Esaurite le operazioni della prima fase oppure a seguito di presentazione spontanea della domanda di protezione presso la questura, da parte dello straniero che già si trova sul territorio nazionale e non necessita di prima accoglienza, si prosegue col trasferimento in una delle strutture di seconda accoglienza, laddove i soggetti non dispongano di un reddito almeno pari all’importo annuo dell’assegno sociale. Tuttavia in caso di temporanea indisponibilità nel sistema di accoglienza territoriale SPRAR, il richiedente già ospite di un centro
119 Interrogazione a risposta scritta 4-12889 del 19 aprile 2016, seduta n.609, presentata da D.Duranti.
120 F.Maiani, Hotspot and Relocation Schemes: the right therapy for the
Common European Asylum System?, in EU Immigration and Asylum Law
Policy, 17 febbraio 2016, http://eumigrationlawblog.eu/hotspots-and- relocation-schemes-the-right-therapy-for-the-common-european-asylum- system/.
94
governativo di prima accoglienza può rimanervi per il tempo strettamente necessario al trasferimento. In caso di temporanea indisponibilità anche in quest’ultimo centro, il prefetto dispone l'accoglienza in uno dei CAS allestiti ai sensi dell'art. 11121. Per lo straniero che non aveva usufruito della prima accoglienza in un centro governativo, viene direttamente disposto l’accompagnamento nelle suddette strutture straordinarie. In sostanza, come già previsto dal D.lgs. n.25/2008, il prefetto ha la facoltà di stabilire un luogo di residenza ovvero limitare la circolazione entro una determinata area geografica del territorio nazionale, per il richiedente che non usufruisce di misure di accoglienza, in particolare ove sussistano motivi di pubblico interesse, di ordine pubblico o la necessità di un trattamento rapido della domanda.
E' evidente che se il numero complessivo di richiedenti accolti nelle strutture straordinarie fosse, in modo costante e non temporaneo, largamente superiore al numero degli stranieri accolti nei centri territoriali della rete SPRAR, si rivelerebbe la totale inadeguatezza delle previsioni di arrivi, sulla base delle quali è stato stimato, tramite il Piano elaborato dal Tavolo nazionale, il fabbisogno di posti nella rete SPRAR.
Invero, prima di confluire nel sistema SPRAR i migranti passano attraverso i centri regionali HUB, che fungono, appunto, da nodo di smistamento tra le due fasi di accoglienza. Spesso i posti disponibili in questo tipo di centri sono destinati a ospitare i candidati alla ricollocazione. A tale proposito, nella prescritta Roadmap presentata dall’Italia alla Commissione Europea, è stato pianificato che negli hub regionali dedicati, cioè quelli in prossimità delle aree hotspot, venga riservato un certo numero di posti per le persone potenzialmente ricollocabili. A seguito dell’accordo Stato-Regioni, questi centri dovrebbero avere la funzione di riorganizzazione il sistema
121 Di cui alla L. n.563/1995 e alle relative norme di attuazione contenute nel D.M. 2 gennaio 1996, n. 233.
95
nazionale dell'accoglienza, con l'obiettivo di assorbire tutte le funzioni devolute al sistema dei CARA, determinandone una progressiva eliminazione. Ogni Regione è stata chiamata a dotarsi di almeno un Hub con capienza tra i cento e i duecentocinquanta posti letto, purtroppo però, non tutte le regioni hanno provveduto tempestivamente all’allestimento degli Hub. Al riguardo, il Delegato dell’Alto Commissariato UNHCR ha osservato che «il decreto, tuttavia, pur abolendo i
CARA, prevede una disciplina dei grandi centri governativi di prima accoglienza che rischia di replicarne la disfunzionalità. Ciò perché non è stato previsto un termine massimo di permanenza ed è stato stabilito che il richiedente possa iniziare la procedura di riconoscimento della protezione internazionale durante il periodo di permanenza in detto centro». Tali preoccupazioni
sono state ritenute meritevoli di attenzione dalla Commissione parlamentare, considerato che l’afflusso che interessa gli Hub non può essere realmente programmato. Di conseguenza, in un periodo di intensi arrivi, in assenza di meccanismi celeri di definizione delle domande di asilo e di difficoltà a reperire posti nei centri di seconda accoglienza, è facilmente prevedibile il sovraffollamento delle strutture, con conseguente riduzione degli standard qualitativi dei servizi erogati ben al di sotto di limiti accettabili122.
