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Settimo capitolo: il quarto stasimo Introduzione

Dopo l’ultimo tentativo di consolazione del coro, Admeto sembra cambiare atteggiamento e pronuncia un discorso in maniera molto più controllata e razionale,come dimostra anche il suo utilizzo dei trimetri giambici (935-961). Rivolgendosi ai vecchi di Fere, connotati come φίλοι, Admeto dice di aver capito che la moglie aveva ottenuto un destino molto migliore del suo359. A lei ormai non

tocca più nessuna sofferenza360 e ha raggiunto la gloria con una morte eroica,

mentre lui sarà costretto a condurre una vita indegna di essere vissuta. Questa conclusione era stata anticipatamente raggiunta già dai coreuti361 e dalla serva362.

Quest’ultima si era anche accorta della mancata comprensione della situazione da parte di Admeto ed aveva preannunciato che si sarebbe pienamente reso conto della sua sventura solo dopo averla sperimentata direttamente363. È il topos del

πάθει μάθος, la vera comprensione che scaturisce solo dalla sofferenza. Admeto continua a ribadire la sua impossibilità di entrare nella casa (941- 950)364, alla quale

però aggiunge anche quella di reintegrarsi nella vita sociale della città. All’esterno lo ferirebbero i matrimoni dei suoi coetanei, che gli ricorderebbero la gioia di cui lui ed Alcesti erano stati privati, e la vista delle altre donne, che gli richiamerebbe

359 Sulla sorte dei morti preferibile a quella dei viventi, cfr. Simonide fr. 520: ἀνθρώπων ὀλίγον μὲν/ κάρτος, ἄπρακτοι δὲ μεληδόνες,/ αἰῶνι δ’ ἐν παύρωι πόνος ἀμφὶ πόνωι·/ ὁ δ’ ἄφυκτος ὁμῶς ἐπικρέμαται θάνατος·/κείνου γὰρ ἴσον λάχον μέρος οἵ τ’ ἀγαθοὶ/ὅστις τε κακός. Molto probabilmente si tratta del frammento di un threnos, tramandatoci da Plutarco (Consol. ad

Apoll. XI 107 b) in cui un padre viene consolato della morte del figlio con la motivazione che,

in una vita così piena di fatiche e dolori, chi moriva doveva essere considerato fortunato e non andava compianto.

360 Per il topos tragico della morte come liberazione dagli affanni, cfr. e.g. Aesch.: Pro. 752-754, fr. 255 Radt; Soph.: Trach. 1173, OC 955; Eur. Heracl. 595 ss, Hipp. 599-600, Supp. 86, Tro. 270, 606 ss, Or. 1522.

La Ciani (1979) identifica il θάνατος φάρμακον come un altro dei motivi consolatori più diffusi in tragedia.

361 Eur. Alc. 242-243: ἀπλακὼν ἀλόχου τῆσδ’ ἀβίωτον/ τὸν ἔπειτα χρόνον βιοτεύσει.

362 Eur. Alc. 196-198, quando la serva specifica cosa Admeto arriverà a capire: τοιαῦτ’ ἐν οἴκοις ἐστὶν Ἀδμήτου κακά./ καὶ κατθανών τἂν ὤιχετ’, ἐκφυγὼν δ’ ἔχει/τοσοῦτον ἄλγος, οὔποθ’ οὗ λελήσεται;

363 Eur. Alc. 145: οὔπω τόδ’ οἶδε δεσπότης, πρὶν ἂν πάθῃ. Paduano (1968), 97, non pensa ci sia polemica nelle parole dell’ancella: queste andrebbero lette solamente come testimonianza dell’insostituibile azione del dolore per la comprensione delle vicende umane.

364 I motivi addotti per giustificare la difficoltà dell’ingresso del palazzo sono gli stessi che erano stati indicati nel kommos, ma sviluppati più ampiamente. Il peso dell’assenza di Alcesti è reso dalla descrizione della desolazione del palazzo reale.

alla mente l’immagine della moglie (950- 953). In aggiunta, il re di Fere dice di temere le facili accuse di cui potrebbe essere bersaglio da parte dei nemici, che lo taccerebbero di viltà per aver lasciato che Alcesti morisse al suo posto (954- 959)365. La vita quindi non sarebbe più degna di essere vissuta non solo a causa

della cattiva sorte, ma anche della cattiva fama (959-961)366.

