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La sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro: le ricerche dell’ISPESL

Nella storia di ogni essere umano, le disuguaglianze possono nascere precocemente; già nel grembo materno potrebbero verificarsi alterazioni che potrebbero avere ripercussioni in età adulta. Alla programmazione biologica si associa la programmazione sociale con l’influen-za di fattori ambientali, di vita e di lavoro. Nonostante l’ampia legislazione in tema di tute-la deltute-la salute, l’ambiente di tute-lavoro rimane comunque un luogo dove sono presenti condi-zioni di rischio documentate dall’insorgenza di malattie legate a esposizione prolungata nel-l’esercizio della mansione, dal verificarsi di infortuni, dalla comparsa di nuovi rischi. Il Ministero della Salute richiama l’attenzione della ricerca sulla “Medicina di Genere” e sulla salute delle donne e questo per quattro ragioni:

• le donne si ammalano di più degli uomini;

• le salute della donna è un vero e proprio paradigma del livello di civiltà, di democrazia e di sviluppo di un Paese;

• è necessario superare i ritardi della Ricerca sviluppando quella di genere;

• innovare la formazione dei medici sulla “medicina di genere”.

Già da un punto di vista biologico, per esempio, le donne hanno una aspettativa di vita più lunga degli uomini e si è notato che molti tipi di malattie hanno incidenza e decorso diverso nei due sessi (4).

Con l’entrata in vigore del D.Lgs. 81/2008 diventa un obbligo l’approccio al genere per tutti coloro che operano nella sicurezza e prevenzione nei luoghi di Lavoro con l’art.1 (finalità), l’art. 28 (Valutazione dei rischi) e l’art. 40 (Rapporti del Medico competente con il servizio sanitario Nazionale).

Nasce così la necessità di poter fornire agli attori del sistema degli strumenti che li aiutino ad applicare la normativa.

Il nostro gruppo all’interno dell’ISPESL è orientato da diversi anni a indagare con diverse linee di ricerche questi aspetti con l’obiettivo di promuovere iniziative di educazione alla salute della donna, con particolare riferimento ai fattori di rischio professionali, per diffon-dere le conoscenze nel settore specifico e di promuovere una maggiore sensibilizzazione sui problemi correlati.

Dall’attività del gruppo sono stati messi a punto e ultimati diversi progetti relativi alla tema-tica in oggetto.

1) Il progetto, cofinanziato dal Ministero del Lavoro dal titolo “Rischio Riproduttivo ed out-come della gravidanza nelle lavoratrici agricole” aveva lo scopo di sviluppare uno studio di prevalenza delle patologie riproduttive e di sviluppo in un campione di lavoratrici agri-cole e prevedeva il confronto con la popolazione generale; la valutazione del rischio ripro-duttivo e di sviluppo; l’identificazione delle cause legate all’ambiente di lavoro; l’indivi-duazione dei criteri di gestione del rischio attraverso le misure di controllo

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zione e della sorveglianza sanitaria. Non abbiamo potuto riscontrare patologie legate alla gravidanza, né alterazioni dell’andamento della gravidanza stessa né soprattutto casi di malformazioni o teratogenesi che potevano essere messe in relazione all’esposizione con sostanze di sicuro effetto tossico. La lettura dei questionari ha portato a fare delle rifles-sioni sull’importanza dei programmi di formazione da sviluppare e implementare tra i lavoratori riscontrando carenza di informazioni riguardanti le caratteristiche delle sostan-ze che le lavoratrici hanno utilizzato e/o utilizzano (5).

