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La separazione dei poteri “rivisitata” alla luce dell’evoluzione delle counter terrorism measures

Le due ipotesi di classificazione enunciate nel paragrafo precedente hanno portato la presente trattazione a considerare anche alcune tendenze molto recenti in tema di contrasto al terrorismo, soprattutto quando ci si è concentrati sull’esame del contesto giuridico francese e del suo particolare modello di “normalizzazione dell’emergenza”.

Già nel richiamare le reazioni “emergenziali” di diversi Paesi, sia che esse siano state adottate anche dal punto di vista formale – con l’attivazione di clausole costituzionali o legislative ad hoc – sia che vi siano state misure de facto eccezionali, pur restando nel quadro formale dell’ordinarietà, si è notato il ruolo preponderante di organi legati al potere Esecutivo, non solo dal punto di vista dell’attuazione concreta, ma anche della predisposizione astratta di misure incisive su una vasta gamma di diritti150.

La tendenza espansiva dell’Esecutivo si nota in una serie di ambiti. Dal punto di vista del rapporto con il Legislativo, sempre più marginalizzato, la stesura delle stesse disposizioni antiterrorismo avviene spesso per mano dell’Esecutivo, che non di rado procede, a seconda dell’ordinamento di riferimento, adottando atti ricadenti nella propria potestà normativa e sui quali il controllo parlamentare può variare151.

Inoltre, anche quando la normativa antiterrorismo viene formalmente “scritta” dall’assemblea legislativa, si utilizzano tecniche redazionali vaghe e generiche, che lasciano ai governi un margine di discrezionalità decisamente molto ampio.

150 Cfr. G. DE VERGOTTINI,Terrorismo internazionale e sfide alla democrazia, in Lo

Stato, 8/2017, 11 ss.

151 È il caso, nell’ordinamento italiano, dei decreti legge (su cui v., per tutti, C.ESPOSITO,

Decreto legge, in Enc. Dir., XI, Milano, Giuffrè, 1962). Non sono pochi, in effetti, i

provvedimenti antiterrorismo che originano da un atto avente forza di legge dell’Esecutivo. Pur essendo il decreto legge, nell’ordinamento italiano, un istituto il cui carattere originariamente emergenziale è stato sostanzialmente superato, essendo oramai invalsa la prassi di utilizzarlo per regolare una serie amplissima di questioni, esso è indicativo del ruolo chiave dell’Esecutivo nella gestione delle politiche antiterrorismo. Si pensi, recentemente, al citato d.l. 113/2018, che, nel riformare la disciplina della cittadinanza, affida ad una decisione del Ministro dell’interno la privazione di quest’ultima per coloro che siano stati condannati per terrorismo. Ancor più di recente, rileva il d.l. 21 settembre 2019, n. 105, conv. in l. 18 novembre 2019, n. 133, G.U. 21.09.2019, n. 222), che fonda il c.d. golden power, in materia di sicurezza nazionale, del Presidente del Consiglio. Trattasi del potere, in capo a quest’ultimo, di disporre la disattivazione temporanea di sistemi o apparati informatici, qualora questi rappresentino un fattore di rischio per la sicurezza nazionale.

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In alternativa, soprattutto nei Paesi di common law, vengono utilizzati meccanismi quali la sunset clause, che può accordare ampi poteri all’Esecutivo, seppur temporaneamente152.

D’altra parte, occorre non dimenticare che gli Esecutivi di tutti gli ordinamenti democratici nel combattere il terrorismo internazionale dispongono, dal punto di vista operativo, della possibilità di far conto sull’attività dei servizi segreti153. Tale strumento, di importanza cruciale rispetto alla lotta al terrorismo, non di rado apre la via a pericolosi abusi, sia perché ai servizi di intelligence vengono concessi poteri sempre più intrusivi, potenziati dai nuovi sviluppi tecnologici che permettono loro di fare uso di una strumentazione raffinata, sia in quanto la relativa attività e i materiali che ne emergono risultano spesso coperti da segreto di Stato, invocato strumentalmente154 dall’Esecutivo per poter sottrarre ai controlli giurisdizionali le operazioni eseguite.

Alla luce di questo quadro emerge uno sbilanciamento nell’ambito della triade classica dei poteri dello Stato, a favore dell’Esecutivo, che tende a sottrarsi, da un lato, al controllo delle assemblee legislative, dall’altro a quello degli organi giurisdizionali155.

