QUALE AMORE?
1. Tipologia dell’amore Complessità dell’amore
Molteplici sono le tipologie dell’amore: Clive Lewis distingue quat-tro forme di amore: l’affetto, l’amicizia, l’eros e la carità; Vittorio Pos-senti ne indica tre: eros platonico, philia aristotelica e agape evangelica;
Anders Nygren e John M. Rist ne ritengono fondamentali due: eros e agape. Ma non solo il numero fa problema, anche e soprattutto il loro rapporto: infatti, oltre a essere diversamente individuate, le forme dell’amore sono diversamente valutate: c’è chi le considera opposte o alternative e c’è invece chi le ritiene complementari o integrative. In particolare, è oggetto di discussione il rapporto tra l’amore come eros o amor e l’amore come agape o caritas: sono da contrapporre o sono da conciliare?
Al riguardo è da ricordare che eros e agape sono stati nella tradizio-ne diversamente contrapposti, considerando l’eros tradizio-negativo e l’aga-pe positiva (Anders Nygren) ovvero l’eros positivo e l’agal’aga-pe negativa (Friedrich Nietzsche); più reecentemente Benedetto XVI nell’enciclica Deus caritas est li ha visti nella loro “connessione inscindibile”, nel sen-so che “non si lasciano mai separare completamente l’uno dall’altro”, per cui non si tratta di optare per l’uno o per l’altra, bensì di conside-rarli coessenziali e compatibili.
Da parte nostra, vorremmo suggerire di distinguere tra forme di amore e modalità di amare. Più precisamente diciamo che l’amicizia, l’eros, l’affetto, la solidarietà sono forme di amore (tutte legittime, e possono essere vissute dalla stessa persona in tempi diversi, ma anche nello stesso tempo), mentre l’agape o caritas è da considerare un modo d’amare, nel senso che il dono di sé si configura come ciò che può
attraversare in varia maniera e misura le forme dell’amore, rendendo autentico l’amore, tant’è che la sua assenza compromette la validità delle forme amorose.
1. 2. Ambivalenza dell’amore
Pertanto della “tipologia” dell’amore, che qui prenderemo in consi-derazione - vale a dire l’amicizia tra pari, l’amore per il partner, l’affetto dei genitori e la solidarietà con l’estraneo - sarà vista nell’ottica della
“metodologia”; pertanto guarderemo ai modi in cui queste forme amo-rose sono vissute, e due sono principalmente i modi di viverle: quello caratterizzato da “chiusura nell’io” o quello caratterizzato dalla “aper-tura oltre l’io”. Mentre il paradigma della chiusura dà luogo a forme di amore ispirate a egocentrismo, narcisismo, egoismo e possesso, il paradig-ma dell’apertura dà luogo a forme di amore caratterizzate da dilezione, desiderio, dedizione e disponibilità: sono queste le modalità valide di vivere le diverse forme dell’amore e -a ben vedere- sono frutto di un atteggiamento di fondo che possiamo sintetizzare nella categoria di dono.
Dunque, ogni forma di amore dell’uomo - nei confronti di sé, del prossimo, degli altri esseri e di Dio - può connotarsi in modo positivo o negativo, a seconda che sia espressione di uno spirito di possesso ovvero sia animato da uno spirito di dono, fino al dono di sé. A voler usa-re delle metafousa-re si potusa-rebbe paragonausa-re l’amousa-re come possesso a una
“gabbia” che imprigiona, ovvero a uno “specchio” che chiude, mentre l’amore come dono a una “rete”, che unisce (a livello amicale, affettivo, amoroso e solidale) ovvero a una “scala” che permette di ascendere (“mito di Eros” nel Simposio platonico) o di essere collegato (“scala di Giacobbe” nel Genesi biblico).
Ne consegue che la distinzione tra “amore possesso” e “amore dono”
fa la differenza fra i tipi di amore che qui riconduciamo a amore di sé, amore di amico, amore di partner, amore di genitore, amore del pros-simo, amore di Dio. Ciascuna forma di amore può essere di amore
vero oppure di amore spurio. Più precisamente, l’amore autentico è contrassegnato da spontaneità non obbligo, da disinteresse non calcolo, da gratuità non reciprocità, cioè, in misura maggiore o minore, il vero amore è sempre un donarsi, pur nella diversità delle forme di amore:
affettivo, amicale, passionale solidale, e nessuno di questi aspetti può essere considerato l’unico modo di amare e di donarsi.
Si può pertanto dire che l’amore come dono porta a superare im-postazioni riduttivistiche e a richiedere una impostazione complessa, tale da riconoscere l’amore come articolato nelle sue forme, e anche all’interno di ciascuna forma, ma pur sempre unitario per lo spirito donativo che lo anima. Per tutto questo il modo di amare libero e incon-dizionato, disinteressato e gratuito, asimmetrico e senza reciprocità rap-presenta la motivazione e la giustificazione dell’amore autentico, quale che sia la forma che esso assume.
