• Non ci sono risultati.

ˆ = il ‹‹cappello›› sopra la variabile indica la variabile divisa per A, ovvero espressa per

4. Uno scenario alternativo

Un’analisi dettagliata della convergenza regionale in Italia rispetto al prodotto pro capite e alla produttività del lavoro non rientra tra gli obiettivi di questa tesi: indagare le cause che hanno impedito alle regioni meridionali di completare il processo di catching up con le regioni del Centro-Nord ci porterebbe troppo lontani dal filo conduttore che unisce queste pagine.

Tuttavia sono emersi alcuni dubbi nei capitoli precedenti che richiedono qualche considerazione ulteriore.

La tesi presentata nel Paragrafo 3.3 precedente afferma che una dinamica salariale uniforme, incurante dei divari di produttività a livello regionale e settoriale, avrebbe concorso a far aumentare la disoccupazione e a ridurre l’occupazione, frenando così il processo di

catching up. Tale tesi si basa sulle imperfezioni di mercato che, alterando la struttura dei

prezzi relativi dei fattori produttivi, avrebbero distorto il processo di investimento guidato dai differenziali di rendimento. In tal modo si impedisce al sistema di raggiungere il proprio equilibrio che, nel modello neoclassico, equivale alla convergenza (assoluta) delle regioni su un tasso di crescita, un livello di reddito pro capite e capitale per addetto comuni. In quest’ottica, è tipicamente neoclassica l’ipotesi degli “alti salari”, cioè una situazione in cui le istituzioni del mercato del lavoro comprimono la struttura salariale, impedendo al costo del lavoro di muoversi in linea con la produttività del lavoro: la domanda di lavoro si contrae e la disoccupazione involontaria aumenta. Si è visto, tuttavia, che questo approccio presenta qualche limite, soprattutto di natura cronologica, come si è già accennato.

Accanto a questi dubbi se ne pongono altri di natura più strettamente teorica. Ad esempio diventa interessante analizzare il sentiero di crescita delle regioni italiane, poiché il modello di Solow, utilizzato tra gli altri da Carmeci e Mauro121, prevede una funzione di produzione e un

sentiero di crescita lineari. Da essa deriva il principio alla base della convergenza neoclassica per il quale le condizioni iniziali non rilevano ai fini dello steady state, ovvero il tasso di crescita è inversamente proporzionale al livello di reddito iniziale: nella fase di transizione

121 Al di là della validità o meno di certe ipotesi esplicative sulla mancata convergenza regionale in Italia, si

discute qui del principio utilizzato da molti addetti ai lavori per testare empiricamente la tesi della convergenza: vi è convergenza se cresce di più lo stato o la regione che partono da un capitale per addetto iniziale inferiori. Lo stesso principio è utilizzato da Brunello et al. (2001).

registra un tasso di crescita superiore (inferiore) lo stato o regione che parte da un livello iniziale di reddito pro capite o produttività più basso (alto), in base all’ipotesi di rendimenti decrescenti del fattore capitale. Maggiore è la distanza dallo steady state maggiore è il tasso di crescita: da qui la non rilevanza delle condizioni iniziali nel principio della convergenza soloviana. Uno shock negativo che interessi solo le regioni più arretrate non ha effetti di lungo periodo nel modello soloviano standard: uno spostamento verso sinistra della loro posizione comporta solo un aumento del loro tasso di crescita nella fase di transizione. Il modello è globalmente stabile. Tutto ciò è osservabile nel grafico che rappresenta la convergenza all'interno del modello di Solow standard, nel quale il processo di accumulazione del capitale è descritto dalla seguente dinamica (Figura 19):

˙k

k=sf  k/k−n ,

dove k è lo stock di capitale misurato in unità di lavoro efficiente (k=K/AL, con A indice del livello di progresso tecnico esogeno), s è il saggio di risparmio, n è il tasso di crescita della popolazione, δ è il tasso di deprezzamento del capitale, γ è il tasso di crescita del progresso tecnico esogeno.

