Al motivo topico del lupus et agnus s’intreccia, nelle similitudini menzionate, un'altra tematica importante: quella del simbolismo guerriero; un filo conduttore interno al bestiario, che accomuna gran parte degli animali maggiori. Così al pari del leone, dell’orso, e di altri animali feroci, la forza selvaggia del lupo, la sua natura feroce e sanguinaria, è chiamata a rappresentare, vividamente, le imprese eroiche dei guerrieri e la loro indole bestiale e aggressiva. Nell’episodio di Alzirdo e Manilardo, se la torma vile dei nemici, sconfitta e trucidata da Orlando, è rappresentata dai porci selvatici e dagli agnelli inermi, l’invincibile paladino, figura nelle vesti del lupo e dell’orso.84 Alla forza, al coraggio e alla ferocia dei due animali sono paragonate le sue gesta. L’associazione lupo/orso - guerriero, non è certamente un’invenzione ariostesca: largamente attestato è il simbolismo bellico dell’uno e dell’altro animale.85
84 Come abbiamo avuto modo di precisare nell’introduzione a questo lavoro, in altri luoghi del
poema, anche il porco rappresenta Orlando. Tuttavia, il paragone tra l’eroe e l’infido animale avviene solo in determinati contesti, vale a dire non quando Orlando veste i panni del valoroso cavaliere, bensì nella fase della pazzia, quando ormai degradato ad uno stato ferino, l’eroe si presenta in tutto il suo sudiciume (cfr. XIX, 42, 1-4; XXIV,12, 5-8). La stessa associazione ritorna anche in riferimento alla bestia-Rodomonte (XIV,120). È certo nel Furioso il porco si faccia portavoce di un simbolismo estremamente negativo; la sudicia bestia è associata a ciò che è basso e vile, come la turba dei nemici che assale Orlando, la quale appare così definita («vil turba», cfr.
supra, XII 78,6). Nell’assegnare tali significati, ancora una volta, il testo ariostesco si mostra
conforme alla tradizione che riconosce il maiale come animale sporco e immondo (cfr. introduzione) . Un saggio interessante su questo animale si trova nel citato volume di Anselmi intitolato “Porci e maiali”, di Alberto Sebastiani (cfr. G.M. Anselmi- G. Ruozzi, Animali della
letteratura italiana…cit., pp. 216-217).
«La forza e l’ardore in combattimento
85«Nessuno tra gli animali originari dell’ Europa sprigiona una sensazione di forza pari a quella
dell’ orso. Questa forza è stata decantata da tutti gli autori antichi che hanno scritto a proposito dell’ animale […]. L’espressione “forte come un orso” esiste in tutte le lingue europee e corrisponde a un dato di fatto già descritto da Aristotele nella sua Storia degli animali e poi ripreso da tutti i suoi imitatori e continuatori, in particolare da Plinio e da tutta la tradizione medievale pliniana. […] Alla straordinaria forza muscolare l’orso aggiunge una resistenza alla fatica e alle intemperie che nessun altra specie europea possiede. […] Nessun animale gli fa paura, neppure i grossi cinghiali che incontra nei boschi e che ogni tanto lottano con lui per impadronirsi di una preda, e ancor meno i branchi di lupi affamati che d’inverno lo attaccano in quindici o venti per volta e tentano di sbranarlo. L’orso non ha paura di nulla ed è, di fatto, praticamente invincibile.
