Le letters di Hughes, al pari della maggioranza dei suoi scritti, incorporano narrazioni mitiche e fanno riferimento a credenze popolari, elementi folklorici ed apotropaici.177 Soprattutto nelle poesie finali della raccolta, L. K. Bundtzen ha riscontrato un’analogia implicita tra la figura di Hughes e quella di Orfeo; anche Ted, infatti, compiange la scomparsa di Sylvia/Euridice e non riesce a recuperarla da “Inside that numbness of the earth/ for our future trying to happen”178. Alla fine, Hughes rifiuta la sorte nefasta che era toccata ad Orfeo poiché, congedandosi per l’ultima volta dall’ amata defunta, egli dimostra di saper controllare la propria disperazione a favore di un’accettazione più controllata del dolore: incanalando la sofferenza all’interno dei propri versi egli riesce, infatti, ad intraprendere un equilibrato processo emotivo di elaborazione del lutto. Uno dei motivi che giace alla base della scrittura di Birthday Letters è la volontà di Hughes di dissociarsi dall’etichetta che Plath gli aveva assegnato in numerose poesie, nelle quali il poeta veniva dipinto come il “riflesso” del genitore defunto, Otto Plath: “inseparable from my shadow/As long as your daughter’s words can stir a candle./ She could hardly
176 E.WAGNER,Ariel’s Gift: A Commentary on ‘Birthday Letters’, cit., p. 25.
177 L.K.BUNDTZEN,Mourning Eurydice: Ted Hughes as Orpheus in ‘Birthday Letters’, cit., p. 456. 178T.HUGHES,“Visit”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1049, vv. 53-54.
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tell us apart in the end”179. In “A Picture of Otto”, l’io discende nell’oltretomba e viene a patti con Otto Plath, incontrandolo “face to face in the dark adit/ Where I have come looking for your daughter” (9-10). Ne Le Metamorfosi di Ovidio, lo spettro di Orfeo si riunisce infine con quello della sua amata:
[…] found Eurydice
And took her in his arms with leaping heart. There hand in hand they stroll, the two together; Sometimes he follows as she walks in front, Sometimes he goes ahead and gazes back No danger now at his Eurydice.180
Al contrario, in questa poesia la figura di Otto Plath si erge nel mezzo dei due amanti, impossibilitandone la riunione; di fatto essa è attuabile solamente all’interno di alcune poesie plathiane dove Hughes è appunto considerato un’entità inseparabile dal suo corrispettivo genitoriale. L'io comprende ed accetta il fatto che Plath era, è e sempre sarà principalmente la figlia di suo padre piuttosto che sua moglie:
You could never have released her.
I was a whole myth too late to replace you. This underworld, my friend, is her heart’s home. Inseparable, here we must remain.
Everything forgiven and in common.181
I testi classici intessuti nella trama di Birthday Letters sono, appunto, Le Metamorfosi di Ovidio ed il libro IV delle Georgiche di Virgilio: entrambi mostrano infatti la volontà di Hughes di appropriarsi dell’identità mitica di Orfeo per descrivere se stesso. Nel glossario di Tales form Ovid (1997), Orfeo viene raffigurato come il “Thracian bard, whose music could rouse emotion in wild beasts, trees and mountains; son of the Muse
179 T.HUGHES,“Visit”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1167, vv. 13-15. 180 G.MILES,Classical Mythology in English Literature, London, Routledge, 1999, p. 87, vv. 75-80. 181 T.HUGHES,“A Picture of Otto”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1167, vv. 20-
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Calliope by either Apollo or Oeagrus, a king of Thrace; husband of Eurydice; after her death he wandered through the mountains of Thrace, playing his lyre”182. Il paesaggio selvaggio associato alla Tracia possiede un corrispettivo nella natura delle brughiere dello Yorkshire ed inoltre, l’affinità di Orfeo per gli animali e la natura richiama quella di Hughes, nativo del West Yorkshire e anch’egli poeta della natura e scrittore di animal
poems. Ad esempio in “The Owl”, lettera che narra un evento avvenuto nei primi mesi
di matrimonio, Hughes affascina Plath con il suo talento orfico: egli desta la curiosità di un gufo che scende in picchiata verso di lui per succhiare “the throaty thin woe of a rabbit/ Out of my wetted knuckle”.183 Inoltre, utilizzando il libro IV delle Georgiche che collega l’arte dell’apicoltura con il mito di Orfeo ed Euridice, Hughes vuole mostrare una correlazione sorprendentemente accurata tra la figura di Aristeo e quella di Otto Plath. Nella poesia “The Bee God”, Hughes incolpa quest’ultimo, esperto entomologo specializzato nello studio delle api, di avergli sottratto Plath così come la collera di Orfeo si scaglia nei confronti del pastore Aristeo che, inseguendo Euridice per possederla, prima che andasse in sposa al cantore, provoca involontariamente la sua morte, dopo che ella, per sfuggirgli, calpesta un serpente che la uccide con il suo morso.184 Per vendicarsi, alcune ninfe distruggono tutti gli alveari di Aristeo che, atterrito dalla propria sventura, chiede consiglio all’oracolo di Proteo, il quale gli spiega la causa della sua perdita:
The anger that pursues you is divine,
Grievous the sin you pay for. Piteous Orpheus It is that seeks to invoke this penalty
Against you, did the Fate not interpose, Far less than you deserve, for bitter anguish At the sundering of his wife. You were the cause: To escape from your embrace across a stream Headlong she fled, nor did the poor doomed girl
