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Le scelte classificatorie nei lavori preparatori del progetto di codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti.

Il lungo percorso delle obbligazioni di fonte legale nel nostro sistema giuridico dal codice civile italiano del 1865 ad ogg

2.2 Le scelte classificatorie nei lavori preparatori del progetto di codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti.

A cavallo tra il codice del 1865 e la ricodificazione del 1942, notevole importanza ebbe il tentativo di creare un Codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti.108 Questo progetto nacque da un’idea di Vittorio Scialoja.109 L’idea ebbe subito larga eco di adesioni110 e, dopo varie vicissitudini, prese forma concreta nel 1927, con la sua pubblicazione l’anno successivo.111

Questo progetto, pur non entrando mai in vigore, tuttavia manifestò la sua influenza sulla giurisprudenza successiva, fu ripreso nei lavori preparatori del Codice civile, e venne considerato in altre esperienze normative straniere, quali il codice albanese (1927), il codice rumeno (1934), il codice polacco delle obbligazioni (1937), il codice civile Greco (1940), il codice civile egiziano (1949), il progetto del codice civile Argentino.

volontariamente si è messo in una data posizione sociale. d) gli speciali vincoli che la legge aggiunge a quelli fondati sulla volontà. Lo stesso Scialoja riteneva, però, non essere un criterio sufficiente, nel distinguere fra le obbligazioni fondate sulla volontà e quelle sorgenti direttamente dalla legge, il porre a base di queste uno stato di fatto, ma riteneva più sicuro attenersi ad un criterio negativo “l’obbligo è legale quando non è fondato sulla volontà della persona vincolata, l’obbligo è imposto dalla legge quando l’obbligato non se lo è imposto da sé”.

108 Sul quale si rinvia per aprofondimenti a L.SALIS, Sul progetto di un codice italo francese delle obbligazioni e contratti, Urbino, 1933; M. ROTONDI, Il progetto italo francese delle obbligazioni, 1953, rist. Scritti giuridici, I, Napoli, 1990 e in Il progetto franco-italiano di codice delle obbligazioni, Padova, 1980; ASCOLI, L’unificazione del diritto delle obbligazioni, in Mon. Trib., 1929, p. 1 ss.; R. NERSON, De l’influence exercée sur le droit français des obligations par le projet franco-italien de code des obligations et des contrats, approuvé à Paris en Octobre 1927, in Il progetto franco-italiano di codice delle obbligazioni, Padova, 1980, p. 22 ss..

109 La prima sua proposta fu nel 1916, l’anno stesso in cui più divampava la prima guerra mondiale, cfr. SCIALOJA, Per un’alleanza legislativa fra gli Stati dell’Intesa, in Nuova ant., 1 febbraio 1916, I, p. 450 ss.

110 A tale iniziativa si associava, ad esempio, il COGLIOLO, in Dir. comm., 1916, I, p. 177

111 A tale lavoro presero parte importanti civilisti italiani e francesi. Per il comitato italiano, che fu incaricato di preparare, tra le altre, la parte sulle fonti delle obbligazioni, si possono ricordare i nomi di Alfredo Ascoli e Roberto De Ruggiero, autori anche della Relazione del Progetto.

Suscitò inoltre un vasto dibattito, che assunse in certi casi il tono della polemica, tanto in merito alle soluzioni adottate quanto al metodo di compilazione impiegato.112

La ragione dell’interesse riguardo a questo esperimento codicistico sta nell’aver allargato lo sguardo oltre i diritti nazionali, trattandosi del primo tentativo europeo di armonizzazione del diritto delle obbligazioni e dei contratti, benché limitato all’Italia ed alla Francia: un primo passo, incompiuto ma significativo, verso un nuovo diritto comune. Che tale fosse l’intendimento degli artefici di quel progetto non sembra dubbio. Come ebbe a scrivere Vittorio Scialoja, in una fervida difesa del Progetto,113 quando esso si trovava al centro anche di critiche metodologiche e politiche non indifferenti, “L’idea dominante fu puramente quella di ristabilire, per quanto possibile, quel diritto comune che per tanti secoli aveva retto la miglior parte d’Europa”.

