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La valutazione dei rischi psicosociali e l’evoluzione dei Codici come strumento di prevenzione

La valutazione dei rischi di natura psicosociale nel documento obbligatoriamente redatto dal datore di lavoro, ancorché previsto dall’art. 4 del Decreto Legislativo 626/94, è stata

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I Codici di Condotta come strumento di prevenzione dei rischi psicosociali

3 Accordo Europeo sullo Stress da Lavoro (Accordo siglato da CES - Sindacato Europeo; UNICE - “Confindustria Europea”; UEAPME - Associazione Europea Artigianato e PMI; CEEP - Associazione Europea delle imprese partecipate dal pubblico e di interesse economico generale) - Bruxelles , 8 ottobre 2004.

4 Accordo Interconfederale stipulato il 9 giugno 2008 tra CONFINDUSTRIA, CONFAPI, CONFARTIGIANATO, CASARTIGIANI, CLAAI, CNA, CONFESERCENTI, CONFCOOPERATIVE, LEGACOOPERATIVE, AGCI, CONF-SERVIZI, CONFAGRICOLTURA, COLDIRETTI e CGIL, CISL, UIL per il recepimento dell’Accordo Quadro Europeo sullo stress lavoro correlato concluso l’8 ottobre 2004 tra UNICE/UEAPME,CEEP e CES.

5 Molestie (sopraffazione sul lavoro), violenza e stress post traumatico (Framework agreement on harassment and violen-ce at work) sono oggetto di uno specifico Accordo Europeo siglato il 12 aprile 2007 tra i Segretari Generali delle Confederazioni che riuniscono le Associazioni nazionali dei sindacati europei (ETUC-CES), delle grandi imprese (BUSI-NESSEUROPE), delle imprese medio piccole (UEAPME) e delle aziende pubbliche (CEEP).

mente disattesa. Molti documenti di valutazione non li menzionano o si riferiscono a essi in maniera generica, indiretta, e ancor meno indicano criteri di misurazione oggettivi e contro-misure da mettere in atto laddove i rischi siano evidenziati o evidenziabili.

La mancanza di prescrizioni normative ha reso l’attenzione al fenomeno da parte dei datori di lavoro discrezionale, eterogenea e, talvolta, poco efficace.

La pubblicazione del decreto 81/08 obbligando il datore di lavoro a fornire elementi certi circa i rischi di natura psicosociale ha, comunque, aperto la strada a una nuova consapevolezza da parte delle Aziende che, se in un primo momento hanno ritenuto di dover subire un ennesimo oneroso aggravio, successivamente si sono rese conto che un’organizzazione di lavoro miglio-re dà certamente una minomiglio-re probabilità di accadimenti di infortuni, di malattie professionali o di danni alle persone in quanto l’individuo può adattarsi ad affrontare un’esposizione alla pres-sione a breve termine, ma ha una maggiore difficoltà a sostenere un’esposizione prolungata e una pressione intensa e, conseguentemente, una maggiore produttività e un beneficio finale per l’azienda che riesce, conoscendo i rischi ad attuare misure anti stress.

Codici di comportamento e buone prassi possono prevenire i rischi di infortuni e di malattie professionali anche in considerazione del fatto che i Codici di Condotta sono divenuti oggi uno degli strumenti di prevenzione che deve essere valorizzato dalla Commissione Consultiva permanente presso il Ministero del Lavoro di cui all’art. 6 del decreto 81/08.

I codici di condotta sono atti di volontaria autonormazione del datore di lavoro, previsti da Raccomandazioni Europee, ossia disposizioni non imperative, il cui recepimento da parte degli Stati membri è lasciato alla sensibilità sociale dei singoli Paesi e spesso è correlato a benefici economici.

La Comunità Europea li ha incentivati, sin dai primi anni ’90, per reprimere e punire le mole-stie sessuali, allargandone successivamente l’oggetto alle discriminazioni e al mobbing.

Tali strumenti si inseriscono nella gerarchia delle fonti in posizione sussidiaria, poiché integra-no, affiancano e supportano le regole contenute nei contratti collettivi e nelle leggi e, special-mente nell’ambito del pubblico impiego, nella normativa interna (circolari, regolamenti ecc.).