1. 3. “Inattualità” dell’amore
Oggi tuttavia - occorre aggiungere - questo modo di amare sembra
“inattuale” per almeno due ordini di ragione. In primo luogo, esso rischia di risultare incomprensibile, essendo la società caratterizzata da un individualismo esasperato, che è stato definito mix di narcisismo e cinismo ovvero di edonismo e nichilismo. In secondo luogo, il rischio opposto è quello opposto di fare l’elogio del dono in termini di retori-ca moralistiretori-ca, per cui risulta astratto e inretori-capace di intacretori-care la logiretori-ca dominante dello scambio utilitaristico.
Per superare questo duplice rischio, si deve tenere presente che la categoria del dono in primo luogo va considerata non come una forma di amore a se stante, bensì criterio che (in diversa misura) può ispirare le varie forme di amare (di tipo amicale, erotico, affettivo e solidale) rendendole valide; in secondo luogo, va considerata non solo nelle sue espressioni eroiche (quelle in cui il dono di sé si traduce in dono della vita per una persona o per la patria o per la fede), ma soprattutto nella ferialità delle molteplici forme di amore.
Dunque, la distinzione da operare è quella tra amore egoistico e amore altruistico, cioè tra amore incentrato sull’io chiuso e amore incen-trato sul sé aperto, ovvero tra “amore avere” e “amore essere”, tra amore narcisistico e amore generoso, tra amore che strumentalizza e amore che rispetta, e potremmo continuare nelle contrapposizioni, riconducibili a ben vedere a quella tra amore autentico e amore inautentico, e a fare la differenza non è il contenuto dell’amore (le sue diverse forme), ma il modo di viverlo (lo spirito egocentrico o lo spirito alterocentrico): se è all’insegna della dignità di chi ama e di chi è amato è vero amore, diversamente è un amore spurio.
È da precisare che lo pseudo amore può annidarsi in tutte le forme di amore: negli affetti familiari, nelle esperienze amicali, nei legami amorosi e perfino nelle opere di carità, quando rispondono ad una logica proprietaria, anziché ad una logica donativa. Si potrebbe anche dire che lo pseudo amore è un amore corrotto da qualche idolo come il piacere, il prestigio, il potere, il profitto, per cui, i comportamenti possono presentarsi come positivi, ma in realtà non lo sono, poiché nascondono motivazioni e finalità che non sono coerenti con l’esse-re persona, la quale è da consideral’esse-re sempl’esse-re fine e mai puro mezzo.
In breve, vorrei affermare che l’amore autentico produce umanizzazio-ne, per cui solo l’amore che coltiva l’umano, cioè favorisce la crescita umana, è vero amore, diversamente è un atteggiamento travestito da amore, ma amore non è.
Si potrebbe allora ribadire che l’affettività, l’amicizia, l’innamora-mento, la solidarietà devono - con modalità e misura differenti - essere animate da uno spirito donativo; questo, più che una forma di amore che si aggiunge ad altre forme di amore, è da considerare come lo spirito informatore delle varie forme di amore, ciò che le rende auten-ticamente amorose e le preserva da una loro possibile degenerazione.
Così, se le forme dell’amore - l’affetto (affectio), l’amicizia (amicitia), l’amore (amor) e la solidarietà (sodalitas) - si coniugano sul paradigma del dono di sé (caritas), le relazioni non saranno secondo la logica della
necessità e della reciprocità, ma saranno all’insegna della logica della libertà e della asimmetria.
Tenendo presente quanto abbiamo accennato, svilupperemo ora una riflessione finalizzata a chiarire il senso dell’amore come dono di sé, inteso quale paradigma umanistico su cui coniugare le diverse forme re-lazionali: dall’amore di sé all’amicizia, dagli affetti (materno e paterno) all’amore erotico (innamoramento, passione, fedeltà e gelosia), dall’a-more per il prossimo all’adall’a-more per Dio, per mostrare in ogni caso il loro carattere ambivalente. L’ambivalenza consiste nel fatto che tutti questi amori possono essere caratterizzati da uno spirito possessivo ovvero da uno spirito donativo: nel primo caso l’amore (ma meglio sarebbe dire lo pseudo-amore) non ha una connotazione umanista e personalista, che invece ha nel secondo caso, e solo in questo caso l’amore può essere antidoto e alternativa alle derive relazionali della società contem-poranea, che (parafrasando il titolo di una recente opera di Giovanni Orsina La democrazia del narcisismo) appare caratterizzata da l’amore del narcisismo, e il narcisismo anche in amore produce esiti negativi, cui occorre porre riparo, ispirandosi a una filosofia del dono, in rap-porto alle indicate forme di amore.
2. Dono di sé e forme di amore