182 T.HUGHES,Tales from Ovid, London, Faber & Faber, 1999, p. 252.
183 T.HUGHES,“The Owl”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1064, vv. 23-24. 184 L.K.BUNDTZEN,Mourning Eurydice: Ted Hughes as Orpheus in ‘Birthday Letters’, cit., p. 462.
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Notice before her feet, deep in the grass,
The watcher on the bank, a monstrous serpent.185
Proteo consiglia al pastore di offrire in sacrificio dei capi di bestiame alle ninfe per placarne l’ira. Dalla “putrid flesh” di un toro immolato s’innalza uno sciame di api che ripopola i devastati alveari di Aristeo. Il sacrificio annulla la sua malasorte ed è fonte della rigenerazione delle api. In Birthday Letters, Hughes reitera questi personaggi e la simbologia del sacrificio, aggiungendo inoltre, un elemento di natura psicologica ossia il legame mentalmente “incestuoso” che intercorre tra Plath/Euridice ed Otto Plath/Aristeo.186 Analogamente ad Orfeo, l’io contende la sua amata con un “maestro” delle api e con un “monstrous serpent” che, nella poesia “The Rag Rug”, appare durante la cerimonia di nozze e viene descritto come un “great snake/ […] a mamba fatal”.187 In alcuni componimenti, Otto Plath assume le sembianze di un Minotauro ruggente che allude, appunto, al toro sacrificato da Aristeo a favore della rigenerazione delle sue api. In altre poesie, egli è paragonato ad un “German cuckoo”188, uccello che usurpa i nidi di altri volatili per deporre il proprio uovo. Ciò è quanto si dice in “The Table”, dove lo spettro onnipresente del genitore s’insedia subdolamente nel letto degli amanti: “While I slept he snuggled/ Shivering between us” (28-29). L’io viene scalzato dal suo “nido” e la presenza del “German cuckoo” si impone rovinosamente all’interno del suo matrimonio (non a caso, il termine “cuckold” che allude appunto all’azione del cuculo, significa letteralmente “tradire”, “mettere le corna”). Infine, nei versi di “Fairy Tale”, Otto Plath diviene l’orco fagocitante l’uccellino/Plath che “died each night to be with him,/ As if you flew off into death”.189
185 L.K.BUNDTZEN,Mourning Eurydice: Ted Hughes as Orpheus in ‘Birthday Letters’, cit., p. 462. 186 Ibidem, p. 463.
187 T.HUGHES,“The Rag Rug”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1132, vv. 69-70. 188 Ibidem, p. 1133, v. 24.
