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Segnali di cambiamento contraddittori

Nel documento Diventare padriin Italia (pagine 169-173)

Approfondimento 2 - “Meglio tardi? Caratteristiche e fecondità

7. Impegno lavorativo paterno e rapporto con i figli

7.1 Segnali di cambiamento contraddittori

Il dibattito sui cambiamenti dell’immagine e dell’identità paterna è divenuto recentemente molto vivace. Termini come simmetria e asimmetria dei ruoli familiari, persistenza e tramonto del patriarcato, padre coinvolto, “padre assente inaccettabile” (Risè, 2003), padre definito con il termine di Pà-Mà (Papà-Mamma) (Bimbi A.,1993) e “nuovi padri”, compaiono frequentemente sia nei resoconti di ricerche empiriche, sia nei libri di più ampia divulgazione o anche nelle pagine di inchieste giornalistiche.

Dagli anni Ottanta l’interesse crescente per i cambiamenti della figura paterna si è trasferito dagli studi di natura psicologica e pedagogica, dove era stato in precedenza relegato (Campanini, 1985), anche nell’ambito sociologico con gli studi sulla paternità di Scabini e Donati (1985), Bimbi e Castellano (1990), Ventimiglia (1996) e Zanatta (1999). Dalla raccolta di una serie di contributi e riflessioni interdisciplinari (storiche, giuridiche, psicologiche, sociologiche, demografiche) elaborati in un seminario interno condotto presso il Centro Studi sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano, Scabini rilevava come “…il padre resta il ‘nodo della normatività’ coniugale, genitoriale e familiare, ma in modo latente e, per così dire nascosto. Da un lato c’è il bisogno ineliminabile del padre, dall’altro il suo ruolo esplicito tende ad essere pallido, evanescente, ed incerto” (Scabini e

Il capitolo è a cura di Giulia Rivellini e Paola Di Giulio

rapporto con i figli

Donati, 1985). Un ruolo che qualche anno più tardi, da una ricerca empirica condotta sui mutamenti nelle rappresentazioni del maschile e del femminile, appare ben più definito, soprattutto con riferimento al significato espressivo della relazione con il bambino, che sottolinea la vicinanza fisica ed emotiva tra padri e figli. Padri che, intervistati in forma non strutturata separatamente dalle mogli nel contesto territoriale di quattro comuni dell’Emilia Romagna, interiorizzano la parità nel lavoro familiare e l’intercambiabilità tra i ruoli materno e paterno. Questo processo di modernizzazione è assunto da entrambi i genitori in maniera così consapevole che le operatrici dei nidi presso cui sono custoditi i bambini dei 43 padri e delle 49 madri intervistate rilevano come la cultura della parità si espliciti in uno stereotipo acritico di indifferenziazione che si ripercuote anche nella riflessione sui ruoli materno e paterno: bambine e bambini sarebbero trattati nello stesso modo, i genitori non sono identificati con profili di ruolo differenti proprio perché si pongono in maniera intercambiabile (Bimbi e Castellano, 1990).

Meno lineare, ma al contrario più tortuoso e denso di elementi contraddittori, è il percorso degli uomini verso una paternità più consapevole messo in luce da Ventimiglia (1996) presentando i risultati di un’ampia indagine su Paternità e politiche per l’infanzia svolta tra il 1992 e il 1994 presso le scuole dell’infanzia ancora una volta e non a caso della regione Emilia Romagna. Nel rapporto finale di ricerca Molinari (1996) individua quattro tipologie del rapporto di coppia individuabili in base al grado di partecipazione dei padri alla routine familiare: organizzare e partecipare al gioco con i figli, accudire materialmente i figli, garantire un tempo reale di presenza paterna in famiglia e garantire la condivisione della gestione della casa. Le tipologie su cui le madri si esprimono variano dal padre partecipe (coppie in cui entrambi i coniugi svolgono un’attività lavorativa extra-domestica condividendo pienamente il menage familiare) al padre

delegante (padre che delega alla compagna i compiti che riguardano sia

la gestione della casa sia la crescita dei figli) passando per il padre

teoricamente partecipe (coppia in cui si riconosce l’intercambiabilità dei

ruoli rispetto ai figli e alla gestione della casa, ma che al tempo stesso deve far fronte all’assoluta poca disponibilità del marito in termini di tempo) e per il padre ospite (padre che affianca una donna-madre lavoratrice per un numero di ore non superiore alle sei ore giornaliere, che dichiara una generale disponibilità a giocare e ad accudire i bambini, ma che contemporaneamente delega alla compagna tutte le

attività che riguardano i lavori di casa). Considerando che nella terza tipologia del padre ospite meglio definito come delegante, rientra la maggior parte delle coppie intervistate (40), è facile concordare con Molinari che vede la condivisione come un traguardo non ancora pienamente raggiunto. In effetti, anche dalle ricostruzioni dei padri di oggi rispetto ai padri di ieri, formulate dalle operatrici d’infanzia coinvolte nelle interviste insieme ai genitori e agli imprenditori datori di lavoro esponenti del cosiddetto “terzo soggetto” protagonista nelle questioni di maternità, paternità e fruizione dei relativi congedi, emergono altri segnali di contraddizioni. I resoconti sono decisamente a favore del cambiamento: i padri di oggi rispetto ai padri di ieri manifestano una maggiore disponibilità soggettiva; sembrano più coinvolti e dimostrano un interesse e un’attenzione maggiori per i problemi educativi; sono meno autoritari, meno rigidi, meno severi, ma anche emotivamente più fragili. Tuttavia quando si tratta di rispondere a domande più concrete come “chi accompagna il figlio”, “chi è maggiormente presente ai colloqui”, “chi partecipa di più alla vita del servizio”, le stesse operatrici descrivono una figura paterna più tradizionale e quindi meno presente su questioni di ménage quotidiano.