Nel corso dei lavori preparatori, precisamente nel primo Disegno preliminare per una legge uniforme italo-francese sulle obbligazioni – opera della IX Sezione della Commissione per lo studio dei problemi del passaggio dallo stato di guerra a quello di pace: giugno 1918-giugno 1919 - venne scelta la strada del completamento e della correzione della classificazione delle fonti dell’obbligazione contenuta nell’art. 1097, aggiungendo a quella lista il testamento e la promessa unilaterale e sostituendo alle due categorie dei delitti e dei quasi delitti l’unica categoria degli atti illeciti. Venne, insomma, proposta una sestuplice classificazione delle fonti delle obbligazioni, secondo la quale “Le obbligazioni derivano da contratto, da promessa unilaterale, da quasi contratto, da atto illecito, da atto

112 Cfr. BETTI, Il progetto di un codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti, in Riv. dir.comm., 1929, 665 ss., che affermava, facendo sue motivazioni più politiche che giuridiche, che, laddove manchi un’identità culturale e di ambiente profonda tra due nazioni, non è consigliabile unificare la legge; cfr. anche la “Postilla” a tale intervento di M.D’AMELIO in Riv. dir. comm., 1929, p. 669 ss.; e vedi ancora le repliche di BETTI, Sul progetto di un codice italo-francese delle obbligazioni e dei contratti. Postilla alla replica del sen. D’Amelio, in Riv. dir. comm., 1930, p. 184 ss.; SCIALOJA, Postilla alla replica del prof. Betti, in Riv. dir. comm., 1930, p. 190 ss..

di ultima volontà, o direttamente dalla disposizione della legge”. Questo testo venne, però, contestato laddove manteneva la legge come diretta fonte delle obbligazioni, negandosi che la legge potesse far derivare la singola obbligazione dal nulla, dovendo pur sempre esservi alla base un factum obligatorium.114 S’impose, infatti, il pensiero di Scialoja e cadde la “distinzione […] incompleta, inesatta e irrazionale” consacrata in entrambi i codici, “più adatta ad una esposizione didattica che ad un testo di legge.”115 Essa, inoltre, si proseguiva, “riproduce, con la sola aggiunta della legge, la divisio professata nelle istituzioni giustinianee” e “per quanto abbia a suo favore un’alta antichità di origine e l’autorità del diritto romano giustinianeo” non può “conservarsi in un codice moderno.116 Inoltre, dopo

ss.

114 Cfr. la comunicazione di Scuto al Congresso della Società italiana per il progresso delle scienze, XII riunione tenuta a Catania nell’aprile 1923, pubblicata nel Foro civile, 1923, fasc. III). MAROI, Il progetto italo-francese sulle obbligazioni, I- Parte generale, Modena, 1928, p. 10 ss., rilevò che il fervore degli studi più recenti ed i più perfezionati metodi d’indagine critica delle fonti hanno dimostrato come la tradizionale quadripartizione contenuta nelle Istituzioni giustinianee, dovuta all’illogico sforzo di tradurre un’antitesi storica in un’antitesi dommatica e concettuale, fosse da ripudiarsi dalla dottrina ed abbandonarsi dal legislatore.

