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Secoli centrali e basso medioevo

DALLA MATERIALITA' DELLA STRADA ALLE FORME DELLA MOBILITA'

III.2. M ATERIALITÀ , CRONOLOGIA E MOBILITÀ U N BILANCIO SULLO STATO DELLE STRADE TOSCANE TRA V E XIV SECOLO

III.2.3. Secoli centrali e basso medioevo

Nei secoli centrali del medioevo il quadro muta notevolmente.

Dal punto di vista tecnologico l'uso dei ciottoli legati con malta per la realizzazione delle pavimentazioni stradali, diventa preponderante in tutte le aree della città, anche se si registrano casi in cui è attestato l'uso di pietra posta in opera a secco sopra strati preparatori di sabbia. Nel caso di Pisa la viabilità principale e quella secondaria presentano soluzioni tecniche similari tuttavia fanno eccezione i chiassi che, oltre ad essere caratterizzati da piani in materiale drenante, conservano un'ampiezza di carreggiata molto ridotta175. Nelle città di Lucca e di Pisa sono documentati su molti selciati stradali diversi livellamenti di quota, dovuti alla frequenza di episodi esondativi.

Nei secoli centrali del medioevo in ambito urbano sembra che vi sia stata una maggiore razionalizzazione degli spazi di movimento, con una diversificazione nella destinazione d'uso delle strade e degli spazi aperti: una tendenza probabilmente da ricondurre all'espansione demografica e alla necessità di regolarizzare il movimento derivato da tutte le attività della città. Si riscontra piuttosto diffusamente anche l'uso di marciapiedi in laterizi ai bordi di strade, per differenziare le tipologie di transito all'interno di un'unica sede stradale. Si assiste, inoltre, dal XII al XIV secolo all'affermarsi di una tecnica mista che prevede l'utilizzo di frammenti di ceramica e laterizi per compattare le massicciate stradali.

A partire dal XIII secolo si diffonde l'uso del mattone come materiale per la costruzione delle pavimentazioni stradali. A Pisa si rileva una corrispondenza tra la messa in opera dei laterizi e l'uso della strada: per le strade carrabili i mattoni si dispongono “di coltello” e ortogonali rispetto alla direzione di marcia, mentre per il transito pedonale troviamo una disposizione a lisca di pesce. Anche a Lucca è documentato l'uso dei laterizi nella pavimentazione stradale, tuttavia, in quantità assolutamente inferiori rispetto a Pisa, Grosseto e Siena. I consoli del comune di Lucca, nell'ambito di una politica di rinnovamento dell'edilizia urbana attuatasi tra XII e XIII secolo, infatti, deliberarono, per la riorganizzazione dell'assetto viario, a favore dell'utilizzo di grossi ciottoli di fiume, chiamati dalle fonti statutarie “cotani”176. In un'analisi complessiva sulle scelte dei materiali, dunque, anche la volontà politica delle elites di potere ebbe un peso rilevante. A partire dal XIV secolo si assiste ad una generale semplificazione delle tecniche costruttive, con la messa in opera a secco dei ciottoli che sembrano passare da una selezione sempre meno accurata.

Tra le strade urbane presentate in questa tesi, datate tra IX e XIV secolo, non ne è stata rilevata alcuna che avesse la pavimentazione in terra battuta.

Nelle aree extra-urbane, a partire da contesti di XII e XIII secolo, torniamo finalmente a disporre di dati archeologici più consistenti.

Le strade extra-urbane di fondovalle citate nella tesi si trovano quasi in perfetta successione cronologica: il rettifilo rinvenuto a Ponte a Elsa in via Nazionale presenta fasi d'uso a partire dall'XI secolo; la strada in terra battuta rinvenuta in località Santa Lucia a Pontedera con canalette laterali è del XII 175 ALBERTI, BALDASSARRI, GATTIGLIA 2007; GATTIGLIA 2013.

secolo; le tipologie stradali di San Galleno e San Pierino sono state datate dal XIII/XIV secolo, l'inizio del periodo di vita della strada di Marti, invece, è stato attribuito ai primi anni del XV secolo.

Le fasi di vita delle strade di Galleno e di Ponte a Elsa cessano nel XIV secolo con la realizzazione di un nuovo piano stradale carrabile selciato.

Due delle cinque strade prese in esame (Galleno e Ponte ad Elsa) sono strade inghiaiate, mentre quella di Santa Lucia a Pontedera è una strada in terra battuta e la via di Marti presenta, invece, le caratteristiche tecniche di una strada acciottolata. Di quest'ultima e della strada di San Pierino è stato possibile recuperare la misura della distanza dei margini: 2,20 metri per la prima e 1,90 metri la seconda (entrambe di chiaro carattere someggiabile e pedonale). La strada di Galleno è l'unica che abbia restituito segni del passaggio di mezzi su ruota e quella di Santa Lucia a Pontedera l'unica, invece, con due canalette di scolo ai margini della sede stradale.

Come nel caso della viabilità alto medievale, anche in questo caso non disponiamo di un numero di casi abbastanza esaustivi per poter elaborare un modello regionale, tuttavia, alla luce anche delle fonti statutarie, potrebbe non essere del tutto peregrina l'idea che la tecnica dell'inghiaiata, per il periodo basso medievale, fosse quella maggiormente indicata dalle autorità comunali per la realizzazione o la manutenzione di importanti tratti di viabilità extra- urbana.

La realizzazione delle sedi stradali inghiaiate come confermato anche dalla documentazione statutaria coeva, potrebbe indicare un uso più frequente del carro, anche nelle strade extra-urbane di pianura, a partire dal XIII secolo. Per quanto riguarda la viabilità extra-urbana di area montana, non disponendo ancora di sicuri contesti datati, possiamo soltanto formulare qualche ipotesi sulla base dell'osservazione dei pochi elementi a disposizione. Le strade comunque dovevano presentare una pavimentazione acciottolata in quei tratti di forte pendenza, dove l'attuazione di scelte tecniche alternative avrebbe esposto il manufatto stradale ai fenomeni dell'erosione e del ruscellamento, per quanto riguarda invece quote altimetriche più basse, in presenza di terreni stabili, non si esclude l'uso di strade inghiaiate come evidenziato da alcuni interventi effettuati su tratti di viabilità appenninica tra Bologna e Firenze alla fine del XIII177.

Devo ammettere adesso quanto sia piuttosto difficile spingermi ancora più avanti in questa discussione, soltanto con i dati di cui ho potuto disporre. Nutro la speranza, tuttavia, che l'approccio metodologico che ho provato ad adottare, oltre a suscitare interesse, con opportuni processi di analisi possa poi realizzare completamente il suo intrinseco potenziale conoscitivo. Con una maggiore sensibilità nella raccolta del dato archeologico a tutti quei parametri descrittivi che definiscono materialmente una strada, con l'analisi allargata agli altri luoghi della mobilità connessi alla viabilità e con il contributo di discipline, come l'antropologia e l'etnografia, che studiano i comportamenti dell'uomo, ritengo che possano raggiungersi risultati di grande prospettiva nell'ambito degli studi sulla materialità della mobilità e sulle dinamiche di attuazione del movimento.

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