152 Restando ferma, come si è già visto in più punti del presente lavoro e come si andrà ad approfondire nel prosieguo, la possibilità di rinnovo, anzi ormai consolidata nella prassi. 153 Restando fermi sul contesto italiano, come noto questi sono regolati dalla l. 3 agosto 2007, n. 124, in G.U. 13-08-2007, n. 187, poi modificata dalla l. 7 agosto 2012, n. 133, in G.U. 10 -08-012, n. 186. La legge del 2007 costituisce una riforma integrale rispetto alla precedente normativa, rappresentata dalla l. 24 ottobre 1977, n. 801, in G.U. 7-11-1977, n. 303. Per un quadro completo su tutti i profili della riforma del 2007, si rinvia a C.MOSCA,S. GAMBACURTA,G.SCANDONE,M.VALENTINI (a cura di),Iservizi di informazione e il segreto di Stato, Giuffrè, Milano, 2008;G.ILLUMINATI (a cura di), Nuovi profili del segreto di Stato

e dell’attività di intelligence, Giappichelli, Torino, 2010.

154 V. infra, Cap. II del presente lavoro.

155 Includendo tra di essi anche le corti supreme e costituzionali. Si pensi all’ordinamento italiano, nel quale la Corte costituzionale è l’unico “giudice” del segreto di Stato, in sede di eventuale conflitto di attribuzioni circa la sua apposizione e opposizione tra la magistratura e il Presidente del Consiglio dei ministri. Ebbene, la Consulta ha, in questo ambito, mostrato una giurisprudenza assai deferente, nel caso Abu Omar che sarà trattato nel Capitolo successivo. Conviene, tuttavia, anticipare sin d’ora un cenno relativo al ruolo prettamente “notarile” che la Corte costituzionale si è riservata nel giudicare una serie di conflitti di attribuzioni fra il Presidente del Consiglio e la Magistratura relativo all’opposizione del segreto di Stato nell’ambito di un procedimento penale che vedeva imputati alcuni agenti dei servizi segreti italiani e della CIA per la cooperazione in un’operazione di extraordinary

rendition ai danni dell’imam egiziano Abu Omar. La Corte si è riservata un ruolo di mera

verifica procedurale circa gli atti di apposizione e apposizione del sigillo di segretezza, concretandosi la sua decisione in un sostanziale rifiuto di giudicare nel merito. Si rinvia, a tal

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Come e perché questo sbilanciamento venga attuato, sarà oggetto del successivo Capitolo di questo lavoro, che si occuperà di esaminare singoli casi e Paesi che presentano caratteristiche di interesse. Appare opportuno fin d’ora rilevare, alla luce della finalità di ricognizione di taluni trends in materia di antiterrorismo, come le tendenze sopra sinteticamente descritte stiamo incidendo in maniera importante sul concetto tradizionale di separazione dei poteri156, base fondante del costituzionalismo moderno e contemporaneo. Seppure è opinione concorde157 che

proposito, ad A. VEDASCHI, Il segreto di Stato resta senza giudice, in Giurisprudenza costituzionale, 1/2014, 394-403.

156 Non si può, in questa sede, presentare una trattazione completa circa il concetto di separazione dei poteri, tuttavia si ritiene necessario ripercorrere brevemente le teorizzazioni e le posizioni dottrinali sul tema. Traendo le sue origini dall’idea aristotelica – invero già elaborata da Platone – di “governo misto”, e sviluppatosi successivamente nella distinzione bractoniana tra gubernaculum e jurisdictio, il concetto di separazione dei poteri in tempo moderno può essere fatto risalire alle teorie di Locke, il quale, però, non riscontrava un ruolo autonomo del giudiziario. V. J.LOCKE,Due trattati sul governo, 1698, trad. it. a cura di R.

