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2 Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione: caratteristiche e implicazion

2.1 Scenari tecnologici contemporane

Per proseguire nella riflessione sui possibili scenari educativi territoriali, non si può non riflettere sull’altro elemento dominante di questa riflessione, l’altra parola chiave di questo lavoro di ricerca sono le tecnologie e, più precisamente, le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (abbreviate con l’acronimo TIC o ICT, in inglese Information and Communication Technologies).

Quello delle cosiddette “nuove tecnologie” è un tema caldo e oggi alla ribalta dell’opinione pubblica per due principali ordini di motivi: il primo è legato alla loro mutevolezza e incessante evoluzione, alla capacità che hanno di ampliare sempre più le possibilità di utilizzo, alla capacità che hanno di fondersi con la vita quotidiana, nella sfera personale e professionale, cioè alla loro pervasività; il secondo ordine di motivi è invece legato all’ancestrale timore per l’ignoto, infatti solitamente le

resistenze maggiori verso le tecnologie e il loro utilizzo provengono da chi le utilizza poco o niente: è la paura di chi, non conoscendo, preferisce negare e relegare in una nicchia di esperti sprovveduti tutti gli abituali utilizzatori. Chi è troppo cauto rispetto alle tecnologie è in realtà ancor più soggetto al rischio di essere colonizzato, poiché questo atteggiamento lascia spazio nella società soprattutto a chi vuole farne un uso deteriore. La conoscenza e l’utilizzo diffusi invece favoriscono una pratica maggiormente democratica, aperta ad atteggiamenti e modalità più sfaccettate, frutto di più punti di vista.

Al di là della querelle tra “apocalittici” e “integrati”, sono le posizioni intermedie, che non vedono nelle tecnologie né la disfatta dell’umanità, né la panacea di tutti i mali, che possono offrire una chiave di lettura e di azione per le tecnologie utile anche in ambito educativo. La posizione scelta per questa ricerca è basata, come per il rapporto tra scuola e città, sulla teoria problematicista1: le tecnologie in sé non sono né positive né

negative, è l’uso che se ne fa che ne determina il valore.

La scelta problematicista non vuole nascondere che sicuramente l’uso delle tecnologie modifica la società in una direzione omologante, fa cioè perdere diversità in senso positivo e differenziazione tra le persone in valori, usi e gusti, ma è un dato ineliminabile, che non si può non conoscere se si vuole essere cittadini a tutti gli effetti della società.

Amate o odiate, infatti, le tecnologie sono comunque una delle caratteristiche dominanti della società attuale e, essendo veicolo di conoscenza e mezzo di comunicazione in ambito educativo, devono essere considerate un’agenzia educativa del panorama dell’asse informale, che lo modifica e lo amplia moltissimo.

Nell’ambito di questa riflessione però le tecnologie non rientrano solo come generica realtà educativa, ma anche e soprattutto come strumento di mediazione didattica la cui validità è già stata confermata da numerose ricerche scientifiche2.

1 Cfr Guerra, Tecniche e tecnologie per la mediazione didattica, in Guerra (a cura

di), Educazione e tecnologie, Edizioni Junior, Azzano S. Paolo, 2002.

2 Cfr su questo aspetto: Caprara, Guerra (a cura di), Il giornale virtuale, Edizioni

Junior, Azzano S. Paolo, 2003, Colombi, Tecnologie e mediazione culturale, Edizioni Junior, Azzano S. Paolo, 2003, Fabbri, Empowerment e nuove tecnologie, Edizioni Junior, Azzano S. Paolo, 2005, Guerra (a cura di), Educazione

Un primo elemento di innovazione portato dalla diffusione delle tecnologie in ambito sociale, e conseguentemente in ambito educativo, è la relativizzazione dei concetti di spazio e tempo causato dall’introduzione in ambito comunicativo della telematica.

Il coniugarsi delle caratteristiche delle tecnologie informatiche (multimedialità, interattività, ipertestualità, digitalizzazione dell’informazione, ecc.) e delle telecomunicazioni ha ridotto l’intero pianeta a niente di più che un villaggio in termini di spazio e di tempo (è possibile raggiungere qualsiasi luogo del pianeta in qualche frazione di secondo). M. McLuhan lo definisce con la metafora del “villaggio globale”, cioè di un luogo legato ad una dimensione relazionale di “vicinato” ma esteso come tutto il pianeta.

L'elettricità ha ridotto il globo a poco più che un villaggio e, riunendo con repentina implosione tutte le funzioni sociali e politiche, ha intensificato in misura straordinaria la consapevolezza della responsabilità umana3.