L’attuale sistema di accoglienza appena delineato, affonda le proprie origini normative nel recente passato, infatti, tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del 2000 si è registrato un incremento di richiedenti asilo e rifugiati tale da indurre il Ministero dell’Interno, il Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, l’ANCI e l’UNHCR a siglare un protocollo d’intesa per la realizzazione di un “Programma Nazionale d’Asilo” (PNA). L’iniziativa attuava, fra l’altro, le politiche di accoglienza dei richiedenti asilo e dei rifugiati delineate dal
122 (Commissione Parlamentare di Inchiesta sul sistema di accoglienza e identificazione etc., 2016).
96
Consiglio Europeo a Tampere nel 1999. La direzione del PNA venne affidata, con compiti differenziati in relazione al ruolo ed alle competenze proprie, ai tre promotori. Nasceva così il primo sistema pubblico per l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati diffuso su tutto il territorio italiano, con il coinvolgimento di sessantadue enti locali, delle istituzioni centrali e delle associazioni e organizzazioni del terzo settore. Il Sistema rispondeva non solo ai bisogni primari di accoglienza, assolvendo agli standard minimi indicati dalla direttiva 2003/9/CE, ma si poneva all’avanguardia attivando e promuovendo buone prassi per il soddisfacimento delle esigenze di integrazione, superando le logiche assistenziali della legislazione precedente, incentrata sulla mera erogazione di contributi. Il successo del PNA ha quindi determinato il legislatore a introdurre nella normativa nazionale un Sistema di accoglienza123 e un Fondo Nazionale per sostenere le relative esigenze.
La peculiarità del Sistema di protezione è delineata essenzialmente dal carattere pubblico delle risorse messe a disposizione (dal Fondo Nazionale per le Politiche e i servizi dell’Asilo) e dal ruolo svolto a livello centrale e periferico dai vari enti responsabili dell’accoglienza. Tutti i progetti territoriali che partecipano al Sistema compongono, infatti, una rete che funziona secondo una sinergia orizzontale e realizza un modello di governance multilivello, facendo interagire i vari soggetti istituzionali: autonomie locali, amministrazione centrale dello Stato e Comunità europea. La responsabilità dell’accoglienza è ripartita secondo un riconoscimento reciproco di competenze e ruoli. Lo SPRAR propone, così, un modello alternativo rispetto all’accoglienza approntata nel resto dell’Europa, dove
123 Con la L n. 18/2002, art.32, c.1 sexies e 1 septies sono stati istituiti il Sistema SPRAR e il Fondo Nazionale per le Politiche e i Servizi dell’Asilo. È stato istituito, inoltre, all’interno dell’ANCI, il Servizio centrale, fondamentale punto di raccordo tra l’Amministrazione Centrale, gli enti locali e i gestori dei progetti territoriali.
97
generalmente si opera facendo ricorso a grandi strutture, dislocate nelle periferie delle grandi città124. In Italia, al contrario, la decisione su una dislocazione diffusa o accentrata dei vari centri è libera e spetta ai Tavoli regionali in collaborazione con gli enti locali125.
La fase di seconda accoglienza si svolge, dunque, all’interno dei centri della rete SPRAR, per tutta la durata del procedimento di esame della domanda e, in caso di ricorso giurisdizionale, fintanto che è autorizzata la permanenza sul territorio italiano. L’art.14 D.Lgs. 142/2015 prevede che il richiedente che ha formalizzato la domanda e sia privo di mezzi sufficienti al sostentamento proprio e dei propri familiari, abbia accesso, su richiesta, alle misure di accoglienza predisposte dagli enti locali126. La valutazione dell’insufficienza dei mezzi di sussistenza è eseguita dalla prefettura, utilizzando come parametro di riferimento l’importo annuo dell’assegno sociale, questa, dopo aver valutato l’effettiva situazione di indigenza del richiedente, accerta la disponibilità all’interno del sistema. Il provvedimento che nega l’accesso alle misure di accoglienza deve essere opportunamente motivato ed è impugnabile avanti al Tar competente.
4.1 I servizi della rete SPRAR: l’accoglienza integrata
Nel mettere in atto il sistema SPRAR gli Enti locali in collaborazione con i privati, garantiscono interventi di “accoglienza integrata” che superano la mera distribuzione di vitto e alloggio, prevedendo contestualmente misure di orientamento e accompagnamento legale e sociale, nonché la costruzione di percorsi individuali di inclusione e di inserimento socio-economico. Quello proposto dallo SPRAR non è un semplice progetto di accoglienza. Le persone accolte,
124 S.Sarti, L’italia dei rifugiati, ANCI, 2010. 125 Vedi infra par. 4.2
126 Ai sensi dell’art.1-sexies, D.L. 30 dicembre 1989, n.416, convertito con modificazioni dalla L. 28 febbraio 1990, n.39.
