PRESENZA DELLE DONNE NELLA STORIA
DONNE E TEOLOGIA
2. Sante Dottori della Chiesa
Quattro le figure femminili che hanno ottenuto, per quanto re-centemente, il titolo di “dottore della Chiesa”: le ricordiamo in ordine cronologico, sottolineando che nella storia della Chiesa solo a 36 cri-stiani è stato attribuito questo titolo, per cui attualmente un nono è rappresentato da donne.
2. 1. Ildegarda di Bingen
Benedetto XVI nel 2012 ha riconosciuto dottore della Chiesa la religiosa benedettina Ildegarda di Bingen (Bermersheim vor der Höhe 1098 - Bingen am Rhein 1179), che era stata beatificata nel 1324.
Autrice tra l’altro del Libro dei meriti di vita, Ildegarda è stata studiata
come mistica, visionaria, filosofa da Annalisa Terranova, mistica e scien-ziata da Cristina Siccardi, e come teologa, artista, scienscien-ziata da Giovan-na Arleder e AnGiovan-na Maria Canopi. Qui interessa sottolineare che, per l’epoca in cui visse, Ildegarda di Bingen fu una monaca controcorrente e anticonformista, una donna forte e coraggiosa anche se umile, capa-ce di confrontarsi con papi e imperatori. Infaticabile predicatricapa-ce della virtù come fonte di salute e armonia, Ildegarda si distinse per genialità ed eclettismo. È stata definita “la più grande testa femminile del secolo XII” (Marina Caracciolo). Oltre ad alcuni libri profetici e due trattati enciclopedici che raccoglievano tutto il sapere medico e botanico del suo tempo, ebbero anche grande fama le sue lettere, che trattano di diversi argomenti, a vari destinatari. Nella sua visione religiosa della creazione, l’uomo rappresentava la divinità di Dio, mentre la donna idealmente personificava l’umanità di Gesù. Una posizione centrale nel pensiero di Ildegarda occupa la Viriditas, l’energia vitale intesa come rapporto filosofico tra l’uomo - con le sue riflessioni e le sue emozioni - e la natura, preziosa alleata anche per guarire dalle malattie.
2. 2. Caterina da Siena
Prima che a Ildegarda, era stato assegnato da Paolo VI nel 1970 il titolo di dottore della Chiesa alla domenicana Caterina da Siena (Siena 1347 - Roma 1380), la quale era stata canonizzata dal senese Pio II nel 1461, e nominata protettrice di Roma da Pio IX nel 1866, protettrice d’Italia da Pio XII nel 1939, protettrice dell’Europa da Giovanni Pa-olo II nel 1999. Semianalfabeta, dettava le sue lettere ai membri della cosiddetta “Allegra Brigata” (un gruppo di uomini e donne, suoi fedeli amici e seguaci): scrisse ben 380 lettere negli ultimi dieci anni della sua vita. Autrice, tra l’altro, del Dialogo della Divina Provvidenza, è stata studiata come mistica, per esempio da Alfredo Scarciglia nel volume:
Santa Caterina dialoga con Dio Padre misericordioso.
2. 3.Teresa D’Avila
Lo stesso Paolo VI e sempre nel 1970 proclamò dottore della Chie-sa TereChie-sa d’Avila o TereChie-sa di Gesù (Avila 1515 - Alba de Tornas 1582), che era stata beatificata nel 1614 e canonizzata nel 1622. Fondatrice delle monache e dei frati Carmelitani Scalzi, e autrice tra l’altro del Ca-stello interiore e del Cammino di perfezione, è stata definita da Elisabet-ta Reynaud la donna che ha detto l’indicibile di Dio, e da Juan Antonio Marcosa, Mistica e sovversiva, da Papa Francesco (Jorge Mario Bergo-glio) santa in cammino, da Carlos Ros, Coraggio al femminile. Secondo Teresa d’Avila sono quattro gli stadi dell’ascesa dell’anima (come scrit-to nella sua Auscrit-tobiografia, cc. X-XXII): - L’orazione di raccoglimenscrit-to quando avviene il “ritiro” dell’anima e delle sue facoltà dall’esterno nell’ascolto della Parola di Dio e, secondo gli usi del tempo, partico-larmente nella considerazione della passione di Cristo. - L’orazione di quiete, quando la volontà umana è rimessa in quella di Dio, mentre le altre facoltà, quali la memoria, l’immaginazione e la ragione, non sono ancora sicure a causa della distrazione mondana. - L’orazione di unione, quando la presenza dello Spirito attrae in sé la volontà e l’intelletto, in un dono reciproco tra il Signore e la creatura, mentre rimangono
“libere” solo l’immaginazione e la memoria. - L’estasi, quando tutta la vita è trasformata da questa esperienza: è la conclusione sia naturale, sia sovra-naturale.
2. 4. Teresa di Lisieux
Dopo santa Caterina da Siena e santa Teresa d’Avila la terza donna nominata dottore della Chiesa è Teresa di Lisieux o Teresa di Gesù Bambino, al secolo Teresa Martin (Alençon 1873 - Lisieux 1897), car-melitana scalza, beatificata nel 1923 da Pio XI, il quale l’ha canonizza-ta nel 1925; è scanonizza-tacanonizza-ta poi proclamacanonizza-ta dottore della Chiesa nel 1997 (nel centenario della morte) da Giovanni Paolo II; è protettrice tra l’altro delle missioni e compatrona di Francia (con santa Giovanna d’Arco).
