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La sfinge in associazione con Nemes

Una particolare versione della sfinge, tipicamente di età romana, è quella che figura come elemento associato o personificazione stessa della dea greca Nemesi, custode della giusta misura e castigatrice dell’hybris (fig. 49)96.

Il culto di Nemesi giunge in Egitto già nel II sec. a.C. e si caratterizza per l’iconografia ellenistica e la ruota in forma di attributo, che sottolinea il collegamento con il destino97, e qui avviene

l’associazione con Ptebe, divinità egizia sovrintendente alla condotta degli uomini e punitrice, il cui simbolo a partire dall’età romana è il grifone98. Quest’ultimo, che ha alle spalle un’antica tradizione

locale in cui, insieme alla sfinge, incarna la potenza regale e divina che punisce i nemici (cfr. cap. 1.1.1, fig. 3, e fig. 50)99, acquisisce a sua volta la ruota di Nemesi e in seguito a questa assimilazione

viene raffigurato con attributi femminili (seno e mammelle)100 e così viene reintrodotto nell’arte

greco-romana (fig. 51)101. Nemesi acquisisce importanza e amplia così il suo ruolo da quello

originario di castigatrice dell’hybris a vendicatrice dell’ingiustizia102, e giunge a Roma al più tardi

in età tardo-repubblicana quando è noto che Cesare, suo devoto, fa fondare un Nemeseion ad Alessandria in prossimità della tomba dell’hybristes Pompeo103. La figura di Nemesi vendicatrice

associata alla persona di Cesare figura inoltre sul rovescio dell’aureus del 42 a.C. di Vibius Varus, abbinata al sidus Iulium raffigurato sul dritto a indicare l’avvenuta vendetta contro i cesaricidi104.

96 Sui numerosi sincretismi tra Nemesi e altre divinità e sulla personificazione dell’hybris come figura umana posta al di sotto dei suoi piedi a partire dal tardo ellenismo cfr. RAUSA 1992; MASTROCINQUE 2007b, p. 221 e KARANASTASSI 2009. Un’attestazione della medesima iconografia della Nemesi castigatrice dell’hybris si ha anche in area veronese, dalla stipe votiva di San Giorgio di Valpolicella per la quale si rimanda a MASTROCINQUE 2003a. 97 Attributo anche della Fortuna, con la quale è documentato il sincretismo. Cfr. QUAEGEBUR 1983, p. 45; KARANASTASSI 1992, p. 750.

98 Sull’associazione tra Ptebe/grifone e Nemesi cfr. QUAEGEBUR 1983, pp. 45 e 54 e KAPER 2003, p. 119; sulla connessione tra Nemesi e il grifo cfr. KARANASTASSI 1992, p. 734.

99 Cfr. DEMISCH 1977, fig. 65 e QUAEGEBUR 1983, pp. 43-44.

100 Sull’acquisizione di attributi femminili in quanto personificazione della Nemesis stessa cfr. PETTAZZONI 1949, p. 255.

101 Cfr. QUAEGEBUR 1983, pp. 45 e 49, che segnala la trasformazione della ruota in scudo in alcuni rilievi; KAPER 2003, p. 119. È nota anche la raffigurazione di Nemesi affiancata dal proprio grifone, il quale tiene una zampa su di una testa di toro (cfr. KARANASTASSI 1992, n. 183) per la cui interpretazione come elemento malefico sconfitto dall’animale divino, simbolo della divinità, cfr. MASTROCINQUE 2003c, pp. 92-95. Cfr. cap. 2.4.5 (grifo e leone con testa di bovino).

102 Sull’ulteriore associazione tra Nemesi e Ptebe, il cui simbolo è il grifone, cfr. QUAEGEBUR 1983. 103 Appiano, Bell. Civ., 2, 90. Cfr. RAUSA 1992, p. 762 e MASTROCINQUE 2007b, p. 221.

Dall’inizio del II sec. d.C., infine, Nemesi diviene simbolo imperiale e viene associata all’imperatore o a membri della famiglia imperiale, acquisendo appellativi come “augusta”, “regina”, “dea regina” oltre a trovare numerose raffigurazioni negli edifici di spettacolo105. A tale

acquisita importanza a livello ufficiale corrisponde un’ampia diffusione probabilmente legata al vettore militare: dalla Grecia, dall’Asia Minore e dall’Egitto Nemesi giunge a ovest, soprattutto nelle province danubiane (Norico, Pannonia, Moesia, Dacia) e in misura minore anche in Africa del nord, Spagna, Germania, Britannia e vede sorgere importanti santuari a lei dedicati nelle aree vicine ai campi legionari106.

Il medesimo ruolo di vendicatori dell’ingiustizia, assunto storicamente in Egitto da grifone e sfinge come personificazioni del potere regale e di vendetta sui nemici, sembra sommarsi alla più recente associazione tra il grifone/attributo di Ptebe e la dea Nemesi e fa sì che anche la sfinge acquisisca un analogo carattere nemesiaco, con varie attestazioni a partire dal I sec. d.C. e in particolare nel II sec. d.C.

La rappresentazione della sfinge nemesiaca contempla sia la figura a una testa, presentata singolarmente oppure in coppia, sia tricefala, da sola oppure in abbinamento ad altri soggetti107.

Le attestazioni più numerose si registrano sul rovescio delle monete di emissione alessandrina, che si suppone siano riproduzioni di originali scultorei o dipinti: la maggior parte si attesta in età traianea e adrianea, ma si registrano anche monete raffiguranti Domiziano, Antonino Pio, Faustina Minore (fig. 52)108; sono note inoltre pitture funerarie in area alessandrina per le quali si rimanda al

cap. 3.3.