98
infatti, non sono dei meri beneficiari passivi di interventi predisposti in loro favore, ma protagoniste attive del proprio percorso di accoglienza. Per questo si parla di accoglienza integrata, che attraverso l'attivazione di percorsi differenti e modulati sulla singola persona tende ad assegnare un posto nella società agli stessi beneficiari dei progetti127.
Nel corso del 2015 i progetti SPRAR, hanno valorizzato notevolmente proprio i servizi di inserimento socio-lavorativo, mentre negli anni precedenti rivestivano maggiore peso i servizi riconducibili alle prime fasi di presa in carico dei beneficiari128. Ciò può essere interpretato come il segnale di un’accoglienza che, nonostante il permanere di un contesto italiano e internazionale complesso, caratterizzato da una difficile gestione dei flussi migratori, sembra andare lentamente verso l’abbandonando dell’impostazione puramente emergenziale e verso una struttura in grado di far fronte più efficacemente agli afflussi costanti, non solo attraverso continui ampliamenti della capacità ricettiva, ma anche grazie a una più efficiente cooperazione dei diversi soggetti che a vario titolo sono impegnati nella gestione dell’accoglienza. Si tende a realizzare l’inclusione sociale tramite progetti che forniscano ai beneficiari gli strumenti che possano consentirgli di vivere autonomamente una volta usciti dal programma si assistenza; obiettivo prioritario è, dunque, l’apprendimento della lingua italiana. Oltre la metà dei progetti prevede, infatti, corsi di lingua finalizzati a sostenere l’esame per la certificazione europea. Un dato interessante, riguarda peraltro, il grado di scolarizzazione dei migranti, che non è basso come si potrebbe pensare, difatti, solo una minima parte dei beneficiari dei programmi di accoglienza non hanno ricevuto alcuna istruzione
127 Servizio Centrale SPRAR, Manuale operativo per l'attivazione e la gestione dei servizi di accoglienza integrata in favore dei richiedenti asilo e titolari di protezione internazionale e umanitaria, settembre 2015, op. cit.
passim.
99
e, fra questi rientrano anche i minori. Quasi tutte le persone che usufruiscono dell’assistenza hanno un grado di formazione almeno pari alla licenza media o superiore e, in alcuni casi anche universitaria. Questo sicuramente può essere d’aiuto nella fase di integrazione, soprattutto se i beneficiari conoscono almeno una lingua europea. Oltretutto la formazione ricevuta nel Paese d’origine può essere un buon punto di partenza per l’inserimento nei programmi di formazione professionale curati dal sistema SPRAR, che consistono sia in percorsi di acquisizione delle conoscenze che di aggiornamento e specializzazione delle pregresse conoscenze teorico-pratiche. Nella quasi totalità dei casi i progetti territoriali procedono a una mappatura del fabbisogno lavorativo del territorio su cui operano, come previsto dalle linee guida SPRAR. Si svolgono, inoltre, dei tirocini formativi e di orientamento presso le aziende finalizzati ad agevolare le scelte professionali, grazie alla conoscenza diretta del mondo del lavoro. Si rileva che nel 2015 i maggiori inserimenti lavorativi si sono registrati nel settore della ristorazione, del turismo, dell’agricoltura, della pesca e dei servizi alle persone, mentre in misura minore nei settori di artigianato, commercio, industria, edilizia e informatica129.
All’interno dei centri gli ospiti possono fruire, inoltre, di una serie di servizi come il sostegno socio-psicologico e l’orientamento legale, per ottenere informazioni sulla legislazione italiana in tema di asilo e immigrazione e informazioni sul ritorno volontario. Si tratta di un sistema che coinvolge tutta una serie di professionisti aventi esperienza consolidata nei settori più variegati (assistenti sociali, educatori, psicologi, gestori di gruppi e comunità, personale sanitario, mediatori), e che diventano essi stessi caratteristica essenziale dello SPRAR, superando quindi volontarismo e
100
improvvisazione. Nel fornire tutti questi servizi, gli operatori possono individuare soggetti vulnerabili, per i quali devono essere adottate opportune iniziative di affiancamento e standard di accoglienza adeguati, dato che l’obiettivo principale dello SPRAR è, appunto, la presa in carico e la cura della singola persona per avviare un percorso individualizzato di riappropriazione della propria dignità e autonomia. A questo scopo, una delle caratteristiche comune ai centri SPRAR è la ridotta capienza delle strutture130 che permette di seguire più da vicino e con maggiore attenzione le vicende personali e le esigenze del singolo. Di conseguenza risulta più realizzabile un’effettiva partecipazione da parte degli ospiti delle strutture alle realtà territoriali circostanti, in termini di integrazione lavorativa e abitativa, in termini di formazione e apprendimento della lingua e di accesso ai servizi del territorio, come quello sanitario o scolastico per i minori.
