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Antonello De Oto

SOMMARIO: 1. Premessa. 2. Le politiche multiculturali e l’avanzare della

“liquid fear” nell’era dei fondamentalismi religiosi. Integrazione, mera inte- razione o rifiuto della diversità confessionale oggi in Italia? 3. Il diritto anti- discriminatorio: una rete di protezione europea non pienamente ancorata nel tessuto sociale italiano. 4. Libertà religiosa e identità. Prospettive e linee di ragionamento per il Diritto Ecclesiastico.

1. Premessa

Trattare, in questo preciso momento storico, in maniera interconnes- sa di temi come la libertà religiosa, la convivenza e i comportamenti discriminatori dei singoli e dei gruppi, porta necessariamente a discute- re, tra le varie declinazioni possibili nel campo socio-giuridico, in ma- niera prioritaria e ineludibile della progressiva trasformazione della no- stra società. Sono proprio questi imponenti fenomeni migratori in atto che, pur innestandosi nel forzoso e in parte già avvenuto sviluppo in senso multiculturale del Paese, ci conducono a preoccupati interrogativi che coinvolgono l’identità e le reazioni di tutti: migranti che cercano un “nuovo mondo” e cittadini che accolgono in quello che de facto è un “vecchio mondo”1.

In gioco, su questo e su altri fronti, che involvono i tre sovracitati ingredienti dell’equazione dell’accoglienza dell’altro nella sua diversi- tà, ci sono valori come la tolleranza e la solidarietà, l’identità e la sicu- rezza e scelte di sistema che riguardano gli assetti organizzativi di uno Stato democratico, il contenuto socio-normativo che si vuol fornire alla

1 Da ultimo, sul tema, cfr. V.C

nozione di cittadinanza2 (con fatica fa la sua comparsa in Italia il tanto

evocato ius soli a modifica della obsoleta legge n. 91 del 1992) e, più in generale, la scelta del modello di sviluppo sociale che ci si vuole dare ovvero quali politiche del riconoscimento dell’alterità applicare nel quotidiano3. Così, per effetto di questo coacervo di avvenimenti, gli stu-

diosi di diritto ecclesiastico e dei diritti confessionali si trovano di fron- te ad un quadro socio-demografico molto cambiato ed in continua evo- luzione anche per effetto del ruolo imperante della “…democrazia tota- litaria della comunicazione…”4.

L’avvento di una nuova societas, multietnica, multireligiosa e mul- tietica ci pone dunque di fronte a mutate richieste e rende il quadro giu- ridico di riferimento e il sistema di fonti, che fino ad oggi ci hanno gui- dato, strumenti non completamente in sintonia con queste domande che salgono dal Paese5. Richieste che sono null’altro che il portato ultimo di

un modo di agire e di pensare in progress, non solo per l’ingresso di nuove identità confessionali, ma anche in seguito allo sgretolamento progressivo di consolidate identità culturali sotto i colpi di una moder- nità che per lungo tempo ha derubricato la fede a credulità6 e che ora

vede un’imprevista revanche de dieu7 in diverse forme e con la crescita

esponenziale di nuovi movimenti religiosi o nuovi culti (nella loro for-

2 Sul punto sia consentito rimandare alle riflessioni già svolte in A.D

E OTO, La cit-

tadinanza nella prospettiva del diritto al reddito minimo garantito, in Rivista del Dirit- to della sicurezza sociale, n. 1/2014, 63 ss.

3 Cfr. A. C

OLOMBO, Figli, lavoro, vita quotidiana. Stranieri in Italia, Bologna,

2013.

4 Così G.B

ONI,A.ZANOTTI, La Chiesa tra nuovo paganesimo e oblio. Un ritorno

alle origini per il diritto canonico del terzo millennio?, Torino, 2012, in particolare

capitolo III.

5 Cfr. F.M

ARGIOTTA BROGLIO,La politica religiosa della Repubblica italiana. Ele-

menti e riflessioni, in Quaderni di diritto e politica ecclesiastica, n. 1/2014, 11-34 che

rileva come a fronte di un mutamento sostanziale del panorama religioso italiano gli strumenti normativi e l’approccio politico alle questioni che attengono il fattore religio- so in Italia sono rimasti pressoché invariati.