Figura 19 - Convergenza assoluta nel modello di Solow122

La letteratura più recente ha evidenziato che il modello di crescita può essere non lineare, ad esempio a causa del cambiamento strutturale che risulta in una funzione di produzione convessa e concava, ovvero caratterizzata da rendimenti crescenti per livelli intermedi del capitale. Per rappresentare una situazione di questo tipo si utilizza il modello di crescita endogena non lineare illustrato in Fiaschi e Lavezzi (2006a,c). Si rimuove l'ipotesi di progresso tecnico esogeno e si adotta una funzione di produzione non lineare in k, in particolare caratterizzata da un un prodotto medio crescente per valori intermedi di capitale.123

Si introduce un altro parametro nella funzione di produzione, B, che rappresenta l'indice medio di produttività del capitale (fisico e umano) in ciascuna regione, con ∂f(k, B)/∂B> 0.124

La dinamica del modello è data da: ˙k

k=sf k , B/k−n .

Si assume che il modello presenti una dinamica AK per livelli alti del capitale, come si osserva nella Figura 20, cioè si assume che

limk∞sf k , B/ k=sBn .

Figura 20 - Modello di crescita endogena non lineare

123 Nel modello cross-country di Fiaschi e Lavezzi il progresso tecnico dipende dall'accumulazione interna di

conoscenza e dagli spillover internazionali di tecnologia. Nel nostro caso questa ipotesi non rileva e avremmo avuto risultati analoghi con l'assunzione soloviana di progresso tecnico esogeno.

124 L'introduzione del parametro B è funzionale all'ipotesi di progresso tecnico endogeno adottata da Fiaschi e

Abbiamo assunto che tutte le regioni crescano ad un tasso positivo, con tassi di crescita minimo e massimo in corrispondenza rispettivamente di k e k e tasso di crescita di lungo periodo sB. Si osserva immediatamente che se sfk , B/k n (condizione necessaria e sufficiente) emergono equilibri multipli e l'equilibrio a basso livello di capitale e di reddito, globalmente stabile, diventa una poverty trap.

Da un modello di crescita così delineato deriva un sentiero di crescita non lineare, per cui nella fase di transizione i divari possono aumentare.125 Anche in assenza di shock è possibile

che il divario tra le regioni ricche e quelle povere aumenti durante la fase di transizione: una regione con uno stock di capitale intorno a k cresce meno di una regione dotata di uno stock di capitale più elevato. Questo modello è di per sé compatibile con un fenomeno di polarizzazione nel medio periodo, destinato comunque a svanire nel lungo periodo, dal momento in cui le regioni più arretrate raggiungono l'intervallo con rendimenti crescenti della funzione di produzione.

Uno shock potrebbe intervenire in questa situazione in tre possibili modi, mutuamente non esclusivi:

● spostamento a sinistra delle regioni meridionali (recessione dovuta ad uno shock

regionale avverso);

● aumento del tasso di ammortamento del capitale (shock aggregato avverso), ovvero

traslazione verso l'alto della curva orizzontale (δ + n)126;

riduzione del livello di produttività del capitale, indicato nel modello con B

(productivity slowdown).127

Tutto dipende da quale di questi shock si presenta, e in che misura: ad esempio il primo effetto è di per sé sicuramente transitorio, ma se si manifesta insieme ad uno o entrambi degli altri shock può diventare permanente. In altre parole: sono tre effetti di natura transitoria indotti da uno shock di natura transitoria, ma in presenza di un intervallo in cui si manifestano rendimenti di scala crescenti gli effetti possono diventare permanenti, attraverso l'apparizione

125 Si ricorda che il sentiero di crescita è ottenibile come distanza verticale tra il prodotto medio del capitale e la

curva orizzontale (δ + n) per ogni k. Tale distanza misura infatti il tasso di crescita dell'economia.

126 È realistico che uno shock di questo tipo sia intervenuto negli anni settanta a seguito degli shock petroliferi

che hanno reso di colpo obsolescenti macchinari e attività industriali ad alto consumo di materie prime e di energia, a parità di volume di investimenti attivato.

127 Infine il sentiero di crescita può subire l'impatto di una variazione del saggio di risparmio o del tasso di

di trappole della povertà e di equilibri multipli. Si veda la rappresentazione grafica di questi effetti potenziali sul modello di crescita nella Figura 21.

Una riduzione di B (productivity slowdown) fa slittare verso il basso la curva di accumulazione del capitale e di conseguenza il sentiero di crescita regionale. Lo stesso effetto sul sentiero di crescita si ha con un aumento del tasso di ammortamento del capitale (traslazione verso l'alto della linea orizzontale (n + δ)). I due shock, da soli o congiuntamente, possono far emergere equilibri multipli e la poverty trap. Vediamo ad esempio l'effetto di una riduzione di B da B1 a B2. La curva si sposta verso il basso, incontrando la semiretta (n + δ1).