2) Il progetto cofinanziato dal Ministero della Salute dal titolo “Donna, Salute, Lavoro: nuovi orientamenti della ricerca” ha permesso di implementare un archivio storico di migliaia di casi di tumori infantili con l’analisi della professione dei genitori, dato normalmente man-cante nei registri ora esistenti; di condurre un’indagine retrospettiva (storico-longitudinale) di mortalità su una coorte di lavoratori che prestavano servizio presso l’Azienda Ospedaliera Senese focalizzando l’attenzione sull’influenza sul sesso femminile dei fattori di rischio spe-cifici; di valutare danni riproduttivi da esposizione professionale diretta e/o indiretta ad agen-ti chimici in ambiente ospedaliero; di studiare gli effetagen-ti dell’atagen-tività lavoraagen-tiva sull’omeosta-si del calcio e la messa a punto di un programma di formazione e informazione con la rea-lizzazione di un manuale informativo per la lavoratrice in ambiente agricolo.

3) “L’affaticamento psico-fisico come fattore di rischio per la salute delle lavoratrici ospe-daliere” condotto in collaborazione con l’Università di Firenze, ha esplorato il tema della fatica nell’ambito del lavoro sanitario femminile, valutandone il rilievo come fattore di rischio e proponendo alcune ipotesi di intervento ai medici del lavoro e più in generale agli attori della prevenzione.

4) Il progetto “Aspetti etici legati alla condizione della donna nei luoghi di lavoro”, realiz-zato con l’Università di Firenze, ha concretizrealiz-zato l’obiettivo di offrire un panorama dello stato dell’arte intorno al tema della condizione della donna nel mondo del lavoro. Sono stati indagati due campi: quello legislativo nazionale ed europeo e quello relativo al mate-riale divulgativo presente sui siti internet delle più importanti istituzioni che si occupano di lavoro e di lavoro femminile in particolare. Attraverso interviste realizzate con testi-moni privilegiati, è stato possibile constatare (a conferma di dati precedentemente rileva-ti) che, all’interno della normativa relativa al genere, è presente una concezione della donna come di un soggetto sostanzialmente debole e fragile, da tutelare con un sistema normativo che crei dei canali di accesso privilegiati al mondo del lavoro e della politica, un soggetto da aiutare mediante una “discriminazione positiva” come rimedio alle discri-minazioni passate. La tutela e l’aiuto di legge promuovono quindi un adeguamento al

“paradigma maschile” del lavoro. In altre parole il mondo del lavoro, storicamente e cul-turalmente “maschile”, viene assunto come una sorta di variabile indipendente rispetto alla quale misurare l’inserimento e l’adattamento delle donne. L’idea di fondo è che le donne possano essere “aggiunte” tout court al mondo del lavoro in nome di un condiviso sentimento di uguaglianza, di promozione di pari opportunità, di garanzia di accessi non discriminanti e che questa “aggiunta” non cambi in nulla il mondo del lavoro.

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5) Altro campo da noi ampiamente indagato, e sul quale sono ancora in corso ricerche che vedono la collaborazione di Unità Operative universitarie e non in ambito nazionale, è quello dei cosiddetti “Interferenti endocrini”, sostanze che hanno la capacità di mimare l’attività di alcuni ormoni interferendo così sull’equilibrio endocrino dell’organismo cau-sando danni anche irreversibili. Gli studi mirano a stabilire come le sostanze in esame (EDCs ) o l’ambiente di lavoro agiscono sull’uomo verificando la suscettibilità indivi-duale intesa come differenza di genere; questo ha permesso di stabilire sistemi database facilmente accessibili e aggiornati sui EDCs e realizzare studi epidemiologici su larga scala e materiali di informazione e formazione per gli addetti al settore (6,7,8). Ottenere informazioni su esposizione, modalità di azione, sviluppo di test e strategie di monito-raggio ci permetterà di definire una strategia europea per testare gli “interferenti endocri-ni”, per fornire strumenti ai legislatori e datori di lavoro e organizzare migliori program-mi di prevenzione. Inoltre, l’analisi delle tematiche dell’uguaglianza e della differenza permetterà di approfondire le problematiche legate alla progettualità di maternità/pater-nità e alla compatibilità tra lavoro e famiglia da una parte e, dall’altra, alla cultura del lavoro e ai valori di cui le donne sono portatrici con particolare riferimento agli aspetti di confronto con quelli maschili. Da queste esperienze scaturiranno informazioni utili sia agli attori del sistema della salute e sicurezza (datori di lavoro, medici del lavoro, respon-sabili della prevenzione ecc) sia ai contesti locali in cui si è svolta l’esperienza a cui si potranno proporre azioni avanzate di ricerca e di intervento.