6 Il tema è sapientemente sviscerato con le sue molte implicazioni e sfaccettature,

nel libro di M.VENTURA, Creduli e credenti. Il declino di Stato e Chiesa come questio-

ne di fede, Torino, 2014.

7 Vedi J.K

ma più chiusa ed autoreferenziale definiti “sette”)8. Da una parte il ra-

dicalizzarsi di una religiosità divenuta sperimentazione di carattere spi- rituale che richiede un suo riconoscimento pubblico9, dall’altra quella

stessa conoscenza religiosa che diviene sempre meno confessionale e sempre più esperienza “componibile” nel mondo occidentale. Per dirla in questo senso, con Jacques Attali, sembra concreta la deriva sincreti- ca: “…verso un individualismo che condurrà progressivamente a ciò che chiameremo la «religione Lego», o la «religione dell’ego», in cui ognuno prenderà qualcosa dal Cristianesimo, dall’Islam, dal Buddhi- smo, e questo gli permetterà di costruirsi un suo credo personalissi- mo”10.

2. Le politiche multiculturali e l’avanzare della “liquid fear” nell’era dei fondamentalismi religiosi. Integrazione, mera interazione o rifiuto della diversità confessionale oggi in Italia?

In Italia oggi volendo tracciare un primissimo bilancio in tema di esperienze di convivenza e comportamenti discriminatori, sono mappa- bili, dopo la fine dell’omogeneità etnico-confessionale “…una larga gamma di condotte sociali della cittadinanza verso gli undocumented da ricomprendere in una variegata ‘forchetta comportamentale’…”11. Ab-

8 Per una definizione efficace di “Setta” vedi A.F

ASOL, Le Sette svelate, Rimini,

2008, 47. Sulla definizione e natura di nuovo movimento religioso, da ultimo v. A. MOLLE, I nuovi movimenti religiosi, Bari, 2009.

9 Sul ruolo pubblico delle religioni molto è stato scritto, particolarmente condivisi-

bili le riflessioni sul tema formulate da N.COLAIANNI, Chiese e politica: il rispetto

della laicità, in Questione Giustizia, n. 2/2006, 270-282. Al di fuori dell’hortus conclusus delle nostre materie e in merito alla richiesta di aver riconosciuto il diritto di

partecipare all’edificazione della cultura pubblica da parte delle confessioni religiose vedi F. VIOLA, Il ruolo pubblico della religione nella società multiculturale, in C.VI- GNA,S.ZAMAGNI (a cura di), Multiculturalismo e identità, Milano, 2002, 107-138.

10 J.A

TTALI, La nuova religione sarà come il “lego”, in Corriere della sera, 28

marzo 2011, 35.

11 Vedi A.D

E OTO, L’identità religiosa e le pratiche di culto dei migranti nell’ordi-

namento giuridico italiano, in ID. (a cura di), Simboli e pratiche religiose nell’Italia

biamo assistito in questi anni a riprovevoli episodi di esclusione dell’al- tro perché religiosamente o etnicamente diverso perfino in contesti che dovrebbero essere ludici o quantomeno aggreganti in positivo come il mondo dello sport, quando non di dichiarato razzismo12. Situazioni di

scontro sociale che hanno portato cittadini italiani anche a macchiarsi di reati penali a sfondo razziale, accadimenti seriamente discriminatori che violano l’art. 3 della legge 13.10.1975, n. 654 (ratifica della Con- venzione Internazionale di New York per la eliminazione delle forme di discriminazione razziale) e le prescrizioni normative contenute nella 205 del 1993 (c.d. Legge Mancino), vero nucleo della tutela penale in Italia contro le discriminazioni per motivi religiosi – non vi è infatti un articolo del Codice Penale ad hoc13 – procedimenti di cui anche i nostri

tribunali cominciano ad essere investiti in maniera copiosa14.

