratore dal sindacato così come lo possono essere forme di rapporto di lavoro sempre più individualizzate e “ritagliate” su professionalità che, sempre più sfuggono alle tradizionali “classificazioni” contrattuali
A ciò occorre aggiungere la molteplicità di flussi informativi che raggiungono le persone attraverso nuovi media (spesso disintermediati) che, spesso, si sovrappongono (se non addirittura si sostituiscono) ai tradizionale canali di informazione e comunicazione sindacale
Il rischio di un sindacato indebolito quando più se ne sente la necessità La Pandemia Covid-19 ha fatto emergere ed ha amplificato esponenzialmente i limiti e i problemi delle società moderne
Per evitare una regressione economica e sociale e l’inversione di tendenza rispetto allo sviluppo sostenibile è indispensabile uno sforzo “corale di tutte le componenti sociali, economiche, politiche e istituzionali
Andrà messa in campo una colossale quantità di risorse per far riprendere l’economia e per curare le ferite inferte dalla pandemia,
Ma il rischio che in tanti possano rimanere indietro è alto. Per interi continenti (l’Africa), paesi, territori, persone svantaggiate, il rischio di rimanere impantanati in un eterno post covid è alto, come è alto quello di rimanere al margine del progresso tecnologico o di pagare il prezzo della transizione energetica ed ecologica
Per questo è indispensabile che al tavolo decisionale della ricostruzione e della ripartenza sieda un sindacato autorevole e soprattutto forte e rappresentativo
Quale Sindacato per il futuro?
Ma non può essere il sindacato di ieri. Il suo portato ideale e valoriale, ancora attuale, deve essere protetto e reso capace di cambiare la realtà così come nel passato.
Cambiare, modernizzarsi, adattarsi alla nuova realtà per continuare a portare avanti la missione è un dovere ma anche una necessità esistenziale
La società è cambiata, sta cambiando e continuerà a cambiare, ma questo cambiamento può e deve essere giustamente orientato e governato
L’esperienza statunitense (ma anche europea) è sotto gli occhi di tutti:
populismo, sovranismo, razzismo e movimenti post democratici tentano di dividere la società e vanno a cercare il consenso proprio tra lavoratori delusi, stanchi di precarietà e colpiti dalla globalizzazione e dalla modernità, nelle periferie urbane e umane e nel disagio sociale. Il Covid-19, oltre alle sofferenze, lascerà un segno profondo e cambiamenti irreversibili con i quali è indispensabile imparare a convivere, anzi, a governarli e correggerli nei loro aspetti negativi.
Il sindacato, in tutto il mondo, ha quindi di fronte a sé una sfida che non solo
PAGINA 77 In altre parole: avviare il proprio rilancio per impedire l’avvento di un’epoca post sindacale
Dobbiamo riuscire, a tutti i livelli, a:
1. Coniugare la modernità tecnologica con la democrazia rappresentativa, per difendere l’autonomia del sindacato, la sua democrazia interna e riaffermare la forza del “noi”, di tante persone insieme per il bene collettivo
2. Perseguire la sostenibilità ambientale ed economica dell’azione sindacale, nel senso che il sindacato non solo deve essere un soggetto attuatore dello sviluppo sostenibile (Agenda 2030) ma deve essere esso stesso sostenibile sul piano organizzativo, economico e ambientale 3. Tutelare e accompagnare le Lavoratrici e i lavoratori a prescindere dai
confini fisici e geografici in un’epoca di mobilità planetaria, continentale e territoriale
4. Passare dalla gestione degli eventi alla loro prevenzione attraverso una preparazione strategica e proiettata nel tempo dell’azione sindacale (es. risk management sociale)
5. Dalla risposta alla prevenzione: programmazione strategica dell’azione sindacale
6. Essere “prossimi” sia nella tutela che nei servizi, con una organizzazione flessibile, capillare e low cost
7. Realizzare la partecipazione in tutte le sue forme perché la democrazia economica non è più un’opzione o una terza via tra “Liberismo lassez fair” e “Collettivismo socialista”, ma l’unica via possibile per il futuro 8. Sviluppare la dimensione multiculturale.
Conclusioni
Il 3 ottobre Papa Francesco, ad Assisi, ha firmato la sua terza Enciclica - Fratelli Tutti – che vede nella fratellanza/sorellanza della comunità umana (a prescindere anche dal credo religioso) la medicina capace di guarire la comunità umana dalla
“chiusura del consumismo, dall’individualismo radicale e dalla autoprotezione egoistica”.
Un appello forte all’unità, alla riscoperta del bene comune prima di quello personale, che risulta di grandissima attualità non solo rispetto ai mali e problemi del mondo moderno ma perché ci mette in guardia dal rischio concreto che la pandemia Covid-19 «non sia l’ennesimo grave evento storico da cui non siamo stati capaci di imparare».
Un messaggio che riguarda tutti ma, nel nostro caso, sembra richiamare direttamente anche noi, sindacalisti, in quanto operatori di giustizia e solidarietà.
Non possiamo infatti non sentirci responsabilizzati e coinvolti quando il Santo Padre vede nella cultura dello scarto, nel mondo chiuso, nei diritti umani non sufficientemente universali, e nella globalizzazione e nel progresso senza una rotta comune le cause dell’ingiustizia e della sofferenza umana
Con parole forti ma amorevoli, ponendoci di fronte alla nuda realtà ci esorta all’impegno comunitario, alla riscoperta del “Noi”, alla fratellanza appunto che abbiano il dovere di tradurre e, come si dice oggi “mettere a terra” con azioni che rendano democratica l’economia, sostenibile lo sviluppo e l’affermazione della giustizia sociale.
E chi, più del sindacato, che porta il nome “insieme per la giustizia”, deve sentirsi chiamato? Chi più di noi ha il dovere di prepararsi e ri-organizzarsi per questa sfida epocale, per quella che per noi è la madre delle nostre sfide?
Può apparire una domanda retorica, che presuppone una risposta scontata, ma che scontata non è se consideriamo il valore della nostra storia e la responsabilità dei milioni di iscritte e iscritti che rappresentiamo.
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