166
fanno del lupo una allegoria guerriera per numerosi popoli».86 Sacro a Marte nel mondo greco-latino,87 «il lupo venne accettato come modello, ideale e simbolico, del combattente».88 L’espediente di paragonare i lupi ai guerrieri in battaglia si legge già in Omero: «quando Patroclo indossa le armi di Achille per scendere in battaglia, i Mirmìdoni sono paragonati ai lupi imbevuti del sangue di un cervo sbranato», (Iliade, XVI,155-64);89 inoltre, nelle similitudini dell’Iliade «i lupi si spostano in branco per cacciare, in torme per guerreggiare (IV,471)».90
Nell’Ipparco di Senofonte (IV, 18-20) l’animale «è proposto come esempio per il perfetto comandante di cavalleria, perché alla crudeltà e alla ferocia unisce le doti dell’intelligenza e dell’intraprendenza».91
Non c’è quindi nulla di strano nel fatto che un animale simile abbia affascinato gli uomini fin da epoche molto antiche e sia divenuto l’ incarnazione della forza bruta, del coraggio indomabile e della superiorità su tutte le altre bestie. […]», cfr. M. Pastoureau, L’ orso. Storia di un re…cit., pp.35, 37. Per l’associazione di questo animale ad un simbolismo guerriero si vedano anche le note seguenti.
Nel Mabinogion, una raccolta di
86 J. Chevalier - A. Gheerbrant, Dizionario dei simboli, miti, sogni…cit., p. 50. «“Io sono il lupo
solitario, mi aggiro in diversi paesi” dice un canto di guerra degli indiani della prateria nord- americana[…]. Simili metafore abbondano nella poesia turca e mongola. Tra questi popoli il mito del lupo azzurro riveste un’importanza fondamentale; il lupo azzurro o il lupo celeste è una cratofania della luce uranica, del fulmine, è il compagno della cerva bianca o fulva che rappresenta la terra nella ierofania terra - cielo da cui nascono gli eroi e capi di alto lignaggio tra cui Gengis Khan» (ibidem).
87 La consacrazione del lupo al dio della guerra fu nota anche in età rinascimentale.
Nell’Iconologia di Ripa, il carro di Marte è tirato da due lupi rapaci: «Fu rappresentato Marte dall’antichità per huomo feroce, e terribile nell’aspetto, e Stazio nel 7. libro della Thebaide, l’arma di corazza tutta piena di spaventevoli mostri, con l’elmo in testa, e con l’uccello Pico per cimiero, con la destra mano porta un’ asta, e con il braccio sinistro tiene con ardita attitudine uno scudo di splendore sanguigno, e con la spada al fianco sopra d’un Carro tirato da doi Lupi rapaci». Significativa è pure la spiegazione dell’autore riguardo questa attribuzione: «Gli si danno i lupi, per essere questi animali dedicati a Marte, e per mostrare l’insaziabile ingordigia di quelli, che seguono gl’eserciti, che mai non sono fatti simili a i lupi. Et Homero fa tirare il carro di Marte da due cavalli, come animali atti per combattere, e a sua imitazione Virgilio disse. Bello armantur equi, bellum hac armenta minantur», cfr. C. Ripa, Iconologia…cit., p.60.
88 Cfr. C. Spila, Lupo, in Dizionario dei temi letterari…cit., p. 1328.
89 Ibidem. «Da una tenda all’altra andava intanto Achille e faceva andare i Mirmidoni: ed essi,
come lupi famelici pieni di grande forza nel cuore, lupi che sui monti abbattono un cervo dall’ampia corona e lo divorano[…] nel petto il cuore non trema, il ventre è sazio; come lupi i condottieri e i capi dei Mirmidoni si radunavano intorno al nobile scudiero di Achille dai piedi veloci» (Omero, Iliade…cit., pp. 730-33).
90 Ibidem. «La vita lo lasciò così e sul suo corpo si scatenò, fra Troiani ed Achei, una lotta
tremenda; come lupi balzavano e si uccidevano gli uni con gli altri» (cfr. Omero, Iliade…cit., p.265).