12 Proprio di questi giorni la notizia che un giovane calciatore di colore e islamico,

il senegalese Diagnè Abacar, centrocampista del Team Altamura (Campionato di Eccel- lenza) è stato fatto oggetto per due partite di seguito di pesanti insulti razzisti (“negro di m.”, “scimmia”, ecc.) sanzionati dal giudice sportivo con la squalifica del campo degli avversari per “discriminazione etnica e religiosa”. Cfr. L.GUERRA, Razzismo, in Puglia

calciatore dilettante insultato dai tifosi: è la seconda partita di fila, in http://bari.repub

blica.it/cronaca/2015/12/24/news/razzismo…, 1, ult. visita: 30.12.2015.

13 Vi è sul punto da rilevare che nel 2008 anche la piccola e confinante Repubblica

di San Marino si è dotata con la legge n. 66 di un articolo dedicato (art. 179 bis) del Codice Penale volto a reprimere in maniera specifica: “Discriminazioni, odio, violenza per motivi razziali, etnici, nazionali, religiosi o legati all’orientamento sessuale”. Men- tre l’Italia, che già non si è dotata di un reato peculiare, ha preferito con il varo della legge n. 85 del 2006, ridurre a soli diciotto mesi e seimila euro di multa, la sanzione edittale originariamente prevista per punire le condotte discriminatorie. Sul punto vedi A.GIANFREDA, Diritto penale e religione tra modelli nazionali e giurisprudenza di

Strasburgo (Italia, Regno Unito e Francia), Milano, 2012, 69-70.

14 Cfr. Corte di Appello di Venezia, sez. III, sent. 02.06.2000 – est. Scarpari; Tribu-

nale di Treviso, sent. n. 492 del 06.06.2000 – est. Toppan; Corte di cass., sez. I, sent. 28.02.2001, n. 341 – rel. La Gioia; Tribunale di Verona, sent. 02.12.2004/24.02.2005, n. 2203 – est. Di Camillo; Cass. Pen., sent. n. 44295 del 05.12.2005; Corte di Cass., sez. V Penale, n. 8475/06, 10 marzo 2006, Pres. Calabrese; Corte di Cass., sez. V Pen., sent. n. 9381/2006, Corte di Cass. Sez. III Pen., sent. n. 11919/2006. L’ultimo sconcer- tante episodio di razzismo in ordine di tempo è avvenuto in un supermercato di Raven- na e non ha ancora visto concluso il suo iter processuale. La procura della città adriatica ha contestato all’imputato l’aggravante della discriminazione razziale visto che il signo- re in questione, un cinquantenne di nazionalità italiana, mentre era in fila alla cassa del

Particolarmente esemplificativo di queste condotte il caso che al- l’epoca suscitò scalpore (poi ripetutosi tristemente e con preoccupante frequenza negli anni successivi) affrontato dalla sentenza della Supre- ma Corte di Cassazione, III sez. Pen., sent. n. 37733, del 16.11.2006 chiamata a giudicare il comportamento di una barista italiana che si rifiutò di servire bevande nel proprio bar ad alcuni clienti perché citta- dini extracomunitari di etnia nordafricana e religione islamica15. Si è

poi assistito nel nostro Paese anche ad atteggiamenti di indifferenza sociale, di appartenenza senza credere e persino di ritorno di piccoli fondamentalismi religiosi16, fino ad arrivare a consolidate storie di ac-

coglienza ed integrazione (si pensi per tutti, alla grande esperienza di integrazione della casbah di Mazara del Vallo, potente esempio di col- laborazione sociale e recentemente anche di riqualificazione urbana)17

fino a registrare la presenza di alcuni attori della società civile italiana che si sono opposti attivamente alle politiche di esclusione degli immi- grati18. Non sono poi fortunatamente mancati richiami, pubblici e priva-

ti, a praticare la solidarietà come valore che appartiene nel profondo sia alla cultura cristiana che a quella laica.

supermercato, secondo numerosi testimoni era esploso, senza motivo, cominciando ad offendere un cittadino di origine centroafricana e suo figlio con parole di chiaro segno discriminatorio.