Emergono due equilibri, in corrispondenza di k3 E

e k4 E

, di cui solo il primo è stabile. Tutte le regioni dotate di uno stock di capitale inferiore a k4E finiscono nella trappola della

povertà, cioè convergono su k4E , mentre tutte le altre continuano a crescere nel lungo

periodo, anche se a tassi inferiori: il divario mostra dunque una tendenza «esplosiva». Se, contemporaneamente, la curva orizzontale trasla verso l'alto per effetto di un aumento di δ da

δ1 a δ2, il bacino di attrazione della trappola della povertà si allarga ed emerge un terzo

equilibrio globalmente stabile per le regioni più avanzate, in corrispondenza di k7E . Viene

meno la possibilità di avere tassi di crescita positivi nel lungo periodo.

Anche se la curva orizzontale torna nella sua posizione originaria, la trappola della povertà rimane.

Determinare se il processo di crescita è lineare o meno, dunque, è importante perché ci permette di accettare o meno il modello di Solow, e con esso il principio stesso del catching

up.

La deduzione delle proposte di policy comporta di aver chiaro prima a quale teoria si debba credere; alla fine la domanda a cui si deve rispondere in un’analisi di convergenza regionale è “se e come le condizioni iniziali di un’economia contano per spiegare il suo sentiero di sviluppo nel lungo periodo”128. Molte delle analisi che sono state qui riportate

muovono a partire dai modelli di convergenza soloviani, secondo i quali la convergenza, assoluta o condizionata, è un corollario del sentiero di crescita neoclassico, una volta rimossi gli “ostacoli istituzionali e frizionali al getting the price right”129. Sulla base dei risultati che

seguono riteniamo che si possa dubitare dell’applicabilità del modello di convergenza soloviano nel contesto regionale italiano, nel quale emergono non linearità nel processo di crescita e, in qualche misura, equilibri multipli e trappole della povertà.

Il concetto di trappola della povertà è una metafora per descrivere una situazione di persistenza di bassi livelli di reddito in un contesto di equilibri multipli. Una o più economie convergono su questo livello di steady state nel quale il “livello persistentemente basso di reddito non genera, in modo endogeno, opportunità addizionali di produzione e di occupazione”130: il paese, o la regione, non riesce da sé a innescare quel circuito virtuoso dello

sviluppo formalizzato dal modello di convergenza neoclassico à la Solow.131

L'esistenza di equilibri multipli è incompatibile con la teoria neoclassica standard della convergenza (Solow, 1956).132 L’approccio alternativo è legato alle “nuove teorie della

128 Cfr. Caroleo e Garofalo (2005, p.64). 129 Cfr. ibid., p.64.

130 Cfr. ibid., p.62.

131L'esistenza di una trappola della povertà è fatta dipendere tradizionalmente dal mancato raggiungimento di

una soglia critica nel livello di reddito o di capitale, fisico o umano, secondo l'approccio descritto da Azariadis e Drazen (1990). Questa visione giustifica un intervento pubblico che promuova un elevato investimento in capitale fisso sociale. Nel caso del Mezzogiorno questa visione appare inadatta a spiegare l'eventuale presenza di una poverty trap, visto che il massiccio investimento pubblico a sostegno dell'economia meridionale non ha avviato il «circolo virtuoso» dello sviluppo. Occorre considerare anche il ruolo delle istituzioni che governano il funzionamento reale dell'economia, ad esempio l'insufficiente enforcement delle regole che stabiliscono le condizioni di accesso ai mercati, ordinano le transazioni di mercato e garantiscono il diritto di proprietà.

132 Solow stesso, nell'articolo originario del 1956, aveva previsto alcune modifiche sostanziali del suo modello

rimuovendo le ipotesi di base. Ad esempio, l'introduzione di una funzione di produzione non lineare configura l'esistenza di tre equilibri, dei quali solo il primo e il terzo sono stabili. Ciò fa sì che il bacino di attrazione del primo equilibrio rappresenti di fatto una trappola della povertà. Lo stesso può avvenire rimuovendo le ipotesi di

crescita”133, cosiddette endogene, di cui il processo di causazione cumulativa à la Kaldor