91 Cfr. C. Spila, Lupo, in Dizionario dei temi letterari…cit., p. 1328. «Prestando attenzione ci si
può rendere conto di ciò: persino gli animali, dotati di minore intelligenza degli uomini, per esempio i nibbi, sono in grado, impadronitisi di quanto era incustodito, di allontanarsi in luogo sicuro prima di essere catturati e i lupi cacciano ciò che è privo di sorveglianza e rubano quanto non è alla luce del sole; qualora un cane sopraggiunga ad inseguirli, se quello è più debole il lupo si avventa contro, se invece è più forte portandosi quanto è riuscito a prendere si allontana. Quando i lupi non si curino della sorveglianza, organizzatisi in modo che alcuni distolgono chi fa la guardia, altri commettono il furto, così provvedono al necessario. Se animali selvaggi sono in grado di dar prova di accortezza nel compiere tali razzie, come non è naturale che un essere umano appaia più capace di quelli che sono preda dell’ abilità umana?», Senofonte, Ipparchico. Manuale
167
racconti epici del Galles, i nipoti di re Math, trasformati in cervi, cinghiali e in lupi, generano tre valorosi eroi.92 Al lupo rimanda l’etimologia del nome di alcuni popoli-guerrieri93e, lo stesso nome, è utilizzato da Ariosto nei Cinque Canti, per designare un personaggio «insidïoso e fello», “Lupo”.94 Come ricorda Vito Fumagalli nel volume Paesaggi della paura. Vita e natura nel Medioevo, «grande era il valore totemico e sacrale che il lupo rivestiva presso le popolazioni germaniche e altre stirpi».95 Divenuto simbolo di «ardimento sovrumano,[…] come tale, compariva in diversi rituali di iniziazione guerresca»; 96 mentre, la pelle di lupo veniva calata sul capo dei combattenti (i cinocefali). Il travestimento con pelli di animale (lupo e orso) fu in uso presso i germani97 e, sanciva l’ingresso tra i Berserker, il gruppo dei guerrieri-belva: «la pelle indossata dal combattente era così un modo per trasformarsi in fiera, per acquistar, in virtù delle potenzialità magiche, l’energia bestiale dell’animale incarnato […]». 98
per il comandante di cavalleria. Introduzione, traduzione e note di Corrado Petrocelli, Bari,
Edipuglia, 2001, pp. 23-25.
Sulla base di questa tradizione, anche nel poema ariostesco ritorna l’associazione
92 «Nel Mabinogion (nome che comprende una raccolta di undici racconti epici del Galles,
considerati dagli esperti come un esempio tra i più significativi di tutta la letteratura celtica), databile secondo i più antichi manoscritti intorno all’XI secolo, leggiamo nella quarta narrazione che Math, re di Gwinedd (la parte settendrionale del Galles), dotato di straordinari poteri magici, trasforma in animali i suoi due nipoti Gilwaethwy e Gwydon, colpevoli di aver violato la bella vergina Gewin, che diventerà poi sua moglie. Dapprima diventano cervi e generano Hyddwn (da
Hydd, cervo), poi cinghiali e hanno un figlio di nome Hychtwn (da hycht, cinghiale) e infine sono
trasformati in lupi e da loro nasce un “forte lupacchiotto” che il re Math volle chiamare Bleiddwn (bleidd, lupo.) Tutti e tre diventeranno prodi guerrieri» ( cfr. A. Granata - F. Maspero, Bestiario
Medievale…cit., p. 263). Anche nel Canto dell’impresa di Igor, poema epico russo di età
medievale, «il protagonista dice a proposito dei suoi cavalieri che muovono verso la battaglia che essi “galoppano nel campo come lupi grigi, cercando onore per se e per il principe”» (cfr. ivi, pp. 262-3).
93 È il caso, di alcuni
«nomi etnici, come i Daci (da daos, nome frigio del lupo), o i Lucani, tribù sannita; in ambito germanico, abbondano i nomi composti da wulf o ulf» (ivi, p. 1327). «I nomi più frequenti dei guerrieri erano: “Elmo di lupo”, “Elmo d’orso”. Lo stesso si può dire per il cane […]. Nei lontani primi secoli del Medioevo i nomi di persona che si richiamavano agli animali feroci non si contavano tra la folla dei guerrieri ed erano diffusi anche tra coloro, come i chierici e i monaci, che non facevano della guerra la loro professione […]» (V. Fumagalli, Paesaggi della
paura…cit., p. 73).
