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Segue. Il conferimento in trust di beni della comunione legale

Nel documento Il trust familiare: problemi e prospettive (pagine 157-160)

Non può escludersi che due coniugi, in regime di comunione legale dei beni, optino per regolare attraverso il trust la sorte dei loro futuri acquisti.

61 Per approfondire la portata dell’art. 161 c.c. cfr., FUSARO A., Una convenzione aliena per regolare i rapporti

patrimoniali tra coniugi?, in La nuova giurisprudenza civile commentata, 2013, 11, p. 2614 ss.

62 PALAZZO, Le convenzioni matrimoniali e l’ulteriore destinazione dei beni per mezzo di trust, p. 95. Secondo l’Autore, la circostanza che l’art. 161 c.c. non precisi quali regimi si possono o meno adottare, fornisce ulteriori argomenti a favore della tesi che ammette la libera stipulabilità di convenzioni matrimoniali atipiche.

Al contrario, nel caso in cui vi siano elementi di estraneità ulteriori rispetto alla legge regolatrice, come evidenziato da OBERTO,Trust e autonomia negoziale nella famiglia (parte seconda), cit., p. 311, «la possibilità ivi concessa di concludere un pactum de lege utenda verrà a consentire ai coniugi di effettuare nelle convenzioni matrimoniali richiami, eventualmente anche solo per relationem, al sistema del paese straniero».

63 FUSARO A., Tendenze e prospettive del diritto privato in prospettiva comparatistica, II ed., Milano, 2017, p. 271 ss. Nello stesso senso anche MONTINARO, Il trust nel diritto delle persone e della famiglia, cit., p. 20.

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-In tal caso, significativi limiti all’autonomia delle parti discendono dall’art. 210 c.c., che consente ai coniugi di modificare il regime legale a condizione, però, che venga rispettato, in primo luogo, l’art. 180 c.c., che disciplina l’amministrazione dei beni della comunione, sancendo la regola dell’agire disgiunto per gli atti di ordinaria amministrazione e congiunto per quelli di straordinaria amministrazione. Ne consegue che, limitatamente ai beni che formerebbero oggetto della comunione legale, non sarà possibile istituire trustee uno solo dei coniugi, riservandogli l’esclusivo potere di gestione ed amministrazione degli steessi.

Secondariamente, dovrà essere rispettato il principio di uguaglianza delle quote, desumibile dall’art. 194 c.c., con la conseguenza che entrambi i coniugi dovranno rivestire la posizione di beneficiari del trust, in pari quota.

Infine, ai sensi dell’art. 210 c.c., i coniugi non potranno essere entrambi beneficiari del trust con riferimento a quei beni che, a norma dell’art. 179 c.c., lett. c), d) ed e), non possono essere ricompresi nella comunione convenzionale, cioè i beni di uso strettamente personale, quelli necessari all’esercizio della professione, quelli ottenuti a titolo di risarcimento del danno e la pensione attinente alla perdita totale o parziale della capacità lavorativa.

Più controversa, invece, è la possibilità per i coniugi di estromettere singoli beni dalla comunione legale – sui quali, quindi, verrebbe a costituirsi una situazione di comunione ordinaria – per conferirli in un trust.

Tale possibilità è legata alla vexata quaestio dell’ammissibilità del rifiuto preventivo del coacquisto, ovvero dell’intesa con cui i coniugi, in regime di comunione legale, decidono di escludere dalla stessa beni che vi sarebbero confluiti ex lege. L’art. 179, lett. f), c.c., prevede, infatti, l’esclusione dalla comunione dei beni acquistati da ciascuno dei coniugi con denaro proveniente dal trasferimento dei propri beni personali, «purché ciò sia espressamente dichiarato all’atto dell’acquisto» o, se si tratta di beni immobili o mobili registrati, rientranti nelle categorie di cui alle lettere c), d) ed e) della disposizione in parola, «quando tale esclusione risulti dall’atto di acquisto se di esso sia stato parte anche l’altro coniuge».

Orbene, se si ritiene inammissibile il rifiuto preventivo del coacquisto, deve giocoforza ritenersi non consentita nemmeno l’estromissione di singoli beni, altrimenti il primo limite potrebbe essere agevolmente aggirato estromettendo un bene dalla comunione ed alienando, poi, la quota all’altro coniuge64, possibilità che in un regime di comunione ordinaria, quale è

64 GORGONI V., Il rifiuto del coacquisto e l’estromissione dalla comunione legale, nota a Cass. Civ., S.U., 28.10.2009, n. 22755, in Obbligazioni e contratti, 2010, 11, p. 748.