Altri segnali di cambiamento si intravedono considerando il problema dei congedi di paternità in funzione di una più significativa presenza maschile nei primi anni di vita di figli e figlie. Dai risultati di un’indagine d’opinione condotta a Roma tra il 1997 e il 1998 con l’obiettivo di indagare tra i padri il loro eventuale orientamento favorevole a far uso di uno strumento di conciliazione lavoro-famiglia in un momento storico caratterizzato da un nuovo clima culturale e da una maggiore sensibilità, si rileva una disponibilità dichiarata dalla maggior parte dei padri (52 per cento) ad usufruire del congedo parentale (Zanatta, 1999). Gli stessi padri si sono tuttavia mostrati meno disponibili (55,9 per cento contrari) rispetto ad un’altra forma di conciliazione (part-time reversibile), elencando tra le motivazioni contrarie all’utilizzo, lo svantaggio economico, le conseguenze sul percorso di carriera e la consueta motivazione legata alla naturale predisposizione femminile al lavoro di cura della prole (il 27,1 per cento dei padri ritiene che la madre sia più adatta a prendersi cura dei figli).

Tuttavia per un ricercatore gli spunti di riflessione non nascono solo dalla lettura di contributi scientifici diretti molto spesso ad un pubblico selezionato di studiosi. Un tema di tale portata e interesse per l’intera popolazione come è quello del rapporto tra padri e figli non può che

avere un’ampia risonanza anche nei testi più divulgativi come nella stampa quotidiana o periodica. Abbiamo quindi dato un rapido sguardo anche a queste fonti d informazione. I messaggi anche in questo caso non vanno nella medesima direzione: alcuni, riprendendo le tesi di Risè (2003), segnalano con preoccupazione il vuoto lasciato dall’assenza paterna, generata dalla diffusione di separazioni e divorzi che si concludono spesso con l’espulsione dei padri e con la rottura (o il grave indebolimento) del loro rapporto con i figli; altri sottolineano invece la sindrome di Atlante di cui il padre oggi quarantenne sembra soffrire sempre più frequentemente, generata anche dalla propensione all’attivismo esasperato che pare caratterizzare la generazione degli attuali quarantenni.

Muovendosi su un fronte ancora diverso, curiosando tra i testi delle canzoni di successo proposte alle giovani generazioni, si ritrovano altre indicazioni circa l’idea di paternità espressa da uomini in età adulta. Dal momento che i messaggi contenuti in questi testi di musica leggera possono raggiungere quote molto alte di popolazione giovanile attraverso radio, concerti, vendite di cd o suonerie di cellulari, può essere saggio non trascurarli. Da una delle ultime canzoni prodotte dagli Eiffel 651(“Viaggia insieme a me/ Io ti guiderò/ E tutto ciò che so te lo

insegnerò/ Finché arriverà il giorno in cui/ Tu riuscirai a fare a meno di me/…/ Io ti porterò dove non sei stato mai/ E ti mostrerò le meraviglie del mondo/ E quando arriverà il momento in cui andrai/ Tu…tu guiderai/ Tu lo insegnerai ad un altro/ Un altro come te”) si colgono per esempio segnali di un padre attento alla trasmissione generazionale dei valori e degli entusiasmi e allo stesso tempo preoccupato di stare accanto al figlio fino al raggiungimento della sua piena autonomia. Nella canzone In te di Nek2, il protagonista è invece un uomo in procinto di diventare padre pieno di buone e concrete intenzioni (“…per lui non fumerò/ A quattro zampe andrò e lo aiuterò a crescere/…/Per lui lavorerò la moto venderò e lo proteggerò…”). Dalle parole del testo di

Grand’Uomo di Claudio Baglioni3 che, come è noto, appartiene ad una generazione diversa da quella dei più giovani cantanti prima citati (“Figlio mio la vita è questa qua/ É più una lotta che una danza in cui girare/ Ma non fermarti mai perché la musica/ Non è mai un'isola la musica è il mare/ Che fa andar via e che fa stare via”) si coglie, invece,

1Viaggia insieme a me, dall’album Eiffel 65, 2003. 2 Dall’album The Best of Nek – L’anno zero, 2003.

un velo di pessimismo nei confronti della vita che, secondo i consigli del padre, va vissuta nella consapevolezza di affrontare una lotta quotidiana dalla quale, però, è anche possibile fuggire.

I segnali di cambiamento, che pure si avvertono nelle ricerche sopra riportate, nei titoli di inchieste giornalistiche o curiosamente anche in canzoni di successo, sono tuttavia ancora contraddittori, circoscritti (a particolari contesti regionali o a sottogruppi fortemente e non deliberatamente selezionati di padri) e forse anche troppo deboli (corroborati da risultati di ricerche condotte su collettivi ancora troppo esigui) per esprimere con rigorosi riscontri empirici le connotazioni che assume in Italia il rapporto tra padri e figli.

Per fare questo riteniamo sia necessario ancorarsi alle indagini ufficiali effettuate su collettivi di numerosità tali da consentire classificazioni e tipologie più variegate e per questo meno soggette al vincolo della selezione. Non nascondiamo che le analisi proposte in questo lavoro appartengano ancora all’ambito descrittivo, del quale però non si può fare a meno per impostare eventuali ragionamenti di natura esplicativa. Rispetto al quadro generale già tratteggiato nel capitolo precedente, focalizzeremo qui in particolare l’attenzione sulla relazione tra impegno lavorativo e coinvolgimento dei padri nelle attività dei figli.

Nel documento Diventare padriin Italia (pagine 169-173)