94 Cfr. Cinque Canti II, 32; III,100-102; IV,8. 95 Ibidem.
96 G. M. Anselmi-G. Ruozi, Animali della letteratura it…cit., p.157. 97
«Le danze sacre che scandivano l’inizio delle battaglie vedevano i guerrieri incappucciati con la testa del lupo, dell’orso e di altre bestie selvagge» (Vito Fumagalli, Paesaggi della paura…cit., p. 73).
98 Cfr. M. Centini, Le Bestie del diavolo…cit., p. 173. I Berserker erano feroci guerrieri scandinavi
sacri al dio norreno Odino, noto anche come Voden (che significa lett. “furore”). L’etimologia della parola, di origine incerta, pare che abbia a che fare con il lupo e con l’orso. L’ipotesi più accreditata, ed etimologicamente più corretta, è che derivi da berr (in germanico bär, in nederlandese beer, “orso” o baar “lupo”), in quanto in tempi antichi era costume dei guerrieri vestirsi di pellicce d’orsi, lupi e renne. Altre fonti indicano una etimologia puramente norrena: secondo queste fonti la parola significherebbe “quelli vestiti con pelli d’orso”, simili agli Ulfhednir («teste di lupo»). «Le caratteristiche principali dei Berserker, […] erano la certezza di essersi trasformati in animale, l’esaltazione, spesso l’estasi, sempre un’efferata violenza» (ibidem).
168
del lupo ai guerrieri. Tale associazione riguarda soprattutto Orlando. Alle tre similitudini menzionate si aggiunge un’altra comparazione inserita nel quarantesimo canto. È il momento in cui Gradasso si propone di risollevare le sorti dei pagani, ormai in rotta, sfidando a duello Orlando. La morte del più valoroso eroe di Carlo Magno, avrebbe sancito la sconfitta definitiva dei cristiani:
Io piglierò per amor tuo l'impresa d'entrar col conte a singular certame. Contra me so che non avrà difesa, se tutto fosse di ferro o di rame.
Morto lui, stimo la cristiana Chiesa, quel che l'agnelle il lupo ch'abbia fame.
Ho poi pensato (e mi fia cosa lieve) di fare i Nubi uscir d’ Africa in breve.
(XL,49)
Ancora una volta, il personaggio di Orlando chiama in causa la metafora del lupo
famelico e dell’agnelle. Nel gioco delle figurazioni simboliche di questi versi, i lupi rappresentano i pagani, «l’agnelle» la Chiesa e la cristianità che, dopo la morte del conte (congetturata da Gradasso), rimarrebbero preda dei nemici. Sebbene, in questo caso, l’animale non rappresenti propriamente le virtù del paladino, non si può fare a meno di notare il reiterarsi della stessa similitudine
animale in riferimento all’eroe. Nella casistica dei guerrieri-belva che, in linea di continuità con le fonti, pure è
rintracciabile nel Furioso,99 il lupo raffigura Orlando. Non mancano, tuttavia, le associazioni del malvagio canide ad altri guerrieri. Puntuale è il paragone con Rodomonte, indistintamente rappresentato da tutte le bestie più feroci del poema:100
Quel che la tigre de l'armento imbelle
ne' campi ircani o là vicino al Gange,
o 'l lupo de le capre e de l'agnelle
nel monte che Tifeo sotto si frange; quivi il crudel pagan facea di quelle non dirò squadre, non dirò falange, ma vulgo e populazzo voglio dire,
degno, prima che nasca, di morire. (XVI, 23)
Il crudele pagano entra in Parigi e fa strage del volgo, come suole fare la tigre dell’armento o il lupo del gregge. Da notare, in questa similitudine, il riferimento