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-quello che si instaura venuta meno la comunione legale, è certamente ammissibile ex art. 1103 c.c.

Nel 1989 la Suprema Corte si è espressa nel senso dell’ammissibilità del rifiuto del coacquisto, affermando che «il consenso dato dal coniuge all’acquisto esclusivo di beni immobili o mobili registrati da parte dell’altro coniuge, purché manifestato nello stesso atto, impedisce la caduta del bene nella comunione legale, anche al di fuori delle ipotesi previste dalle lettere c), d) e f) dell’art. 179 c.c.»65.

Nel 2003, però, la Cassazione ha mutato orientamento, sostenendo che «in regime di comunione legale dei beni, il coniuge non può validamente rinunziare alla comproprietà di singoli beni non appartenenti alle categorie elencate dall'art. 179 c.c. acquistati durante il matrimonio salvo che venga previamente o contestualmente mutato, nelle debite forme di legge e nel suo complesso, il regime patrimoniale della famiglia»66. Pertanto, o i coniugi, con apposita convenzione, pongono fine al regime legale, oppure il rifiuto del coacquisto, per i beni non contemplati dall’art. 179 c.c., dovrebbe ritenersi escluso.

In questo senso si sono espresse nel 2009 anche le Sezioni Unite, precisando che perché un immobile acquistato da uno dei coniugi in costanza di matrimonio sia escluso dalla comunione è necessaria non solo la partecipazione dell’altro coniuge all’atto, ex art. 179, comma 2, c.c., ma anche «l'effettiva sussistenza di una delle cause di esclusione dalla comunione tassativamente indicate dall'art. 179 comma 1 lett. c), d) ed f) c.c.»67.

Una conferma della correttezza di tale impostazione parrebbe potersi rinvenire nell’art. 191, comma 2, c.c., che, nel consentire ai coniugi di sottrarre alla comunione l’azienda gestita da entrambi e costituita dopo il matrimonio, sembrerebbe confermare che, salvo questa eccezione, lo scioglimento parziale della comunione non è consentito.

In realtà, considerato che all’autonomia privata è riconosciuta ampia possibilità di derogare al regime patrimoniale legale, che manca una norma che vieti espressamente l’esclusione di singoli beni dalla comunione e che l’esclusione di un bene dalla comunione legale non comporta alcuna rinuncia alla propria quota di comproprietà, ma solo l’instaurarsi di un regime di comunione ordinaria, in pari quota, non paiono esservi insormontabili ostacoli alla

65 Cfr. Cass. Civ., 2.06.1989, n. 2688, in Rivista del notariato, 1990, 1, II, p. 172 ss., con nota di LAURINI G., A

proposito di un’originale interpretazione dell’ultimo comma dell’art. 179 c.c.

66 Cfr. Cass. Civ., 27.02.2003, n. 2954, in Rivista del notariato, 2004, 6, II, p. 1547 ss.

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-estromissione di singoli cespiti dalla comunione68, in vista, ad esempio, del loro conferimento in trust.

Ovviamente, considerato che il conferimento in trust di un bene facente parte della comunione legale deve includersi tra gli atti di straordinaria amministrazione, sarà necessario il consenso di entrambi i coniugi, a norma dell’art. 180, comma 2, c.c., pena l’annullabilità dell’atto, ex art. 184 c.c.

Tale conclusione ha trovato conferma nella giurisprudenza di merito, che, nel ritenere annullabile ex art. 184 c.c. il conferimento in trust di alcuni immobili facenti parte della comunione legale, effettuato dal marito all’insaputa della moglie, perché «il trasferimento dei suddetti stabili nel trust, che […] comporta l’uscita del bene dal patrimonio del settlor, [deve] essere considerato atto eccedente l’ordinaria amministrazione, anche in ragione del rilevante valore economico dei beni affidati al trustee», ha implicitamente ritenuto ammissibile il conferimento in trust di beni della comunione69.

30. Il trust nella fase patologica del rapporto coniugale. Le procedure di separazione

Nel documento Il trust familiare: problemi e prospettive (pagine 157-160)