Potrebbero essere definiti il risultato di un processo di elaborazione partecipata con le parti sociali, in forma diretta o mediata, attraverso la costituzione di Comitati in quanto previsti dalle Contrattazioni Collettive di Lavoro che, con rinvio, rimandano alla normativa europea, e in particolare dai CC.CC.NN.LL. dei Comparti Pubblici6.

Il Codice di Condotta, a sua volta, definisce ambiti e competenze del Consigliere di Fiducia, figura prevista dalla normativa Europea7e in particolare dalla Risoluzione del Parlamento

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6 Il CCNL per il personale non dirigente del Comparto degli Enti Pubblici non Economici, quadriennio normativo 2002-2005, all’art. 8 tratta della problematica del mobbing, riconoscendo la progressiva insorgenza del fenomeno e la necessità di contrastare e prevenire la diffusione di tali situazioni, migliorando la qualità e la sicurezza dell’ambiente interessato. Il Contratto prevede l’istituzione di un Comitato Paritetico che, fra i propri compiti, ha quello di redigere il Codice di Condotta e istituire la figura del Consigliere di Fiducia. Va osservato che il CCNL degli Enti Pubblici non Economici limi-ta al mobbing la propria attenzione, poiché la più ampia problematica delle discriminazioni di genere e delle molestie ses-suali era già stata disciplinata nel precedente contratto (1999-2001).

7 Risoluzione Parlamento Europeo A5/0283/2001; Raccomandazione Commissione Europea 92/131; Dichiarazione del Consiglio d’Europa 18/12/2991.

Europeo A3/0043/94; figura che nasce nell’ambito della tutela dalle molestie sessuali e delle discriminazioni di genere, quale professionista “di fiducia dell’azienda” , chiamato ad attua-re il Codice di Condotta, con l’obiettivo di eliminazione dei fattori negativi e di promozione di un clima favorevole nel luogo di lavoro, secondo precise procedure (prevalentemente attra-verso una procedura informale, diretta a prevenire, mediare e risolvere i conflitti).

I Codici di Condotta esistenti oggi, nel pubblico impiego come in alcune grandi aziende pri-vate, sono stati redatti a partire dai primi anni 90, e hanno subito nel tempo una profonda evoluzione in termini di ambiti di tutela, di competenze, di effettiva prevenzione.

I Codici di fine secolo, definiti di “prima generazione”, sono rivolti in via prioritaria, se non esclusiva, alla tutela contro le molestie sessuali o le discriminazioni di genere, in particolare contro le discriminazioni su sesso, razza, etnia, religione, handicap e orientamento sessuale.

L’evoluzione sociale, legislativa e giurisprudenziale ha portato alla redazione dei Codici di

“seconda generazione”, che partendo da un più generale concetto di protezione della dignità umana prevedono l’estensione della tutela dei lavoratori e delle lavoratrici anche contro le molestie morali e psicologiche e il mobbing.

La strada per l’evoluzione dei codici di condotta non sempre è stata nitida e lineare e, tal-volta, essi contengono dichiarazioni generiche e di principio attuati esclusivamente per assol-vere a obblighi formali piuttosto che per una consapevole rappresentazione delle problema-tiche da risolvere e, spesso, sono redatti con competenza circoscritta alle sole molestie o alle discriminazioni di genere anche perché, sovente, sono copiati da modelli standard.

I limiti circa l’efficacia di questi documenti, e lo svilupparsi dell’attenzione alle più ampie problematiche del benessere organizzativo, hanno indotto parte della dottrina a proporre la redazione di nuovi codici, superando sia la tipizzazione delle casistiche, sia l’aspetto mera-mente negativo/repressivo (divieto di operare azioni quali molestie, discriminazioni o mob-bing), per disciplinare azioni positive, volte a realizzare - quanto più possibile - un clima favorevole al rispetto della dignità del lavoratore.

I “codici di ultima generazione” prendono in considerazione tutte le fattispecie di possibile turbamento della vita lavorativa, promuovono le modalità con le quali ricercare e corregge-re le situazioni che incidono negativamente sul clima aziendale, costituendo un supporto nor-mativo per l’azienda che ricerca il benessere psicosociale del dipendente.

È implicita l’inclusione, con procedure di intervento mirate (quali ad esempio la procedura informale, già prevista in quasi tutti i codici), delle fattispecie più critiche, quali le molestie sessuali o il mobbing.