Nell’intento di dare maggiore concretezza a questi obiettivi e al rispetto dei diritti umani nei Centri governativi, specie nell’ultimo quinquennio, il Ministero dell’Interno ha puntato al consolidamento della collaborazione con l’UNHCR, l’OIM e le associazioni a carattere assistenziale e, ha concluso una convenzione con l’ANCI, con l’UNHCR e con l’ASGI per avviare un programma di formazione periodico, denominato “Informare” destinato agli operatori dei Centri, tra cui il personale degli enti gestori e delle ONG coinvolte nelle attività e il personale delle Prefetture e delle Questure; la formazione è principalmente diretta a supportare e sviluppare la capacità degli operatori di prendere in carico persone che presentano differenziati livelli di vulnerabilità.
130 Il rapporto annuale SPRAR del 2015 rileva che gli alloggi ospitano in media otto beneficiari e sono costituiti principalmente da tre tipologie di strutture: appartamenti, centri collettivi e comunità alloggio, queste ultime in genere sono più capienti e quasi esclusivamente destinate a minori non accompagnati.
101
Le linee guida per la gestione degli attuali centri del sistema SPRAR, al fine di evitare il prodursi di gravi fenomeni di disagio sociale che ricadono soprattutto sui territori, prevedono anche la possibilità che lo straniero o l’apolide, dopo il riconoscimento dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria o il rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari, permanga accolto in un centro del sistema di accoglienza territoriale per un periodo ulteriore, fino alla conclusione del programma di sostegno all’inclusione sociale, prorogabile ulteriormente in presenza di situazioni di vulnerabilità. Vengono accolti in questo tipo di strutture anche soggetti, previamente trattenuti presso un CIE, nei confronti dei quali vengano meno i motivi del trattenimento. Se si tratta, di persone pericolose per la sicurezza pubblica, per l’ordine pubblico o per la sicurezza nazionale, possono essere loro imposte alcune misure cautelari come la consegna del passaporto, l’obbligo di dimora in un luogo preventivamente individuato e l’obbligo di presentazione in orari e giorni stabiliti presso un ufficio di polizia.
Una recente novità, ancora in via sperimentale e rivolta a persone già accolte da qualche tempo nel sistema, è l’iniziativa di accoglienza in famiglia, realizzata in poche città (Torino, Asti, Parma e Fidenza). Nel corso del 2015 nel nostro Paese si è avviato un clima di disponibilità e interesse all’accoglienza da parte dei cittadini, tanto da ampliare il relativo dibattito anche presso le istituzioni preposte all’effettiva percorribilità di questi progetti. La valutazione delle esperienze in atto ha permesso di individuare le priorità di questo possibile intervento e in particolare quella di proporre percorsi individualizzati di accoglienza senza prescindere da una progettualità a livello locale. È fondamentale, infatti, riconoscere la centralità dei Comuni nella programmazione, nel coordinamento degli interventi e nell’individuazione dei nuclei familiari e del loro supporto che questi devono ricevere. Naturalmente
102
l’accoglienza in famiglia ha gli stessi obiettivi dello SPRAR nella riconquista dell’autonomia e della dignità personale e nell’emancipazione dallo stesso bisogno di accoglienza.
Altre importanti novità riguardano i progetti di accoglienza dedicati alle famiglie siriane inserite nelle attività di resettlement, in collaborazione con le maggiori organizzazioni internazionali nonché i progetti in corso di realizzazione, rivolti ai migranti afghani nell’ambito del progetto ISAF (missione nato in Afganistan).
Possiamo affermare, in conclusione, che la rete SPRAR è in costante evoluzione e si muove verso nuovi obiettivi, focalizzando le variegate esigenze dei beneficiari e cercando di superare la logica emergenziale grazie a sistemi di organizzazione più flessibili. Si evidenzia, inoltre, un cospicuo aumento dei posti finanziati nel corso degli ultimi tre anni, con un passaggio da tremila a ventiduemila posti, in cui hanno trovato accoglienza quasi trentamila persone131. Elementi essenziali per continuare a migliorare i servizi e ottimizzare il sistema operativo sono: la sinergia tra i servizi pubblici presenti sul territorio oltre che il rafforzamento e l’ampliamento di una rete che coinvolga sia soggetti istituzionali sia privati.