99 Si veda a questo proposito la voce leone (par. “Il leone e i guerrieri più forti”)
100 Cfr. voce cane (par. “Il mastino- Rodomonte e la fisiognomica animale” ), serpente (par. “I
169
geografico all’India, ricca di tigri, e al monte Epomeo, situato sull’isola di Ischia e famoso per i suoi pascoli. Ad un lupo o mastino è paragonato Mandricardo. Il feroce guerriero, appresa la notizia della strage compiuta da Orlando in campo pagano, subito si propone di andare alla ricerca del conte, per prenderne vendetta. Giunto sul luogo di battaglia, mentre si aggira tra i cadaveri, è assalito da una strana invidia nei confronti dell’eroe cristiano, che ha compiuto un’incredibile carneficina: «or mira questi, or quelli morti, e muove,/ e vuol le piaghe misurar con mano/ mosso da strana invidia ch’egli porta/al cavalier ch’ avea la gente morta» (XV, 36,5-8). Come un lupo o un mastino che arrivato in ritardo trova soltanto la carcassa del bue, poiché della carne si sono sfamati cani e uccelli, così il crudele barbaro si aggira tra i morti alla ricerca di Orlando; vinto dalla rabbia e dall’invidia comincia ad imprecare, rammaricandosi di non essere arrivato in tempo alla ricca mensa:
Come lupo o mastin ch'ultimo giugne al bue lasciato morto da' villani, che truova sol le corna, l'ossa e l'ugne, del resto son sfamati augelli e cani; riguarda invano il teschio che non ugne: così fa il crudel barbaro in que' piani.
Per duol bestemmia, e mostra invidia immensa che venne tardi a così ricca mensa.
(XIV,37)
Come abbiamo già specificato in precedenza, in questa similitudine il lupo è inserito a partire dalla seconda edizione del poema. Nella princeps, oggetto della comparazione è soltanto il mastino.101 L’accostamento dei due canidi emblema di ferocia, nel Furioso del ʻ21 e del ‘32, avviene per esprimere, in maniera più
incisiva, l’efferatezza di Mandricardo detto, negli stessi versi, «crudel barbaro».102 Nel canto sedicesimo, alla «fierezza» dei lupi e dei leoni, sono paragonati i
cristiani, che sotto l’egida di Zerbino, si apprestano ad assalire le «capre» o i «montoni», i nemici pagani:
La prima schiera era già messa in rotta, quando Zerbin con l'antiguardia arriva. Il cavallier inanzi alla gran frotta con la lancia arrestata ne veniva. La gente sotto il suo pennon condotta, con non minor fierezza lo seguiva:
tanti lupi parean, tanti leoni
ch'andassero assalir capre o montoni.
(XVI,51)
101 Per le varianti tra le tre edizioni del poema relative a questa similitudine si veda la voce cane
(par. “Il mastino: modello di ferocia”) e infra.
170
La stessa comparazione ritorna nei versi in cui Rinaldo e i suoi uomini liberano Parigi dall’ assedio pagano. L’esercito cristiano, composto da settecento
valorosissimi uomini, fa strage dei nemici:
Et or, perch'abbia il Magno Carlo aiuto, lasciò con poca guardia il suo castello. Tra gli African questo drappel venuto, questo drappel del cui valor favello,
ne fece quel che del gregge lanuto sul falanteo Galeso il lupo fello, o quel che soglia del barbato, appresso il barbaro Cinifio, il leon spesso.103
Si noti, anche in questa ottava (come nei versi del canto sedicesimo sopra menzionati), l’indicazione di natura geografica («falanteo Galeso»), relativa ad un altro luogo famoso per le sue greggi: Taranto.
