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Esistono vari scelte di trattamento per le fratture di omero prossimale; dal 50% all’80% queste fratture sono composte o minimamente scomposte e sono stabili abbastanza per essere trattate in modo non operativo84. D’altro canto le fratture instabili e scomposte possono essere trattate con una riduzione a cielo aperto che comprende tutte le metodiche descritte nel precedente capitolo relativo al trattamento chirurgico. L’età del paziente, il livello di attività funzionale, le preferenze del chirurgo e l’abilità di ricostruire i frammenti, giocano tutti un ruolo critico nel determinare il miglior trattamento primario in pazienti con questo tipo di lesione. 9.1 Trattamento non chirurgico

Il trattamento non chirurgico trova indicazione nei casi di frattura composta o con una minima scomposizione43, consiste nell’immobilizzazione con

una fasciatura alla Desault o, preferibilmente, con un tutore reggi-braccio in lieve abduzione e rotazione neutra da mantenere da 3 a 5 settimane cui fa seguito la mobilizzazione dell’arto assistita. Unica eccezione è rappresentata da frattura con dislocazione della grande tuberosità maggiore di 5mm; in questo caso viene trattata come un frattura bipartita della grande tuberosità85. Il trattamento

conservativo in accordo con molti Autori86,87 non è unicamente riservato alle

fratture composte o minimamente scomposte; ma è indicato anche in pazienti anziani che hanno fratture tripartite e quadripartite dell’omero prossimale ottenendo dei risultati simili, in termini di funzionalità nelle attività quotidiane e riduzione del dolore, a quelli ottenuti con l’intervento.

9.2 Riduzione e sintesi percutanea

La riduzione e sintesi a cielo chiuso è una tecnica mininvasiva che ha come scopo quello di preservare la congruenza delle superfici articolari, l’allineamento e la vascolarizzazione della testa omerale85 . Questa tecnica consente di ottenere

buoni risultati funzionali anche senza ottenere una congruità anatomica40. Può

essere indicata per fratture a due frammenti del collo chirurgico e talvolta per fratture tri- o quadripartite, nei casi in cui una sostituzione protesica o una riduzione con ORIF non siano possibili per le condizioni generali del paziente o per un danno esteso ai tessuti molli.

La minore stabilità rispetto ad una placca o un chiodo endomidollare rappresentano uno dei punti deboli di questo tipo di trattamento; inoltre altro inconveniente maggiore è rappresentato dalla migrazione dei fili di Kirschner (cut-off e cut-out) con il conseguente rischio di mobilizzazione dei segmenti di frattura. La probabilità che si verifichi questo inconveniente è inversamente proporzionale alla qualità dell’osso. Altra possibile complicanza è l’insorgenza di infezioni superficiali dai tramiti che possono richiedere la rimozione del mezzo di sintesi e antibioticoterapia sistemica. 9.3 Osteosintesi con chiodo endomidollare Tradizionalmente il chiodo endomidollare veniva usato per il trattamento delle fratture diafisarie. Lo sviluppo di chiodo con viti poli-assiali ha conferito all’impianto maggiore stabilità, rendendolo una valida soluzione per il trattamento delle fratture di omero prossimale. Le difficoltà nell’accurata riduzione e nel fissaggio delle fratture della tuberosità, rendono le fratture a due frammenti più predisposte alla fissazione con chiodo rispetto alle fratture a tre e quattro frammenti e anche se può essere inferiore alla fissazione con placca. Il vantaggio di questa tecnica è rappresentato da un minor danno ai tessuto molli e da un minor rischio di devascolarizzazione della testa e dei frammenti di frattura85,88 .

Il rischio di complicanze riportato è alto: il 10% sviluppa impingement, il 31% dei casi richiede rimozione del chiodo, il 12% sviluppa necrosi avascolare e il 4% richiede una revisione precoce89,90. Secondo lo studio di Giannoudis et al.91 il

tasso di unione dei frammenti è del 95,8% e ci sono complicanze variabili con un tasso dal 9,3% al 70%.

9.4 ORIF con placca

La tecnica ORIF con placca, sia convenzionale che a stabilità angolare, è indicata nelle fratture scomposte e/o instabili a due, tre e quattro frammenti e nelle fratture-lussazioni ed offre notevoli vantaggi nei casi di osso osteoporotico92,93; inoltre è possibile preservare la testa omerale mediante l’impiego della placca e di innesti di osso locale o di sostituti ossei93.