105 Sul ruolo di Nemesi in età romana, la sua connessione con la figura imperiale e la diffusione nell’iconografia connessa agli edifici di spettacolo cfr. HORNUM 1993; LEGROTTAGLIE 2008; PASTOR 2010; MCCLINTOCK 2015.

106 Sulla diffusione del tema nelle province danubiane attraverso il vettore militare e la provenienza orientale e soprattutto siriana delle truppe ivi stanziate, cfr. PASTOR 2010, p. 220; più in generale RAUSA 1992, pp. 762-763. Sulla diffusione del tema anche in Siria nel III sec. d.C. si veda LINANT DE BELLEFONDS 1992.

107 Cfr. DEMISCH 1977, pp. 113-115; LICHOCKA 2004, p. 52. Tra le attestazioni si veda anche una gemma gnostica, in cui figura raramente, con ruolo analogo al leone o grifone e con un cranio sotto la zampa che si ritiene indichi la sottomissione di un morto o uno spirito (cfr. MASTROCINQUE 2003b, p. 413) in analogia con il tema della sfinge divorante (cfr. cap. 1.1.1).

L’iconografia di base è greco-romana (corpo leonino seduto, ali, testa femminile, seno e mammelle) a cui si aggiunge la zampa sollevata al di sopra della ruota di Nemesi, analogamente al grifone stesso, e talvolta anche elementi egizi sul capo in forma di fiore di loto o kalathos; la distinzione rispetto alla sfinge egizia tradizionale, accovacciata, aptera, priva di attributi sessuali e con nemes sul capo è però netta. Sono inoltre evidenti i tratti femminili, tra cui la pettinatura con capelli arrotolati ai lati del viso e raccolti sulla nuca, con alcune ciocche attorcigliate che ricadono sulle spalle, e la presenza (limitatamente alle monete) di una collana più o meno elaborata109; le ali sono

generalmente grandi e con la punta incurvata in avanti110.

Difficile invece stabilire l’origine della sfinge nemesiaca a tre teste, che si ritiene possa essere connessa a Ecate Trivia, Cerbero oppure alla dea Hathor a quattro teste, di cui sarebbero rappresentate quella frontale e le due di profilo111: le attestazioni di tale motivo riguardano una

dracma di età adrianea e un rilievo funerario da Alessandria di II sec. d.C. (cfr. cap. 3.3). Al di fuori dell’Egitto si conosce solamente una variante del tema, costituito da una statua proveniente dal mercato antiquario e di origine microasiatica, databile sempre al medesimo periodo e caratterizzata da quattro teste (fig. 53)112.

Anche la sfinge con una testa e con ruota è rara fuori dall’ambito di origine e nei casi in cui compare, sebbene non abbia il copricapo, la collana e la coda di serpente, solitamente manifesta un certo influsso di provenienza egizia: sono noti una lucerna di I sec. d.C. da Corinto113, una base o

forse ara funeraria114 e il fianco di un sarcofago presso la chiesa di San Crisogono115, entrambi

provenienti da Roma e per i quali si rimanda al cap. 3.3.

109 LICHOCKA 2004, p. 53 individua anche file di perle poste in verticale, ma sembra siano da attribuire piuttosto al piumaggio dell’ala che sta sullo sfondo.

110 Si differenziano alcuni esemplari emessi sotto Antonino Pio, con ali ripiegate in obliquo verso il basso, cfr. LICHOCKA 2004, p. 54.

111 Per l’ipotesi cfr. LICHOCKA 2004, pp. 55-56. 112 DEMISCH 1977, p. 114 e fig. 325.

113 Cfr. KARANASTASSI 1992, p. 754, n. 214. 114 Cfr. DEMISCH 1997, p. 113, fig. 323. 115 Cfr. RAUSA 1992, p. 768, n. 299.

Talvolta l’associazione del grifone con la zampa sulla ruota compare anche nelle raffigurazioni di età romana di Toutou-Tithoes, divinità egizio-greca attestata a partire dal VII-VI sec. a.C. fino all’inizio del III sec. d.C.116, conosciuta come spirito custode contro i demoni malefici e legata al

controllo del fato. È nota la sua raffigurazione in forma di sfinge composita con copricapo egizio, coda a forma di testa di serpente, corpo leonino solitamente aptero da cui dall’età tolemaica spunta anche una testa di ariete e dall’età romana quella di altri animali (fig. 54)117.

Numerose emissioni monetali alessandrine, emesse da Traiano e Adriano, presentano sul rovescio non la sfinge nemesiaca già citata, bensì la figura di Toutou-Tithoes in forma di sfinge e con il grifone sulla schiena (fig. 55), a indicare il controllo sul destino e un certo sincretismo tra la sfinge- composita e quella connessa a Nemesi. Sembra inoltre che parte del successo di questa particolare raffigurazione in età romana sia dovuta proprio al suo collegamento con Nemesi e alla rinnovata importanza che la dea della vendetta riveste nel II sec. d.C., in una complessa commistione di attributi e funzioni118.

116 Sull’origine della divinità e le fonti che la attestano cfr. KAPER 2003, pp. 223-224; si veda anche DEMISCH 1977, pp. 35-36.

117 Cfr. KAPER 2003, pp. 206-207 sull’evoluzione delle varie caratteristiche. 118 Sulla diffusione del motivo nel II sec. d.C. cfr. KAPER 2003, pp. 186-187 e 206.