Filmer, L. Pareyson, Torino, Unione Tipografico Editrice Torinese, 1984. Diversamente, Montesquieu teorizzerà la possibilità di concepire il giudiziario come un potere separato e distinto, nell’ambito di una separazione tra poteri che è più “bilanciamento” che “gerarchia” (come invece sostenuto da Locke). C. DE MONTESQUIEU, L’esprit des lois, 1748, Paris, Firmin-Didot, 1851. Le teorie di Locke e Montesquieu vengono poi rielaborate agli albori della Costituzione statunitense del 1787. V., sul punto, J.MADISON,The Federalist, No. 47,

1788 303, secondo una concezione di equilibrio dinamico di poteri. Il ruolo “principe” del Legislativo si riscontra nell’elaborazione di Rousseau, che fonda una visione “democratica” della separazione dei poteri. V.J.J.ROUSSEAU,Il contratto sociale, 1762, 10ma ed. a cura di

A. Burgio et al., Milano, Feltrinelli, 2017. V. anche, successivamente, B.CONSTANT,Principi di politica, 1815, a cura di U. Cerroni, Roma, Editori Riuniti, 2010. Secondo la filosofia

hegeliana, lo Stato deve essere riportato ad un’entità unitaria, senza una categorica separazione dei poteri. G.W.F.HEGEL,Lineamenti di filosofia del diritto, 1820, a cura di E.

Gans, Roma, Laterza, 1979. Per un approfondimento della separazione dei poteri da un punto di vista teorico e diacronico, v.G.SILVESTRI, Poteri dello Stato (divisione dei), in XXXIV

Enciclopedia del diritto, Giuffrè, Milano, Giuffrè, 1985. Nel XX secolo, i principali studi in

materia di separazione dei poteri si devono a Giovanni Bognetti. G.BOGNETTI,La divisione dei poteri. Saggio di diritto comparato, Milano, Giuffrè, 2a ed., 2001. Secondo l’A., il momento saliente in cui la concezione di separazione – ma Bognetti ritiene più corretto parlare di divisione – cambia è con il passaggio dallo Stato liberale allo Stato democratico. In concomitanza con questo momento di transizione, infatti, si passa dalla centralità del potere Legislativo alla centralità del potere Esecutivo, in ragione della necessità, per lo Stato, di intervenire attivamente in diversi ambiti della vita umana.

157 A partire da A.V.DICEY,Introduction to the Study of the Law of the Constitution, 1885, London, McMillan, 1939. La prevalenza dell’Esecutivo in condizioni di crisi può essere rapportata a varie ragioni. In primo luogo, la tempistica, poiché per la gestione delle emergenze sono necessarie procedure snelle che spesso l’organo legislativo non può garantire. In secondo luogo, la spiegazione di tale ruolo di supremazia si basa sulla natura “tecnica” delle misure da adottare. In terzo luogo, il ruolo di difesa della sicurezza dei

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l’Esecutivo, per sua stessa natura, rappresenti, nell’ambito dei poteri statali, il più adatto a fare fronte a situazioni di crisi e di pericolo, in tempi recenti si osserva una significativa torsione dei rapporti fra esso e gli altri poteri.

cittadini viene comunemente considerato come in capo all’Esecutivo. V. N.DORSEN,M. ROSENFELD,A.SAJÓ,S.BAER, Comparative Constitutionalism, St. Paul, Reuters, 2010, 318.

51 CAPITOLO II

LEMISUREDICONTRASTOALTERRORISMOINTERNAZIONALE:

LEDINAMICHEDEIPOTERI

SOMMARIO: 1. Introduzione. – 2. Misure antiterrorismo tra Legislativo ed Esecutivo. – 2.1. Misure antiterrorismo ed emergenza. La dinamica Legislativo- Esecutivo nel caso britannico e in quello francese. – 2.2. Legislazione antiterrorismo e drafting: l’utilizzo delle sunset clauses e di tecniche equivalenti. – 2.2.1. I Paesi di common law. 2.2.2. Sunset clause e civil law? – 2.3. Legislazione antiterrorismo e iter legis: fra civil law e common law. – 2.3.1. La Francia e la procedure accélérée. 2.3.2. Il Regno Unito e la fast-track procedure. – 2.3.3. L’uso degli atti aventi forza di legge e della potestà normativa dell’Esecutivo nell’ordinamento italiano. – 3. Misure antiterrorismo tra Esecutivo e Giudiziario. – 3.1. L’uso strumentale del segreto di Stato e il self-restraint delle corti: il segreto come political question? – 3.2. L’utilizzo di prove segrete e la “amministrativizzazione” dei procedimenti in materia di terrorismo.