La principale espressione della telematica e del villaggio globale è Internet, la rete di reti, la Rete per antonomasia, il più grande ipertesto esistente.

Secondo Levy, la rete coincide con, è lo spazio e, più precisamente, il cyberspazio, che lui stesso definisce come “lo spazio di comunicazione aperto dall’interconnessione mondiale dei computer e delle memorie informatiche”4.

L’intenso utilizzo di questo spazio virtuale, ma così reale per certi aspetti, per conoscere e comunicare ha contribuito al formarsi di una vera e propria cultura della rete, detta cybercultura che, secondo Levy5, ha tre

caratteristiche:

- l’interconnessione, vale a dire che ogni apparecchiatura deve avere un indirizzo Internet per essere in rete per poter scambiare

e tecnologie, op. cit., Nardone, I nuovi scen@ri educativi del Videogioco, Edizioni Junior, Azzano S. Paolo, 2007, Zanetti, Telematica e intercultura, op. cit.

3 McLuhan, Gli strumenti del comunicare, Il Saggiatore, Milano, 1967 (ed. orig.

1964), p.11.

4 Levy, Cybercultura. Gli usi sociali delle nuove tecnologie, Feltrinelli Editore,

Milano, 1999 (ed. orig. 1997), p.91.

continuamente informazioni, per appartenere ad un continuum senza frontiere e all’oceano di informazioni, contatti e relazioni; - le comunità virtuali, la cui nascita e il cui sviluppo si reggono

sull’elemento precedente; la comunità virtuale si costituisce quando un gruppo di persone sono connesse ad Internet e sentono la necessità di comunicare tra di loro accomunate da un elemento di interesse comune; sono gruppi che si danno un codice di comunicazione e di comportamento, chiamato “netiquette”, e rappresentano un fenomeno originale della rete e che solo la rete poteva sviluppare, in quanto da la possibilità a persone diverse di conoscersi, comunicare e partecipare all’interno del cyberspazio rispetto ad un interesse comune senza nessun altro vincolo di appartenenza;

- l’intelligenza collettiva è il terzo elemento della cybercultura ma ne è anche la finalità ultima, poiché non rappresenta nella realtà un elemento consolidato, ma soprattutto una questione aperta: l’unico aspetto ampiamente riconosciuto è la convinzione che il migliore uso possibile della rete sia quello di mettere in comune la conoscenza e le energie di chi si connette per cercare di creare un patrimonio di conoscenza comune e alla portata di tutti coloro che si connettono. Per mantenere la prospettiva di questione ampiamente aperta, l’intelligenza collettiva, secondo Levy6, è il

pharmakon, rappresenta il veleno e l’antidoto della cybercultura: è antidoto perché la partecipazione al cyberspazio fa aumentare la conoscenza dei meccanismi di cambiamento tecnologico e le possibilità di partecipazione, è veleno perché aumenta il divario tra chi partecipa e chi non partecipa, dal momento che questo cambiamento avviene all’interno di un ambiente che non è, nella realtà dei fatti, alla portata di tutti.

La costruzione attiva e partecipata della cultura è stata stimolata quindi da innovazioni tipo tecnologico, ma contemporaneamente questo cambiamento della cultura ha sostenuto lo sviluppo sempre più rapido di

un certo tipo di tecnologia, sempre meno per pochi e sempre più friendly o user friendly7, in grado di favorire cioè l’utilizzo delle tecnologie da parte di tutti e non solo di una piccola cerchia di esperti e tecnici.

Oltre alla trasformazione in tecnologie amichevoli, cioè facilmente utilizzabili con una fase di alfabetizzazione brevissima, l’altra caratterizzazione fondamentale dello scenario tecnologico contemporaneo è l’ampliamento delle possibilità comunicative, sia in termini quantitativi, cioè di diversi media utilizzabili anche integrati tra loro, sia in termini di facilità di composizione, spedizione e ricezione di messaggi, scritti, orali, visivi che siano. Senza certamente negarne gli aspetti deteriori, potremmo dire che la nostra è la società della comunicazione dove in qualsiasi luogo è possibile segnalare, parlare, dire, comunicare quello che si pensa8.

Per analizzare le potenzialità delle tecnologie e descriverne gli aspetti pedagogicamente e didatticamente validi, ci avvarremo nuovamente del problematicismo pedagogico, nella convinzione che non esiste un solo modo per utilizzare tecnologie, né tanto meno ne esiste uno corretto più di altri.