2. Materiali e metodi
2.3 Micro fabbricazione del gelMA
2.3.1 Scaffold in gelMA realizzati con la tecnica PAM 2
L’intero processo di fabbricazione attraverso la tecnica PAM2 si è basato sui
seguenti aspetti:
- ottimizzazione della preparazione del materiale da estrudere;
- identificazione dei parametri ottimali di stampa e della geometria dello scaffold;
- ottimizzazione del setup di stampa.
- Ottimizzazione della preparazione del materiale da estrudere
Per la preparazione del materiale da estrudere sono stati identificati il solvente e il Phl più idonei alla fabbricazione PAM2.
Nello specifico il solvente ‘ideale’ per tale processo di fabbricazione dovrebbe essere volatile in modo da garantire l’essiccazione del materiale dopo l’esposizione alla luce UV dello strato estruso e inoltre favorire la completa solubilità del gelMA e del Phl.
L’idea di partenza prevedeva l’impiego dello stesso solvente utilizzato per gli scaffold in gelMA elettrofilati (acido acetico e trifluoroetanolo in rapporto 1:4) al fine di consentire un confronto diretto tra le due tecniche di fabbricazione. Tale formulazione non è stata impiegata a causa della cancerogenicità del trifluoroetanolo e del necessario bisogno di lavorare sotto cappa. Pertanto, la scelta conclusiva è ricaduta su acido acetico e acqua in rapporto 9:1 come da dati presenti in letteratura [10].
Il Phl impiegato per il processo di fabbricazione PAM2 è l’LAP che oltre a essere
citocompatibile, solubile in acido acetico-acqua risulta essere molto più fotosensibile dell’Irgacure 2959, dando luogo ad un processo di fotopolimerizzazione del gelMA più veloce.
In definitiva, la soluzione utilizzata per la realizzazione di strutture in gelMA con tecniche di microfabbricazione PAM2 è costituita da gelMA (sintetizzata attraverso
il metodo Convenzionale) al 10% p/v in una miscela di acido acetico e acqua ultrapura in rapporto 9:1. A questa soluzione è stato successivamente aggiunto l’LAP (Sigma-Aldrich) (0.5% p/v) [11]. La soluzione è stata tenuta in agitazione a temperatura ambiente fino al completo scioglimento del gelMA e dell’LAP. L’intera procedura è stata eseguita in assenza di luce per prevenire un’eventuale pre-reticolazione del materiale.
- Identificazione dei parametri ottimali di stampa e della geometria dello scaffold
La realizzazione di scaffold in gelMA prevede una prima fase di estrusione del singolo strato di materiale su un vetrino coprioggetto e una successiva esposizione di quest’ultimo alla luce UV al fine di consentire la completa reticolazione del materiale. Tale procedura ripetuta strato per strato consente la realizzazione di uno scaffold 3D di gelMA.
Il sistema di estrusione (Fig.5) che consente la deposizione della materiale è costituito da:
- una siringa da 5 mL posizionata lungo l’asse z e perpendicolare al piatto di stampa (piano XY). Per prevenire una pre-reticolazione indesiderata del materiale, la siringa è stata accuratamente rivestita con un nastro adesivo opaco alla luce;
- un ago metallico monouso da 32 G da cui si ottiene l’estrusione del materiale;
- un connettore posto all’estremità della siringa collegato ad un compressore (in Fig.5 in verde).
Figura 5 Setup PAM2. Nell’immagine è possibile osservare la fase di esposizione agli UV dello scaffold mediante una lampada mantenuta ad una distanza costante dal vetrino e
sorretta da un supporto (in giallo)
Il singolo strato di gelMA dopo esser stato stampato è stato esposto a luce UV (405 nm, 3 W) per tempi definiti in base alla geometria dello scaffold.
Nello specifico, il tempo di esposizione necessario alla reticolazione del gelMA è stato determinato dopo una serie di esperimenti volti a valutare la capacità da parte dello scaffold in gelMA di mantenere invariata la forma senza dissolversi in ambiente acquoso.
Prima di procedere con la fase di stampa è stato necessario identificare la geometria dello scaffold e i relativi parametri di stampa ottimali, in termini di pressione e velocità come dimostrato da Vozzi et al. [12]. Questi ultimi sono stati determinati mantenendo fissa la velocità e variando la pressione e viceversa, e misurando il diametro della linea estrusa prima e dopo l’esposizione agli UV. Una prima valutazione è stata eseguita sulla geometria ‘square’ (Fig.6), ovvero un quadrato (5 mm x 5 mm) composto da una griglia interna di 4 colonne e 4 righe con interspazio di 1 mm. Z X Y Siringa Lampada
Figura 6 Geometria "square"
Mantenendo la velocità di stampa a 35 mm/s, la pressione è stata fatta variare (2- 3-4-5-6-7 kPa) partendo da un valore minimo di pressione che non consentiva un’estrusione continua del materiale. Analogamente, lo stesso procedimento è stato ripetuto mantenendo fisso il parametro di pressione (5 kPa) e facendo variare la velocità di stampa (25-30-35-40-45-50 mm/s).