15 Cfr. V.V

ALIGNANI, Discriminazioni razziali (Nota a Corte di Cassazione, III sez.

Pen., sent. n. 37733, del 16.11.2006) in Studium Iuris, 2007/9, 1034-1035.

16 Sconcertante quanto accaduto di recente a Bologna dove un fornaio è stato ag-

gredito nel suo locale da un avventore che riteneva vilipendiosi per la religione cattolica i biscotti a forma di bara con una croce sopra creati e messi in vendita dal fornaio per festeggiare Halloween. Vedi Halloween, biscotti a forma di bara fanno infuriare un

57enne, in www.ilrestodelcarlino.it/bologna/halloween…, 19 ottobre 2015, 1.

17 Cfr. Rinasce l’antica Casbah di Mazara del Vallo, in Giornale di Sicilia, ed. Tp,

29 giugno 2014. Sulla storia, natura e funzione della “Casbah” (dall’arabo qaaba che significa “cittadella, rocca”) vedi lo studio di F.RIZZO, La Casbah di Mazara. Dall’et-

nico all’esotico, in Dialoghi Mediterranei, n. 15 settembre 2015.

18 Si pensi alla condizione di alcune Ong attive nella fornitura di servizi medici agli

immigrati irregolari (ad es. Naga e Osf) o similmente, ad associazioni che si battono in giudizio contro misure discriminatorie come ‘Avvocati per Niente’. Cfr. M.AMBROSINI,

Networking, protesta, advocacy, aiuto. La società civile italiana e gli immigrati, in Mondi migranti, n. 3/2014, 201-222.

Comportamenti dunque strutturalmente in conflitto tra loro e che sembrano restituire l’immagine di un Paese combattuto, a volte quasi schizofrenico sul tema accoglienza e confronto con la diversità etnico- confessionale19 ma che è, suo malgrado, innegabilmente prima naturale

frontiera di chi cerca di entrare nel diciotto per cento del mondo ricco: l’Europa destinataria di una pressione potente del continente africano (aggredito a sua volta da fame, pandemie e guerre locali e di religione) e di parte del Medio Oriente, potentemente infiammato dal conflitto siriano e dal processo di dissoluzione di Stati nazionali come Libia e Iraq sotto i colpi del nascente (e sedicente) Stato islamico20 (I.S.I.S. –

Islamic State of Iraq and Syria)21.

Siamo in presenza quindi di condotte sociali, quelle discriminatorie, verificatesi in Italia contro obiettivi ben identificati, ovvero soprattutto nei riguardi e in contrapposizione di persone di colore e/o di fede mus- sulmana presenti nel Paese: un binomio verso cui, di recente, si è in massima parte canalizzato l’odio sociale nella penisola. Questa chiara direzione dell’odio confessionale verso una religione considerata “cat- tiva” e verso cui si chiede protezione da parte dello Stato22 è anche ali-

mentata dall’opera nefasta del terrorismo internazionale fondamentali- sta di matrice islamica23 e dagli umori anti-occidentali e anti-cristiani

19 Cfr. C.C

ARDIA, Immigrazione e multiculturalità, in F.D’AGOSTINO (a cura di),

Valori giuridici fondamentali, Roma, 2010, 101, che rileva e sottolinea, in maniera

condivisibile, le oscillazioni politiche e legislative in materia di immigrazione che han- no caratterizzato in questi ultimi anni il contesto italico: “…tendenze francamente lassi- ste, per mancanza di consapevolezza dei problemi che l’immigrazione comporta, o eccessivamente restrittive che hanno sfruttato insofferenze dell’opinione pubblica su questioni delicate che investono la vita quotidiana e gli elementari rapporti tra cittadini e stranieri”.

20 Cfr. A.B. A

TWAN, Islamic State: the digital caliphate, Oakland, 2015 nonché

M. MOLINARI, Il califfato del terrore: perché lo Stato islamico minaccia l’Occidente,

Milano, 2015.

21 Cfr. B.B

ALLARDINI, ISIS: il marketing dell’Apocalisse, Milano, 2015.

