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Segue. Le procedure contenziose di separazione e di divorzio

Nel documento Il trust familiare: problemi e prospettive (pagine 166-169)

Alla luce di quanto esposto, non vi sono dubbi che i coniugi possano istituire un trust nell’ambito degli accordi di separazione o di divorzio, tant’è che questa rappresenta l’ipotesi statisticamente più frequente di ricorso al trust interno. Maggiori perplessità sorgono, invece, quando la crisi coniugale sfoci in una procedura contenziosa.

Ci si chiede, infatti, se, nel nostro ordinamento, sia ammesso un trust iussu iudicis, per tale intendendosi quel trust che ha la propria fonte in un provvedimento dell’autorità giudiziaria, la quale non si limita ad intervenire per «far incidere gli effetti del trust sul rapporto sottostante in modo che […] possa costituire adempimento degli obblighi di mantenimento della separazione omologata», ma, analogamente a quanto avviene negli ordinamenti

88 Trib. Savona, 14.02.2018, in Trusts e attività fiduciarie, 2018, 5, p. 526 ss. Laddove, invece, l’obbligo di corrispondere una somma periodica a titolo di mantenimento dei figli minori venga sostituito dal trasferimento di un compendio immobiliare al genitore affidatario, senza, però, che vi sia alcuna garanzia che i beni vengano destinati al mantenimento della prole, l’accordo è ritenuto non conforme all’interesse della prole. Sul punto cfr. Trib. Reggio Emilia, decr. 4.12.2006, in La giurisprudenza italiana sui trust: dal 1899 al 2009, LUPOI M. (a cura di), Milano, 2009, p. 281 ss.

89 Cfr., ex multis, Cass. Civ., 17.06.2004, n. 11342, in Giustizia civile, 2005, 2, I, p. 415 ss., secondo cui «è di

per sé valida la clausola dell'accordo di separazione che contenga l'impegno di uno dei coniugi, al fine di concorrere al mantenimento del figlio minore, di trasferire, in suo favore, la piena proprietà di un bene immobile, trattandosi di pattuizione che dà vita ad un contratto atipico, distinto dalle convenzioni matrimoniali e dalle donazioni, volto a realizzare interessi meritevoli di tutela secondo l'ordinamento giuridico, ai sensi dell'art. 1322 c.c.». Nello stesso senso anche Cass. Civ., 02.06.2005, n. 2088, in Il civilista, 2009, 12, p. 72 ss.,

dove si legge che «l'obbligo di mantenimento nei confronti della prole può essere adempiuto con l'attribuzione

definitiva di beni, o con l'impegno ad effettuare detta attribuzione, piuttosto che attraverso una prestazione patrimoniale periodica, sulla base di accordi costituenti espressione di autonomia contrattuale, con i quali vengono, peraltro, regolate solo le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta».

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-d’origine, condanna uno dei coniugi a comportarsi come trustee a beneficio dell’altro coniuge o della prole91.

Il primo limite ad una tale possibilità deriva dagli artt. 3 e 20 della Convenzione dell’Aja. Infatti, l’art. 3 precisa che la Convenzione si applica solamente ai trusts istituiti volontariamente. Al riguardo, il rapporto esplicativo di von Overbeck chiarisce che, dall’ambito di applicazione della Convenzione, sono esclusi i trusts «created […] by judicial decision» o «imposed by the courts»92.

L’art. 20, poi, afferma che la Convenzione dell’Aja si applica anche ai trusts «created by judicial decision» solo a seguito di un’espressa dichiarazione da parte dello Stato contraente, dichiarazione che l’Italia non ha reso.

Al limite internazionalprivatistico si aggiungono, poi, dei limiti di diritto interno. In particolare, considerato che un trust di tipo giudiziale potrebbe originare soltanto da una sentenza costitutiva, un primo ostacolo è rappresentato dall’art. 2908 c.c., che prevede che l’autorità giudiziaria possa pronunciare sentenze costitutive nei soli casi previsti dalla legge, nei quali non viene inclusa l’istituzione di un trust.

A ciò si aggiunge il rilievo che, dalla lettura degli artt. 156 e 337 ter c.c. e dell’art. 5, comma 6, l. div., si desume come, nell’ambito dei procedimenti di separazione e di divorzio, il giudice possa porre a carico di una delle parti l’obbligo di somministrare periodicamente all’altro o ai figli un assegno, ma non possa condannarlo a trasferire loro dei beni o una somma di denaro, possibilità, quest’ultima, che presuppone il consenso dei coniugi, tant’è che lo stesso assegno divorzile, a norma dell’art. 5, comma 8, l.div., può essere corrisposto una tantum solo «su accordo delle parti»93.

Parte della dottrina sostiene, però, che, considerata la non perfetta coincidenza tra la categoria dei trusts «declared by a judicial decision», di cui all’art. 20 della Convenzione dell’Aja, e quella dei trusts giudiziali degli ordinamenti d’origine94, un trust dovrà considerarsi giudiziale

91 ARRIGO, Autonomia privata, “fondo fiduciario” e diverse tipologie di trust nella separazione e nel divorzio –

II parte, cit., p. 201. Sulle soluzioni adottate, in sede di separazione e divorzio, negli ordinamenti d’origine ci si

soffermerà infra, paragrafo 33.