rappresenta il primo modello teorico. In esse il processo di investimento, e dunque la crescita, si lega alla presenza di rendimenti crescenti (economie di scala e rendimenti crescenti di uno o più fattori produttivi, tipicamente il capitale umano) e/o economie esterne (spill over spaziali, tecnologici, ecc.). All’interno di questo approccio alternativo, acquistano un peso fondamentale le condizioni di partenza, a cui si lega l’esistenza di equilibri multipli (polarizzazione o stratificazione) e il concetto di trappola della povertà. Secondo i sostenitori di questa visione, come si è già visto nel Capitolo 3, la dinamica degli investimenti nel Mezzogiorno, e il processo di accumulazione del capitale di conseguenza, si è contratta notevolmente dopo il primo shock petrolifero e la recessione che ne seguì. Con questo evento prende avvio il cosiddetto productivity slowdown, uno shock temporaneo durato sino ai primi anni ottanta, i cui effetti appaiono permanenti. La caduta della produttività e degli investimenti potrebbe aver introdotto delle modifiche sostanziali nel sentiero di crescita regionale, bloccando il processo neoclassico di convergenza.

Vediamo a questo punto la valenza empirica dell'ipotesi alternativa sulla mancata convergenza regionale in Italia, quella legata al ruolo degli shock negativi, in particolare gli shock petroliferi e il fenomeno di productivity slowdown negli anni settanta.134 L'approccio è

quello seguito da Fiaschi e Lavezzi (2006a,c) a livello internazionale.135 A questo proposito ho

eseguito regressioni non parametriche del sentiero di crescita delle regioni italiane.136 Le

saggio di risparmio costante e/o di tasso di crescita della popolazione costante, assumendo che tali variabili siano endogene.

133 Cfr. Islam (2003).

134Lo shock del 1973 è considerato generalmente l'inizio del più ampio shock noto come productivity slowdown,

che dura fino alla fine del decennio. Cfr. Fiaschi e Lavezzi (2006c, p.10).

135In Fiaschi e Lavezzi (2006c) i due autori testano gli effetti del productivity slowdown in un modello di crescita

à la Solow con funzione di produzione convessa-concava e spillovers tecnologici internazionali. Queste due

ipotesi fanno sì che: 1)la produttività del capitale sia crescente in un intervallo intermedio di capitale (il capitale presenta rendimenti di scala crescenti in questo intervallo); 2) il progresso tecnologico che guida esogenamente la crescita è dato dal processo di accumulazione interno di conoscenze e dai trasferimenti internazionali di tecnologie. Il lavoro mostra che il modello prevede equilibri multipli sotto certe condizioni. Inoltre, in questo modello, “a (negative) temporary shock can have permanent effects on the world income distribution via a modification in the pattern of international technological flows”, p.3. Lo shock petrolifero del 1973, preso come shock negativo temporaneo capace di rappresentare gli effetti del più ampio, e sempre temporaneo, shock negativo noto come productivity slowdown, è una sorta di «esperimento naturale» che conferma le predizioni del modello, poiché si rivela in sede di analisi empirica uno shock temporaneo che produce effetti di lungo periodo, in quanto provoca l'emergenza di una trappola della povertà. Il canale attraverso il quale emerge la trappola è l'alterazione del flusso internazionale di spillovers tecnologici tra paesi avanzati e paesi arretrati indotta dalle non linearità del processo di crescita e dall'esistenza di tecnologie appropriate (il trasferimento di tecnologia può avvenire solo tra paesi tecnologicamente simili, cioè con un rapporto K/L simile).

136 Le regressioni non parametriche sono state effettuate utilizzando il programma R e la library sm di R. I codici

in R utilizzati sono stati elaborati da Davide Fiaschi e Andrea Mario Lavezzi e sono disponibili alle loro pagine web: http://www-dse.ec.unipi.it/fiaschi e http://www.unipa.it/~lavezzi. In particolare le regressioni sono state condotte con la funzione nonparamregre contenuta nel file “collection.all.function.empirical.analysis.r”, con

regressioni non parametriche permettono infatti di individuare non linearità e regimi multipli nel processo di crescita. Di fatto si tratta di sottoporre a verifica (graficamente) la validità del modello standard di Solow, in quanto si regrediscono i tassi di crescita sui livelli di reddito (o di produttività). Dovrebbe essere la prima analisi di questo tipo condotta sulle regioni italiane.