Di ogni struttura ottenuta è stata selezionata un’area utile sulla quale eseguire valutazioni dimensionali e morfologiche delle linee estruse. Nello specifico, sono state acquisite immagini (una per ogni valutazione) tramite microscopio ottico (AX70, Olympus) e successivamente analizzate con il software ImageJ, misurando il valore del diametro della linea estrusa in diversi punti (24 valutazioni) prima e dopo l’esposizione agli UV.
Un’altra geometria analizzata è la serpentina la cui unità ripetitiva è mostrata in Figura 7.
Figura 7 Unità ripetitiva della geometria a serpentina
La geometria a serpentina è stata realizzata in codice matlab e successivamente caricata nel software della PAM5. Il codice matlab (presente in APPENDICE I) chiede all’utente di immettere i parametri di serpentina: s (che rappresenta l’interspazio tra due linee parallele), L (lunghezza della linea) ed il numero di ripetizioni del pattern elementare serpentina ed in uscita restituisce un file “.txt”
con le coordinate che il software della PAM5 utilizzerà per spostare il piatto di stampa.
I parametri che sono stati impostati nel codice matlab per la realizzazione della geometria a serpentina necessaria alla valutazione dei parametri ottimali di pressione e velocità sono:
- L= 10 mm; - s= 1 mm;
- numero di ripetizioni del pattern elementare serpentina = 3;
Come nel caso della geometria “square” sono state eseguite le medesime analisi per la determinazione della migliore dimensione della linea estrusa in funzione della pressione e della velocità di stampa prima e dopo l’esposizione a luce UV. In questo caso, una prima valutazione della dimensione di linea è stata svolta mantenendo fissa la velocità (35 mm/sec) e variando la pressione (7, 8, 9, 10, 11, 12 kPa). Una seconda valutazione della dimensione della linea è stata eseguita mantenendo fissa la pressione (9 kPa) e variando la velocità (25, 30, 35, 40, 45, 50 mm/sec). Anche in questo caso, la dimensione effettiva del diametro della linea estrusa è stata valutata attraverso l’acquisizione di immagini al microscopio ottico (AX70, Olympus) e successivamente analizzate con il software ImageJ, prima e dopo l’esposizione alla luce UV. Nello specifico, sono state acquisite due immagini per ogni valutazione dalle quali sono stati selezionati 12 punti (per un totale di 24 punti per ogni valutazione).
Dalle analisi precedentemente descritte sulle due differenti geometrie, la serpentina è stata selezionata per la realizzazione delle strutture in gelMA 3D, ottenute dalla sovrapposizione di più strati stampati e volta per volta esposti alla luce UV tramite processo di fabbricazione PAM2.
Diversi esperimenti di tipo ‘trial and error’ sono stati eseguiti per poter definire la configurazione di stampa più ottimale.
Definiti i parametri ottimali, una struttura in gelMA costituita da un singolo strato estruso ed esposto agli UV è stata analizzata al microscopio ottico (Olympus,
ottenuti (20 valutazioni) da ogni immagine (3 immagini acquisite) sono stati analizzati con software ImageJ.
Un’ulteriore valutazione della dimensione del diametro della linea estrusa e della contiguità tra linee parallele su strutture in gelMA costituiti da 4 e 20 strati è stata effettuata tramite acquisizioni di immagini al microscopio confocale (Nikon A1) e SEM (trattando i campioni come precedentemente descritto per gli scaffold eletrofilati). I campioni utilizzati per l’acquisizione di immagini al confocale sono stati precedentemente resi fluorescenti a seguito dell’immersione di questi in una soluzione di rodamina (Sigma Adrich) allo 0.01% p/v in acqua ultrapura per 15 minuti. I campioni sono stati successivamente sciacquati con acqua ultrapura per rimuovere la rodamina in eccesso.
- Ottimizzazione del setup di stampa
Lo sviluppo di un nuovo setup di stampa nasce dall’esigenza di migliorare la risoluzione dello scaffold e allo stesso tempo di velocizzare il processo di stampa. Per ogni strato estruso, dunque, il vetrino (da supporto allo scaffold) viene spostato dal piatto di stampa ed esposto alla lampada e ad esposizione conclusa viene nuovamente riposto sul piatto, Fig. 8.
Estrusione gelMA Esposizione alla luce UV
Figura 8 Processo di stampa delle strutture in gelMA ottenute tramite processo di fabbricazione PAM2
Da varie osservazioni ed esperimenti è stato ipotizzato che questo spostamento potrebbe provocare una prima evaporazione del solvente (se si considera il tempo trascorso durante la stampa e il tempo di spostamento), un aumento del diametro della linea estrusa (dovuta ad mancata reticolazione istantanea della linea estrusa e allo spostamento fisico del vetrino) e l’inefficiente riposizionamento del vetrino sul piatto di stampa con una conseguente ridotta sovrapposizione coincidente tra due strati successivi.