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La figura di Orfeo/Hughes si erge in netta opposizione a quella di Aristeo/Otto Plath ed in contrasto con l’idea sacrificale che, comunque, non lenisce il dolore causato dalla perdita dell’amata. Sebbene la collera delle ninfe venga placata immolando toro e nonostante gli alveari si ripopolino di nuova vita, l’io non smetterà di soffrire per l’irreparabile perdita subita in quanto il sangue comunque non potrà mai colmarne la mancanza. Solamente incanalando la sofferenza all’interno dei propri versi ed attraverso il ricordo (soggettivo) dei momenti salienti della loro relazione, l’io è in grado di scendere a patti con il proprio dolore e di raggiungere la consapevolezza interiore necessaria a superarlo. La volontà di Hughes espressa all’interno di Birthday Letters è infatti quella di giungere, infine, alla catarsi ossia la liberazione emotiva da eventi traumatizzanti, la dissoluzione della sofferenza a favore di una rinascita spirituale, una sorta di “vita nonostante tutto”, un’esistenza che non si lascia sopraffare dagli eventi negativi.190 In “The God”, Hughes rimprovera Plath per essere stata incapace di distinguere l’auto “flagellazione” da un normale processo di elaborazione della sofferenza che le avrebbe permesso di accettare e convivere più serenamente con il lutto e superare, presumibilmente, le proprie tendenze suicide. Secondo il poeta, il malessere di Plath scaturirebbe, infatti, dalla sua paura di non avere più storie da raccontare se non quelle inculcatele nella mente dalla sua psicoanalista, Ruth Beuscher, la quale avrebbe insinuato nella poetessa la convinzione di soffrire del complesso di Elettra:
Beutscher191
Twanging the puppets strings
That walzed you in air out of your mythical grave To jig with your Daddy’s bones on a kind of tightrope192
190 L.K.BUNDTZEN,Mourning Eurydice: Ted Hughes as Orpheus in ‘Birthday Letters’, cit., p. 468. 191 Secondo Bundtzen, Hughes compì intenzionalmente un errore di ortografia nel riportare il
cognome della psicoanalista Beuscher come “Beutscher”. Infatti, il cognome nella sua versione scorretta rimanderebbe alla parola “butcher” (“macellaio”), alludendo alla “carneficina mentale” che, secondo Hughes, la psicanalista stava alimentando in Plath.
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Hughes rimprovera a Plath di non opporre alcuna resistenza al dolore poiché convinta che solo coltivando la pena ella sarebbe riuscita a liberare la sua voce poetica più vera e genuina, al contempo assecondando le aspettative del famelico pubblico. In “Blood and Innocence”, di buon grado Plath accetta di sottoporsi al trattamento di elettroshock poiché “They demanded it. Oh, no problem”.193 Ella obbedisce ancora una volta, quando le ordinano di “riesumare” il corpo del padre defunto, in modo che possa renderli partecipi del proprio lamento funebre ed infantile. Infine, sempre degli anonimi “They” la esortano nel goffo ed inutile tentativo di vendetta, chiedendole di uccidere, ancora una volta, lo spettro del genitore e poi di ballare sulla sua tomba, come in una sorta di “liberazione” e di gioirne:
And the villagers never liked you. They are dancing and stamping on you. They always knew it was you.
Daddy, daddy, you bastard, I’m through.194
Sebbene Hughes non identifichi con precisione i “They”, il pronome si riferirebbe alle figure che ebbero a che fare con la poetessa soprattutto nell’ultimo periodo della sua vita. Si tratterebbe dei dottori che, in ossequio alle teorie freudiane, l’avrebbero incoraggiata ad eliminare (metaforicamente) l’influenza delle figure genitoriali, convincendola che, solamente a queste condizioni, ella sarebbe potuta “rinascere”. “They” potrebbe alludere, inoltre, alla sua audience (la “peanut crunching crowd” presente in “Lady Lazarus”) ossia al nutrito gruppo di coloro che, secondo Hughes, avrebbero alimentato il malessere di Plath per poi assistere alla tragedia, “cibarsi” di essa come avvoltoi e trarne scandalosi pettegolezzi e retroscena da poter esibire in anteprima. “They” sono le Menadi, le femministe soddisfatte di aver trovato qualcuno da incolpare per la morte della poetessa e pronte a sacrificare mediaticamente Hughes, il
193 T.HUGHES,“Blood and Innocence”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. p. 1151,
v. 3.
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capro espiatorio designato. È noto, infatti, come diverse esponenti del movimento di lotta femminista additassero il poeta quale unico responsabile del suicidio di Plath, arrivando a cancellare il suo nome dalla lapide della moglie.195 Secondo Hughes, esse avrebbero maturato la proprie motivazioni dalle poesie di Plath che egli definì “more personally aggressive” e, in quanto tali, da lui inizialmente escluse dalla raccolta Ariel. A questo proposito, nella poesia finale di Birthday Letters, “Red”, egli descrive la camera matrimoniale condivisa con Plath come “A judgment chamber”196 ed “a throbbing cell. Aztec altar-temple” (16). La stanza è il luogo sacrificale dalla cui immagine egli cerca di svincolarsi, non solamente per il suo bene ma anche per riscattare l’immagine della stessa Plath, spesso etichettata erroneamente dalla critica letteraria come poetessa ossessivamente legata al culto del macabro quotidiano:
Your velvet long full skirt, a swathe of blood, A lavish burgandy.