Le regressioni riguardano i tassi di crescita del Pil pro capite e della produttività media aggregata del lavoro. Il periodo di osservazione va dal 1960 al 1996, i dati sono tratti dalla banca dati del CRENoS (v. Appendice C).137

Partiamo dal Prodotto interno lordo pro capite regionale. La regressione non parametrica dei tassi di crescita contro il Pil pro capite relativo è svolta nell'intero periodo e nei due sottoperiodi 1960-73 e 1974-96, per comparare i sentieri di crescita e individuare eventuali differenze.

Nell'intero periodo è evidente che il sentiero di crescita stimato è non lineare (v. Figura 22). Le stime, tranne che per valori molto alti del Pil pro capite relativo, sono abbastanza precise, come si vede dalle bande di confidenza.

Figura 22 – Regressione non parametrica: 1960-96

Fonte: Elaborazione personale su dati CRENoS. Bande di confidenza al 95%.

plain optimal bandwidth non pesate, cioè con bandwidth fisso e ottimale.

137A differenza delle stime sui tassi di disoccupazione il dato della Valle d'Aosta non crea problemi e viene

Figura 23 – Regressioni non parametriche: 1960-73 e 1974-96.

Fonte: Elaborazione personale su dati CRENoS. Bande di confidenza al 95%.

Nel primo sottoperiodo (v. Figura 23) la non linearità è meno evidente e le stime sono meno precise: il periodo 1960-73 è un periodo di convergenza assoluta e le osservazioni sono probabilmente compatibili con una regressione lineare che risulti in una curva lineare decrescente. Nel secondo periodo, dal '74 al '96, affiora il profilo chiaramente non lineare del sentiero di crescita e si ha uno «slittamento» verso il basso dell'intero sentiero (v. Figura 23). Questo fatto empirico è confermato, e rafforzato, dalle regressioni con i dati Prometeia (per i dati si veda l'Appendice C, per le figure si veda l'Appendice D), sia per quanto riguarda lo stesso sottoperiodo 1974-96 (v. Figura A) che per quanto riguarda un'estensione dello stesso

al 2004 (v. Figura B). Un'ulteriore conferma si ha con il campione CRENoS dal 1951 al 1993, come si vede nelle Figure E e F nell'Appendice D. In particolare il sentiero di crescita nell'intero periodo è inequivocabilmente non lineare.

Si noti che un sentiero di crescita siffatto è incompatibile con il tradizionale modello soloviano e compatibile con un modello di crescita con equilibri multipli e la possibile presenza di una trappola della povertà. Lo slittamento verso il basso del sentiero, poi, potrebbe aver indotto tale trappola, in partenza assente, ad emergere e a «catturare» le regioni meridionali (almeno alcune), come prevede l'analisi di Fiaschi e Lavezzi (2006c). Ad ogni modo, e prescindendo dalla presenza della trappola, un sentiero di crescita come quello stimato nel secondo sottoperiodo riesce a spiegare l'aumento dei divari regionali di reddito dagli anni settanta in poi. Nella fase di transizione uno spostamento verso sinistra nel grafico, indotto da una recessione e da un calo delle attività produttive com'è avvenuto negli anni settanta in occasione degli shock petroliferi e del productivity slowdown, può relegare le regioni più povere nell'intervallo di decelerazione della crescita, per cui, almeno per un certo periodo, i divari tra regioni avanzate e regioni arretrate non possono che aumentare. L'intervallo intermedio di accelerazione della crescita provoca contemporaneamente un allontanamento delle regioni mediane (quelle del Centro nel nostro caso) dalle regioni più povere (ovvero un loro avvicinamento alle regioni ricche del Nord). Anche se alcune regioni del Mezzogiorno (come l'Abruzzo e il Molise) raggiungono in seguito la fase di accelerazione della crescita ed entrano nel circolo virtuoso della crescita endogena data dai rendimenti crescenti di scala del capitale, la fase di transizione sarà comunque caratterizzata, in una sua parte, da un fenomeno di polarizzazione della crescita. Se poi, come abbiamo accennato, lo

shift verso il basso provoca l'emersione della trappola della povertà, avremo una situazione di

lungo periodo caratterizzata da un equilibrio a basso livello di reddito globalmente stabile verso il quale convergono le regioni più povere e un equilibrio ad alto livello di reddito verso il quale convergono tutte le altre regioni, o una situazione di crescita di lungo periodo positiva per tutte le regioni esterne alla trappola. Nel primo caso si avrà una persistenza dei divari nel