Da queste valutazioni è nata dunque l’idea di creare un modulo aggiuntivo al setup di estrusione, che consentisse un’esposizione agli UV contemporanea all’estrusione del gelMA.
Per la realizzazione di tale modulo è stata necessaria la progettazione di un sistema d’illuminazione solidale all’estrusore in modo da garantire l’esposizione istantanea in fase di stampa del materiale estruso e favorire di conseguenza la sua reticolazione ‘istantanea’ e completa.
Caratteristiche del sistema di illuminazione
Il sistema comprende:
1) una componente elettronica
2) un sistema di supporto solidale all’ago di stampa che consente l’alloggiamento delle fibre ottiche in posizioni predefinite (sistema in bianco in Fig.9).
1)La componente elettronica è costituita da:
- 4 fibre ottiche con diametro core 0.8 mm, diametro rivestimento esterno 2,2 mm;
- 4 led di lunghezza d’onda di 405 nm e con tensione nominale di 3.2 V, corrente nominale pari a 20 mA, potenza dissipata 120 mW;
- 4 resistenze da 1 kΩ; - 1 alimentatore da banco.
Le quattro fibre ottiche sono disposte a 90° tra loro e ad una certa distanza dall’ago. Il numero e la loro disposizione sono stati determinati in modo da garantire un’esposizione continua dello scaffold in fase di estrusione durante lo spostamento del piatto di stampa lungo il piano XY. Ogni fibra è collegata ad un led che a sua volta viene alimentato dall’alimentatore da banco attraverso il collegamento con la resistenza.
La tensione imposta dall’alimentatore e il valore delle resistenze sono state scelte in funzione dei parametri di funzionamento dei led.
In figura 10, sono riportate le immagini dell’alimentatore da banco impiegato per il sistema d’illuminazione e un singolo collegamento fibra ottica- led-resistenza.
Alimentatore da banco Collegamento fibra-led-resistenza
Figura 10 Elementi costitutivi del nuovo setup PAM2. Nell’immagine “collegamento fibra-
led-resistenza” è mostrato un singolo collegamento
Al fine di migliorare le prestazioni del sistema e ottimizzare il collegamento led- fibra ottica sono state realizzate delle strutture in resina opaca (flexible, Formlabs) alla luce UV di rivestimento ai led Fig.11.
Figura 11 Immagini della struttura di rivestimento dei led. A, struttura di rivestimento del led; B, struttura di rivestimento e led
In APPENDICE II è possibile visionare la messa in tavola dell’elaborato CAD delle strutture di rivestimento ai led ottenute tramite processo stereolitografico (Form2,
B A
2)Per evitare processi di reticolazione del materiale in punta dell’ago è stata definita una distanza minima tra l’ago e la fibra ottica pari a due volte il diametro interno della fibra, ipotizzando che tale diametro fosse equivalente allo spot prodotto dalla fibra (pari ad 0.8 mm). In realtà, per limiti costruttivi (vincoli dimensionali e rigidezza della fibra ottica) la distanza minima è stata sovradimensionata.
La struttura di supporto è stata quindi progettata mediante software Solidwork e successivamente stampata in acido polilattico (PLA) con una stampante FDM, Fig.12.
Figura 12 Supporto fibra ottica. A, vista dall'alto; B, vista frontale; C, vista dal basso
In APPENDICE III è possibile visionare la messa in tavola dell’elaborato CAD.
Caratterizzazione del nuovo setup di stampa
Per consentire la massima intensità luminosa a valle della fibra ottica è stato necessario svolgere un’analisi sul tipo di collegamento led-fibra ottica da realizzare.
Due sono state le soluzioni individuate. La prima prevedeva la realizzazione di un foro in punta al led di diametro pari a 2mm e profondità di 5 mm in cui allocare internamente la fibra ottica, mentre la seconda era composta da un collegamento diretto tra led e fibra senza alcuna lavorazione, Fig. 13.
Led senza foro Led con foro
Figura 13 Led senza (sinistra) e con foro (destro)
Per valutare quale delle due soluzioni restituisse un risultato migliore è stato impiegato un Illuminometro, Fig.14.
.
L’illuminometro ha consentito la misurazione dei valori di potenza erogata dai due led pari a 0.5 mW per il led con foro e 1 mW per il led senza foro.
Dalla valutazione svolta è stato possibile osservare che la lavorazione effettuata nel led riduceva le prestazioni della fibra in termini di potenza e luminosità emessa in punta alla fibra. Tale constatazione ha condotto alla scelta della soluzione con collegamento diretto fibra-led senza foro.
Un’ulteriore analisi è stata effettuata al fine di definire il valore dell’intensità luminosa prodotta dal nuovo setup d’illuminazione della PAM5.
Maggiori informazioni in merito verranno affrontate nel capitolo successivo, al paragrafo “Ottimizzazione del setup di stampa della PAM2”.