1. Introduzione

Il presente Capitolo si propone di prendere in esame, da una prospettiva comparata, l’impatto delle misure antiterrorismo sul concreto atteggiarsi dei rapporti fra poteri dello Stato e, dunque, sulla forma di governo1 nonché, più in generale, sulla struttura

1 Per una trattazione istituzionale, G. AMATO, Forme di Stato e forme di governo, Bologna, il Mulino, 2006. V., anche, C.MORTATI,Le forme di governo, Padova, Cedam,

1973, a cui va attribuita la caratterizzazione del legame tra forme di Stato e forme di governo. Sulla stessa linea di pensiero, e con una chiave di lettura che postula il concetto di forma di governo come includente non solo gli organi costituzionali, ma anche i criteri di disciplina dello Stato-comunità, vedasi G. DE VERGOTTINI, Régimes politiques, in M. TROPER, D. CHAGNOLLAUD (dir.), Traité International de droit constitutionnel. Distribution des

puovoirs, t. 2, Paris, Dalloz, 2012, 113 ss. Nell’ambito della dottrina italiana, si occupato è

del tema della correlazione tra terrorismo e forma di governo P.CARNEVALE,Emergenza bellica, antiterrorismo e forma di governo: qualche considerazione sulla disattuazione dell’art. 78 della Costituzione, in T.GROPPI (a cura di), Democrazia e terrorismo, Napoli, Editoriale Scientifica, 2006, 99 ss. Il focus di questo Capitolo vuole essere, tuttavia, di più

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istituzionale, in ultima analisi influenzando gli equilibri fra i poteri stessi. La trattazione porterà alla dimostrazione di uno sbilanciamento a favore dell’Esecutivo secondo schemi che presentano elementi in comune, a prescindere dal contesto istituzionale e anche dalla famiglia giuridica di appartenenza dei singoli ordinamenti oggetto di studio.

Si è scelto di considerare taluni contesti selezionati ritenuti sintomatici di approcci specificamente dimostrativi della tesi appena anticipata. Nei paragrafi che seguiranno, laddove possibile, si compara un Paese di civil law e un Paese di common law, mettendo in luce alcuni tratti comuni che prescindono dalle pur rilevantissime differenze di sistema2 dovute alla diversa famiglia giuridica di appartenenza.

Allo scopo di far emergere più chiaramente la prevalenza del potere Esecutivo sia sul Legislativo sia sul Giudiziario, si è deciso di prendere in considerazione separatamente due dinamiche: prima verranno trattati i rapporti tra Legislativo ed Esecutivo, afferenti alle dinamiche della forma di governo in senso stretto, poi le relazioni tra Esecutivo e Giudiziario.

L’esame della dinamica Esecutivo-Giudiziario sarà funzionale ad introdurre il discorso che si presenterà nel Capitolo III della presente trattazione, dedicato all’impatto delle misure antiterrorismo su aspetti propri della forma di Stato. Infatti, si ritiene che il Giudiziario possa essere definito come il necessario trait d’union tra forma di governo e forma di Stato. Da un lato, esso, pur non rientrando certamente fra i poteri politicamente sensibili che rilevano ai fini dello studio della forma di governo, funziona pur sempre come “contropotere”3, caratterizzato per la sua indipendenza, atto a frenare eventuali “straripamenti” degli altri due poteri dello Stato, e in particolare dell’Esecutivo. Dall’altro lato, tuttavia, è innegabile il suo ruolo di garanzia dei diritti dell’individuo, tematica rientrante nell’ambito della forma di Stato, che riguarda il rapporto tra autorità e libertà4.

ampio respiro, tentando di rilevare come e se, a livello comparato, si possa parlare di un livellamento delle forme di governo e di un nuovo concetto di separazione dei poteri.

2 Per un’approfondita analisi dei caratteri fondanti di civil law e common law, G.F. FERRARI, «Civil law» e «common law»: aspetti pubblicistici, in P. CARROZZA, A. DI

GIOVINE,G.F.FERRARI (a cura di), Diritto costituzionale comparato, Roma-Bari, Laterza, 2019, 775 ss.

3 Cfr. A. PIZZORNO,Il potere dei giudici. Stato democratico e controllo della virtù, Roma- Bari, Laterza, 1998; E. SCODITTI, Il contropotere giudiziario – saggio di riforma costituzionale, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1999. Si veda, in senso critico alla

tradizione montesquieiana che non prevede un ruolo autonomo del giudiziario, M.BARBERIS,

Separazione dei poteri e teoria giusrealista dell’interpretazione, in P.COMANDUCCI,R. GUASTINI (a cura di), Analisi e diritto, Torino, Giappichelli, 2004, 1 ss., spec. 6.

4 P. BISCARETTI DI RUFFIA,Introduzione al diritto costituzionale comparato: le forme di

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