Questo discorso di Admeto viene interpretato in maniere totalmente opposte: alcuni lo considerano una testimonianza del suo passaggio da sovrano egocentrico e attento alle convenzioni sociali a marito umile e sinceramente addolorato per la morte della moglie367. Non penso però che ci sia da ricercare un mutamento così

radicale: anche prima del funerale il suo cordoglio era sincero368, così come la

concentrazione su se stesso e sull’approvazione sociale permane dopo le esequie369.

Il punto cruciale della sua comprensione non consiste nel pentimento per aver permesso che Alcesti morisse, ma nella presa di consapevolezza che la sua non sarà vita, e che il destino migliore è toccato ad Alcesti370.

Altri invece si servono della preoccupazione mostrata da Admeto per la propria immagine sociale per avvalorare la bassezza del personaggio371.

Anche questa estremizzazione è scorretta: Paduano nota giustamente che bisogna tenere a mente la dimensione prettamente sociale dell’etica greca e che prima di socratismo e cristianesimo non vi era la concezione di una spinta verso il bene che

365 Le accuse immaginate da Admeto sono le stesse che gli erano state rivolte dal padre nel corso del loro animato dialogo: è quindi probabile che questo scontro sia servito a far riflettere il re su come il suo comportamento potesse essere percepito dal di fuori.

366 Eur. Alc. 959-961: τοιάνδε πρὸς κακοῖσι κληδόνα/ ἕξω. τί μοι ζῆν δῆτα κέρδιον, φίλοι,/κακῶς κλύοντι καὶ κακῶς πεπραγότι;

367 Cfr. e.g Golden (1970-1971), 123; Blaiklock (1952), 15 ss. Anche secondo Wilamowitz (1906), 96, e Grube (19612), 142 sarebbe avvenuto un cambiamento in Admeto, ma già a partire dal momento in cui egli rientra in scena dopo il funerale, quando il suo dolore apparirà notevolmente più sincero rispetto a come era apparso nella scena della morte di Alcesti. Sul cambiamento emotivo di Admeto dopo la morte di Alcesti cfr. anche Conacher (1967), 336. 368 Della stessa opinione ad esempio è Lloyd (1985) 126.

369 Nel discorso ai versi 935 ss Admeto si preoccupa della solitudine che soffrirà nella casa e della fama di vigliacco che acquisterà fra i Tessali. Browne (1943), 164, sottolinea che il cambiamento di Admeto non è radicale perché egli continua a compiangere la propria sorte e ad aspirare alla gloria, tanto che ora quasi invidia la moglie che ne ha acquistata in abbondanza morendo eroicamente.

370 Paduano (1968), 98, nota che non vi è contrapposizione fra un Admeto egoista e uno pentito, ma più che altro fra una figura grezza ed imbarazzante e una che si riscatta acquisendo uno

status più adatto ad un eroe tragico.

371 Von Fritz (1962), pensa che il dolore di Admeto non sia mai sincero ma sia sempre riconducibile a motivi meschini come questo; vd. anche Von Lennep (1949), 138, soprattutto a commento del verso 954.

fosse motivata da un impulso interno, e non esterno372. Per far capire quanto la

ricerca di approvazione sociale e il timore della sua perdita non fossero percepiti come negativi, Paduano apporta due esempi significativi: nel nono libro dell’Iliade, nel corso di una sorta di pedagogia dell’ἀρετή, l’obiettivo del comportarsi in maniera onorevole è individuato nell’ammirazione da parte di giovani e vecchi373. ll

secondo esempio è preso dall’Eracle di Euripide: quando l’eroe ritorna in sé dopo la pazzia, non viene colto dal rimorso per le sue azioni, ma dalla paura della cattiva fama che queste gli avrebbero portato374. Eracle non era responsabile dei suoi atti in

quanto condizionato dalla divinità, ma è comunque preoccupato del fatto che la sua reputazione potesse risentirne.

Concludendo, quindi, a mio avviso il discorso di Admeto non rappresenta altro che la piena presa di consapevolezza della sua condizione, senza il bisogno di imporgli una sfumatura etica in un senso o nell’altro. Dopo che il re ha messo a punto un quadro preciso della sua situazione, il coro canta il quarto e ultimo stasimo, strutturato come un vero e proprio inno in onore di Ἀνάγκη375.

Analisi testuale (962- 1007)