92 Cfr. paragrafo n. 49, del citato Explanatory Report di von Overbeck.

93 In particolare, l’art. 337 c.c. prevede che, salvo diverso accordo tra le parti, il giudice stabilisca, ove necessario, la corresponsione di un «assegno periodico», mentre l’art. 5, comma 6, l.div., prevede che il giudice, pronunciando lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio, possa condannare uno dei coniugi a somministrare «periodicamente» all’altro un assegno. Infine, l’art. 156 c.c., nel precisare che il coniuge, cui non sia addebitabile la separazione, ha diritto di ricevere dall’altro «quanto è necessario al suo

mantenimento», sembra sottintendere che tale obbligo debba essere assolto tramite un assegno periodico.

94 In relazione ai trust giudiziali degli ordinamenti d’origine si rinvia retro, p. 8 ss. Per quanto riguarda, invece, la nozione di trust volontario di cui all’art. 2 della Convenzione dell’Aja e la conseguente portata dell’art. 20 della medesima Convenzione, si veda retro, p. 16 ss.

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-e, dunqu-e, dovrà ritenersi escluso dall’ambito applicativo della Convenzione dell’Aja, in assenza di espressa dichiarazione di segno opposto da parte dello Stato firmatario, «non per il solo fatto che una sentenza ne dichiari l’esistenza, ma solo quando la sentenza condanni il convenuto a comportarsi come un trustee, usualmente allo scopo di ristorare all’autore un pregiudizio subito»95.

Quanto alla circostanza che al giudice sarebbe comunque precluso, nell’ambito dei procedimenti di separazione e divorzio, il trasferimento di beni o somme da un coniuge all’altro, si afferma che «nulla impedisce che trust appartenenti a questa tipologia siano disposti con la sentenza di divorzio nel contrasto tra le parti; dato che la legge consente al giudice di assegnare a un coniuge i beni dell’altro, non vedo perché il giudice, alla luce dei vantaggi che il trust presenta per tutte le parti interessate, non potrebbe fare di meno e cioè disporre il trasferimento di uno o più beni ad un trustee, dettando le disposizioni del trust»96. Altri, poi, alla luce dei previgenti articoli 155 c.c. e 6, l. 898/70, che prevedevano che il giudice potesse adottare «ogni altro provvedimento relativo alla prole», nell’esclusivo interesse materiale e morale della stessa, hanno affermato che non dovrebbe ritenersi preclusa al giudice la possibilità di istituire un trust a beneficio dei figli minori, mentre la possibilità di istituire un trust giudiziale a garanzia del puntuale adempimento degli obblighi di mantenimento troverebbe il proprio fondamento nell’art. 156 c.c. e nell’art. 8, l.div., i quali stabiliscono che, in caso di pericolo di inadempimento, il giudice possa imporre al coniuge obbligato di prestare «idonea garanzia reale o personale»97.

Sotto questo profilo, parte della dottrina, muovendo dalla distinzione tra negozio istitutivo del trust, regolato ex art. 6 della Convenzione dell’Aja dalla legge straniera, e negozio di trasferimento, regolato, ex art. 4, dal diritto interno, afferma che «il giudice può disporre un trasferimento in garanzia attraverso una sentenza costitutiva che produce l’effetto reale di trasferimento in garanzia dei beni al terzo, il quale con l’acquisto diventa un fiduciario ai sensi del diritto interno […] per l’adempimento delle obbligazioni derivanti dal trasferimento in garanzia (obbligazione di pagamento ai beneficiari in caso di inadempimento del coniuge debitore, obbligazione di restituzione al debitore del residuo una volta estinta l’obbligazione di mantenimento»98.

95 LUPOI, Trusts, cit., p. 515.

96 Idem, p. 644.

97 DOGLIOTTI,PICCALUGA, I trust nella crisi della famiglia, cit., p. 302.

98 ARRIGO, Autonomia privata, “fondo fiduciario” e diverse tipologie di trust nella separazione e nel divorzio –

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-In considerazione, però, della lettera dell’art. 3 della Convenzione, del fatto che lo Stato italiano non ha reso la dichiarazione di cui all’art. 20, della circostanza che lo stesso rapporto esplicativo di von Overbeck fa espresso riferimento, al fine di delineare il concetto di trusts volontariamente istituito, solamente a quello creato da uno dei coniugi in esecuzione all’obbligo di trasferire determinati beni all’altro sposo o ai figli, oppure a quello istituito dall’obbligato per provvedere al mantenimento e «then approved by a court» e, dunque, pur sempre ad un trust istituito dal disponente e non dal giudice, unito alla circostanza che l’unico Tribunale ad aver affrontato, seppure a livello di obiter dictum, la questione ha ritenuto inammissibile il trust giudiziale, deve ritenersi inammissibile il ricorso al trust tanto di garanzia, quanto e soprattutto solutorio, nell’ambito delle procedure contenziose di separazione e divorzio.

Infatti, è opportuno ricordare che il Tribunale di Reggio Emilia, nell’esaminare un ricorso per separazione consensuale, dove i coniugi avevano individuato, come condizione della separazione, la destinazione di un immobile e dei suoi frutti al mantenimento dei nipoti minorenni, nel ritenere inammissibile un atto destinatorio puro e nell’affermare che «l’istituzione di un trust (con trasferimento dei beni a un trustee nell’interesse dei nipoti) costituirebbe, probabilmente, la soluzione alle esigenze manifestate dai ricorrenti», ha evidenziato che al tribunale è preclusa la possibilità di apportare modifiche alle condizioni di separazione consensuale, «né comunque appare praticabile la via del trust di istituzione giudiziale (l’art. 20 della Convenzione de L’Aja esclude tali trust dal suo ambito di applicazione in assenza di espressa dichiarazione di estensione; inoltre, l’art. 2908 c.c. consente pronunce costitutive nei soli casi previsti dalla legge)»99.

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