(XXXI, 58)
104
Come osserva Caretti nel commento al Furioso, la notizia che il fiume Galeso abbondasse di armenti, era riportata già da Orazio (Carm. II, VI, 9-12).105
7. L’ animale politico
Ma nel Furioso il simbolismo guerriero del lupo ‒ fondato sull’opposizione con l’agnello ‒ viene piegato anche ad esprimere il giudizio polemico di Ariosto sui Principi italiani e sulla Chiesa, toccando, in particolar modo, il tema della Cupidigia. Basti qui citare l’esordio del canto diciassettesimo:
Che d'Atila dirò? che de l'iniquo Ezzellin da Roman? che d'altri cento? che dopo un lungo andar sempre in obliquo, ne manda Dio per pena e per tormento. Di questo abbiàn non pur al tempo antiquo, ma ancora al nostro, chiaro esperimento, quando a noi, greggi inutili e mal nati, ha dato per guardian lupi arrabbiati:
103 Questi ultimi due episodi sono descritti anche nel saggio sul leone, (par. Ruggiero e il leone: regalità e coraggio”, pp. 289, 290)
104
Per falanteo Galeso s’intende «il fiume Galeso, il quale scorre vicino a Taranto che si credeva fondata da Falanto (perciò falanteo) […]Taranto era famosa per i suoi greggi» (cfr. Caretti, in L. Ariosto, Orl. fur…cit., p.938).
105 Cfr. ibidem; Orazio, Carm., II,
VI, 9-12: «Unde si Parcae prohibent iniquae, Dulce pellitis ovibus Galaesi Flumen et regnata petam Laconi Rura Phalanto» («E se il destino si accanisse a negarmelo/ ripiegherò nelle campagne di Taranto, fra le pecorefasciate di pelli che svernano sulle rive del Galeso»), cfr. Q. Orazio Flacco, Le opere, a cura di Mario Ramous, Milano, Garzanti, 1988, pp. 413
171
a cui non par ch'abbi a bastar lor fame, ch'abbi il lor ventre a capir tanta carne; e chiaman lupi di più ingorde brame da boschi oltramontani a divorarne. Di Trasimeno l'insepulto ossame e di Canne e di Trebia poco parne verso quel che le ripe e i campi ingrassa, dov'Ada e Mella e Ronco e Tarro passa.
(XVII, 2-4)
In questi versi, Ariosto, commenta la strage compiuta in Parigi dal ferocissimo pagano Rodomonte. La spiegazione della truce carneficina di cui i cristiani sono vittime è interpretata alla luce di un criterio di giustizia divina, di sapore dantesco: «Il giusto Dio, quando i peccati nostri/ hanno di remission passato il segno,/acciò che la giustizia sua dimostri/ uguale alla pietà, spesso dà regno/ a tiranni atrocissimi et a mostri,/ e dà lor forza e di mal fare ingegno./Per questo Mario e Silla pose al mondo,/ e duo Neroni e Caio furibondo,// Domizïano e l’ultimo Antonino;/ e tolse da la immonda e bassa plebe,/ et esaltò all’impiero Massimino;/ e nascer prima fe’ Creonte a Tebe;/ e diè Mezenzio al populo Agilino,/ che fe’ di sangue uman grasse le glebe;/ e diede Italia a tempi men remoti,/ in preda agli
Unni, ai Lombardi, ai Goti» (XVII,1-2). Quando i peccati dei cristiani passano il limite, Dio, per punizione, li sottopone al
governo dei più crudeli tiranni. Il breve excursus storico ‒ in cui il poeta ferrarese passa in rassegna i nomi di personaggi celebri per la loro ferocia ‒ costituisce, secondo una prassi consueta nel Furioso, un espediente per aprire una riflessione critica sulla realtà contemporanea. Così, i lupi arrabbiati106 della terza ottava rappresentano, come osserva Caretti, «i potenti d’Italia» chiamati da Dio ad opprimere e depredare le genti italiane («greggi inutili e mal nati») per via dei loro «multiplicati et infiniti/ […]nefandi, obbrobrïosi, errori», secondo lo stesso criterio di giustizia divina che regola la storia dei popoli. Tali Signori, non si limitano a soddisfare la propria, insaziabile ingordigia («a cui non par ch’ abbi a bastar lor fame,/ch’ abbi il lor ventre a capir tanta carne»), ma invitano alla devastazione e alla carneficina delle greggi altri lupi «di più ingorde brame»,