Your lips a dipped, deep crimson. You revelled in red.
I felt it raw — like crisp gauze edges Of a stiffening wound. I could touch
The open vein in it, the crusted gleam. (25-31)
Nel componimento conclusivo della raccolta, Hughes tenta di emancipare Plath da quest’ultima etichetta alquanto riduttiva sia rispetto alle sue scelte esistenziali che poetiche. Egli preferisce ricordare il fecondo genio creativo e la tolleranza di Sylvia: “Blue was your kindly spirit, not a ghoul/ But electrified, a guardian, thoughtful” (41- 42), rappresentandola come una nutrice amorevole, una Madonna: “Kingfisher blue silks from San Francisco/ Folded your pregnancy/ In crucible caresses” (37-39). Nei versi finali della poesia, Hughes si accomiata teneramente da Plath, rimpiangendo il fatto di non essere stato capace di proteggerla da se stessa. L’ultimo verso, “the jewel
195 L.K.BUNDTZEN,Mourning Eurydice: Ted Hughes as Orpheus in ‘Birthday Letters’, cit., p. 468. 196 T.HUGHES,“Red”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1169, v. 9.
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you lost was blue” (45) può avere, infatti, una doppia interpretazione. La prima è sicuramente quella che vede la poetessa suicida come protagonista della perdita dei figli. Una seconda ipotesi potrebbe essere quella che associa il termine “jewel” non più a Frieda e Nicholas bensì alla stessa Plath: dalla prospettiva di Hughes, il gioiello perduto potrebbe essere, appunto, la stessa Sylvia. In precedenza, nella poesia “Robbing Myself”, infatti, il poeta aveva già accostato la figura di Plath a quella di un oggetto prezioso, più specificatamente un tesoro. In questo componimento, Hughes ricorda il suo ritorno clandestino nella casa del Devon, dopo che Plath aveva già provveduto a trasferirsi a Londra insieme ai bambini. La casa, ormai vuota, è descritta come una “darkened, hushed, safe casket/ From which (I did not know)/ I had already lost the treasure”.197
Nonostante Hughes riscatti l’immagine di Plath tramite il simbolismo cromatico, il rosso è sicuramente, come suggerisce il titolo dell’omonima poesia, il colore-cardine che viene reiterato per tutta la raccolta. In “St. Botolph”, Hughes è attratto dalla “crimson mouth”198 di Plath; tramonti infuocati (“blood-raw”199) caratterizzano le sere della loro luna di miele in “You Hated Spain” ed i crepuscoli descritti in “The Rag Rug”. “Red was your colour”200 recita l’incipit della poesia conclusiva di Birthday
Letters. Qui, Hughes mostra come il nome proprio di Plath rimandi etimologicamente
alla Salvias splendens, ossia un fiore dal colore rosso sangue: “Salvias, that your father named you after,/ like blood lobbing from the gash” (21-22). Non a caso, all’interno della poetica plathiana, il rosso è un colore cruciale ed ambivalente, associato al sangue, alla violenza ma anche alla vitalità: esso infatti “risveglia” il true self dal torpore, dalla bianchezza, dallo stato “colorless” della passività, caratteristica della morte in vita. Esso
197 T.HUGHES,“Robbing Myself”, in Birthday Letters (1998), Collected Poems, cit., p. 1151, vv. 59-
61.