Della carmelitana di Lisieux è apparsa postuma Storia di un’anima. Al
centro di un dibattito non solo religioso, santa “Teresina” (cosiddetta per distinguerla da “Teresa la grande”, cioè d’Avila) è stata esaltata (da Jean Guitton a Giovanni Moioli, da Antonio Sicari a Gianni Gennari a Cistiana Dobner) e criticata (da Simone Weil a Ida Magli). A parte ciò, la sua è stata la teologia della “piccola via”, ovvero della “infanzia spirituale”, per cui santa Teresina invita a ricercare la santità non nelle grandi azioni, ma negli atti quotidiani compiuti (ecco il punto) per amo-re di Dio. Per questo si è parlato di “piccola azione” (Jihad Melaouf), di
“via della fiducia e dell’amore” (Jacques Philippe), di “grandezza della piccolezza” (Jacques Gautier), di “elogio della debolezza” (André Louf), e conseguentemente di “fascino della santità” (Gianni Gennari), di esi-stenza come “vivere d’amore” (Michele Borriello) e “in sintonia con il suo tempo” (Cristiana Dobner), addirittura (ecco un altro punto estre-mamente significativo) solidale con l’esperienza di chi non crede.
3. 2. Due figure emblematiche
Altre teologhe che significativamente rappresentano lo sviluppo della presenza femminile nella riflessione e nella vita potrebbero a le-gittimamente essere citate, ci limitiamo a segnalarne due emblema-tiche, cioè la medievale Marguerite Porete e la moderna Edith Stein.
3. 1. Marguerite Porete
Marguerite Porete (Hennegau 1250/1260 - Parigi 1310) morì bru-ciata sul rogo per eresia per aver rifiutato di togliere dalla circolazione il suo libro Lo specchio delle anime semplici e per aver rifiutato di ritrat-tare le sue idee. Lo specchio delle anime semplici è strutturato come un dialogo fra tre personaggi allegorici: Amore, Anima e Ragione; tutti e tre sono personaggi femminili: l’Amore viene nominata “dama”, dama d’amore per Dio; la Ragione incarna il regime della mediazione (sia come concatenamento razionale, sia come ragione discorsiva, contrap-posta all’intelletto intuitivo); l’Anima è l’espressione dell’autrice stessa.
In questa opera la Porete distingue due Chiese: la grande composta
dalle anime semplici, annientate in Dio, e la piccola, formata dalle ge-rarchie ecclesiastiche. Ponendosi non contro, ma sopra quest’ultima, la Porete non chiede che anime perfette prendano il posto della Chiesa gerarchica, ma che quest’ultima si apra nella forma del riconoscimento e dell’accettazione al più che proviene dalle anime che hanno con Dio un rapporto assolutamente libero.
Tale superiorità risiede nella coincidenza tra ciò che sono e ciò che fanno le anime annientate in Dio. L’Anima fa scrivere questo libro alla Porete, per rendere vicino Colui che è così lontano e così vicino allo stesso tempo, ovvero Dio (il libro è dunque visto come un’immagine in grado di creare una circolarità e un reciproco scambio tra vicino e lontano). La semplicità dell’anima annientata, non divisa in sé stessa ma ricongiunta con Dio, si consegna alla fine, registrato il fallimento del libro stesso come mediazione, al silenzio: ma, in mezzo, c’è l’opera scritturale di Margherita Porete, che si configura come una filosofia mistica di prim’ordine.
L’amore professato dalla Porete tende a rendere relativo ogni con-tenuto determinato. L’anima semplice poretiana deve smettere di
“amare-per”, diventare essa stessa Amore. La volontà tende a volere ogni cosa, ma per anelare all’Intero deve non desiderare più nulla;
così distaccandosi da tutto, diventa in realtà essa stessa il Tutto. Dia-letticamente, l’amore infinito può realizzarsi solamente nel rifiuto del possesso vacuo degli enti: si tratta sia di sacre reliquie, che di virtù morali. Distaccandosi dall’amore preso in considerazione, l’anima di-venta l’Amore stesso. L’Anima a questo punto non ama più per, ma si è trasformata nell’Amore stesso che vuole il tutto, non seguendo più niente. La sovrabbondanza d’Amore conduce l’Anima al superamento dell’Amore stesso. Chi è riuscito a dialettizzare l’amore “senza perché”
nel non-amore- ossia a realizzare l’Amore assoluto, l’identità con l’Uno non ha più bisogno né di pregare, né di cercare. Chi cerca ricade nella distinzione tra soggetto ed oggetto; chi prega persegue un fine.
3. 2. Edith Stein
Edith Stein poi Teresa Benedetta della Croce (Breslavia 1891 - Au-schwitz-Birkeneau 1942) è stata canonizzata nel 1998 da Giovanni Pa-olo II, il quale l’anno successivo l’ha proclamata compatrona dell’Eu-ropa (insieme con santa Caterina da Siena e santa Brigida di Svezia).
Nel 1922 avviene la sua conversione al cattolicesimo; divenne poi carmelitana scalza. Fra le opere ricordiamo: La struttura della persona umana del 1932, e Essere finito e essere eterno del 1936 per una filosofia cristiana sui generis.
Sulla base della “indagine fenomenologica della persona umana”
elabora una “antropologia filosofica” all’insegna della dimensione tra-scendente: sia in senso orizzontale, in quanto la persona trascende se stessa per accogliere l’altro, sia in senso verticale, in quanto apertura all’Assoluto. Una sua frase sintetizza bene il suo atteggiamento “Stare davanti a Dio per tutti”: non a caso Marco Paolinelli (docente di filo-sofia all’Università Cattolica di Milano e carmelitano scalzo, originario di Ancona) l’ha posta a titolo di un suo libro su Il Carmelo di Edith Stein.
4. Teologhe italiane contemporanee