115Cfr. Relazione sul progetto di codice delle obbligazioni e dei contratti approvato a Parigi nell’ottobre del 1927, pag. L e ss., Roma, Provveditorato generale dello Stato, libreria, 1928-VI, “Tale classificazione è incompleta perché non comprende le obbligazioni nascenti dal testamento ed erroneamente la dottrina ha cercato di condurle alla categoria delle obbligazioni derivanti dalla legge. E’ inesatta e irrazionale perché il quasi-contratto ed il quasi-delitto sono ibride formazioni scaturite inopinatamente da concetti e da premesse proprie del diritto romano classico, cosicché hanno dato luogo a dispute dottrinali interminabili”. DE LUCA, Teorica del quasi contratto, Catania, 1929, p. 48, contestò la pretesa incompletezza della precedente classificazione, dato che gli effetti obbligatori del testamento provengono dal consenso del testatore e dell’erede, e quindi hanno origine quasi- contrattuale. Negò poi che la classificazione fosse inesatta, giacchè le obbligazioni possono derivare direttamente dalla volontà del legislatore, semprechè concorrano determinate condizioni obiettive, come la prestazione degli alimenti a stretti congiunti che ne hanno bisogno o possono derivano da contratti o da fatti volontari e leciti cui la legge attribuisce effetti obbligatori, come la gestione di negozi di un assente.

116 Cfr Relazione sul progetto di codice delle obbligazioni e dei contratti approvato a Parigi nell’ottobre del 1927, pag. L e ss.; Roma, Provveditorato generale dello Stato, libreria, 1928-VI. MAROI, Il progetto italo francese sulle obbligazioni, Modena, 1928, 11, affermava che l’apprezzamento per l’intuizione dei compilatori del codice francese, che inserirono nello schema tradizionale la categoria “legge”, in conformità della più comprensiva struttura della obbligazione e della sua più

l’unificazione della duplice categoria dei delitti e dei quasi- delitti, restava ancora nel seno della Commissione qualche avversità contro l’istituto del quasi-contratto, che qualcuno definì arcaico e facile ad ingenerare confusione, potendosi credere ad una analogia col contratto che in realtà non esiste. Ciò in quanto le obbligazioni che si ricollegano al quasi-contratto discendono in verità dal fatto oggettivo, cui la legge riconosce efficacia obbligatoria.

Il progetto non comprendeva, poi, le obbligazioni che nascono dalla legge, affermandosi che “è superfluo dire che l’autorità della legge possa imporre delle obbligazioni, mentre non è sempre agevole stabilire, come è necessario nella classificazione tradizionale, in quale caso l’obbligazione nasca per il solo fatto della legge, senza alcun fatto obiettivo, ed in quale ipotesi, al contrario, è questo fatto in sé dal quale trae origine l’obbligazione.”117 Eliminando la classificazione delle fonti, concludeva la relazione, la dottrina avrebbe potuto ancora professare l’antica divisione o sostituirla con altre più razionali e più scientifiche: il testo legislativo non le sarebbe stata più d’impaccio nella libera elaborazione dei concetti.118

Vennero comprese sotto l’intestazione “Delle fonti dell’obbligazione” (artt. 1-86), nelle varie sezioni del Capo I, i contratti, la promessa unilaterale, la gestione di affari, il pagamento dell’indebito, l’arricchimento senza causa, gli atti illeciti, l’obbligazione di esibire, mentre furono disciplinate a parte le disposizioni testamentarie. Non vi era spazio per una disciplina autonoma delle obbligazioni ex lege, ma si precisò che un rinvio alle norme delle obbligazioni derivanti da rapporti di famiglia e di successione e principi di

moderna aderenza al concetto di sovranità dello Stato ed al suo ordinamento, non fece sfuggire alla più oculata dottrina quanto irrazionale ed incongrua fosse quella categoria, che, destinata a completare l’elenco delle fonti delle obbligazioni, aveva finito per ridursi ad “un espressione di comodo”, comprensiva di “figure non riducibili a comune denominatore”.

117 Cfr. la Relazione sul progetto di codice delle obbligazioni e dei contratti, cit. par. 5, p. LV

118 Il progetto, nei suoi 739 articoli, presentava una disciplina delle materie comprese nel libro III del codice (dal titolo IV al XXVIII) che valeva come un codice unificato delle obbligazioni, destinato a giustapporsi con proprio sistema al testo dei due codici civili nella repubblica francese e nel regno d’Italia, e con propria e identica numerazione degli articoli.

diritto pubblico era di per sé implicito.119

2.3 L’affrancazione dal modello francese nella genesi del libro IV del

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