4.2 Il coordinamento della rete SPRAR
L’art.16 del D.Lgs. n.142/2015 disciplina gli strumenti di coordinamento nazionale e regionali per la realizzazione della rete SPRAR. A livello nazionale tale strumento è individuato nel Tavolo di coordinamento132 che ha l’obiettivo, tra l’altro, di ottimizzare i sistemi di accoglienza dei richiedenti protezione internazionale. A quest’ultimo spetta il compito di predisporre un Piano nazionale Operativo per l’accoglienza e di individuare
131 Sono stati approvati altri 4000 posti per il 2016, fonte: Rapporto annuale SPRAR 2015.
132 Già insediato presso il Ministero dell’interno e previsto dall’art.29 D.lgs.19 novembre 2007, n.251, e successive modificazioni. La composizione e le modalità operative dei Tavoli nazionali e regionali di coordinamento sono stabilite con decreto del Ministro dell’interno.
103
i criteri di ripartizione regionale dei centri, da fissare d’intesa con la Conferenza unificata. A livello territoriale sono previsti Tavoli regionali, insediati presso le prefetture capoluogo di regione, con compiti di attuazione della programmazione predisposta dal Tavolo nazionale e d’individuazione dei criteri di ripartizione dei posti all’interno della Regione, nonché i criteri di localizzazione delle strutture di prima accoglienza e delle strutture straordinarie. Il fabbisogno di posti da destinare alle finalità di accoglienza è calcolato sulla base delle previsioni di arrivo per il periodo considerato, che giungono dalle agenzie europee che collaborano con gli Hotspot. La difficoltà pratica sta, più che altro, nel raggiungere l’intesa sui criteri di ripartizione tra le varie Regioni; alla predisposizione degli stessi partecipano, inoltre, i rappresentanti degli enti territoriali designati da ANCI, UPI e Conferenza delle Regioni.
La norma in questione ha lo scopo di dare attuazione ai principi costituzionali di sussidiarietà, adeguatezza e differenziazione, oltre che all’art.17 comma 2 della Direttiva 2013/33/UE che assicura certezza ed equità al sistema ed evitare la casualità nella collocazione dei richiedenti. Il rispetto delle disposizioni così delineate scongiura la necessità di interventi emergenziali che hanno caratterizzato per molti anni la situazione italiana e che, specie in relazione all'accoglienza dei nuclei familiari e dei soggetti più vulnerabili, hanno comportato numerose violazioni del diritto alla vita privata e familiare garantito dall’art. 8 CEDU, rilevate e condannate dalla Corte europea dei diritti dell’uomo133.
Purtroppo, un errore che ancora viene commesso nel nostro sistema è quello di sottovalutare il fabbisogno di accoglienza dei richiedenti asilo. Il piano ideale dovrebbe prevedere, oltre ai posti individuati sulla base delle previsioni di arrivo per il periodo considerato, dei posti aggiuntivi per ogni
133 CEDU, Grande Camera, Tarakhel c. Svizzera del 4 novembre 2014 (ECHR 326).
104
regione, che siano disponibili in via immediata, in modo che il numero complessivo dei posti ordinari e aggiuntivi non sia inferiore alla media annua di richiedenti asilo accolti negli ultimi tre anni, inclusi i ricorrenti e, tenendo conto anche delle categorie di persone bisognose di particolari tutele e dei minori non accompagnati. Non bisogna trascurare, appunto, che lo stesso decreto individua le categorie di persone vulnerabili, per le quali l’accoglienza può essere disposta in apposite strutture134.
L’insieme delle richieste di accoglienza vengono valutate dallo SPRAR tenendo conto, in primo luogo, dei posti e delle caratteristiche dei richiedenti, facendo riferimento a criteri quali: la data di presentazione della richiesta, le peculiarità dei richiedenti e la località da cui provengono le segnalazioni. In ogni caso i tempi d’inserimento sono condizionati dalla disponibilità di posti e dal numero di richieste presentate.
L’intensificazione dei flussi, che nel 2014 ha raggiunto numeri senza precedenti, ha provocato non poche difficoltà nell’intero sistema. Spesso il meccanismo si è ingolfato e i centri si sono visti costretti a creare dal nulla posti di emergenza, che hanno causato sovraffollamenti e pericoli per la sicurezza delle persone all’interno dei centri stessi. Molte persone sono rimaste nel sistema di seconda accoglienza per