Le placche a stabilità angolare risultano essere migliori, poiché presentano un minor fallimento dell’impianto a differenza delle placche convenzionali94. Trovano indicazione in fratture complesse e in particolare nell’osso osteoporotico, in quanto il sistema di viti bloccate nella placca riduce la compressione che la placca esercita sull’osso, offre migliore resistenza alla trazione e flessione minimizzando il danno osseo durante l’inserimento delle viti di bloccaggio66,93. Nonostante i buoni risultati ottenuti con l’utilizzo di placche con viti, questa opzione deve essere scelta con cautela, valutando con attenzione la qualità dell’osso, soprattutto nel punto di fissaggio delle viti, in quanto fattore determinante la buona riuscita del trattamento95.

Controindicazioni al trattamento con ORIF con placca sono rappresentate da fratture-dislocazioni, fratture impattate che riguardano più del 40% della superficie articolare93.

9.5 Emiartroplastica

Neer descrisse per primo l’uso dell’emiartroplastica per le fratture di omero prossimale con tassi di successo soddisfacenti o eccellenti nel 98% dei casi96. La procedura provvede ad un’immediata stabilità insieme a un ridotto

dolore a seguito della chirurgia. Tuttavia i risultati in termini di ripristino della normale funzionalità e cinetica della spalla sono dibattuti97.

Le indicazioni per l’emiartroplastica includono dislocazioni e fratture scomposte della testa omerale98,99. L’uso dell’emiartroplastica nella gestione

delle fratture scomposte a tre e quattro frammenti è dibatutto e dipende sia dal tipo di paziente che dai fattori di frattura. In particolare nel paziente anziano che ha una bassa richiesta funzionale, alte comorbidità e scarsa qualità ossea, l’emiartroplastica risulta essere una procedura con ottimi benefici e risultati. Le Fratture comminute, severamente scomposte, associate ad alto rischio di necrosi avascolare47, sono anch’esse indicate al trattamento con emiartroplastica.

Le complicanze riscontrate per interventi di emiartroplastica sono rappresentate da mancata consolidazione della tuberosità (11%), ossificazione eterotopica (9%), migrazione prossimale della protesi (6,8%), infezione (2%) e danno nervoso97. In aggiunta l’impianto può consumare la cavità glenoidea e portare a dolore, con necessità di ulteriore intervento100. Una preoccupazione aggiunta arriva dai risultati a lungo termine del trattamento protesico che riporta nel follow-up a 6 anni un 63% di casi di evidenza radiografica di consumo della cavità glenoidea101. Non possono tuttavia essere tratte delle conclusioni certe finché non saranno effettuati follow-up a lungo termine e i dati saranno comparati con altri trattamenti primari.

9.6 Protesi inversa di spalla

Tradizionalmente la protesi inversa di spalla era destina e impiegata per artropatia degenerativa della cuffia dei rotatori102. La protesi inversa funziona

mediante medializzazione ed abbassamento del centro di rotazione dell’articolazione gleno-omerale. Questo migliora la torsione del deltoide, incrementando la tensione e reclutando più fibre muscolari, che permettono un elevazione maggiore della spalla indipendentemente dalla cuffia dei rotatori103,104.

Le indicazioni furono poi estese a fratture in cui la funzione poteva essere restituita senza curare le tuberosità, che è frequentemente compromessa in pazienti anziani che hanno una povera qualità delle tuberosità comminute.

La protesi inversa in genere è indicata come trattamento primario in pazienti anziani di età superiore ai 75 anni con comorbidità associate e impossibilità a lunghi periodi di immobilizzazione e riabilitazione, la cui cuffia dei rotatori presenta una vasta lesione, o che magari è così degenerata da lasciare supporre che nel volgere di pochi anni andrà incontro a lesione determinando così il fallimento di una eventuale emiartroplastica80.

Alcuni chirurghi indicano la protesi inversa come primo trattamento nei pazienti over 65, ottenendo riduzione del dolore e un miglioramento della funzionalità dell’arto rispetto all’emiartroplastica105. Per quanto riguarda le complicanze non ci sono significativi vantaggi rispetto alle altre opzioni terapeutiche utilizzabili106.

10 Complicanze

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