22 Vedi, sul punto, le condivisibili riflessioni di M.V

ENTURA, Grillo parlante o Pi-

nocchio? Come sta nascendo il diritto ecclesiastico dell’Italia multiculturale, in

A. FUCCILLO (a cura di), Multireligiosità e reazione giuridica, Torino, 2008, 184.

23 Vedi sul punto A.S

PATARO, Il fondamentalismo islamico: dalle origini a Bin La-

den, Roma, 2001 nonché E.PACE, Il regime della verità, Bologna, 1998 (parte III – Il

che pervadono molti territori storici della Ummah, con punte di vero e proprio martirio delle enclaves cristiane. Tutto ciò non aiuta la com- prensione e l’interazione tra mondi già strutturalmente molto diversi, così come non sembra rendere un buon servizio al dialogo interreligio- so una visione giornalistica riduttiva e rozza di un Islam rispetto al qua- le pregiudizi e luoghi comuni pesano, religione considerata non come un mondo composito come invece di fatto è, ma piuttosto un modello unico, immutabile e votato al male24.

In questo quadro allarmante e allarmato, dove politica e religione guardano i migranti da punti di osservazione diversi, l’identità religiosa e il suo pieno e libero esercizio giocano sicuramente un ruolo fonda- mentale. La deriva “assimilazionista all’italiana”, che viaggia nel Paese di pari passo con un multiculturalismo in larga parte disordinato, avan- za implacabilmente, come testimoniano il florilegio di norme di detta- glio approvate soprattutto nelle Regioni, nelle Province e nei Comuni del Nord della penisola25. Norme spesso volte a scavare una frattura tra

i migranti e la popolazione residente, proponendo un modello chiuso e autosufficiente, basato sulla paura dell’altro e nel convincimento che imponendo a chi arriva di adeguarsi in toto ai valori tradizionali si pos- sa annullare l’identità di provenienza della persona e avere così meno problemi sociali nell’immediato, imponendogli di vivere di fianco al sistema senza essere o pretendere di essere se stessi26. Per dirla con

Bauman, in queste comunità “…la voglia d’identità nasce dal desiderio

24 Vedi D.D

E MASI, Mappa mundi. Modelli di vita per una società senza orienta-

mento, Milano, 2014, che rileva come: “…il modello musulmano si connota per una

dura compattezza e, al tempo stesso, per una frammentarietà dispersiva e contradditto- ria”.

25 Vedi sul punto P.C

ONSORTI, Nuovi razzismi e diritto interculturale. Dei principi

generali e dei regolamenti condominiali nella società multicuturale, in www.statoechie

se.it, ottobre 2009, par. 5 g), 23 ss. Per il testo di molti di questi provvedimenti emanati dagli enti locali soprattutto nel Nord-est del Paese, sia consentito rimandare a A.DE

OTO (a cura di), Simboli e pratiche religiose nell’Italia “multiculturale”. Quale ricono-

scimento per i migranti?, Roma, 2010, Documentazione, 135 ss.

26 Per approfondire i fondamenti socio-filosofici alla base della complessa relazione

tra cultura, società e nuovi razzismi cfr. P.CONSORTI, Conflitti, mediazione e diritto

di sicurezza…”27. E nel contempo non si può non considerare come il

nodo della convivenza sia la vita in sé. La vita di tutti. Il problema del riconoscimento politico di queste esistenze migranti e la tutela stessa e primaria della “nuda vita” di coloro che arrivano da una parte, nonché dall’altra, le paure di essere colonizzati e sopraffatti, in definitiva il di- sagio di vivere in una comunità lentamente trasformata da culture altre e in cui non ci si riconosce più, odierno dilemma di chi c’era già.