198 Ibidem, p. 1052, v. 47. 199 Ibidem, p. 1068, v. 2. 200 Ibidem, p. 1169, v.1.
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è inoltre associato alla purificazione ed alla rinascita. Nella visione mitica plathiana, trascendere significa riconciliarsi con il tutto; per questo motivo, presumibilmente, Hughes scelse “Red” come ultima poesia per parlare del suo rapporto con Sylvia. La volontà di Hughes di sottolineare come la poetessa non sia morta invano è riscontrabile, inoltre, nell’epitaffio che egli fece incidere sulla sua lapide: “Even amidst fierce flames the Golden Lotus may be planted”.201 Questa citazione è desunta da
Monkey, libro del XVI secolo riguardante storie popolari che narrano di un famoso
pellegrinaggio in India avvenuto in tempi remoti. Il perché Hughes abbia scelto questa
quotation è rilevante per comprendere a pieno la conclusione di Birthday Letters e, per
questo motivo, essa deve essere letta all’interno del suo contesto originale. Il pellegrino Monkey chiede alla sua guida spirituale quale sia il segreto per giungere alla vita eterna. A questo punto, la guida risponde: “Locked in tight embrace, the vital powers are strong; even in the midst of flame the Golden Lotus may be planted, the five elements compounded and transposed, and put to new use. When that is done, be which you please, Buddha or Immortal”.202 Le fiamme garantiscono la purificazione, la rinascita spirituale (“Buddha”) e l’immortalità. Le imagery delle “flames” rimanda, appunto, al rosso dell’omonima poesia “Red” e all’incandescenza dei versi conclusivi di “Ariel”, dove l’io si getta a capofitto “into the red”203 per liberarsi dalle limitazioni terrene, trascendere e rinascere sotto nuove sembianze (“put to new use”):
And I
Am the arrow, The dew that flies
Suicidal, at one with the drive Into the red
Eye, the cauldron of morning. (27-31)
201 E.WAGNER,Ariel’s gift: A Commentary on ‘Birthday Letters’, cit., p. 185.
202 R.P.SUGG,“Ted Hughes, Sylvia Plath, and Birthday Letters: Alchemical Symbols of
Transformation”, in South Antlantic Review, X, 72, 2007, pp. 125-126.
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La conclusione di Birthday Letters mostra come Hughes non abbia voluto delineare i contorni di una vita tormentata, la sua volontà, infatti, non era quella di descrivere la traiettoria infausta di una freccia predestinata a dissolversi nell’oblio della morte. Attraverso le recollections presenti nelle sue letters, egli ha reso omaggio allo spirito ed al genio di Sylvia Plath, destinandola, con l’ultima poesia della raccolta, alla vita eterna.
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CAPITOLO IV
The self I was and the self I am
Un’ulteriore caratteristica che accomuna Sylvia Plath e Ted Hughes è il fatto che entrambi abbiano dedicato il loro interesse nella composizione di poesie e brevi racconti destinati principalmente ai bambini. Nel saggio “Concealed Energies” contenuto in
Winter Pollen, Hughes spiega la sua fascinazione nei confronti del mondo infantile. Il
bambino non è ancora sottoposto alle restrizioni dettate dal logos e possiede la capacità di accettare le proprie istintualità che invece opprimono l’età adulta:
Children’s sensibility, and children’s writing, have much to teach adults. Theirs is not just a miniature world of naïve novelties and limited realities. It is also still very much the naked process of apprehension, far less conditioned than ours, far more fluid and alert, far closer to the real laws of its real nature […] Preconceptions are already pressing, but they have not yet closed
down, like a space helmet, over the entire head and face, with the proved, established adjustments of security. Losing that sort of exposed nakedness, we gain in confidence and in mechanical efficiency on our chosen front, but we lose in real intelligence. We lose in readiness
to change, in curiosity, in perception, in the original, wild, no-holds-barred approach to problems.204
Dopo il suicidio della moglie, Hughes abbandona per un breve periodo la letteratura per adulti dedicandosi a quella per l’infanzia a cui lavorerà in modo continuativo fino ai primi anni Novanta. In totale, egli scrive dodici opere per bambini: otto raccolte di poesia205, due racconti brevi (“How the Whale Became”, “The Iron Man”), un play radiofonico (mai pubblicato) e Poetry in the Making, un’introduzione alla poesia per giovani lettori. Le sue raccolte poetiche più significative in tal senso sono Moon Whales
and Other Moon Poems (1963), Season Songs (1975) e Under the North Star (1981). I
tre libri per bambini concepiti da Sylvia Plath vengono invece pubblicati postumi da Faber & Faber: The Bed Book (1976), The-It-Doesn’t-Matter-Suit (1996) e Mrs.
204 T.HUGHES,“Concealed Energies”, in Winter Pollen: Occasional Prose, cit., p. 29.
205 T.HUGHES,Collected Poems for Children, London, Faber and Faber, 2008. I successivi riferimenti
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Cherry’s Kitchen, quest’ultimo apparso solamente nel 2001 all’interno della raccolta