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SCAMBIO DI LETTERE: GANDHI, BUBER E MAGNES A CONFRONTO

L'incipit del dibattito sulla creazione di uno Stato democratico bi-nazionale arabo-ebraico.

2.4 SCAMBIO DI LETTERE: GANDHI, BUBER E MAGNES A CONFRONTO

Il movimento sionista sollecitò continuamente il Mahatma Gandhi perché esprimesse la sua posizione sulla questione sionista ma, con grande stupore dello stesso movimento, il 26 novembre 1938 venne pubblicato sul giornale Harijan un articolo nel quale il Mahatma si dichiarava contro il sionismo e nel quale proponeva, come alternativa alle persecuzioni, la lotta non violenta.

Gandhi espresse le sue considerazioni in due ambiti distinti: la questione arabo-ebraica e le persecuzioni naziste ai danni degli ebrei. Inizialmente definì gli ebrei come gli intoccabili del cristianesimo paragonandoli alla nota casta della religione indù. Allo stesso tempo, però, fu fortemente critico sulla loro migrazione verso Israele perché nessun richiamo della Bibbia può giustificare l'occupazione di una terra che appartiene ad un

56 Hannah Arendt, Antisemitismo e identità ebraica. Scritti 1941-1945, Edizioni di Comunità, Torino, 2002, p. 119.

altro popolo. Scrisse infatti che la Palestina «appartiene agli arabi nello

stesso modo in cui l'Inghilterra appartiene agli inglesi o la Francia ai francesi. È ingiusto e inumano costringere gli arabi ad accettare gli ebrei»58. Gandhi fu

inoltre critico sulle modalità con cui gli ebrei si stabilirono in Palestina; infatti in nessun caso, secondo Gandhi, è «possibile compiere un'azione religiosa

con l'aiuto delle baionette e delle bombe». Egli affermò che il trasferimento

degli ebrei in Palestina avrebbe avuto un esito positivo solo nel caso in cui gli ebrei fossero riusciti a conquistare il cuore della popolazione araba senza in nessun modo ricorrere alla violenza sino al punto di «sacrificarsi ed essere

uccisi o gettati nel Mar Morto senza alzare un mignolo contro di essi».

Secondo Gandhi, anche per gli arabi l'unica strada da percorrere avrebbe dovuto essere quella della non-violenza, ma con la precisazione che «stando

ai canoni comuni di ciò che è giusto e sbagliato, nulla può essere detto contro la resistenza araba».

A proposito delle persecuzioni degli ebrei, Gandhi si mantenne in linea con gli insegnamenti della non-violenza e propose come risposta all'ingiustificata persecuzione degli ebrei la non cooperazione attiva al fine di sciogliere il cuore di Hitler. In ogni caso, scrisse, che «se mai potesse

esistere una guerra giustificabile nel nome dell'umanità […] una guerra contro la Germania per prevenire la perversa persecuzione di un'intera razza sarebbe totalmente giustificata».59

Gandhi scrisse degli ebrei: «non hanno mai praticato la non-violenza

58 Martin Buber, Una terra e due popoli. Sulla questione arabo-ebraica, La Giuntina, Firenze, 2008, p. 145.

59 Marco Vigevani, La doppia morale del Mahatma, presentazione a Devono gli ebrei farsi massacrare? In “Micromega” n°2/1991. p. 138.

come atto di fede, e tanto meno come politica calcolata. Tanto è vero che è considerato un marchio per essi che i loro avi abbiano crocefisso Gesù e che è vero che gli ebrei non sono stati attivamente violenti di persona, ma essi hanno invocato la maledizione dell'umanità dei tedeschi, e volevano che l'America e L'Inghilterra combattessero contro la Germania a nome loro».

In contrasto con le idee espresse da Gandhi si posero Magnes e Buber nell'aprile del 1939 con il pamphlet del gruppo The Bond, fondato da Magnes. Il saggio conteneva due lettere che probabilmente Gandhi, come sostenuto da G. Shimoni, non lesse mai, ma nelle quali sono contenuti alcuni dei capisaldi dell'ebraismo moderno nonché gran parte delle posizioni di Buber e Magnes sulla questione arabo-ebraica. Per prima cosa, secondo i due filosofi, il richiamo alla Bibbia, a cui fa riferimento Gandhi in merito al diritto degli ebrei di tornare nella terra promessa, è da intendersi in stretto collegamento con la triade alla base della religione ebraica fede-popolo-terra; secondo questo nesso inscindibile non può esistere una fede senza popolo e un popolo senza terra, da qui il desiderio irrefrenabile degli ebrei a trovare una nazione; inoltre gli ebrei apparterranno alla Terra Santa solamente nel momento in cui potranno servirla senza escludere altri dal possesso. In riferimento al possesso della Palestina Magnes sostiene che una terra appartiene a un popolo o per conquista o per cultura, mentre Buber aggiunge che una terra appartiene a un popolo anche per l'uso che esso ne fa.

Da questo punto di vista, secondo i due filosofi, la Palestina potrebbe appartenere a entrambi o a nessuno dei due popoli, in quanto in epoche

differenti entrambi l'hanno conquistata, cosi come l'hanno conquistata i turchi e gli inglesi. Entrambi poi ribadiscono che la terra è di chi ne fa buon uso e di chi sa sfruttarne le risorse e quindi sarebbe più dei coloni ebrei che dei fellah arabi. Inoltre la Palestina appartiene alle tre grandi religioni, cristiana, musulmana ed ebraica, in eguale misura. Per quanto riguarda l'uso della non-violenza Buber è più radicale rispetto a Magnes nella sua critica a Gandhi dicendo che «siamo convinti (gli ebrei) che l'uomo debba a volte

usare la forza per salvare se stesso, e ancor di più, i suoi figli», mentre

Magnes si limita a dire in rapporto all'attitudine degli ebrei alla non-violenza che «gli ebrei sono un popolo che esalta la vita e difficilmente si può dire che

disprezzino la morte. Per questa ragione mi sono spesso chiesto se noi siamo dei soggetti adatti per il satyagraha».60 Buber e Magnes manifestano

la loro disapprovazione anche sulla giustificazione, da parte di Gandhi, della violenza araba come atto di resistenza.

In merito al comportamento non-violento che, secondo Gandhi, gli ebrei dovrebbero assumere nei confronti dei nazisti, Magnes e Buber sollevano alcuni dubbi; in uno stato totalitario, infatti, una campagna non violenta non ha alcun valore di testimonianza e può averlo, a limite, solamente da un punto di vista religioso ma questo sacrificio non può richiedersi ad un popolo intero che deve arrendersi davanti alla ferocia nazista. Magnes si chiede, pur credendo che ogni guerra sia un male, anche quella nei confronti della Germania nazista, quale sia il male minore rispetto al non fare nulla contro gli atti gravissimi che il regime nazista compie ogni

60 Marco Vigevani, La doppia morale del Mahatma, presentazione a Devono gli ebrei farsi massacrare? In “Micromega” n°2/1991 p.140.

giorno.

In entrambe le lettere rivolte al Mahatma spicca una nota di rammarico in riferimento al tono usato che, da una parte, è quello del buon consiglio e del conforto, ma dall'altro è quello della lezione da impartire agli ebrei.

Capitolo 3