6) “Donna e lavoro: il punto di vista delle istituzioni attraverso un’analisi quali-quantitati-va dei documenti presenti sul web” è un’indagine sul tema della condizione della donna nel mondo del lavoro; è stata condotta esplorando due elementi importanti che concorro-no a determinare la cultura sul feconcorro-nomeconcorro-no: l’insieme delle leggi a livello nazionale ed euro-peo e il materiale presente in internet sui siti dei principali enti e istituzioni. La massiccia entrata delle donne nel mondo del lavoro ha introdotto una serie di problematiche, di natu-ra tnatu-rasversale, che interessano non soltanto il singolo lavonatu-ratore/lavonatu-ratrice e il sistema organizzativo in cui si muovono. Tali problematiche, infatti, obbligano a una riformula-zione generale dell’insieme di valori - identitari, culturali e relazionali - dell’intera comu-nità. Sul materiale raccolto in internet è stata eseguita un’analisi quali-quantitativa attra-verso l’ausilio del software T-LAB, un applicativo che permette la comparazione e la map-patura dei contenuti presenti in documenti di vario tipo. Dall’analisi della normativa e dei documenti presenti in rete, emerge che l’unica differenza riconosciuta alla donna è quel-la, biologica, della maternità. La complessità psicologica, invece, sia fa del lavoro un luogo di investimenti affettivi, pulsionali ed emozionali sia per gli uomini che per le donne, e in modo diverso per gli uomini e per le donne, fatica ad affiorare e non riesce a tradursi in una cultura diversa del lavoro (9).

7) “Il Lavoro e la differenza di genere: uomini e donne a confronto in relazione ai rischi occu-pazionali”, in collaborazione con la Cattedra di Psicologia Generale (Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università degli

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Studi di Firenze), nasce dall’osservazione che l’ambiente di lavoro e il modo di lavorare sono costruiti secondo un modello culturale dominante che è prettamente maschile. Le donne sono portatrici di una cultura, di valori, di punti di vista diversi, ritenuti tuttavia subor-dinati ai modelli dominanti maschili, con cui spesso si sviluppano conflitti perché sentiti estranei e poco praticabili. Il fatto che il mondo del lavoro sia un mondo prevalentemente maschile dipende dal fatto che esso costituisce una parte rilevante della “sfera pubblica” e la sfera pubblica, nella modernità occidentale, è una sfera quasi esclusivamente maschile.

Alla sfera pubblica si contrappone la “sfera privata” considerata di pertinenza tipicamente femminile, avendo a che fare con la famiglia, la sessualità, la cura dei figli, con i lavori domestici e il “campo della gestione delle emozioni”. Il continuo aumento del numero delle donne lavoratrici ha ripercussioni sui rischi occupazionali che, nelle indagini epidemiologi-che più recenti, cominciano a manifestarsi diversamente. Le donne soffrono due volte di meno di infortuni sul lavoro ma due volte di più di malattie professionali. Lo stress, dovuto soprattutto ai ritmi accelerati del lavoro, alla necessità di contenere i costi, alla maggiore pre-carietà del lavoro si unisce alla fatica di “tenere a mente” il lavoro e la casa, intesa soprat-tutto come cura dei figli, compito per ora poco alleviato dal contributo maschile. Per questo il problema più frequentemente denunciato dalle donne che lavorano è attualmente lo stress:

in una ricerca del NIOSH (2001) circa il 60% delle lavoratrici intervistate citava lo stress come il problema numero uno sul lavoro. Inoltre i livelli di malattie correlate allo stress sono circa il doppio per le donne rispetto agli uomini. Molti fattori contribuiscono: sollecitazioni mentali e psicologico-emotive, carichi di lavoro pesanti, scarso controllo e autonomia sul lavoro, ambiguità e conflitti di ruolo, cattive relazioni all’interno dell’ambiente di lavoro, lavoro monotono, ripetitivo. Inoltre molestie sessuali, difficoltà a equilibrare lavoro e fami-glia, discriminazioni legate al genere, anche dal punto di vista economico. Anche per gli uomini, comunque, lo stress al lavoro costituisce un fattore importante di morbilità: esso è correlato con malattie cardiovascolari (insufficienza coronarica e ipertensione), disordini muscoloscheletrici, depressione, burnout. Lo stress influisce sul comportamento individua-le, condizionando la qualità del lavoro e la produttività, aumenta il rischio di infortuni e le assenze per malattia. A lungo termine influenza lo stile di vita inducendo tabagismo, dipen-denza da alcool o stupefacenti. Per quanto riguarda le donne sono sempre più segnalati in letteratura (10) rischi da stress per l’apparato riproduttivo, parti prematuri per eccessivo cari-co fisiologicari-co, per stazione eretta prolungata, aumento dei decessi perinatali. Il lavoro a turni è associato con irregolarità mestruali, disturbi della riproduzione, rischio di gravidanze com-plicate o a esito sfavorevole, disturbi del sonno (11). Nelle nostra ricerca sull’affaticamento delle donne lavoratrici ospedaliere abbiamo notato come la soddisfazione lavorativa o, di converso, la fatica dipendano dal tipo di occupazione (tipo di pazienti), dall’ambiente (con-dizioni fisiche del reparto), dalle relazioni all’interno del gruppo di lavoro/reparto, dal grado di coinvolgimento e dall’autonomia. Considerata l’antica capacità della donna di fronteg-giare molteplici situazioni, questa maggiore vulnerabilità femminile allo stress riportata dalle statistiche sembra pertanto ascrivibile alla difficoltà per la donna di doversi adeguare

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a un modo di costruire la realtà, anche quella lavorativa, profondamente maschile, a ordini di valori non sempre condivisi, a modalità sentite distanti, a punti di vista troppo diversi ma dominanti, contro cui è difficile pronunciarsi. Il decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 imponendo la valutazione di “tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi com-presi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari, tra cui anche quelli collegati allo stress lavoro-correlato” (art. 28), ha richiamato in maniera ineludibile l’atten-zione sui rischi psicosociali nel mondo del lavoro. La terminologia “stress lavoro-correlato”

è piuttosto ampia e perciò stesso invita a identificare con precisione le variabili che posso-no contribuire al formarsi dello stress. La fatica è senz’altro una di queste variabili; svolge pertanto un ruolo cruciale non solo nella valutazione dello stress ma anche in una prospet-tiva prevenprospet-tiva, che è la prospetprospet-tiva generale da cui guardare a tutti i rischi. La nostra ricer-ca ha concentrato l’attenzione sul mondo del lavoro sanitario, esplorando il ruolo gioricer-cato dalla variabile “genere” sia nella costruzione dell’ambiente di lavoro sia nel modo di vivere il lavoro da parte degli attori sociali. Si è così proseguita l’esplorazione iniziata da alcuni anni sui temi della fatica, del rapporto fatica/genere, delle caratteristiche peculiari del lavo-ro femminile con una specifica attenzione alla sanità.

Nell’ambito delle nostre competenze è necessario considerare il quadro generale dell’occu-pazione e valutare i cambiamenti che stanno avvenendo nel mondo del lavoro per mettere a punto ricerche in campo epidemiologico e clinico per evidenziare gli effetti provocati da agenti fisici, chimici e biologici e studiare iniziative di educazione alla salute sia per l’uomo sia per la donna in relazione ai rischi occupazionali con particolare riferimento alla salute riproduttiva, patologie cronico degenerative, alle interrelazioni con i cosiddetti “interferenti endocrini”, e allo stress lavoro correlato.