Le comunità politiche esistono non solo e non tanto perché condivi- dono regole e limiti ma soprattutto perché vi sono persone legate a ter- ritori da una narrazione condivisa, da una cornice di senso. L’arrivo dei migranti che a tratti assume aspetti da esodo biblico, aiutato da una fase storica favorevole che è quella di una globalizzazione che aumenta l’in- ter-connessione, acuisce lo squilibrio demografico-culturale dei territori che ricevono. Ed infittisce paure e calibrate dimenticanze. Non è pro- babilmente solo un caso che l’Italia non abbia ancora ratificato la Con- venzione sulla protezione dei diritti di tutti i lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, “dimenticanza” che la sottrae al monitorag- gio del Comitato sui lavoratori migranti delle Nazioni Unite28.

E così, si ripropone il tema classico per gli ecclesiasticisti, ma diffi- cile da comprendere per chi non si occupa di rapporti tra Stato e Chiese, la quaestio della doppia lettura delle cose: quella dello Stato e quella delle confessioni religiose che, sul come muoversi in concreto nella spinosa materia del convivere, sono di recente entrati in diretta polemi- ca. Per dirla con le parole di Mauro Magatti: “…sul piano politico è sempre più evidente l’insufficienza dei nostri assetti istituzionali […] sul piano religioso, la Chiesa Cattolica è giustamente sollecitata a veri- ficare la propria capacità di praticare per prima l’ospitalità, sviluppando nel contempo le condizioni di un dialogo con l’Islam, rispetto al quale i termini della convivenza, in Europa e non solo, rimangono ancora in larga parte da chiarire…”29.

27 Cfr. Z.B

AUMAN, Voglia di comunità, Bari-Roma, 2003, 31.

28 AA.VV., Comitato ONU sui lavoratori migranti, in Annuario dei diritti umani,

Padova, 2014, 139.

29 Cfr. M.M

AGATTI, Sull’immigrazione la dialettica possibile tra Chiesa e Gover-

Il terzo Presidente degli Stati Uniti Thomas Jefferson amava spesso ricordare come: “La religione è una benedizione se essa ridesta lo spiri- to civile; una “maledizione” se diventa un pretesto per la discrimina- zione”30. E oggi, nonostante tutte le difficoltà della fase, negare il ruolo

della religione nella costruzione intelligente e partecipata di una società civile, dopo la fine dei totalitarismi, sarebbe un errore storico da non ripetere.

E qui, proprio in questa partita, il diritto ecclesiastico italiano è stato nell’ultimo ventennio uno degli attori del complesso scenario, proteg- gendo, nutrendo e riproponendo quei principi fondamentali e supremi che a livello costituzionale e non hanno rappresentato la spina dorsale del vivere anzi, del convivere democratico e cercando, per quanto stori- camente possibile, di tradurre concretamente la novità della pluralità religiosa in pluralismo religioso. Certo, in questa fase, alcuni di questi strumenti normativi mostrano l’usura degli anni. In assenza di una leg- ge generale sulla libertà religiosa31 i quattro “capisaldi” del sistema di

relazioni tra Stato e Chiese in Italia ovvero il Concordato, le Intese, il relitto normativo della legge sui culti ammessi32 e, nostro malgrado,

l’ondivaga e spesso poco attenta – ma sempre più numericamente con- sistente – giurisprudenza in materia, fanno sembrare il diritto ecclesia- stico in ritardo sulla fase33, una materia quasi desiderosa di congelare se

stessa per evitare di ridiscutere in un senso o nell’altro quanto faticosa- mente raggiunto. Ma sarebbe inesatto e ingeneroso concludere in que- sto senso. Se qualcuno ha dato ordine in questi anni alla disperante frammentazione normativa che ha caratterizzato le complesse relazioni multilivello nell’ambito del settore law and religion è stata proprio que- sta comunità scientifica. Certo alcuni strumenti della discussione sul

30 Così come ricorda G.G

IORELLO, Laici e cattolici: lo spazio del dialogo, in Cor-

riere della sera, 5 maggio 2009.

31 Si vedano sul tema le riflessioni di G.C

ASUSCELLI, Il pluralismo in materia reli-

giosa nell’attuazione della Costituzione ad opera del legislatore repubblicano, in

S. DOMIANELLO (a cura di), Diritto e religione in Italia, Bologna, 2012, 35.