In questo modo i Codici potrebbero efficacemente inserirsi nella gerarchia delle fonti, quali atti di normazione interna, richiamati anche dal decreto legislativo 81/08, nell’ambito del più ampio quadro giuridico volto a disciplinare le azioni dirette al conseguimento del benessere organizzativo in azienda.

Nel Pubblico Impiego, dove la cultura del benessere aziendale, dei diritti alla dignità della persona e alla serenità lavorativa, dovrebbero essere patrimonio acquisito e consolidato, non solo esiste un’ampia forbice fra i diversi Codici, ma molte Amministrazioni non ne

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I Codici di Condotta come strumento di prevenzione dei rischi psicosociali

dono alcuno e, nel Rapporto 2008 della Presidenza del Consiglio dei Ministri sulle “Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle Pubbliche Amministrazioni”8 viene segnalato che su 27 Pubbliche Amministrazioni solo il 33% ha adottato un Codice di Condotta.

Per il lavoro privato la questione è decisamente più complessa, poiché sussistono settori e aziende che aderiscono ad Accordi di Clima e Protocolli sulla Responsabilità Sociale dell’Impresa, che si dotano di Codici Etici e sviluppano ambiziosi progetti per il benessere aziendale e altresì un più vasto mondo di piccole e medie imprese, in cui invece la sola pro-blematica delle molestie sessuali non trova ancora alcuna tutela se non quella della via giu-diziaria anche se, nel 2007 le parti sociali europee hanno siglato un accordo sul tema delle molestie e della violenza sul lavoro, con l’obiettivo di aumentare la consapevolezza e la conoscenza del tema da parte degli imprenditori, dei lavoratori e dei loro rappresentanti nei luoghi di lavoro e fornire a questi soggetti un quadro pratico di riferimento per identificare, prevenire e gestire i problemi che riguardano le molestie e la violenza.

In particolare l’accordo recepisce il principio secondo il quale “il rispetto reciproco della dignità a tutti i livelli sul luogo di lavoro è una delle caratteristiche principali delle orga-nizzazioni di successo. Per questo motivo le molestie e la violenza sono inaccettabili”.

È quindi nell’interesse sia del datore di lavoro quanto dei lavoratori affrontare la questione, che può comportare gravi conseguenze sociali ed economiche. E sono le legislazioni nazio-nali e comunitaria a stabilire l’obbligo dei datori di lavoro di proteggere i lavoratori contro le molestie e la violenza sul luogo di lavoro.

Bibliografia

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Barnaba, Ceppi Ratti: Il rischio da stress e la nuova normativa.

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Attilio Pagano: Rischio da stress lavoro correlato; valutazione e prevenzione nell’Accordo Europeo dell’8/10/2004.

Nadia Pasotti: Accordo Europeo sulle violenze sul lavoro, 2007.

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8 Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della Funzione Pubblica/Dipartimento per le Pari

Opportunità-“Misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle Amministrazioni Pubbliche - Rapporto di sintesi per l’anno 2007 sull’attuazione della direttiva emanata in data 23 maggio 2007”.

Marcello Aragona: Relazione tra Stress e tumori, 2001.

Corrado Marino: Stress e cancro, 1998.

Maria Giulia Catemario, Paola Conti: Donne e Leadership: per lo sviluppo di una cultura organizzativa delle amministrazioni pubbliche in un’ottica di genere, 2003.

INAIL - Direzione Centrale Prevenzione: Corso per responsabile del servizio di prevenzione e protezione ai sensi del D.Lgs. 81/2008 Modulo C - schede di programmazione didattica.

Claudio Calabresi: Percorso formativo destinato a responsabili e addetti dei servizi di pre-venzione e protezione RSPP/ASPP in applicazione del D.Lgs. 195/2003 Modulo C, 006.

INAIL/CGIL: Idee per un cambiamento: una ricerca sulle condizioni di lavoro nella realtà dei call center, Ed. INAIL 2007.

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Laura Damiani: INAIL e Benessere Organizzativo, 2007.

Kenneth Blanchard: La Leadership dell’Eccellenza, Ed Sperling & Kupfler, 2007.

Patrizia Rebora: Lo stress lavoro correlato nel documento di valutazione dei rischi. Quale ruolo per la consigliera di fiducia? Università di Verona.

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