Tra gli obiettivi della nostra ricerca c’è la realizzazione di un’analisi di natura psico-sociale delle tematiche dell’uguaglianza e della differenza, attraverso lo studio della relazione tra esperienza lavorativa (aspettative, motivazioni, tipologia di lavoro, scolarità, ruolo del lavo-ro…) e alcuni aspetti legati alla “salute riproduttiva”. A questo proposito ci si prefigge di far emergere le problematiche legate alla maternità e alla compatibilità tra lavoro e famiglia da una parte e, dall’altra, la cultura del lavoro e i valori di cui donne e uomini sono portatori, individuando in particolare le “competenze” femminili che possono essere valorizzate nel-l’interesse delle donne e più in generale delle organizzazioni di lavoro che le accolgono e del contesto sociale in cui si muovono.

Bibliografia

(1) ISTAT, L’Italia in cifre 2008, 2008.

(2) World Health Organization, Definition of Reproductive Health. In: Health Population

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and Development, WHO’s position paper for the International Conference on Population and Development. WHO/FHE/94.2. World Health Organization, Geneva, 1994.

(3) Comunicazione della Commissione delle Comunità Europee “Adattarsi alle trasforma-zioni del lavoro e della società: una nuova strategia comunitaria per la salute e la sicurez-za 2002-2006”, Bruxelles 11.03.2002, COM (2002).

(4) Pera A., Benagiano G., A ridde tragedy: why do women not always live longer than men, Aging Clin. Exp. Res., 2000; 12: 321-322.

(5) Pera A., Papaleo B., De Rosa M., Caporossi L., I rischi per la “salute riproduttiva” in agricoltura, ISPESL Dipartimento di Medicina del Lavoro, Centro Ricerche Monteporzio Catone - Roma, 2004.

(6) Papaleo B., Pera A., Caporossi L., De Rosa M., Bentivenga G., Colagiacomo C., Coscia M., Vita I., Gli Interferenti Endocrini negli ambienti di vita e di lavoro, ISPESL Dipartimento di Medicina del Lavoro, Centro Ricerche Monteporzio Catone - Roma, CD-ROM, 2005.

(7) Pera A., Caporossi L., De Rosa M., Vita I., Bastianelli C., Papaleo B., Studio degli effet-ti biologici degli endocrine disrupters chemicals (EDC) sulla salute riproduteffet-tiva, G. Ital.

Med. Lav. Erg., 2006; 28: 3.

(8) Papaleo B., Pera A., Caporossi L., De Rosa M., Bentivenga G., Colagiacomo C., Coscia M., Vita I., “EDC in rete”. Strumenti interattivi per la ricerca in internet di docu-mentazione riguardante gli interferenti endocrini, ISPESL Dipartimento di Medicina del Lavoro, Centro Ricerche Monteporzio Catone - Roma, CD-ROM, 2005.

(9) Cangiano G., Guerra G., Bentivenga G., Pera A., Papaleo B., Donne e lavoro: il punto di vista delle istituzioni attraverso un’analisi quali-quantitativa dei documenti presenti sul web, Prevenzione Oggi, 2008; Volume 4, n. 2: 83-104.

(10) Messing, K., Tissot, F., Saurel-Cubizzolles, M-J., Kaminski, M., Bourgine, M., Sex as a variable can be a surrogate for some working conditions: factors associated with sickness absence, Journal of Occupational and Environmental Medicine, 1998; 40: 250-260.

(11) Labyak S., Lava S., Turek F., Zee P., Effects of shiftwork on sleep and menstrual func-tion in nurses, Health Care Women Int, 2002; Sep-Nov;23(6-7): 703-14.

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